I criteri di scelta della scuola in caso di conflitto tra i genitori
07 Aprile 2017
Esercizio della responsabilità genitoriale: principi e normativa di riferimento
Prima di entrare nello specifico tema della scelta dell'indirizzo scolastico, appare opportuno e doveroso ricordare qualche concetto fondamentale in tema di responsabilità genitoriale. Come è noto, la responsabilità genitoriale è quell'insieme di diritti e doveri che la legge pone in capo ai genitori al fine di tutelare l'interesse dei figli e di garantire una crescita ed uno sviluppo che sia consono alla personalità degli stessi. In particolare, i genitori, in egual misura, sono tenuti a provvedere al mantenimento, all'istruzione, all'educazione ed all'assistenza morale dei loro figli, tenendo conto delle loro naturali inclinazioni, aspirazioni ed effettive capacità. Il principio trova fondamento nell'art. 30 Cost. che riconduce al mero evento della procreazione l'obbligo di provvedere a mantenere, educare ed istruire i figli, demandando alla legge di provvedere nel caso di incapacità dei genitori ad assolvere il loro compito. A seguito della riforma della filiazione introdotta con la l. n. 219/2012 e con il d.lgs. n. 154/2013, il concetto di diritti e doveri dei genitori verso i figli ha subito una radicale modifica: ai sensi della nuova formulazione dell'art. 316 c.c., la responsabilità genitoriale, non solo esula dal concetto di “autorità” sui figli, già superato con la lontana riforma del diritto di famiglia del 1975, ma non è riconducibile neppure al concetto di “potestà”, per lasciare posto, nel rispetto della definizione di responsabilità genitoriale data dal Reg. CE n. 2201/2003, a quello di diritti ed obblighi verso la persona ed i beni di un soggetto minore, compresi l'affidamento ed il diritto di visita. L'esercizio della responsabilità genitoriale comporta pertanto che le decisioni di maggior interesse per i figli vengano adottate dai genitori concordemente, con l'assunzione degli oneri economici relativi alle scelte operate. In particolare, secondo la Suprema Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 2008, n. 25026) sussiste una responsabilità solidale dei genitori, laddove siano state contratte obbligazioni al fine di soddisfare i bisogni primari dei figli.
L'affidamento condiviso: quadro normativo ed evoluzione dell'orientamento dottrinale e giurisprudenziale
Anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 54/2006 nelle ipotesi di disgregazione del nucleo familiare, la regola era l'affidamento esclusivo, con l'unica eccezione dell'affidamento congiunto previsto all'art. 6 l. n. 898/1970 per le ipotesi di divorzio ed esteso successivamente anche alle separazioni (art. 23 l. n. 74/1987). L'applicazione al caso concreto dell'affidamento congiunto, peraltro, era assai rara poiché prevedeva decisioni concordi per ogni minima questione e presupponeva quindi l'assenza di qualsivoglia conflittualità tra genitori, in grado di comunicare tra loro con spirito collaborativo. Con la riforma del 2006, il legislatore ha rilevato come la previsione di un affidatario esclusivo e di un altro genitore deputato ad intervenire solo con un potere di vigilanza o controllo, fosse in contrasto con il principio della bigenitorialità, ossia con la sussistenza, in ogni caso e comunque, in capo ad entrambi i genitori, di quella che ancora veniva definita “potestà genitoriale”. L'affidamento condiviso, che comporta invece uguali poteri e responsabilità dei genitori ai fini dello sviluppo psicofisico dei figli e della loro formazione morale e culturale, è quindi divenuto la regola generale, mentre l'affidamento esclusivo è relegato ad ipotesi meramente residuali (oggi art. 337-quater c.c.). L'affidamento condiviso si fonda inoltre su uno dei principi guida dell'ordinamento in materia di famiglia, ossia sul superiore interesse del minore (the best interest of the child) riconosciuto dall'art. 3 Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo, dall'art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea firmata a Nizza nel 2000, in cui è evidenziato come l'interesse superiore del minore debba essere considerato preminente in ogni decisione che lo riguardi e come, in ogni caso, il minore abbia diritto ad intrattenere regolarmente relazioni personali con entrambi i genitori. Con la novella del 2012, i principi sopra enunciati (bigenitorialità e superiore interesse del minore) hanno trovato pieno riconoscimento nelle disposizioni di cui al capo II del Titolo IX del libro I del codice civile che disciplina l'esercizio della responsabilità genitoriale nelle ipotesi di disgregazione del nucleo famigliare. In quest'ottica, le scelte che rivestono interesse per i figli devono essere adottate dai genitori di comune accordo, con assunzione dei relativi oneri economici. La scelta della scuola quale esercizio della responsabilità genitoriale
Ma quali sono le decisioni che rivestono particolare interesse per i figli e che i genitori sono tenuti a prendere di comune accordo nell'esercizio della responsabilità genitoriale ed in virtù dell'affidamento condiviso? I genitori saranno chiamati a prendere decisioni circa la salute, l'educazione in generale dei figli, rispettando la loro personalità e i loro desideri, ascoltando e valutando le loro richieste. Tra le decisioni di maggiore interesse per i figli rientra sicuramente la scelta dell'indirizzo scolastico, in attuazione del dovere di istruzione: i genitori, concordemente, devono decidere il tipo di scuola più idonea per i figli, in relazione alle capacità, inclinazioni ed aspirazioni degli stessi; logica vuole che, salvo diverso accordo, entrambi i genitori si assumano l'onere economico della scelta effettuata, con la conseguenza che l'eventuale anticipazione delle spese da parte di uno dei due legittima la richiesta all'altro di rimborso pro quota di quanto anticipato. Il principio che la scelta della scuola rientri tra le decisioni di particolare importanza per il minore e debba avvenire di comune accordo è stato confermato dai giudici di legittimità (Cass. civ., sez. I, 20 giugno 2012, n. 10174); l'eventuale scelta unilaterale da parte di un genitore, essendo illecita determina altresì l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 709-ter c.p.c. nella forma dell'ammonimento (Trib. Roma, 16 luglio 2015) o del risarcimento del danno (Trib. Roma, 30 settembre 2016). Conflitto tra genitori: chi decide?
Quanto enunciato nel precedente paragrafo è il principio generale a valere nelle ipotesi in cui i genitori abbiano adottato una scelta condivisa nell'interesse primario dei figli. Ma cosa accade qualora tra i genitori sia in atto un contrasto circa la scelta da operare? Una situazione di tal fatta è tutt'altro che rara e diviene assai frequente nelle ipotesi in cui sia in atto una disgregazione del nucleo familiare. Nella maggioranza dei casi, il contrasto riguarda l'opportunità o meno di scegliere una scuola privata o paritaria piuttosto che una scuola pubblica. Così come per ogni altra decisione da adottare nel primario interesse dei figli minori, anche nelle ipotesi di contrasto in ordine all'indirizzo scolastico, il legislatore ha previsto il diritto dei genitori di rivolgersi all'autorità giudiziaria per dirimere il conflitto in atto. Dottrina e giurisprudenza sono unanimi dell'affermare che la norma di riferimento sia l'art. 316 c.c. per le ipotesi in cui la famiglia sia ancora unita e sussista soltanto un conflitto circa la specifica decisione da adottare; in tali casi, ai sensi della norma succitata «ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei». Il Giudice, se permane il contrasto, è chiamato ad attribuire il potere decisionale nel caso concreto a quello dei genitori che ritiene maggiormente idoneo a soddisfare lo specifico interesse del figlio. La finalità della norma in esame, non è solo quella di garantire al figlio la scelta più idonea, ma anche quella di conservare l'unità del nucleo familiare. Diverse pronunzie di merito hanno affermato il superiore principio (ex plurimis Trib. Milano, 4 febbraio 2015) avvallato altresì dai giudici di legittimità (Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 2013, n. 4945). Qualora il contrasto sorga tra genitori in fase di separazione o divorzio, ovvero già separati o divorziati o, ancora, nelle ipotesi in cui sia pendente un giudizio – o vi sia già stata una pronuncia - in merito all'affidamento di figli nati da coppia non coniugata, la norma processuale di riferimento sarà l'art. 709-ter c.p.c. che prevede la possibilità di ricorrere al Tribunale per la soluzione delle controversie insorte nell'esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità di affidamento. In tali ipotesi, il giudicante non sarà chiamato ad attribuire il potere decisionale ad uno dei due genitori, ma, laddove il contrasto persista, sarà tenuto a scegliere in luogo dei genitori. Quali i criteri a disposizione del giudicante per valutare la scelta nel superiore dei minori interessati?
Se il giudice deve sostituirsi ai genitori nella scelta dell'indirizzo scolastico dei figli minori, appare evidente come la decisione debba essere adottata tenendo principalmente in considerazione the best interest of the child, in ossequio alle già citate norme sovranazionali e nazionali che hanno recepito il principio, ribadito altresì nella sentenza Corte cost. 23 gennaio 2013, laddove è detto che «l'interesse superiore dei minori deve essere collocato sempre al primo posto, davanti ad ogni altra considerazione, in tutte le questioni che li vedono coinvolti o che li riguardano». Nell'operare la scelta de qua, il Giudice esercita un ampio potere discrezionale, posto che il concetto di superiore interesse del minore è alquanto indeterminato e passibile di interpretazioni ed applicazioni facilmente condizionate da convinzioni personali. Sicuramente la decisione dovrà essere presa previo ascolto del minore, laddove ne ricorrano i presupposti, ossia qualora il minore abbia compiuto il dodicesimo anno di età, ovvero valutata la sua capacità di discernimento, se di età inferiore: la scelta dell'indirizzo scolastico è fondamentale per la formazione del minore, il cui pensiero deve ritenersi indispensabile per un'adeguata comprensione delle sue esigenze e delle sue aspirazioni; principio ripetutamente affermato dalla suprema Corte di Cassazione, secondo cui l'omesso ascolto del minore in ipotesi in cui siano in gioco interessi per il medesimo rilevanti, costituisce violazione del principio del contraddittorio (Cass. civ., S.U., 21 ottobre 2009, n. 22238). In ogni caso il giudicante sarà chiamato a tenere in considerazione, ove richiesto, anche le condizioni economiche delle parti a fronte di una spesa che sia eventualmente divenuta eccessivamente onerosa e decidere se il costo di una scuola privata sia sostenibile da entrambi, ovvero sia da porre a carico del solo genitore che ritenga di indirizzare il figlio ad un istituto privato. Il principio della continuità didattica
Uno dei fondamentali principi che devono accompagnare il giudice nella scelta è quello della continuità didattica, ossia del diritto per il minore, se necessario nel suo primario interesse, di proseguire gli studi nel medesimo istituto scolastico: il giudice dovrà cioè valutare se sussista un disagio per il minore ad inserirsi in un diverso contesto sociale; ciò, a maggior ragione, qualora egli si trovi a non aver ancora completato un ciclo di studi (es. la scuola primaria). É di tutta evidenza come il cambiamento, soprattutto nelle ipotesi in cui il minore stia attraversando un periodo non facile a causa della separazione dei genitori, possa costituire un trauma o, comunque, comportare difficoltà di non scarsa rilevanza; e ciò, ancora di più, laddove si proponga un trasferimento del minore a metà di un anno scolastico, ovvero prima dell'inevitabile cambiamento connesso al passaggio ad un ciclo di studi superiore. Una particolare attenzione alla continuità didattica dovrà poi aversi nelle ipotesi in cui la decisione sulla scelta dell'indirizzo scolastico veda quale soggetto interessato un minore con disabilità. Posto che il minore disabile gode di un diritto soggettivo assoluto ed inviolabile ad un adeguato inserimento scolastico, diritto che non ammette limitazioni o compromissioni in quanto diritto fondamentale costituzionalmente garantito (artt. 2 e 3 Cost.), la scelta della scuola dovrà essere fatta valutando la sussistenza presso gli istituti indicati – pubblici, paritari o privati che siano - delle strutture necessarie, nonché la presenza di insegnanti di sostegno che rivestono un ruolo fondamentale nel processo di integrazione del minore disabile. Va ricordato che il nostro ordinamento disciplina l'integrazione scolastica del minore disabile nella l. n. 104/1992 con le cui disposizioni viene garantito il diritto all'educazione ed all'istruzione con la presenza ed assistenza della figura dell'insegnante di sostegno nelle classi scolastiche di ogni ordine e grado: l'esercizio del diritto all'istruzione non può essere impedito dalla sussistenza di difficoltà di apprendimento o di qualsiasi altro disagio connesso ad una disabilità. La giurisprudenza pronunciatasi in materia ha sancito che l'insegnante di sostegno deve essere specializzato ed idoneo alle esigenze del minore affidatogli, con la conseguenza che, in relazione al caso concreto, è possibile la disapplicazione della normativa regolamentare relativa alle graduatorie (TAR Puglia, sez. I, 19 febbraio 2009 n. 100 e, soprattutto, Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 2000, n. 245); la giurisprudenza, laddove il cambiamento della figura di riferimento possa essere dannoso al punto di compromettere il diritto assoluto costituzionalmente garantito, è arrivata a riconoscere la continuità didattica anche con il medesimo insegnante di sostegno, sebbene ciò non sia espressamente previsto dalla legge (Cons. Stato, sez. VI, 20 gennaio 2009, n. 3104). L'orientamento della giurisprudenza di merito
Con alcune recenti pronunce i giudici di merito, chiamati a decidere l'indirizzo scolastico dei minori in luogo dei genitori in conflitto, hanno evidenziato una netta preferenza per l'istruzione scolastica pubblica quale espressione del sistema nazionale di istruzione che fornisce garanzia di tutela dello sviluppo culturale ed educativo di ogni soggetto. La scuola paritaria o privata incontra il favore dei giudici solo laddove emergano precise necessità o interessi del minore alla frequentazione di una istituzione scolastica diversa da quella pubblica. Significative espressioni di un orientamento ormai consolidato in diversi tribunali sono due recenti pronunce del Tribunale meneghino (Trib. Milano, 4 febbraio 2015; Trib. Milano, 18 marzo 2016) e due del Tribunale capitolino (Trib. Roma, 31 agosto 2016, n. 23100; Trib. Roma, 9 settembre 2016, n. 23436) (v. V. Mazzotta, La scelta della scuola nel conflitto tra i genitori, in ilFamiliarista.it). Dalle succitate pronunce emerge con chiarezza la motivazione posta dalla giurisprudenza di merito a fondamento dell'orientamento; in particolare, nel provvedimento milanese del febbraio 2015 si legge: «Preferenza e prevalenza va data alle istituzioni scolastiche pubbliche poiché espressione primaria e diretta del sistema nazionale di istruzione nonché esplicazione principale del diritto costituzionale ex art. 33, comma 2, Cost.. Le altre istituzioni scolastiche (paritarie private in generale), pertanto, possono incontrare il favore del giudice, nella risoluzione del conflitto, solo là dove emergano elementi precisi e di dettaglio per accertare un concreto interesse effettivo dei figli a frequentare una scuola diversa da quella pubblica». Optare per la scuola pubblica viene ritenuto una scelta “neutra” che non rischia di orientare i minori verso modelli educativi e culturali specifici che solo i genitori possono valutare concordemente. L'affermazione del principio suindicato non viene meno neppure nelle ipotesi in cui la decisione del tribunale sia stata in favore dell'istituto scolastico privato: in tali ipotesi, le motivazioni addotte dai giudici di merito evidenziano la sussistenza nella fattispecie esaminata di precise controindicazioni della scuola pubblica rispetto all'interesse del minore (difficoltà di apprendimento, particolare fragilità, difficoltà di inserimento in nuovi contesti sociali, esigenza di coltivare studi in linea con l'estrazione culturale e/o nazionale della famiglia), precisando tuttavia che, in assenza di tali particolari necessità, la scelta del giudice sarebbe stata differente (Trib. Roma, 31 agosto 2016, n. 23100)(v. Iscrizione alla scuola privata solo se rispondente all'interesse del minore in ilFamiliarista.it) Si evidenzia che, ove richiesto, il giudice si è pronunciato tenendo in conto anche l'aspetto economico. In particolare nella sentenza del Tribunale di Milano del marzo 2016 si è rilevato come alla disgregazione della famiglia spesso segua un “impoverimento economico” che legittima una modifica del tenore di vita e, quindi, l'impossibilità di sostenere il costo di una scuola privata; le pronunzie richiamano Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 2008, n. 25026 che sancisce il principio secondo cui la scuola privata non costituisce un bisogno primario del minore, posto che l'istruzione pubblica può ritenersi comunque soddisfacente: dal principio discende che, in mancanza di accordo, il genitore dissenziente non sarà tenuto a rimborsare pro quota le spese anticipate dall'altro in forza di arbitraria decisione.
Criticità delle scelte operate
L'orientamento espresso dalla giurisprudenza evidenzia alcune criticità. Oltre alla mancata considerazione delle Risoluzioni UE nn. 1984/2012/2014 che invitano gli stati membri a garantire la libertà di scelta educativa in un contesto pluralistico, viene operata dai giudici una equiparazione tout court tra scuola privata e scuola paritaria, senza che venga prestata alcuna attenzione al fatto che le scuole paritarie sono private solamente nella gestione ma rivestono un funzione pubblica ex art. 32 Cost.. Inoltre, la definizione della scuola pubblica come “neutra” appare forzata e non adeguata: ammesso che un indirizzo neutro sia preferibile ad un indirizzo culturalmente orientato, non è dato inconfutabile – ed appare piuttosto un pregiudizio ideologico - che la scuola pubblica non sia in qualche modo orientata e non possa condizionare; non trascurando poi che manca qualsiasi indicazione dei parametri che giustifichino la pretesa “neutralità”. Ciò che appare doveroso evidenziare è che, indipendentemente dalla opzione, sia essa scuola privata o pubblica, la scelta del Giudice deve essere adottata tenendo conto, come si è detto, del superiore interesse del minore; detto interesse deve valutarsi previo ascolto. In alcuni dei provvedimenti richiamati, in particolar modo in Trib. Milano 4 febbraio 2015, le scelte sono state adottate dal giudicante senza detto preliminare incombente: sebbene afferenti questioni di fondamentale importanza per la formazione del minore, i giudici hanno preferito applicare principi generali piuttosto che procedere ad un approfondimento motivato del caso sottoposto al loro esame e non hanno valutato, in spregio ai principi generali ed alla normativa in vigore, le reali inclinazioni ed aspirazioni del minore, previo suo ascolto. Per la verità, ciò non è avvenuto nei provvedimenti romani in cui si é altresì valutata, previo ascolto, l'opportunità nei casi di specie della continuità didattica, optando per la scuola già frequentata, laddove il cambio avrebbe costituito disagio (Trib. Roma, 9 settembre 2016, n. 23436), ovvero per il mutamento, laddove il disagio non è emerso e ci si trovava di fronte al passaggio ad un nuovo ciclo di studi (Trib. Roma, 31 agosto 2016, n. 23100). Parimenti, come già accennato, in Trib. Milano 30 marzo 2016, la scelta è stata adottata previo ascolto del minore interessato. Conclusioni
Il principio enunciato dalla recente giurisprudenza non è del tutto condivisibile. Se esiste il diritto ad una libera scelta dell'indirizzo scolastico, pacificamente accordato ai genitori, e se è vero che il giudice chiamato a pronunciarsi in caso di conflitto si sostituisce loro nella scelta, non si comprende per quale ragione questi debba dare preferenza alla scuola pubblica: alla luce della concreta fattispecie, valutate le condizioni del minore interessato e le sue eventuali difficoltà o disabilità, previo ascolto del medesimo ove ne ricorrano i presupposti, il giudice sceglierà quale indirizzo sia migliore nel caso concreto, ossia quale sia the best interest of the child. La decisione andrebbe adottata caso per caso senza alcun pregiudizio; ci si rende conto della mancanza di regole generali che indichino i parametri dell'interesse del minore e della difficoltà di determinarle per legge. Si confida comunque che la prospettiva di un giudice specializzato che sia in grado di valutare in una visione multidisciplinare l'effettivo interesse del minore, potrà consentire il superamento degli ostacoli e favorire l'auspicabile concreta realizzazione di scelte nel suo superiore interesse. |