Il regime tributario dei trasferimenti immobiliari in sede di separazione e divorzio

Francesca Picardi
13 Aprile 2016

L'esenzione dall'imposta di bollo, di registro e da qualsiasi altro tributo, prevista dall'art. 19 della l. 6 marzo 1987, n.74, si applica a tutti i trasferimenti effettuati o programmati dai coniugi in sede di separazione o divorzio.
Massima

L'esenzione dall'imposta di bollo, di registro e da qualsiasi altro tributo, prevista dall'art. 19 della l. 6 marzo 1987, n.74, si applica a tutti i trasferimenti effettuati o programmati dai coniugi in sede di separazione o divorzio, anche a quelli che non sono strumentali all'adempimento degli obblighi di mantenimento, alla regolamentazione dell'affidamento dei minori e al godimento della casa familiare, atteso che, comunque, si tratta di accordi diretti ad una sistemazione transattiva globale e definitiva della crisi coniugale.

Il caso

L'Agenzia delle Entrate, dopo aver riconosciuto, in sede di registrazione, l'esenzione fiscale ex art. 19 della l.6 marzo 1987, n. 74 di una compravendita, avente ad oggetto la quota di un terreno, conclusa tra i coniugi in adempimento delle condizioni di separazione consensuale, ha notificato all'acquirente l'avviso di liquidazione per recuperare le imposte di registro e ipotecaria catastale, ritenendo applicabile il regime tributario di favore ai soli atti posti in essere in attuazione degli obblighi di mantenimento dei figli e del coniuge o di quelli connessi all'affidamento dei minori ed al godimento della casa familiare.

L'atto impositivo è stato annullato dalla Commissione Provinciale di Forlì, la cui sentenza è stata confermata in appello. Avverso la decisione della Commissione Regionale dell'Emilia Romagna l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, denunciando, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., l'erronea applicazione dell'art. 19 della l. n. 74/1987 al trasferimento immobiliare in esame, solo occasionalmente generato dalla crisi coniugale, in quanto concernente la cessione di una quota d'immobile acquistato dai coniugi in regime di comunione ordinaria, e non integrante, pertanto, l'adempimento di un obbligo derivante dalla crisi coniugale.

La questione

La questione sottoposta alla Suprema Corte ha ad oggetto l'ambito applicativo dell'art. 19 della l. n. 74/1987, ai sensi del quale «documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della l. 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa» (disposizione che non pare ricadere nell'abrogazione di cui all'art. 10, comma 4, d.lgs. n. 23/2011, come ritenuto anche dall'Agenzia delle Entrate nella circolare 21 febbraio 2014 n. 2/E).

Come noto, la norma de qua, all'esito delle pronunce della Corte cost., 15 aprile 1992, n. 176; 10 maggio 1999, n. 154 e 11 giugno 2003, n. 202, è stata estesa, da un lato, anche alle iscrizioni d'ipoteca effettuate a garanzia delle obbligazioni assunte dal coniuge in sede di separazione e più in generale a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale e, dall'altro lato, ai provvedimenti (ma non ai documenti ed agli atti) emessi in applicazione dell'art. 148 c.c. nell'ambito dei rapporti fra genitori e figli. La terminologia utilizzata - più precisamente l'espressione atto, in aggiunta ai documenti e provvedimenti, e il collegamento al procedimento in termini di relazione e non di appartenenza - ha indotto a ricomprendere, sin da subito, nell'esenzione anche gli accordi traslativi dei coniugi, pur non trattandosi di atti dell'autorità giudiziaria (non invece quelli dei conviventi, considerato la limitata portata della sentenza additiva della Consulta).

La fattispecie in esame ha richiesto, però, un' ulteriore verifica:

  • se l'esenzione riguardi tutti i trasferimenti immobiliari che siano effettuati o programmati dai coniugi in sede di separazione consensuale, divorzio o ricorso congiunto ex artt. 710 c.p.c. e art. 9 l. n. 898/1970, a prescindere dalla causa, dall'oggetto e dalla loro pertinenza con gli obblighi derivanti dal rapporto matrimoniale;
  • se, al contrario, sia riferita solo a quei trasferimenti immobiliari funzionalmente collegati con il rapporto matrimoniale.

In altre parole si è dovuto stabilire se, ai sensi dell'art. 19 della l. n. 74/1987, sia necessario un collegamento causale o se sia sufficiente un collegamento meramente occasionale tra l'atto negoziale ed il procedimento giudiziario.

Le soluzioni giuridiche

La decisione in commento ha adottato un' interpretazione lata dell'art. 19 della l. n. 74/1987, proponendo un mutamento d'indirizzo rispetto ai precedenti, giustificato dalla valutazione critica delle argomentazioni ivi espresse e soprattutto dal mutato quadro normativo, che ha fortemente valorizzato la centralità dell'accordo nella definizioni della crisi coniugale.

Secondo la Corte, difatti, anche alla luce delle recenti riforme, che hanno esteso la negoziazione assistita alla separazione ed al divorzio, introdotto l'accordo di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio dinanzi al sindaco, ridotto drasticamente il tempo dell'ininterrotta separazione necessaria ai fini del divorzio ed anticipato l'effetto dello scioglimento della comunione legale al decreto presidenziale che autorizza i coniugi a vivere separati, deve essere superata la distinzione tra contenuto necessario e solo eventuale del ricorso congiunto introduttivo di tali procedimenti e riconoscersi il carattere di negoziazione globale a tutti i patti conclusi in sede di separazione o divorzio, che, eventualmente attraverso la previsione di trasferimenti mobiliari o immobiliari, siano volti a definire in modo tendenzialmente stabile la crisi coniugale.

A tale centrale considerazione si è aggiunto che la scelta di non ritenere coincidenti gli atti relativi a separazione e divorzio, cui fa riferimento il citato art. 19, con tutti quelli stipulati in tale occasione non può essere fondata né sull'art. 8, lett. f) della Parte I della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, essendo ormai divenuta inefficace tale disposizione in conseguenza degli interventi della Corte Costituzionale, né su pretese finalità antielusive, la cui realizzazione è oggi assicurata dall'art. 10 bis della l. n. 212/2000 e, cioè, dalla possibilità per l'Amministrazione finanziaria di disconoscere i vantaggi fiscali di quelle operazioni prive di sostanza economica, che comportano un indebito risparmio d'imposta.

Osservazioni

Da tempo, la portata dell'art. 19 della l. n. 74/1987 divide dottrina e giurisprudenza.

Secondo una prima interpretazione, il regime di cui all'art. 19 citato deve essere circoscritto esclusivamente ai trasferimenti immobiliari dipendenti da separazione e divorzio e, cioè, posti in essere per adempiere agli obblighi di mantenimento da essi derivanti o per assicurare il godimento della casa familiare, attesa la natura oggettiva e non meramente soggettiva dell'agevolazione in esame, che non può, dunque, investire qualsiasi accordo solo perché posto in essere dai separandi o divorziandi. A sostegno di tale posizione si sottolinea l'incoerenza, rispetto alla regola generale dell'imponibilità dei trasferimenti a titolo oneroso tra i coniugi, di un'eccezione fondata sul solo status, che prescinda del tutto dal collegamento funzionale col procedimento giudiziario di separazione e divorzio.

Secondo l'altra tesi, invece, l'esenzione si estende anche alle vicende traslative che, sebbene del tutto autonome dai rapporti familiari, sono originate dalla crisi familiare, in considerazione dell'esigenza avvertita dai coniugi di sistemare la reciproca situazione economica, recidendo gli eventuali legami e sostegni passati, atteso che, comunque, la frammentazione del patrimonio familiare, unitamente alla perdita del risparmio fondato sulla pregressa organizzazione comune, elimina una reale ed effettiva capacità contributiva.

Sinora la giurisprudenza di legittimità si è orientata verso una lettura restrittiva, esigendo, ai fini dell'esenzione, un collegamento di tipo funzionale del trasferimento immobiliare con la separazione o il divorzio, la cui esistenza è stata riconosciuta, però, anche nell'ipotesi della divisione di un bene originariamente acquistato in regime di comunione legale (così, ad esempio, Cass., Sez. T, 12 maggio 2000, n. 6065, Cass., Sez. T, 29 novembre 2001, n. 15213, Cass, Sez. T, 22 maggio 2002, n. 7493; né sembrano porsi in contrasto con tali precedenti Cass., Sez. T, 5 giugno 2013, n. 14157 e Cass., Sez. T, 17 febbraio 2001, n. 2347 che hanno applicato l'agevolazione sempre alla divisione giudiziale dell'immobile originariamente acquistato in regime di comunione legale, scioltasi proprio per effetto della separazione). Nello stesso senso si è espressa anche la Corte costituzionale, che con l'ordinanza n. 538/1995 ha rigettato per manifesta inammissibilità la questione sollevata relativamente all'estensione della disposizione de qua alla separazione, proprio perché il giudice a quo non ha adeguatamente motivato circa la rilevanza, avendo assunto come certa l'applicazione, per nulla pacifica, dell'esenzione anche ai trasferimenti solo occasionati dalla crisi.

Deve, tuttavia, segnalarsi che un approccio più estensivo risulta già sotteso a Cass., Sez. T, 30 maggio 2005, n. 11458 e Cass., Sez. T, 28 giugno 2013, n. 16348, secondo cui l'art. 19 della l. n. 74/1987 ricomprende tutti gli atti relativi ai procedimenti di separazione o divorzio strumentali all'adempimento, da parte dei coniugi, delle obbligazioni assunte per conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici, anche quelli i cui effetti siano favorevoli ai figli (più precisamente, l'esenzione è stata applicata ai trasferimenti gratuiti di quote immobiliari da parte di uno o di entrambi i genitori ai figli, ritenendosi l'art. 19 norma speciale rispetto alla presunzione di gratuità degli atti tra parenti, posta dall'art. 26 d.P.R. n. 131/1986). In tali pronunce, difatti, non vi è un'esplicita allusione al necessario collegamento funzionale tra il trasferimento immobiliare ed il contenuto di separazione o divorzio, facendosi riferimento, in modo più generico, alla volontà dei coniugi di conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici, che possono essere estranei rispetto ai rapporti familiari veri e propri.

In tale quadro, occorre attendere le prossime decisioni al fine di scoprire se effettivamente la Suprema Corte abbandonerà definitivamente il pregresso orientamento a favore della nuova lettura del citato art. 19, che, però, dovrebbe essere giustificata in considerazione della natura e ratio dell'esenzione piuttosto che della inattualità della distinzione tra contenuto necessario e eventuale delle condizioni di separazione consensuale o divorzio congiunto, ancora valida ad altri fini e largamente richiamata anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità. Poco significativa al riguardo è la successiva pronuncia di Cass., Sez. T, 17 febbraio 2016, n. 3110, che, originando dall'impugnazione dello stesso avviso di liquidazione rivolto all'altro coniuge, riguarda la medesima fattispecie e proviene da identico collegio e relatore.

Guida all'approfondimento

-Ciarleglio M., L'imposta di registro nei trasferimenti immobiliari tra coniugi in sede di separazione e divorzio: nuovi orientamenti dell'Agenzia delle Entrate, in Dir. prat. trib. 2013, II, 681;

-Glendi G., La separazione ed il divorzio nel diritto tributario, in Fam. e dir. 2014, 727;

-Tarigo P., L'esenzione fiscale degli atti posti in essere nell'ambito dei procedimenti di separazione e divorzio: profili sostanziali e di costituzionalità, in Rass. trib. 2001, 1498.

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