Sperimentazione sugli embrioni. Un'ulteriore pronuncia della Corte Costituzionale

Alberto Figone
06 Luglio 2016

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Firenze, degli artt. 6 e 13 della l. n. 40/2004, rispettivamente in ordine all'irrevocabilità del consenso alla procreazione medicalmente assistita, dopo la fecondazione dell'ovulo, e al divieto di qualsiasi ricerca clinica sperimentale sugli embrioni, che non sia finalizzata alla tutela degli embrioni stessi.
Massima

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Firenze, degli artt. 6 e 13 della l. n. 40/2004, rispettivamente in ordine all'irrevocabilità del consenso alla procreazione medicalmente assistita, dopo la fecondazione dell'ovulo, e al divieto di qualsiasi ricerca clinica sperimentale sugli embrioni, che non sia finalizzata alla tutela degli embrioni stessi.

Il caso

Una coppia di coniugi si sottopone ad un trattamento di procreazione medicalmente assistita (PMA), all'esito del quale vengono prodotti nove embrioni, risultati “non impiantabili”, ed uno solo trasferibile in utero (anche se di “media qualità”, tanto che la successiva gravidanza si interrompe). Quella coppia si rivolge al Giudice, a fronte del diniego della struttura medica alla richiesta di restituzione degli embrioni soprannumerari, avendo l'intenzione di destinarli alla ricerca scientifica e alla diagnosi. Il Tribunale di Firenze, nell'ambito di un procedimento cautelare, investe la Corte costituzionale di due questioni di illegittimità della normativa di cui alla l. n. 40/2004.

La questione

La Consulta è chiamata a pronunciarsi su una duplice questione di legittimità costituzionale, rispettivamente dell'art. 13, commi dal 1 al 3, della l. n. 40/2004, che vieta la destinazione alla scienza degli embrioni in soprannumero, e dell'art. 6, comma terzo, della stessa legge, là dove non prevede la revoca del consenso al trattamento di PMA, in seguito alla fecondazione dell'ovocita. La Corte costituzionale, con diverse argomentazioni, dichiara inammissibili entrambe le questioni.

Le soluzioni giuridiche

La questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, l. n. 40/2004 (per dedotto contrasto con gli artt. 2, 32 e 33 Cost.) è stata dichiarata inammissibile «per il carattere meramente ipotetico, e non attuale, della sua rilevanza»; ciò in quanto, come anticipato, l'interessata aveva accettato il trattamento di PMA con l'unico embrione (tra i dieci prodotti), non affetto da patologie.

Molto più complessa ed articolata è la motivazione in ordine alla questione di legittimità dell'art. 13 l. n. 40/2004, commi dal primo al terzo, della citata legge, sollevata con riferimento ai varie disposizioni della Costituzione (artt. 2, 3, 9, 13, 31, 32 e 33 Cost.). Come osserva la pronuncia in esame, detta questione «rimanda al conflitto, gravido di implicazioni eriche oltreché giuridiche, tra il diritto della scienza (ed i vantaggi della ricerca ad esso collegati) ed il diritto dell'embrione, per il profilo della tutela (debole o forte) ad esso dovuta in ragione e in misura del (più o meno ampio) grado di soggettività e di dignità antropologica che gli venga riconosciuto». La Consulta richiama espressamente quanto deciso dalla Grand Chambre della Corte EDU, con sentenza del 27 settembre 2015, n. 46470/11 (Parrillo contro Italia), che aveva escluso che il divieto di donazione alla ricerca degli embrioni in soprannumero, prevista dalla legge italiana, potesse integrare violazione dell'art. 8 CEDU, stante l'ampio margine di valutazione in materia degli Stati. A conclusione di una lucida disamina sulle possibili sorti di detti embrioni, la Corte costituzionale evidenzia come si ci muova in una materia riservata esclusivamente alla discrezionalità del legislatore, senza che sia possibile indurre dalla scelta operata dalla l. n. 40/2004 un contrasto con i precetti della Carta fondamentale

La decisione in commento, come evidente, interviene su un aspetto particolarmente delicato della l. n. 40/2004, ossia sulla sorte degli embrioni soprannumerari. Come è noto, tale legge, nei primi tre commi dell'art. 13 vieta espressamente qualsiasi sperimentazione sugli embrioni, specificando che la ricerca clinica e sperimentale è consentita solo per finalità terapeutiche e diagnostiche, finalizzate alla tutela della salute e dello sviluppo degli embrioni stessi. Si tratta di previsione rimasta operativa, pur a fronte dei vari interventi della Corte costituzionale, che hanno profondamente modificato il quadro normativo di riferimento, così come configurato dal legislatore del 2004. Va qui ricordato come l'art. 14, comma 2, l. n. 40/2004 sia stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui vietava la produzione di un numero di embrioni superiore a quello necessario «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre» (Corte Cost. 8 maggio 2009, n. 151). Si è così derogato al divieto di crioconservazione degli embrioni, sancito, in via generale, nel comma 1 dell'art. 14 in questione. Il numero degli embrioni soprannumerari, destinati a rimanere crioconservati, siccome non impiantati, è stato poi potenzialmente ampliato per effetto della successiva sentenza, con cui la Consulta ha dichiarato la parziale illegittimità degli artt. 1 e 4 l. n. 40/2004; ciò in quanto non consentivano il ricorso alle tecniche di PMA per coppie fertili, portatrici di gravi malattie genetiche trasmissibili (Corte Cost., 5 giugno 2015, n. 96). Si è così ammessa, in determinati casi, la legittimità della diagnosi preimpianto. Coerente è stata poi la declaratoria di illegittimità del reato di selezione embrionaria, previsto dall'art. 13 comma 3 l. n. 40/2004, in correlazione a quanto deciso con la precedente pronuncia (Corte Cost., 11 novembre 2015, n. 229).

Nei centri che praticano la PMA si trovano pertanto conservati ovociti fecondati, e quindi embrioni, che, per varie ragioni, e con tutta probabilità, sono destinati ad una ibernazione “perenne”, senza previsione di un futuro impianto. Detti embrioni potrebbero essere utilizzati a fini diagnostici e di ricerca, specie nello studio di malattie genetiche; la l. n. 40/2004, come evidenziato, tuttavia lo vieta. Sul punto, come ricorda la Corte costituzionale (che ha volutamente differito la propria decisione) è intervenuta la Grand Chambre della Corte EDU, la quale ha osservato come molti degli Stati membri del Consiglio d'Europa ammettano la donazione alla scienza degli embrioni in soprannumero, mentre altri, come l'Italia, la vietano, ed altri ancora la subordinano a requisiti precisi e rigorosi. Da tale premessa, come anticipato, si è esclusa la violazione dell'art. 8 CEDU da parte della legislazione italiana, stante la discrezionalità che è concessa agli Stati di intervenire in materie così sensibili. La Corte costituzionale si adegua e dichiara inammissibile la questione sollevata dal Tribunale di Firenze.

La soluzione, condivisibile sotto l'aspetto tecnico giuridico, può destare perplessità. Il legislatore, infatti, ha ritenuto di far prevalere il diritto alla salute e allo sviluppo di embrioni che verosimilmente non diventeranno mai persone, rispetto a quello alla ricerca scientifica e alla scienza, finalizzati alla prevenzione e alla cura di chi persona invece potrà diventare. L'impostazione della l. n. 40/2004 (o meglio di quel che rimane) paga l'affermazione contemplata nell'art. 1, secondo cui la legge assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti nella PMA, compreso il concepito, attribuendo così all'embrione (privo di personalità giuridica) diritti soggettivi.

Osservazioni

Si ritiene auspicabile un intervento del legislatore, nel quadro di una riscrittura della disciplina della PMA, che consenta alle coppie di disporre degli embrioni soprannumerari, in presenza di condizioni e presupposti specifici. Ciò per garantire il progresso della scienza e della ricerca medica, con un più corretto bilanciamento degli interessi contrapposti.

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