Responsabile il notaio che non annota il fondo patrimoniale a margine dell'atto di matrimonio

Nelson Alberto Cimmino
05 Agosto 2016

Il notaio che, dopo avere costituito un fondo patrimoniale, ometta di curare la relativa annotazione a margine dell'atto di matrimonio, risponde nei confronti dei proprietari dei beni conferiti nel fondo del danno da essi patito in conseguenza dell'inopponibilità del vincolo di destinazione ai creditori, a nulla rilevando che sia stata comunque eseguita la trascrizione dell'atto.
Massima

Il notaio che, dopo avere costituito un fondo patrimoniale, ometta di curare la relativa annotazione a margine dell'atto di matrimonio, risponde nei confronti dei proprietari dei beni conferiti nel fondo del danno da essi patito in conseguenza dell'inopponibilità del vincolo di destinazione ai creditori, a nulla rilevando che sia stata comunque eseguita la trascrizione dell'atto, giacché quest'ultima non rende la costituzione del fondo patrimoniale opponibile ai terzi quando sia mancata la suddetta annotazione, nemmeno nel caso in cui i terzi ne avessero conoscenza.

L'art. 2903 c.c., laddove stabilisce che l'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto, deve essere interpretato nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell'atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da quel momento il diritto può essere fatto valere e l'inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo; e tale momento va individuato, in relazione alla costituzione del fondo patrimoniale, in quello nel quale avviene l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio, che è il giorno nel quale l'atto diviene opponibile ai terzi.

Il caso

La Banca Alfa conviene in giudizio davanti al Tribunale di B. i coniugi Tizio e Caia per sentirli condannare al pagamento di una consistente somma di denaro e per vedersi accogliere la domanda di revocatoria dell'atto con il quale i convenuti avevano costituito un fondo patrimoniale, vincolando diversi immobili.

I convenuti si costituiscono in giudizio ed eccepiscono l'intervenuta prescrizione dell'azione revocatoria.

Il Tribunale accoglie la domanda: condanna i convenuti al pagamento della somma richiesta e dichiara l'inefficacia dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale.

La sentenza della corte di merito viene impugnata. La Corte di Appello conferma la sentenza di primo grado e, in particolare, la revocatoria dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale, rilevando che esso, benché stipulato in data 20 aprile 1999, era divenuto effettivamente opponibile ai terzi (fra i quali la Banca creditrice) soltanto con l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio, avvenuta il successivo 1 ottobre 2003; poiché il credito della Banca era sorto in data 22 settembre 2003, la costituzione del fondo patrimoniale era da ritenere successiva rispetto al sorgere del credito, in quanto solo con l'annotazione l'atto era divenuto opponibile ai terzi.

Contro la sentenza della Corte di Appello i coniugi Tizio e Caia propongono ricorso in Cassazione.

La questione

La Suprema Corte nella sentenza in commento affronta tre argomenti:

a) il rapporto esistente, in relazione alla pubblicità delle convenzioni matrimoniali, tra la trascrizione nei registri immobiliari (art. 2647 c.c.) e l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio (art. 162 c.c.);

b) la decorrenza del termine di prescrizione dell'azione revocatoria nei confronti dell'atto costitutivo di fondo patrimoniale;

c) la responsabilità civile (e la conseguente obbligazione risarcitoria) a carico del notaio che non abbia eseguito la pubblicità necessaria ai fini dell'opponibilità ai terzi dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale.

Le soluzioni giuridiche

a) La Cassazione ribadisce il principio secondo cui la costituzione di fondo patrimoniale, in quanto convenzione matrimoniale, è opponibile ai terzi solo se viene annotata a margine dell'atto di matrimonio, così come disposto dall'art. 162, comma 4, c.c.; la trascrizione del vincolo per gli immobili, ai sensi dell'art. 2647 c.c., resta degradata a mera pubblicità-notizia (inidonea ad assicurare detta opponibilità) e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile.

Inoltre, la Suprema Corte precisa chiaramente che la pubblicità prevista dalla legge ai fini dell'opponibilità (ovvero l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio), non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti della costituzione del fondo.

Si conferma, dunque, l'orientamento ormai costante e consolidato della giurisprudenza (fra le ultime sentenze v. Cass. 5 aprile 2007, n. 8610; Cass. 16 novembre 2007, n. 23745; Cass. 10 luglio 2008, n. 18870; Cass. 30 settembre 2008, n. 24332; Cass. 23 maggio 2011, n. 11319; Cass. 12 dicembre 2013, n. 27854).

Su tale argomento la Corte di legittimità si è pronunciata, in senso conforme, anche a Sezioni Unite (Cass., S.U., 13 ottobre 2009, n. 21658).

Alle dette conclusioni - affermano i giudici - si perviene essenzialmente sulla base della considerazione che la l. n. 151/1975 ha abrogato l'ultimo comma dell'art. 2647 c.c. (che considerava la trascrizione del vincolo familiare requisito di opponibilità ai terzi) con ciò rendendo evidente l'intento del legislatore di degradare la trascrizione del fondo a pubblicità-notizia e di riservare l'opponibilità del vincolo ai terzi all'annotazione di cui all'art. 162, ultimo comma, c.c.

Il fondo patrimoniale risulta quindi sottoposto ad una doppia forma di pubblicità: annotazione nei registri dello stato civile (funzione dichiarativa); trascrizione (funzione di pubblicità-notizia). Infatti quando la legge non ricollega alla trascrizione un particolare effetto ben determinato, si è in presenza di una pubblicità notizia. Il legislatore tutte le volte in cui ha voluto attribuire alla pubblicità determinati effetti lo ha detto esplicitamente, mentre laddove non ha detto nulla deve ritenersi trattarsi di pubblicità-notizia.

L'opponibilità ai terzi dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale (avente ad oggetto beni immobili) è quindi subordinata all'annotazione a margine dell'atto di matrimonio a prescindere dalla trascrizione del medesimo atto imposta dall'art. 2647 c.c..

L'annotazione a margine dell'atto di matrimonio della data del contratto, del notaio rogante e delle generalità dei contraenti che hanno partecipato alla costituzione del fondo patrimoniale mira a tutelare, ancor più che per il passato, i terzi che pongono in essere rapporti giuridici con i coniugi.

I terzi interessati a conoscere il regime patrimoniale di determinati soggetti – e di conseguenza la disciplina cui sono assoggettati specifici immobili - hanno dunque l'unico onere di consultare i registri dello stato civile e non anche i registri immobiliari. In altri termini, l'annotazione nei registri dello stato civile a margine dell'atto di matrimonio costituisce il perno del sistema di pubblicità, fondamentale per far conoscere ai terzi quali siano il regime e le convenzioni patrimoniali di ciascuna famiglia.

Sulla materia è addirittura intervenuta la Corte Costituzionale (Sent. 6 aprile 1995, n. 111) ed ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 162, comma 4, 2647 e 2915 c.c., nella parte in cui non prevedono che, per i fondi patrimoniali costituiti a mezzo di convenzione matrimoniale su beni immobili, l'opponibilità ai terzi sia determinata dalla trascrizione dell'atto sui registri immobiliari, anziché dall'annotazione a margine dell'atto di matrimonio.

In mancanza dell'annotazione a margine dell'atto di matrimonio, la convenzione è inopponibile ai terzi ed a nulla rileva l'effettiva conoscenza di essa che questi abbiano potuto acquisire in altra maniera: quando la legge dispone che per l'opponibilità di determinati atti è necessaria la pubblicità, questa non ammette deroghe od equipollenti (Cass. 19 novembre 1999, n. 12864; Cass. 8 ottobre 2008, n. 24798; Cass. 25 marzo 2009, n. 7210; Trib. Prato 25 novembre 2009).

In senso contrario risulta una ormai risalente ed isolata pronuncia di merito secondo cui l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio non è prevista ai fini dell'opponibilità ai terzi, a ciò essendo necessaria e sufficiente la trascrizione ai sensi dell'art. 2647 c.c. (Trib. Modena 19 luglio 1996).

b) La Cassazione richiama il precedente costituito dalla sentenza 19 gennaio 2007, n. 1210, e ribadisce il principio secondo cui l'art. 2903 c.c., laddove stabilisce che l'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto, deve essere interpretato nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell'atto è stata data pubblicità ai terzi; e tale momento va individuato, in relazione alla costituzione del fondo patrimoniale, in quello nel quale avviene l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio, che è il giorno nel quale l'atto diviene opponibile ai terzi.

Infatti – affermano i giudici - l'art. 2903 c.c., che specificamente disciplina la prescrizione dell'azione revocatoria, deve essere interpretato alla luce delle disposizioni generali in tema di prescrizione ed, in particolare, della norma contenuta nell'art. 2935 c.c. secondo la quale essa comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Presupposto dell'istituto della prescrizione è, infatti, l'inerzia del titolare nell'esercizio del diritto per il tempo determinato dalla legge (art. 2934 c.c.), sicché non è configurabile siffatto stato se non dal momento in cui il titolare sia idoneamente edotto del diritto che è in suo potere esercitare.

Così, tornando al caso in esame, è possibile affermare che la disposizione dell'art. 2903 c.c. laddove stabilisce che l'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell'atto, deve essere interpretata (attraverso il coordinamento con la disposizione generale in tema di prescrizione, di cui all'art. 2935 c.c.) nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell'atto è stata data pubblicità ai terzi; è solo da questo momento, infatti, che il diritto può essere fatto valere e l'inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo.

Dunque, trattandosi di destinazione dell'immobile a fondo patrimoniale, la prescrizione dell'azione revocatoria decorre dal giorno in cui ne è stata data pubblicità mediante annotazione a margine dell'atto di matrimonio, che è il giorno in cui l'atto diviene opponibile ai terzi.

c) Il notaio che ha stipulato una convenzione matrimoniale ha l'obbligo di richiedere l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio della convenzione stessa entro trenta giorni dalla data dell'atto (art. 34 bis disp. att. c.c.).

La Suprema Corte nella sentenza in commento afferma il principio per cui il notaio che, dopo avere costituito un fondo patrimoniale, ometta (o ritardi, nda) di curare la relativa annotazione in margine all'atto di matrimonio, risponde nei confronti dei proprietari dei beni conferiti nel fondo del danno da essi patito in conseguenza dell'inopponibilità del vincolo di destinazione ai creditori, a nulla rilevando che sia stata comunque eseguita la trascrizione dell'atto, giacché quest'ultima non rende la costituzione del fondo patrimoniale opponibile ai terzi quando sia mancata la suddetta annotazione (in senso conforme Trib. Pisa 29 gennaio 2004; App. Roma 10 maggio 2007; Cass. 27 novembre 2012, n. 20995).

La giurisprudenza ha affermato che, poiché la responsabilità del notaio rogante per mancata tempestiva annotazione a margine dell'atto di matrimonio dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale ha natura contrattuale, la prescrizione decorre dal verificarsi dell'inadempimento e quindi a partire dal trentesimo giorno dalla stipulazione dell'atto, cioè dalla scadenza del termine entro il quale chiedere l'annotazione (Trib. Biella, 20 luglio 1998).

Il notaio può tuttavia liberarsi dalla responsabilità dimostrando di aver adempiuto la prestazione trasmettendo all'ufficio competente la richiesta (App. Napoli, 14 giugno 2011).

Se, pertanto, l'omissione dell'annotazione a margine dell'atto di matrimonio sia riconducibile all'ufficiale dello stato civile, nella controversia che ne può scaturire legittimato passivamente non è il Comune ma direttamente lo Stato.

Tale conclusione si spiega in quanto nell'esercizio della funzione di tenuta dei registri dello stato civile, il sindaco assume la veste di ufficiale di Governo e quindi agisce quale organo dello Stato in posizione di dipendenza gerarchica anche rispetto agli organi statali centrali (Ministero della giustizia) e locali di grado superiore (Procuratore della Repubblica) (Cass., S.U., 13 ottobre 2009, n. 21658).

Una sentenza di merito (Trib. Bassano del Grappa, 3 febbraio 1994) ha addirittura affermato la mancanza di responsabilità del notaio che formuli in modo generico una richiesta di annotazione a margine dell'atto di matrimonio di un atto costitutivo di fondo patrimoniale, la inoltri ad un Comune diverso da quello in cui è stato celebrato il matrimonio e non rispetti così il termine di trenta giorni previsto per questo adempimento.

Secondo i giudici, infatti, l'obbligazione gravante sul notaio si esaurisce nell'inoltro della richiesta e non implica che il notaio debba svolgere una qualche attività di vigilanza e di controllo sul pubblico ufficiale competente per assicurarsi che l'annotazione venga effettivamente apposta. L'istruzione contenuta nelle missive accompagnatorie degli atti è certamente generica; tuttavia essa è rivolta all'ufficio cui è demandata istituzionalmente la conservazione e l'aggiornamento degli atti di matrimonio, il quale non poteva ignorare quali fossero gli adempimenti di propria competenza conseguenti ad un atto costitutivo di fondo patrimoniale. Ogni ulteriore precisazione da parte del notaio avrebbe potuto apparire pedante. Evidentemente, l'impiegato del Comune che ha ricevuto e smistato gli atti non ha fatto attenzione al contenuto di essi e delle missive di accompagnamento, ovvero non era in grado di svolgere adeguatamente tale delicato compito. Nell'uno e nell'altro caso, comunque, nessuna responsabilità può derivarne al notaio.

Infine, conclude il Tribunale, non si può imputare al notaio l'aver inviato la copia dell'atto destinata all'annotazione ad un Comune diverso da quello dov'era stato celebrato il matrimonio dei clienti. Se questa condotta certo viola l'art. 34 bis disp. att. c.c., gli interessati avrebbero sofferto soltanto un ritardo di qualche giorno, pertanto innocuo, se alla condotta negligente del notaio non si fosse sommata quella, altrettanto negligente, dei funzionari comunali (Trib. Bassano del Grappa, 3 febbraio 1994).

Osservazioni

Qualche rilievo critico sembra possa avanzarsi relativamente al principio affermato costantemente dai giudici di legittimità secondo cui, nel caso di costituzione di fondo patrimoniale, il termine quinquennale di prescrizione dell'azione revocatoria avverso tale atto decorre dall'annotazione a margine dell'atto di matrimonio, cioè dal giorno in cui l'atto diviene opponibile ai terzi.

Ricordiamo, infatti, che l'atto costitutivo di fondo patrimoniale è soggetto a due distinte forme di pubblicità: l'annotazione di cui all'art. 162, comma 4, c.c., che ha funzione di pubblicità dichiarativa, idonea ad assicurare l'opponibilità della convenzione matrimoniale ai terzi, e la trascrizione di cui all'art. 2647 c.c. che, invece, ha funzione di mera pubblicità-notizia, cioè la più semplice funzione di rendere l'atto pubblico e noto ai terzi.

Ebbene, chi scrive ritiene che, laddove l'atto costitutivo del fondo patrimoniale sia stato trascritto nei registri immobiliari ma non anche annotato nei registri di stato civile, il termine quinquennale di prescrizione dell'azione revocatoria debba iniziare a decorrere dalla data di trascrizione, cioè dal momento in cui si è comunque data pubblicità all'atto e si è creata la c.d. conoscibilità legale dell'atto stesso, a prescindere dalla sua opponibilità o meno ai terzi.

In tal modo acquista senso la pubblicità prevista dall'art. 2647 c.c. che, altrimenti, non avrebbe alcuna funzione concreta.

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