Nell’ambito della negoziazione assistita il Presidente non è vincolato dai rilievi fatti dal Pubblico Ministero

12 Luglio 2017

In caso di mancata autorizzazione dell'accordo di negoziazione assistita da parte del Pubblico Ministero, qual è la natura dell'intervento del Presidente del Tribunale? Quali sono i suoi poteri?
Massima

Ove il Pubblico Ministero non autorizzi l'accordo dei coniugi concluso a seguito di convenzione di negoziazione assistita, ex art. 6 d.l. n. 132/2014, si apre nella procedura negoziativa un “incidente giurisdizionale”, ovvero un procedimento di volontaria giurisdizione che si svolge nelle forme dei procedimenti in camera di consiglio in cui il Presidente, o il giudice da lui delegato, provvede in composizione monocratica. Nell'ambito dei suoi poteri, il Presidente può autorizzare o meno l'accordo originario, tenendo conto del rilievi mossi dal PM ma non essendo in alcun modo vincolato dagli stessi, ma può altresì autorizzare condizioni assolutamente non in linea con i rilievi mossi dal PM e pure del tutto differenti da quelle inizialmente concordate.

Il caso

I coniugi Tizio e Caia, genitori di cinque figli, di cui una sola minorenne, tutti economicamente non autosufficienti, concludevano un accordo di negoziazione assistita che prevedeva a carico della madre il versamento a favore del padre, quale contributo al mantenimento della prole, la somma di € 500,00 al mese, nonché la partecipazione della stessa alle spese straordinarie nella misura del 30%. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Palermo non autorizzava tale accordo sulla base della non rispondenza della stesso all'interesse dei figli, in quanto il contributo previsto a carico di Caia non veniva considerato sufficiente o, comunque, proporzionale ai redditi della stessa. Gli atti venivano, dunque, trasmessi al Presidente del Tribunale ex art. 6 d.l. n. 132/2014, che, sentite le parti, le quali modificavano parzialmente le condizioni precedentemente pattuite, autorizzava l'accordo.

La questione

La questione in esame è la seguente: in caso di mancata autorizzazione dell'accordo di negoziazione assistita da parte del Pubblico Ministero, qual è la natura dell'intervento del Presidente del Tribunale? Quali sono i suoi poteri?

Le soluzioni giuridiche

Sin dalla prima applicazione del d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, la giurisprudenza si è mostrata discordante rispetto all'interpretazione dell'intervento del Presidente in caso di mancata autorizzazione da parte del PM.

In particolare, il Tribunale di Torino, con un primo provvedimento del 15 gennaio 2015, statuiva che, in materia di negoziazione assistita, a seguito della mancata autorizzazione del PM, il Presidente, convocate le parti, può solo invitare le stesse ad adeguarsi ai rilievi del Pubblico Ministero oppure a depositare, entro un termine fissato dal Presidente, un nuovo ricorso per separazione consensuale o per divorzio congiunto. In questo caso il procedimento è giurisdizionale e segue l'iter classico e il Presidente dispone il non luogo a provvedere sull'accordo di negoziazione assistita. Ciò perché lo strumento della negoziazione assistita è una fattispecie di nuova creazione, “integralmente” alternativa al procedimento giurisdizionale. Laddove le parti non intendano adeguarsi ai rilievi del PM e non depositino un nuovo ricorso, il Presidente dispone il “non luogo a provvedere, giacché nessuna conversione in altro genere di procedimento risulta ammissibile (Trib. Torino, 15 gennaio 2015).

Ad altra soluzione perveniva invece il Tribunale di Termini Imerese, con la pronuncia 24 marzo 2015, affermando che, in ordine ai poteri di verifica dell'organo giurisdizionale della corrispondenza delle condizioni pattuite tra i coniugi all'interesse dei figli, posto che il parere del Pubblico Ministero è obbligatorio ma non vincolante, deve ritenersi che, il Presidente del Tribunale, rivalutate le condizioni, le ragioni a sostegno dell'accordo e la documentazione allegata, possa, in difformità al parere del PM, ravvisare, invece, l'adeguatezza delle condizioni e sufficientemente salvaguardati gli interessi della prole.

Un'interpretazione in parte simile a quella appena citata veniva, altresì, offerta dalla pronuncia del Tribunale di Torino che, con decisione del 20 aprile 2015, aveva a precisare che le parti possono accettare in toto i rilievi mossi dal pubblico ministero, ma anche modificare o integrare il loro accordo, senza tuttavia stravolgerne il contenuto. Diversa è stata invece la posizione assunta dal Tribunale di Pistoia il quale ha ritenuto di far confluire la procedura di negoziazione assistita in quella di omologa della separazione personale alle nuove condizioni sottoscritte dalle parti davanti al Presidente (Trib. Pistoia, 16 marzo 2015).

Il decreto in commento, muovendosi nel solco delle ultime pronunce citate, tende a dare un'interpretazione estensiva del ruolo del Presidente in caso di trasmissione degli atti ex art. 6 d.l. n. 132/2014 al fine di salvaguardare il profilo della negozialità sotteso all'accordo di separazione.

In particolare, la pronuncia esclude che il ruolo del Presidente si riduca ad un intervento meramente passivo, circostanza che renderebbe tale passaggio superfluo, e muove, invece, dal presupposto che la fase di invio al Tribunale rappresenti parte integrante del procedimento di negoziazione. Tale procedura trova il proprio naturale esito solo nell'“autorizzazione” o nella “non autorizzazione” dell'accordo, sia che esso venga sottoposto al vaglio del PM sia, una volta attivata la fase avanti al Presidente del Tribunale. Di conseguenza, il Presidente può sempre decidere, a prescindere al parere espresso dal Pubblico Ministero, alla luce delle dichiarazioni delle parti, se autorizzare o meno l'accordo a lui sottoposto.

Osservazioni

La ratio della conclusione cui è giunta la decisione in commento è ravvisabile nella volontà di conservare e valorizzare l'accordo raggiunto dalle parti.

Attraverso tale procedimento è, infatti, possibile garantire un uso più ampio dell'istituto della negoziazione e raggiungere davvero l'obiettivo di degiurisdizionalizzazione che il Legislatore si è prefisso.

Riconoscere al Presidente il potere di autorizzare l'accordo a prescindere dai rilievi mossi dal Pubblico Ministero, attraverso un confronto diretto con le parti - possibilità che, si ricorda, durante tale procedura il PM non ha o, quanto meno, non è espressamente prevista - permette, da un lato di modellare l'accordo sulla reale situazione delle parti, dall'altro, attraverso il raggiungimento di una soluzione condivisa, un aumento delle possibilità di tenuta nel tempo dell'accordo e una diminuzione delle eventualità che le parti si rivolgano al Tribunale per una modifica delle condizioni concordate.

Si considera, in ogni caso, che sarebbe preferibile, al fine di un raggiungimento più celere di una soluzione condivisa, ci fosse la possibilità di un contatto diretto tra l'Ufficio del Pubblico Ministero e gli avvocati che hanno sottoscritto la negoziazione, qualora l'accordo non ottenesse l'autorizzazione e fosse necessario l'invio al Tribunale.

Un maggiore dialogo permetterebbe al Pubblico Ministero di rappresentare ai difensori le ragioni della ritenuta non rispondenza degli accordi sottoscritti all'interesse della prole o dei motivi per cui l'accordo non sarebbe passibile di ottenere l'autorizzazione. Ciò ovviamente laddove si tratti di questioni facilmente risolvibili e nella prassi, in alcuni casi, non sempre si era in presenza di situazioni meritevoli dell'invio al Tribunale. Tale confronto permetterebbe di evitare detto invio in quanto, una volta esplicati i motivi del diniego del PM, le parti potrebbero o fornire i chiarimenti necessari e, eventualmente, ottenere l'autorizzazione dell'accordo oppure procedere alla modifica direttamente davanti al Pubblico Ministero.

Allo stato tale passaggio, per quanto auspicabile, non si verifica in tutte le Procure, rendendo inevitabile la fase di invio dell'accordo non autorizzato al Tribunale.

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