Immobile adibito a casa familiare: quando il comodante può chiedere la restituzione?

Redazione Scientifica
11 Dicembre 2015

In caso di godimento di un immobile concesso in comodato a tempo indeterminato, la specificità della destinazione alle esigenze abitative familiari, impressa per effetto della concorde volontà delle parti, è idonea a conferire all'uso il carattere implicito della durata del rapporto anche oltre la crisi coniugale. Di conseguenza il comodante può chiedere la restituzione del bene solo in caso di sopravvenienza di un bisogno urgente e imprevisto.

Il caso. Due sorelle avevano concesso in comodato al fratello un immobile di loro proprietà senza determinazione di durata. Successivamente, con atto di transazione sottoscritto nel 2001, i fratelli avevano fissato una data di scadenza indicata in 15 anni. Nell'agosto del 2005, però, l'uomo aderiva alla richiesta delle donne di riavere la casa libera da persone e cose. Le sorelle, quindi, convenivano in giudizio la cognata e i figli per ottenere, previo accertamento dell'estinzione del precedente contratto di comodato, il rilascio dell'immobile e il risarcimento del danno per occupazione sine titolo.

La convenuta si difendeva sostenendo che il contratto risaliva agli anni '70 ed era stato concesso verbalmente dai genitori del marito in ragione delle esigenze della famiglia. Inoltre, riteneva la volontà del coniuge di rilasciare l'immobile “dolosa e simulata” poiché determinata dalla loro separazione giudiziale e contestava il bisogno urgente e imprevisto delle attrici.

Il giudice di primo grado rigettava la domanda delle comodanti che, al contrario, trovava accoglimento in appello.

Il godimento concesso a tempo indeterminato continua anche dopo la crisi coniugale. Investita del ricorso presentato dall'ex moglie, la Cassazione accoglie il primo motivo dichiarando assorbiti gli altri. È principio della Corte che «ove il comodato di un bene immobile sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare (nella specie: dal genitore di uno dei coniugi) già formato o in via di formazione si versa nell'ipotesi del comodato a tempo indeterminato, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare». Per effetto della concorde volontà delle parti, infatti, si è impresso un vincolo di destinazione alle esigenze abitative della famiglia idoneo a conferire all'uso «il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà, ad nutum, del comodante».

Il comodante può chiedere la restituzione se sopravviene un bisogno urgente e imprevisto. Tale principio è contemperato dalla facoltà del comodante ex art. 1809 comma 2 c.c. di chiedere la restituzione della cosa nell'ipotesi di sopravvenienza di un bisogno urgente e imprevisto «ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare». Resta ferma, in tal caso, «la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante».

Secondo i giudici di legittimità, la Corte d'appello ha erroneamente ritenuto risolto il contratto per mutuo consenso, giudicando sufficiente la volontà del comodatario senza considerare la situazione di separazione, il vincolo di destinazione dell'immobile e non effettuando le valutazioni necessarie a verificare la sussistenza del bisogno urgente e imprevisto delle comodanti, presupposto per la restituzione dell'immobile.

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