Il procedimento di adozione tra finzioni processuali, effetti paradossali e best interest del minore

05 Maggio 2017

Può un procedimento di adozione ormai concluso da sette anni essere azzerato da una - formalmente legittima - pronuncia giudiziale che pretende di riportare indietro l'orologio come se nulla fosse successo? E come si valuta in questo caso il best interest della minore?
Massima

In caso di revocazione da parte della Corte di Cassazione di sentenza che dichiara lo stato di adottabilità di una minore con conseguente cassazione della sentenza d'appello e rinvio al giudice di merito, la circostanza che la minore, nelle more, sia stata adottata con sentenza passata in giudicato, deve considerarsi -ai soli fini processuali e con effetti limitati allo svolgimento al giudizio di rinvio- tamquam non esset, con la conseguente legittimazione processuale non già dei genitori adottivi della minore, ma del curatore speciale e del tutore.

La dichiarazione dello stato di abbandono presuppone la valutazione della concreta ed attuale situazione del minore e del suo best interest rispetto al quale gli altri interessi in gioco sono recessivi.

Il caso

Una coppia senza figli dopo avere tentato la strada dell'adozione internazionale, preclusa da un giudizio di non idoneità, ricorre alla procreazione medicalmente assistita e, nel 2010 (quando la madre ha 57 anni ed il padre 69), viene alla luce una bambina. Poche settimane dopo la nascita, accade un episodio dal quale prende mosse un processo penale per abbandono di minore, a carico dei genitori. La neonata è lasciata da sola nell'autovettura, per un lasso di tempo inizialmente stimato in circa due ore, ma che, secondo i genitori, non sarebbe stato superiore a dieci minuti. Contestualmente alle indagini penali il P.M. minorile promuove la procedura per la dichiarazione dello stato di abbandono e la bambina, dopo vari accertamenti istruttori, è dichiarata in stato di adottabilità; la sentenza è confermata tanto dal giudice d'appello che dalla Corte di Cassazione, e la piccola è adottata da una coppia. I genitori biologici, una volta assolti nel processo penale, propongono ricorso per cassazione per la revocazione della precedente sentenza di cassazione, che aveva rigettato il loro ricorso avverso la dichiarazione di stato di adottabilità. La Cassazione (Cass., 30 giugno 2016, n. 13435) revoca la sua precedente sentenza, ritenendo l'errore di fatto decisivo, perché nei precedenti giudizi non si è tenuto conto -adeguatamente- della sentenza di assoluzione sull'episodio di abbandono; procede quindi alla fase rescissoria e cassa la pronuncia della Corte d'appello di Torino oggetto dell'impugnazione, rinviando alla medesima Corte, in diversa composizione, per l'esame del merito.

La questione

Due le questioni rilevanti affrontate nella sentenza: la prima è processuale e la seconda di merito, ma entrambe sono legate alla sussistenza di un fatto di cui la Corte di Cassazione, nel revocare la sentenza di dichiarazione dello stato di adottabilità, non ha tenuto conto e cioè l'avvenuta adozione della bambina, con sentenza passata in giudicato, da parte di una coppia. La minore, che è stata tolta ai suoi genitori biologici quando aveva poche settimane di vita, ha oggi sette anni, uno status giuridico e una identità sociale definiti, e soprattutto ha legami affettivi con la coppia che l'ha adottata, che sono per lei i suoi genitori.

Ciò crea innanzi tutto un problema di legittimazione processuale: il curatore speciale della minore osserva che la bambina ha attualmente i suoi rappresentanti legali nei genitori adottivi, che però non possono essere parte nel giudizio di rinvio, stante il segreto in materia di adozione legittimante; osserva inoltre che la sentenza della Cassazione ha creato un paradosso perché si dovrebbe revocare lo stato di adottabilità di una bambina già adottata, senza instaurate il contraddittorio con i soggetti direttamente interessati e cioè i genitori adottivi.

La questione di merito è ancora più delicata: può un procedimento di adozione ormai concluso da sette anni essere azzerato da una - formalmente legittima - pronuncia giudiziale che pretende di riportare indietro l'orologio come se nulla fosse successo? E come si valuta in questo caso il best interest della minore?

Le soluzioni giuridiche

La sentenza della Corte d'appello offre agevolmente una soluzione al quesito processuale: si osserva che pur sembrando giuridicamente (e logicamente) impossibile la coesistenza di un giudizio ancora pendente sullo stato di abbandono e la sentenza di adozione passata in giudicato, l'attenzione deve essere concentrata solo sul procedimento di adottabilità, che per effetto della sentenza di revocazione e cassazione è stato riportato allo stato di giudizio di appello pendente. Le parti del giudizio devono quindi essere le stesse, come se -ai soli limitati effetti processuali interni- la sentenza di adozione non fosse stata pronunciata.

Diversa è la questione di merito, per la quale la fictio processuale che consente lo svolgimento del giudizio di rinvio non vale a far ritenere tamquam non esset la situazione reale venutasi a creare. La sentenza della Cassazione, infatti, ha inciso solo sulla dichiarazione dello stato di adottabilità, non sulla sentenza di adozione, che è autonoma e continua ad avere valore di res judicata, così creandosiun effetto paradossale.

Rese queste premesse, la Corte d'appello si concentra sulla valutazione del best interest della minore muovendo dal rilievo che il giudice del rinvio è tenuto ad un nuovo e completo esame di merito. Si valorizzano alcuni elementi, il primo dei quali è il fatto che la bambina possiede ormai da tempo un diverso status filiationis e si è positivamente ambientata nella sua nuova famiglia. Si afferma quindi, richiamando la giurisprudenza dalla Corte EDU, che non costituisce best interest della minore privarla di un legame, di fatto e di diritto, attraverso il quale si esprime il diritto al proprio status di figlio (Corte EDU 26 giugno 2014; Corte EDU 5 giugno 2014). Qui però la Corte di Torino deve affrontare la tesi degli appellanti, che riprendono a loro volta una argomentazione già espressa nella sentenza revocatoria della Corte di Cassazione, e cioè che la mancata costruzione di un autentico rapporto filiale è da imputare allo Stato, che ha decretato l'allontanamento della bambina dai genitori a poche settimane dalla nascita. La Corte di merito disattende la tesi dei genitori biologici facendo ricorso alla consolidata giurisprudenza della Cassazione, secondo la quale il ricorso alla dichiarazione dello stato di adottabilità è una soluzione estrema, cui però si può e si deve fare ricorso quando ogni altro rimedio appaia inadeguato, valutando le concrete possibilità di acquisto o recupero della capacità genitoriale in tempi compatibili con l'esigenza del minore di uno stabile contesto familiare (Cass., 20 gennaio 2015, n. 881; Cass., 14 giugno 2012, n. 9769). La Corte piemontese procede quindi a un nuovo esame di merito, ripercorrendo tutti passaggi della valutazione negativa già resa sui genitori e giunge alla conclusione che l'episodio dell'abbandono in macchina, ritenuto dalla Corte di Cassazione come "errore decisivo" è stato in realtà soltanto l'indice della sussistenza di gravi carenze genitoriali adeguatamente riscontrate, anche tramite consulenza, e non emendabili in tempi consoni con le esigenze di sana crescita della bambina: pertanto l'ingerenza dello Stato nella vita privata e familiare dei genitori biologici non è stata arbitraria. In definitiva, pur tenendo conto dell'assoluzione in sede penale, la sentenza di dichiarazione dello stato di adottabilità è stata confermata.

Osservazioni

La sentenza in esame ha ricevuto grande attenzione dai media per ragioni che, tutto sommato, hanno poco a che vedere con il diritto. La vicenda, spogliata dagli argomenti ad effetto (i genitori-nonni, l'abbandono di minore), mette bene in evidenza un nodo gordiano delle procedure di adottabilità. Il procedimento nasce di regola dalla osservazione di un episodio critico, sintomatico di scarsa capacità genitoriale; questo non basta però per dichiarare lo stato di abbandono perché è doveroso avviare un percorso di sostegno e contemporanea osservazione al fine di verificare se la capacità genitoriale, con l'aiuto delle istituzioni, può essere recuperata (Cass. 14 marzo 2017, n. 6552; Cass. 14 aprile 2016, n. 7391; Corte EDU, 13 ottobre 2015). Il punto critico è il tempo, perché il recupero delle capacità genitoriali deve avvenire in tempi compatibili con le esigenze del minore ed in particolare con la realizzazione del suo interesse a crescere e svilupparsi in ambiente sano (Corte EDU 6 luglio 2010). Nella vita di un minore il tempo ha un significato particolare perché è il tempo della crescita e quindi laddove per l'adulto un certo lasso di tempo può considerarsi breve perché non muta o muta di poco le situazioni di fatto e di diritto, per il minore anche in pochi anni avvengono delle vere e proprie rivoluzioni esistenziali. Questo è in definitiva il fondamento della decisione in commento: i giudici torinesi hanno ritenuto che i tempi dei genitori, per il recupero delle loro capacità, ed i tempi della minore, per la soddisfazione dei suoi interessi primari, non erano allineati e nel contrasto tra le due posizioni è stata data prevalenza al best interest della minore. Inoltre, nel giudizio di merito, era stata anche ipotizzata la possibilità di non rescindere totalmente il legame con i genitori e ciò considerando che ci sono casi in cui il sistema dell'adozione chiusa, proprio del nostro ordinamento, non è del tutto satisfattivo dell'interesse del minore: quando il rapporto con la famiglia d'origine non è pericoloso, non rescindere del tutto il legame affettivo con essa può essere maggiormente rispettoso del diritto del minore a conservare la sua identità biologica e personale (Corte Cost. 22 novembre 2013, n. 278; Corte EDU 21 gennaio 2014). In concreto questa possibilità è stata esclusa valutando il disagio manifestato dalla bambina dopo gli incontri con i genitori biologici.

Guida all'approfondimento

G. Casaburi, La revocabilità delle sentenze (della Cassazione) di adottabilità dei minori tra giudici supremi interni e sovranazionali: le «liaisons dangereuses», in Foro it., 2016, I, 2319

J. Long, Il diritto italiano della famiglia e minorile alla prova della convenzione europea dei diritti dell'uomo, in Eur. e dir. priv., fasc. 4, 2016, 1059

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