La Cassazione ritorna sui presupposti per la dichiarazione di adottabilità del minore

Gustavo Danise
07 Luglio 2017

La questione di diritto risolta dalla Suprema Corte attiene alla individuazione degli indici fattuali integranti lo stato di abbandono quale presupposto per la dichiarazione di adottabilità del minore...
Massima

Costituisce un diritto fondamentale del figlio quello di vivere con i suoi genitori e di essere allevato nell'ambito della propria famiglia, diritto che va salvaguardato in via prioritaria; tale diritto può essere limitato solo quando si configuri un endemico e radicale stato di abbandono, ed impone quindi che si proceda con particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità, la cui dichiarazione costituisce e va emessa, solo, come extrema ratio.

Il caso

Il minore N.A.F. è nato dalla relazione tra un uomo affetto da insufficienza mentale e incapace di adeguato controllo dei propri impulsi aggressivi ed una ragazza minore di anni 14. Il Tribunale per i minorenni di Catania ha dichiarato lo stato di adottabilità del minore dopo aver ritenuto la madre inidonea al ruolo genitoriale, perché priva della dovuta consapevolezza circa la necessità di intraprendere un percorso di responsabilizzazione da un passato abbandonico, ed, inoltre, perché aveva violato le prescrizioni del Tribunale e della comunità presso cui era collocata, non essendosi presentata al servizio competente.

La Corte di appello di Catania - sezione per i minorenni - con la sentenza depositata il 27 aprile 2016, ha accolto l'appello proposto dalla sola madre, revocando quindi lo stato di adottabilità del minore, sul presupposto che la funzione genitoriale della stessa non poteva dirsi del tutto compromessa, in quanto pur essendo un soggetto vulnerabile - perchè divenuta madre quando era ancora bambina, priva di validi riferimenti familiari e maltrattata- non presentava assetti patologici di personalità ed era stata positivamente valutata dal servizio di psicologia, che aveva evidenziato come la stessa, ove adeguatamente sostenuta, aveva buone possibilità di completare il suo percorso di crescita e di svolgere adeguatamente il ruolo materno. Contro la sentenza di appello, ha proposto ricorso per cassazione il tutore provvisorio del minore. La Suprema Corte ha rigettato i motivi di ricorso, confermando la valutazione espressa dalla Corte di seconde cure.

La questione

Le questioni affrontate dalla S.C. di Cassazione nel provvedimento in commento sono le seguenti:

1) Disintegrità del contraddittorio per la mancata nomina di un curatore speciale per il minore ricorrente;

2) Se il presupposto dello stato di abbandono del minore, ai fini della dichiarazione di adottabilità ex l. n. 183/1984, possa ritenersi integrato esclusivamente sulla base di un giudizio di disvalore nei riguardi della madre.

Le soluzioni giuridiche

La prima questione della disintegrità del contraddittorio per la mancata nomina di un curatore speciale per il minore, è stata dichiarata infondata dalla S.C. di Cassazione sulla base del principio, oramai consolidato, secondo cui nel procedimento di adozione, a differenza che nel rapporto tra minore e genitore in cui è in re ipsa, il conflitto d'interessi tra minore e tutore è, solo, potenziale ed il relativo accertamento deve essere compiuto in astratto ed ex ante e non in concreto ed a posteriori (in tal senso cfr. Cass. ord. n. 13221/2011).

Per quanto concerne la seconda e più complessa questione, la S.C. di Cassazione ha ribadito il principio espresso in sentenza n. 13435/2016, secondo cui costituisce un diritto fondamentale del figlio quello di vivere con i suoi genitori e di essere allevato nell'ambito della propria famiglia, diritto che va salvaguardato in via prioritaria, in quanto «per un genitore e suo figlio, stare insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare» (Corte EDU, SH c/ Italia 13 ottobre 2015 § 48); tale diritto può essere limitato solo quando si configuri un endemico e radicale stato di abbandono, ed impone quindi che si proceda con particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità, la cui dichiarazione costituisce e va emessa, solo, come extrema ratio. In tale prospettiva, vanno quindi apprezzati gli istituti disciplinati dalla l. n. 184/1983 e succ. modifiche, che sono, infatti, applicabili «quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all'educazione del minore» (art. 1, comma 4), e che consentono il ricorso alla dichiarazione di adottabilità di un figlio minore dopo l'inutile esperimento di tutte le misure idonee a preservare, per quanto possibile, il legame familiare e, solo, in presenza di fatti -che devono essere specificamente dimostrati in concreto- tali da compromettere in modo grave e irreversibile un armonico sviluppo psico-fisico del bambino e, dunque, indicativi in modo certo dello stato di abbandono, morale e materiale (cfr. anche Cass. n. 7391/2016).

Osservazioni

La questione di diritto risolta dalla Suprema Corte attiene alla individuazione degli indici fattuali integranti lo stato di abbandono quale presupposto per la dichiarazione di adottabilità del minore ex art. 8 l. n. 184/1983. Nel caso di specie, il Tribunale per i minorenni di Catania aveva desunto lo stato di abbandono del minore dalla incapacità del padre, affetto da insufficienza mentale, e dall'inadeguatezza della madre, una ragazza di anni 14, ad occuparsi del minore. In particolare, per quanto concerne la posizione della madre, il Tribunale per i minorenni ha espresso un giudizio di disvalore nei suoi confronti sulla base delle seguenti circostanze fattuali: immaturità sia per l'età (14 anni) sia per la mancanza di figure familiari di riferimento nonché per i maltrattamenti cui è stata sottoposta dagli uomini cui si era legata sentimentalmente; continue fughe dalla comunità; legami sentimentali estremamente conflittuali e pericolosi col padre del bambino e successivamente con un altro uomo da cui subiva reiterate violenze e maltrattamenti; comportamenti immaturi e pregiudizievoli come l'essersi sporta dalla finestra col bambino in braccio ed arrampicata su un mobile; mancata partecipazione ai progetti della comunità volti ad acquisire competenze ed abilità che attengono al ruolo di madre; violazione degli impegni presi col GD del Tribunale; mancata presentazione alla convocazione per il secondo colloquio col figlio.

La Corte di appello di Catania ha ribaltato la decisione, evidenziando che l'adottabilità era stata dichiarata senza la predisposizione di adeguati progetti di sostegno che consentissero alla madre di raggiungere un idoneo stato di maturità ed accrescessero la sua capacità genitoriale.

Nell'ambito della giurisprudenza di legittimità è consolidato il principio secondo cui la «dichiarazione di adottabilità di un figlio minore è consentito solo in presenza di fatti gravi, indicativi, in modo certo, dello stato di abbandono, morale e materiale, che devono essere specificamente dimostrati in concreto, senza possibilità di dare ingresso a giudizi sommari di incapacità genitoriale, seppure espressi da esperti della materia, non basati su precisi elementi fattuali idonei a dimostrare un reale pregiudizio per il figlio e di cui il giudice di merito deve dare conto»; principio confermato dalla più recente sentenza n. 13435/2016, richiamata dalla Suprema Corte nella sentenza in commento, e recepito nella giurisprudenza comunitaria. Le valutazioni discrezionali sulla sussistenza dello stato di abbandono del minore sono alle volte difficili e dipendono dalla sensibilità e dagli orientamenti personali dei giudicanti. Se lo scopo primario della l. n. 183/1984 è incentrato sulla tutela del minore, il cui interesse deve prevalere rispetto a quello dei genitori naturali, d'altra parte, la stessa legge all'art. 1 sancisce il principio assoluto secondo cui il minore ha diritto di essere educato nell'ambito della propria famiglia. Ne consegue che, sebbene il giudizio sullo stato di abbandono deve essere incentrato sulla tutela del minore piuttosto che sull'interesse dei genitori, al contempo detto giudizio non può prescindere dalla posizione e dall'interesse dei genitori, poiché è vivendo con loro che si persegue la tutela del minore. Pertanto, la dichiarazione di adottabilità deve essere pronunciata solo in caso di certificato abbandono materiale e spirituale del minore da parte dei genitori ovvero in caso di assoluta inadeguatezza di questi ultimi ad occuparsi del minore, di modo che l'affidamento del minore a loro possa risultare pregiudizievole, arrecare pregiudizi maggiori dei benefici. Certamente, nel caso di specie, diversi elementi fattuali avrebbero potuto far propendere per una valutazione negativa circa la permanenza del minore con la madre: quest'ultima si è mostrata immatura per età; per la mancanza di figure genitoriali ed educative di riferimento; per i maltrattamenti subiti dagli uomini cui si è legata sentimentalmente; per la sua incapacità di porre fine ai suddetti legami e per la reiterata riottosità ad ottemperare alle prescrizioni imposte dalla comunità ove era ricoverata. Inoltre, appariva fondato il timore che la frequentazione di uomini dall'indole violenta, quali si sono dimostrati il padre ed il successivo compagno della madre, avrebbe potuto arrecare grave pregiudizio al minore, nel suo processo di crescita sociale. Si tratta di elementi valorizzati dai giudici di prime cure nel ritenere la sussistenza dello stato di abbandono e nel pronunciare la dichiarazione di adottabilità; ma la Corte di appello prima e la Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, hanno superato tali timori evidenziando come i principi sanciti dagli artt. 1 ed 8 l. 183/1984 debbano essere coniugati mediante la valutazione delle potenzialità educative dei genitori rispetto alla situazione di inadeguatezza attuale. La dichiarazione di adottabilità deve essere pronunciata quale extrema ratio; è necessario, pertanto adottare prioritariamente ogni misura di sostegno possibile per consentire ai genitori di acquisire idoneità e capacità genitoriale. Questo aspetto non è stato tenuto in considerazione dal Tribunale per i minorenni di Catania, che ha basato il suo giudizio sulla inadeguatezza attuale della madre a svolgere il suo compito educativo, omettendo di considerarne le potenzialità future alla luce di un percorso di sostegno alla maternità, come auspicato dal servizio di psicologia, che aveva evidenziato come la ragazza, ove adeguatamente sostenuta, avesse buone possibilità di completare il suo percorso di crescita e di svolgere adeguatamente il ruolo materno.

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