Spese straordinarie: è necessario l’accordo preventivo dei genitori?

Orietta Rachele Grazioli
13 Luglio 2017

Ai fini della contribuzione posta a parziale carico del genitore non collocatario, sussiste un obbligo di concertazione preventiva tra i genitori in merito alle spese straordinarie inerenti il figlio minore?
Massima

In tema di separazione di coniugi e conviventi, nei rapporti con i figli, non è configurabile a carico del genitore affidatario un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l'altro, in ordine alla determinazione delle spese straordinarie, costituente decisione "di maggiore interesse" per il figlio. Sussiste, pertanto, a carico del genitore non affidatario, un obbligo di rimborso, qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso. Ne consegue che l'opposizione di un genitore non può paralizzare l'adozione di ogni iniziativa che riguardi un figlio minorenne, specie se di rilevante interesse, elemento che compete al giudice, ove richiesto, verificare.

Il caso

Tizia e Caio, genitori di una minore, alla dissoluzione della loro convivenza di fatto redigevano un accordo sottoscritto da entrambi con il quale stabilivano l'affidamento alternato della figlia e determinavano il contributo per il suo mantenimento. Dopo alcuni anni Tizia, sul presupposto di inadempimenti agli accordi da parte di Caio, adiva il competente Tribunale per i minorenni, che riproduceva sostanzialmente gli accordi intercorsi. Tuttavia, le parti mantenevano il contrasto sul regime delle spese straordinarie e, pertanto, con ricorso ex art. 739 c.p.c., adivano il Tribunale per i minorenni di Brescia che, con provvedimento in data 5/10 febbraio 2014, disponeva l'affido condiviso della minore con collocamento prevalente presso la madre e regolamentava le visite con il padre, al cui carico disponeva un contributo di mantenimento e la ripartizione al 50% delle spese straordinarie, confermando l'autorizzazione per la minore a completare il ciclo scolastico presso la scuola privata cui era stata iscritta dalla madre.

La decisione veniva impugnata avanti la Corte d'appello di Brescia che ha ascoltato la minore, avendo la stessa nelle more, superato i 12 anni, recepito il suo disagio per i continui cambi di abitazione legati al passato regime di affidamento alternato. La Corte confermava così l'affidamento condiviso e il collocamento prevalente presso la madre, definendo il regime di visita con il padre. Riguardo alle spese per la scuola privata i Giudici d'appello osservavano come, in realtà, l'opposizione avanzata da Caio non fosse supportata da motivi che inducessero a ritenerla una scelta sbagliata, anzi egli in passato si era mostrato concorde e l'instabilità scolastica avrebbe rappresentato un pregiudizio per la minore.

Avverso il decreto della Corte d'appello di Brescia in data 9-05/10-06/2014 proponeva ricorso principale Caio, contestando la decisione unilaterale della madre di iscrivere la figlia presso un istituto scolastico privato e l'onere di contribuire al 50% posto a carico del padre.

In motivazione:

«Questa Corte ha già avuto modo di precisare che “Non è configurabile a carico del coniuge affidatario un obbligo di informazione di concertazione preventiva con l'altro, in ordine alla determinazione delle spese straordinarie (nella specie, spese di soggiorno negli U.S.A. per la frequentazione di corsi di lingua inglese da parte di uno studente universitario di lingue) costituente decisione “di maggiore interesse” per il figlio, sussistendo, pertanto, a carico del coniuge non affidatario un obbligo di rimborso, qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso” ... E' indubbio che la legislazione sull'affido condiviso privilegia l'accordo dei genitori in materie di scelte educative che riguardano i figli, tanto è vero che, se agiscono d'intesa essi possono in molti casi anche modificare di comune accordo le stesse indicazioni fornite dal giudice, senza necessità neppure di comunicazione, come ha già sottolineato la Corte territoriale. Nondimeno, quando il rapporto tra i genitori non consente il raggiungimento di un'intesa, occorre assicurare ancora la tutela del migliore interesse del minore.

L'opposizione di un genitore non può paralizzare l'adozione di ogni iniziativa che riguardi un figlio minorenne, specie se di rilevante interesse, e neppure è necessario ritrovare l'intesa prima che l'iniziativa sia intrapresa, fermo restando che compete al giudice, ove ne sia richiesto, verificare se la scelta adottata corrisponde effettivamente all'interesse del minore».

La questione

La questione in esame è la seguente: ai fini della contribuzione posta a parziale carico del genitore non collocatario, sussiste un obbligo di concertazione preventiva tra i genitori in merito alle spese straordinarie inerenti il figlio minore?

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza è da tempo concorde nell'evidenziare come la mancanza della previa concertazione tra i genitori circa le spese straordinarie inerenti i figli non comporti l'irripetibilità delle stesse, qualora siano effettuate nell'interesse del minore e corrispondano al tenore di vita di cui la famiglia dispone. Si è ritenuto, infatti, che laddove non vi sia un accordo tra i coniugi che consenta l'intesa circa il regime di suddivisione delle spese, occorra, comunque, garantire il soddisfacimento del migliore interesse per il minore, che deve costituire il criterio guida di ogni decisione concernente la prole nel momento critico della dissoluzione dei legami familiari. È l'elaborazione giurisprudenziale, infatti, nella genericità del dato normativo, a dare un contenuto al concetto di spese straordinarie.

L'art. 147 c.c., nella nuova formulazione introdotta dall'art. 3, comma 1, d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, stabilisce in capo a ciascuno dei genitori l'obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, senza, tuttavia, chiarire il contenuto di tali obblighi rispetto ai quali è stata l'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale nel tempo a definire i contorni. Certamente a contenuto economico è l'obbligo di mantenimento che, tuttavia, non può essere considerato separatamente dagli altri doveri che competono ai genitori, per cui si ritiene che non ci si possa limitare unicamente a fornire al minore il vitto e un'abitazione adeguata, ma si debba tenere conto anche delle sue necessità sanitarie, scolastiche, ricreative, sociali, che contribuiscono alla sua crescita. La determinazione del contributo, pertanto, deve avvenire, da un lato, con riguardo alle esigenze attuali del figlio e, dall'altro, in relazione alle disponibilità economiche dei genitori e dell'obbligato in modo particolare (Cass. n. 21273/2013).

Più difficile da definire, invece, è sempre stato il concetto di spese straordinarie che, in passato, la giurisprudenza aveva ravvisato negli oneri collegati a eventi imprevedibili o eccezionali al di fuori dalle normali esigenze di vita del figlio (Cass. n. 7672/1999), distinguendo, a sua volta, tra spese straordinarie in senso stretto e “scelte straordinarie”, con ciò intendendo le decisioni che andavano ad incidere più direttamente sulla vita, sui valori e sull'istruzione (Cass. n. 4459/1999): il coinvolgimento del genitore non collocatario era indispensabile nella decisione su tali ultimi aspetti, non altrettanto per le spese straordinarie che dalle stesse scelte potevano scaturire.

La decisione in commento, pur ponendo l'accento sulla non necessità della previa concertazione, non esclude l'accordo tra i genitori, che rappresenta senza alcun dubbio la soluzione più efficace, precisando tuttavia come l'eventuale dissidio non debba tradursi in un ostacolo per la realizzazione degli interessi del figlio.

Due sono, infatti, i criteri che devono assistere il giudice nella valutazione del caso: il nesso tra l'attività per cui è stata affrontata la spesa e il miglior interesse del minore, e la validità o meno delle ragioni addotte dall'obbligato a sostegno del proprio rifiuto. È su tale duplice aspetto che dovrà vertere l'istruttoria, secondo gli ordinari criteri in tema di onere della prova (art. 2697 c.c.), tanto più stringenti quanto più occorrerà limitare il margine di soggettività insito nella valutazione stessa.

Osservazione

È l'art. 3, Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia, 20 novembre 1989, ratificata dall'Italia con l. n. 176/1991, a prevedere come «in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente».

In merito a tale concetto, occorre, innanzitutto, chiarire la sua natura giuridica, in quanto interpretando la norma in relazione alle disposizioni immediatamente successive, che indicano in concreto le tutele da apprestarsi al minore, sorge più di un dubbio che si tratti nel caso di un semplice interesse legittimo e non piuttosto, e più fondatamente, di veri e propri diritti soggettivi, ad esempio alla salute, alla famiglia, all'educazione, all'istruzione. Nel confronto poi con il testo normativo originale in lingua inglese, la considerazione preminente non è tanto dovuta al superiore interesse del minore, quanto piuttosto al suo migliore interesse (the best interest of the child), da determinarsi non solo in relazione alle attitudini personali del fanciullo, ma anche al contesto familiare e sociale che lo caratterizzano e al mutato orizzonte globale che rende oggi imprescindibili strumenti e competenze inimmaginabili soltanto alcuni anni fa: peculiare è l'esempio delle spese straordinarie per i soggiorni di studio all'estero che sono oggi offerti con maggiore frequenza e disponibilità che non in passato.

Allo stesso tempo, però, non può sottovalutarsi l'impatto economico sull'obbligato che l'adozione di alcune scelte comporta, per cui si rende necessario non privare chi è tenuto al pagamento delle spese straordinarie della possibilità di esserne esonerato nel momento in cui abbia valide ragioni per opporsi, non ultima una ridotta capacità economica determinatasi proprio per effetto della separazione. Quest'ultimo dato, tuttavia, nel bilanciamento dei diritti contrapposti deve acquistare, attraverso una rigorosa prova in giudizio, un carattere particolarmente evidente stante la prevalenza che l'ordinamento attribuisce al soddisfacimento dell'interesse del minore.

Sarà, pertanto, utile un apparato documentale reddituale, con attenzione all'aspetto dei costi fissi in capo all'obbligato e una ricostruzione della situazione patrimoniale anche dell'altro coniuge, al fine di fare apprezzare al giudice l'intero contesto familiare e il tenore di vita complessivo di cui il minore può beneficiare. In supporto ai dati che può fornire, direttamente o tramite ordine di esibizione la parte, elementi utili potranno acquisirsi attraverso l'utilizzo delle indagini tributarie, strumento rafforzato dopo la l. n. 162/2014.

Rimane da considerare per i conviventi di fatto il valore da attribuirsi in caso di cessazione del rapporto all'eventuale contratto di convivenza, stipulato ai sensi dell'art. 1, comma 50, l. n. 76/2016, con il quale le parti abbiano previsto anche gli accordi economici con riferimento ai figli, comprensivi delle eventuali spese straordinarie. Al riguardo, non potrà essere sottratta al vaglio del giudice, in ipotesi di conflitto, la corrispondenza di tali previsioni al migliore interesse del minore.

Guida all'approfondimento

B. De Filippis, M. Pisapia, Il mantenimento per il coniuge e per i figli nella separazione e nel divorzio, Padova, 2017

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