Il maltrattamento sussiste benché intervallato da episodi di vita familiare anche gratificanti per la vittima

Redazione Scientifica
11 Agosto 2015

Il reato di maltrattamenti familiari sussiste anche laddove la condotta vessatoria e di ostilità fisica si alterni a momenti di vita familiare gratificante per il coniuge leso, laddove le ingiurie e gli atti di ostilità fisica creino comunque una situazione di vessazioni e di insicurezza nei confronti della vittima.

Il reato di maltrattamenti familiari non è integrato solo da un'abituale condotta vessatoria del coniuge che caratterizzi univocamente i rapporti endofamiliari, bensì anche quando gli episodi di mancanza di rispetto e sopraffazione, protratti comunque nel tempo, siano intervallati da episodi di vita e attività familiari anche gratificanti per la parte lesa.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 33995/2015, depositata il 3 agosto 2015, che ha ritenuto sussistere il reato ascritto all'imputato, in forza di quanto emerso in sede istruttoria, ed ha così confermato la sentenza della Corte territoriale impugnata.

La Suprema Corte ha infatti sancito che il delitto di maltrattamenti in famiglia è ravvisabile anche in presenza di comportamenti, quasi quotidiani, oltraggiosi e di percosse nei confronti del coniuge (anche laddove la stessa vittima li connoti di non particolare gravità), sebbene alternati a episodi caratterizzati dal normale e anche soddisfacente manifestarsi del rapporto di coniugio.

Laddove il comportamento del coniuge sia diretto a stabilire una situazione di umiliazione permanente dell'altro coniuge, attraverso continue ingiurie e atti di ostilità fisica, con la piena consapevolezza di creare un regime di vessazioni e di insicurezza nei confronti della vittima, dovrà dunque essere riconosciuta la penale responsabilità per il reato in questione.

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