La sospensione feriale dei termini nei provvedimenti in materia di amministrazione di sostegno

12 Giugno 2017

A quali provvedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applica la deroga al principio generale di sospensione dei termini durante il periodo feriale, di cui all'art. 3, l. n. 742/1969?
Massima

In materia di sospensione feriale dei termini processuali nei procedimenti di amministrazione di sostegno, il carattere di eccezionalità dell'art. 3 l. n. 742/1969 che, per i procedimento di cui all'art. 92, R.D. n. 12/1941 pone una precisa deroga al principio generale di sospensione dei termini durante il periodo feriale, comporta non solo che non possa esserne estesa l'applicazione a tipologie di controversie diverse da quelle espressamente richiamate, ma anche che le categorie sottratte all'operatività della regola generale vadano interpretata in senso restrittivo. Pertanto, con riferimento alle cause relative ai procedimenti di amministrazione di sostegno, l'eccezione alla regola della sospensione dei termini durante il periodo feriale deve essere circoscritta ai soli casi in cui la sua ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti, come avviene per i provvedimenti che dispongono l'apertura o la chiusura dell'amministrazione, ma non anche ai provvedimenti di carattere gestorio, come quello di rimozione e sostituzione dell'amministratore.

Il caso

Tizia, sottoposta ad amministrazione di sostegno, proponeva reclamo dinanzi alla Corte d'appello territoriale avverso i decreti del Giudice tutelare del Tribunale con i quali venivano liquidati alcuni compensi in favore dell'amministratore di sostegno. La Corte territoriale dichiarava il reclamo inammissibile, in quanto i provvedimenti impugnati, attenendo alla c.d. fase gestionale dell'amministrazione di sostegno sarebbero stati privi del carattere della decisorietà e, come tali, reclamabili solo dinanzi al Tribunale ex art. 739, comma 1, c.p.c. e riteneva altresì inapplicabile l'art. 50 c.p.c., trattandosi di una decisione volta a dichiarare l'inammissibilità del reclamo e non la sua proposizione dinanzi al giudice non competente. Avverso tale decisione proponeva ricorso principale Tizia, tramite curatore speciale. Il resistente amministratore di sostegno eccepiva, tra l'altro, la tardività del ricorso per cassazione in quanto la ricorrente non avrebbe potuto fruire della sospensione feriale dei termini, ex l. n. 742/1969 e art. 92 ord. giud., come modificato dall'art. 19 l. n. 6/2004. In motivazione la Corte di Cassazione, dirimendo preliminarmente la questione della tardività del ricorso principale, affermava l'indicata massima di diritto. Rilevante è altresì la risoluzione da parte della Corte di legittimità dei due motivi di merito del ricorso principale, inerenti la reclamabilità del decreto impugnato dinanzi al Tribunale in composizione collegiale e non dinanzi alla Corte d'appello ex art. 720-bis c.p.c., nonché il conseguente negato riconoscimento della translatio iudicii. Dirimendo la questione la Suprema Corte ha ribadito la distinzione tra i provvedimenti aventi carattere decisorio e gestionale nell'ambito dell'amministrazione di sostegno e il loro differente regime di impugnazione e ha censurato la decisione della Corte d'appello di non procedere, verificata la propria incompetenza, alla translatio iudicii e alla conseguente rimessione della causa al Tribunale competente.

La questione

La questione in esame è la seguente: a quali provvedimenti in materia di amministrazione di sostegno sia applicabile la deroga al principio generale di sospensione dei termini durante il periodo feriale, di cui all'art. 3, l. n. 742/1969.

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza di legittimità è sempre stata contraria ad estendere la deroga al principio generale di sospensione dei termini durante il periodo feriale anche a tipologie di controversie diverse da quelle espressamente richiamate nell'art. 92 ord. giud.(R.D. 30 gennaio 1941 n.12), e recentemente anche la Corte cost., sent. 20 luglio 2016, n. 191, ritenendo non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 l. n. 742/1969 per la mancata estensione della deroga anche agli atti del processo esecutivo, ha sottolineato come il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, abbia correttamente previsto la deroga alla sospensione dei termini feriali per alcuni procedimenti sulla base dell'esigenza di celerità ad essi comune.

Nella sentenza in commento la prima sezione civile della Corte di Cassazione, applicando il principio per cui l'eccezione alla regola generale della sospensione dei termini durante il periodo feriale va ristretta ai soli casi in cui la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti, come previsto dall'ultimo inciso del comma 1 dell'art. 92 ord. giud.,ha effettuato un distinguo tra i “provvedimenti in materia di amministrazione di sostegno”, indicati nella prima parte della medesima norma, differenziando anche nell'ambito del medesimo procedimento i decreti inerenti questioni la cui ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio ai soggetti amministrati dai provvedimenti che non rivestivano tale carattere di celerità e prevedendo solo per i primi l'applicabilità della deroga alla sospensione feriale dei termini ex artt. 92 ord. giud. e 3 l. n. 742/1969. Rientrano in tale prima tipologia i decreti di natura decisoria, assimilabili per loro natura alle sentenze in materia di interdizione ed inabilitazione e, come tali, connotati da quei requisiti di celerità e urgenza che comportano la predetta deroga alla sospensione dei termini feriali, contrapposti ai provvedimenti di carattere amministrativo-gestorio emessi dal Giudice tutelare nel procedimento di amministrazione di sostegno, la cui ritardata trattazione non comporta gravi pregiudizi alle parti.

Osservazioni

Nella sentenza in commento, disciplinando l'applicabilità o meno della deroga alla sospensione dei termini feriali di cui agli artt. 92 ord. giud. e 3 l. n. 742/1969 - sopra ampiamente esaminata - ai diversi provvedimenti emessi nell'ambito dei procedimenti ex artt. 404 ss. c.c. la Corte di Cassazione chiarisce definitivamente ogni possibile equivoco in merito alla natura (e al conseguente regime delle impugnazioni) dei diversi tipi di impugnazione delle due tipologie di tali atti endoprocedimentali. La prima tipologia comprende i decreti decisori emanati dal Giudice tutelare nell'ambito dell'amministrazione di sostegno, che, in quanto assimilabili alle sentenze di interdizione e di inabilitazione e contraddistinti dai requisiti di celerità e urgenza per il grave pregiudizio alle parti derivabile dalla loro ritardata trattazione, non solo rientrano nella deroga alla sospensione dei termini feriali ex artt. 92 ord. giud. e 3 l. n. 742/1969 ma sono, altresì, reclamabili dinanzi alla Corte d'appello in virtù del secondo comma dell'art. 720-bis c.p.c ed eventualmente impugnabili in Cassazione ai sensi del comma 3 del medesimo art. 720-bis c.p.c. (cfr. sul punto Cass. civ., sez. VI, ord., 10 maggio 2011, n. 10187; Cass. civ.,sez. VI, ord., 23 giugno 2011, n. 13747, citate anche nella sentenza in commento, nonchè Cass. civ.,sez. VI-1, ord. 29 ottobre 2012, n. 18634; Cass. civ., sez. VI-1, ord. 20 luglio 2016, n. 14983 e Cass. civ., sez. I, 16 febbraio 2016, n. 2985). Rientrano in questa categoria i decreti di apertura e di chiusura dell'amministrazione di sostegno, nonché quello di nomina dell'amministratore contestuale all'apertura della procedura. Secondo la citata giurisprudenza di legittimità la ratio dell'applicabilità della norma speciale di cui all'art. 720-bis c.p.c in luogo della norma generale ex art. 739 c.p.c va ravvisata nella particolare natura dei decreti in esame, che, anche se adottati all'esito di un procedimento camerale, riguardano comunque diritti soggettivi o status della persona, rivestono carattere decisorio e sono destinati ad acquistare efficacia di giudicato (sia pure allo stato degli atti) essendo revocabili e modificabili solo nel caso in cui vengano meno i relativi presupposti o si modifichi la situazione di fatto posta alla base della decisione: come tali, i decreti in oggetto sono pertanto assimilabili alle sentenze con cui viene dichiarata l'interdizione o l'inabilitazione e differiscono per loro natura dai provvedimenti con cui il giudice tutelare provvede in ordine al compimento degli atti di amministrazione o di disposizione dei beni di soggetti incapaci. Tale ultima tipologia di atti emessi dal Giudice tutelare nell'ambito del procedimento di amministrazione di sostegno, rientra, invece, anche secondo la distinzione operata dalla Suprema Corte nella sentenza in esame, tra quelli di tipo amministrativo-gestorio, che sono reclamabili dinanzi al Tribunale in formazione collegiale, in virtù della regola generale di cui all'art. 739 c.p.c, e non dinanzi alla Corte d'appello ex art. 720-bis, comma 2, c.p.c., non sono suscettibili di ricorso per cassazione e, in quanto non connotati dai requisiti di celerità e urgenza, non derivando alcun pregiudizio dalla loro ritardata trattazione, sono soggetti all'ordinario regime della sospensione dei termini feriali. Tra tali provvedimenti c.d. gestionali sono da annoverare il decreto di rimozione o sostituzione dell'amministratore di sostegno, ovvero il provvedimento di liquidazione di indennità allo stesso, nonché, in generale, tutti gli atti endoprocedimentali con cui il giudice tutelare provveda in ordine al compimento degli atti di amministrazione o di disposizione dei beni dei soggetti amministrati.

Degna di pregio è, inoltre, l'ulteriore statuizione della Suprema Corte nella sentenza in commento, con la quale si rimarca l'applicabilità, nel caso di giudizio per l'impugnazione dei decreti in oggetto instaurato dinanzi ad Autorità Giudiziaria incompetente (nella specie dinanzi alla Corte d'appello ex art. 720-bis c.p.c. avverso un provvedimento di natura gestionale) del meccanismo della translatio iudicii, conconseguente rimessione della questione dinanzi al competente organo giudicante, in virtù del richiamato principio di diritto secondo cui «l'appello proposto davanti ad un giudice diverso, per territorio o per grado, da quello indicato dall'art. 341 c.p.c non determina l'inammissibilità dell'impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della translatio iudicii» (Cass. civ., S.U., n. 1821/2016).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.