Accordi traslativi in sede di separazione e benefici prima casa

Marzia Minutillo Turtur
06 Dicembre 2016

Con la sentenza in commento, la Corte analizza e valuta l'effettiva portata dell'esenzione prevista dall'art. 19 l. n. 74/1987 in relazione ai diversi e possibili accordi intervenuti tra le parti in sede di separazione.
Massima

In tema di agevolazioni tributarie, l'attribuzione al coniuge della proprietà della casa coniugale in adempimento di una condizione inserita nell'atto di separazione consensuale non costituisce una forma di alienazione dell'immobile rilevante ai fini della decadenza dai benefici cosiddetta "prima casa", bensì una modalità di utilizzazione dello stesso - per la migliore sistemazione dei rapporti fra i coniugi in vista della cessazione della loro convivenza - svincolata dalla corresponsione di corrispettivo e non integrante un atto di donazione, in assenza dunque di qualsiasi intento speculativo.

Il caso

Il ricorrente in cassazione chiede la riforma della sentenza della Commissione Tributaria del Piemonte che, rigettando l'appello, aveva confermato l'avviso di liquidazione con riguardo all'imposizione sul valore aggiunto a seguito della dichiarata decadenza del contribuente dal beneficio prima casa.

In particolare il ricorrente, in adempimento di una condizione pattuita in sede di separazione consensuale, aveva attribuito alla moglie la piena proprietà della casa coniugale.

L'Amministrazione, e così il giudice di primo e secondo grado, hanno ritenuto che tale atto non rientri nell'esenzione prevista dall'art. 19 l. n. 74/1987.

Il ricorrente ha evidenziato come le decisioni si ponessero in contrasto con altri orientamenti della Corte e come la cessione in proprietà della casa coniugale rappresenti di fatto, seppure a seguito di trasferimento formale, solo una forma di utilizzazione dell'immobile ai fini della migliore sistemazione dei rapporti fra i coniugi, sia pure al venir meno della loro convivenza.

La questione

Con la sentenza in commento la Corte analizza e valuta l'effettiva portata dell'esenzione prevista dall'art. 19 l.n. 74/1987 in relazione ai diversi e possibili accordi intervenuti tra le parti in sede di separazione.

Richiama in particolare la portata fondamentale per l'interpretazione della normativa vigente della sentenza della Corte cost. n. 154/1999, che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 19 nella parte in cui non estende i suoi effetti, e dunque l'esenzione prevista, a tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi.

Conseguentemente affronta, nel caso concreto, la questione relativa alla natura ed effettiva portata degli accordi, anche traslativi di beni immobili, raggiunti nell'ambito delle disposizioni impartite dal giudice per riequilibrare la posizione dei coniugi dopo lo scioglimento del matrimonio, anche ed eventualmente al fine di regolare in un'unica soluzione l'obbligo di corrispondere l'assegno mensile di mantenimento.

Il tutto al fine di sottrarre all'imposizione fiscale tutti gli atti, accordi e convenzioni conseguenti allo scioglimento del matrimonio e all'adempimento dei doveri conseguenti alla separazione e divorzio.

Le soluzioni giuridiche

La decisione della Corte richiama due orientamenti contrapposti nell'interpretazione della questione sollevata dal ricorrente.

Secondo un primo orientamento (Cass. civ. n. 2263/2014), il trasferimento di un immobile in favore del coniuge per effetto di accordi intervenuti in sede di separazione personale è comunque da ricondurre alla volontà del cedente, in modo autonomo, e non dunque al provvedimento giudiziale di omologazione. Da ciò consegue che se nei cinque anni successivi all'acquisto il cedente non abbia comprato nell'anno ulteriore altro appartamento da adibire a propria abitazione principale le agevolazioni prima casa devono essere revocate.

Ritiene tale orientamento che una cessione immobiliare, a seguito di convenzioni concluse dai coniugi in sede di separazione personale, abbia una sua portata patrimoniale a carattere corrispettivo, e non carattere di donazione, integrando una soluzione compensativa di tutta una serie di rapporti sorti “in occasione” della separazione, con la conseguenza che la fonte ed origine di tale accordo deve essere individuata nell'accordo delle parti e non nella separazione, con conseguente decadenza dal beneficio.

Il secondo orientamento (Cass. civ. n. 3753/2014 nota di P. Turis, in Il Fisco, 1189 e ss.; B. Ianniello, in Corriere tributario, 1251 e ss.; Cass. civ. n. 23225/2015) ritiene al contrario come un accordo del genere inserito nell'atto di separazione non costituisca una forma di alienazione dell'immobile rilevante al fine della decadenza dal beneficio prima casa, ma una diversa modalità di utilizzazione dello stesso per la migliore sistemazione dei rapporti tra i coniugi in vista della cessazione della loro convivenza. Tale orientamento evidenzia la volontà di attribuire una sempre più consistente rilevanza all'autonomia privata nella disciplina dei rapporti familiari, anche in considerazione della circostanza che l'immobile mantiene la sua vocazione, ovvero la destinazione a casa familiare, con conseguente rispetto della finalità che legittima la concessione dell'agevolazione.

L'immobile dunque mantiene la sua destinazione a casa familiare, con il mero adeguamento della situazione concreta, derivante dalla sopravvenuta cessazione della convivenza tra i coniugi.

La Corte nel decidere la questione sollevata dal ricorrente ha dato continuità a questo secondo orientamento, evidenziando come il trasferimento in attuazione di accordi di separazione è svincolato da qualsivoglia corrispettivo e non rappresenta un atto di donazione, in mancanza di qualsiasi intento speculativo delle parti, non avendo il cedente conseguito alcuna somma da reimpiegare per l'acquisto di una nuova casa.

Osservazioni

La pronuncia in commento, nel valutare il caso concreto relativo ad un trasferimento immobiliare a seguito di separazione consensuale ha chiarito come una tale operazione non rientri nella sfera di applicazione della sanzione di decadenza, volta sostanzialmente a prevenire operazioni speculative di cessioni con agevolazioni fiscali. In tal senso si è chiarito come la finalità correlata alla concessione dell'agevolazione fiscale debba essere identificata nel favorire sul piano sociale l'acquisizione in proprietà della prima casa da destinare ad abitazione propria e quindi del nucleo familiare.

Tale presupposto permane, a parere della Cassazione, anche nel caso in cui nel corso della definizione dei rapporti tra coniugi in sede di separazione gli stessi si accordino in ordine alla cessione di immobile senza alcun corrispettivo.

Esclusa quindi la ricorrenza di elementi tipici della donazione, in carenza dell'elemento tipico dell'affettività a causa della rottura della relazione sentimentale, gli accordi dei coniugi si devono ritenere elementi costitutivi della separazione stessa, e non meramente occasionati dalla stessa, ai sensi dell'art. 711, comma 4, c.p.c..

L'interpretazione seguita evidenzia dunque la necessità di incrementare quanto più possibile, anche grazie all'agevolazione fiscale in questione, l'accesso alla tutela giurisdizionale per promuovere nel minor tempo possibile una soluzione idonea e soddisfacente alle obbligazioni che gravano sui coniugi.

E tale beneficio fiscale deve essere ritenuto applicabile sia nel caso che l'accordo (ad esempio per il trasferimento immobiliare) si concretizzi e formalizzi davanti al giudice, sia che si raggiunga all'esterno del contesto giudiziario, purché il relativo obbligo sia stato comunque assunto dinnanzi al giudice.

Si può quindi considerare acclarata la vicinanza di tale interpretazione della Corte all'elaborazione dottrinale che ha individuato la complessiva attività di definizione dei rapporti tra i coniugi in sede di separazione come “negoziazione globale”, attribuita nel suo complesso alla liquidazione del rapporto coniugale, con la conseguenza che gli accordi tra i coniugi in tal senso raggiunti rivestono la qualità di contratti tipici della crisi coniugale con funzione di definizione non contenziosa e tendenzialmente definitiva.

Accordi che trovano il loro fulcro nel consenso dei coniugi, consenso che viene fortemente valorizzato e ritenuto indice del diverso inquadramento di tali accordi come parte integrante (e non solo occasione) della soluzione delle questioni inerenti alla separazione, così come emergente dalla nuova cornice normativa derivante dalla pronunzia della Corte Costituzionale citata.

Guida all'approfondimento

- M. Ciarleglio, Diritto e Pratica Tributaria, n. 5/2014, 855 e ss. nota a Cass. n. 860/2014

- L. Iacobellis, in Rassegna Tributaria, 5/2014, 1102 e ss. nota a Cass. n. 860/2014

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