L'obbligo di mantenimento della prole, presupposti e parametri

14 Luglio 2016

Il genitore ha l'obbligo di procurarsi i mezzi di mantenimento dei figli: gli studi universitari all'età di 35 anni non esonerano da tale dovere, anche tenuto conto della disponibilità del patrimonio dell'obbligato (proprietario di un immobile) e dell'agiatezza della sua famiglia d'origine.
Massima

Il genitore ha l'obbligo di procurarsi i mezzi di mantenimento dei figli: gli studi universitari all'età di 35 anni non esonerano da tale dovere, anche tenuto conto della disponibilità del patrimonio dell'obbligato (proprietario di un immobile) e dell'agiatezza della sua famiglia d'origine. Gli ascendenti, infatti, sono tenuti ai sensi dell'art. 148 c.c., e oggi ex art. 316 bis c.c., a fornire provvista al genitore che non abbia redditi sufficienti e ciò concorre a determinare la capacità economica dell'obbligato.

Il caso

Nell'ambito di un giudizio tra genitori relativo all'affidamento e al mantenimento della figlia minore nata al di fuori del matrimonio, il Tribunale dei Minori, in primo grado, aveva disposto l'affidamento condiviso della stessa, oltre all'obbligo per il padre di concorrere al suo mantenimento per l'importo di € 450,00 mensili. Detta pronuncia era confermata anche dalla Corte d'Appello, che così decideva, respingendola, l'impugnazione paterna del capo del provvedimento relativo al mantenimento.

Il padre ricorreva, quindi, per Cassazione e la madre resisteva nel procedimento così instaurato. La Corte di legittimità, previa conferma della ricorribilità per Cassazione dei provvedimenti relativi al mantenimento dei figli nati al di fuori del matrimonio, rigettava il ricorso del padre, ritenendo insindacabile la decisione di merito adottata dalla Corte d'Appello, esente, peraltro, da qualsivoglia vizio motivazionale.

Il Giudice a quo, infatti, aveva correttamente ritenuto che gli studi universitari, all'età di 35 anni, non costituissero una valida ragione per esentare il padre dall'obbligo di procurarsi i mezzi per il mantenimento della figlia. Oltre a ciò, la Corte d'Appello, con dimostrazione per presunzioni, aveva ritenuto che il padre fosse comunque provvisto dei mezzi necessari al mantenimento della prole, essendo proprietario di un cespite immobiliare, che poteva essere smobilizzato e appartenendo ad una famiglia di buona posizione economica, tenuta, ai sensi dell'art. 148 c.c. ed oggi, dell'art. 316 bis c.c., a fornire provvista al genitore che non abbia redditi sufficienti per il mantenimento dei nipoti. Il padre era, quindi, condannato alla rifusione delle spese di lite.

La questione

Il Tribunale dei Minori, prima, e la Corte d'Appello, poi, sono stati chiamati a decidere quali siano i presupposti per la sussistenza dell'obbligo di mantenimento della prole in capo ai genitori e quali siano, in particolare, i parametri per determinare la capacità reddituale del genitore onerato del mantenimento.

Le soluzioni giuridiche

La Cass. civ., 3 agosto, n. 16296 pur nella sua brevità, tocca diverse questioni, di diritto sostanziale e processuale, quali la ricorribilità in Cassazione dei provvedimenti della Corte d'Appello relativi all'affidamento e al mantenimento dei figli di genitori non coniugati. Indirettamente, inoltre, prende posizione in merito alle questioni sostanziali già affrontate e risolte dal Giudice a quo. Con riferimento alla questione processuale affrontata, la pronuncia in esame s'inserisce, confermandolo, nel filone ormai consolidato della Giurisprudenza che ritiene sempre ricorribili in Cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., i provvedimenti della Corte d'Appello in punto di mantenimento e di affidamento dei figli nati al di fuori del matrimonio (Cass. civ. sez. I, 17 maggio 2012, n. 7773; Cass. civ. sez. I, 14 giugno 2012, n. 9770).

Il decreto della Corte d'Appello, infatti, è dotato di contenuto decisorio, risolvendo questioni coinvolgenti diritti soggettivi, e definitivo, avendo, ovviamente rebus sic stantibus, efficacia analoga al giudicato (Cass. civ. sez. I, 26 marzo 2015, n. 6132).

A tale conclusione si giungeva già nel vigore della precedente normativa (l. 8 febbraio 2006, n. 54), che tendeva a parificare i figli nati all'interno del matrimonio a quelli nati al di fuori dello stesso e tale soluzione trova oggi ulteriore conferma nella legislazione in punto di filiazione, come riformata (l. n. 219/2012 e d.lgs n. 154/2013), che ha eliminato le residue differenze rimaste tra la prole.

Invece, la questione di merito, affrontata indirettamente e risolta dalla predetta pronuncia, che aderisce, ritenendole corrette, alle conclusioni del Giudice a quo, attiene la sussistenza o meno dell'obbligo di mantenimento della figlia minore in capo ad un padre che si dichiara privo di mezzi di mantenimento in quanto studente universitario all'età di 35 anni.

Sia il tribunale dei Minori, sia la Corte d'Appello hanno ritenuto sussistere tale obbligo, sul presupposto che, ai sensi dell'art. 148 c.c., oggi art. 316 bis c.c., i genitori sono tenuti a procurarsi i mezzi di mantenimento necessari ai figli. Di certo, la frequenza ad un corso universitario all'età di 35 anni non poteva considerarsi elemento sufficiente per giustificare l'astensione dal predetto onere.

Com'è noto, infatti, la mancanza di risorse economiche non esonera il genitore dal mantenimento dei figli, sussistendo ex lege un vero e proprio obbligo di procacciarsi i mezzi necessari al sostentamento degli stessi. Se da un lato l'obbligo di mantenimento deve essere rapportato alla capacità economica di lavoro professionale e/o casalingo, nonché alle sostanze di ciascun genitore, dall'altro la valutazione di tale capacità deve essere svolta - anche in via presuntiva - non solo rispetto alle concrete risorse disponibili, ma anche tenendo conto di quelle meramente potenziali, che siano, tuttavia, accertate (Cass. civ. sez. I, 10 luglio 2013, n. 17089; Trib. Modena sez. II, 10 gennaio 2013, n. 37; Trib. Pavia, sez. I, 10 febbraio 2010, n. 92; Trib. Novara, 20 maggio 2011; Trib. Novara, 27 settembre 2010).

Il concetto di “sostanze”, inoltre, deve essere latamente inteso, comprendendo non soltanto i redditi da lavoro o di capitale ma, più in generale, la complessiva consistenza del patrimonio di ciascun coniuge, fornita da ogni forma di reddito, ivi compreso il valore intrinseco degli immobili (Cass. civ. sez. I, 16 ottobre 1991, n. 10901).

Applicando tali principi, ad esempio, la Giurisprudenza anteriore alla pronuncia in commento ha concluso che lo stato di disoccupazione di un genitore non esoneri lo stesso dal dovere di mantenimento dei figli, dovuto quanto meno in misura minima, non alterando tale condizione, di per sé transeunte, la capacità lavorativa potenziale dell'obbligato (Trib. Lanciano, 24 novembre 2011).

Nel caso di specie, in realtà, il ricorrente, pur non producendo reddito da lavoro, era comunque dotato di un patrimonio personale, essendo proprietario di un immobile, che quindi poteva essere messo a reddito o alienato, o, quanto meno, era suscettibile di utilizzazione diretta, con ciò producendo in ogni caso una capacità economica, se non altro in termini di risparmio di spesa.

In secondo luogo, il padre proveniva da una famiglia agiata, che avrebbe potuto/dovuto supplire alle carenze economiche del genitore in virtù dell'obbligo degli ascendenti di fornire i mezzi di sussistenza ai nipoti.

Correttamente, a detta della Suprema Corte, quindi, il giudice di merito aveva ritenuto sussistere quella capacità reddituale potenziale, ma accertata, anche se in via presuntiva, che giustificava la previsione di un obbligo di mantenimento in favore della figlia.

Osservazioni

La pronuncia in commento rigetta in rito il ricorso presentato, avente ad oggetto censure di merito, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità, stanti la coerenza e completezza della pronuncia della Corte d'Appello. Valutando la logicità della pronuncia impugnata, la Corte rileva come la stessa abbia correttamente risolto la questione relativa alla persistenza in capo al genitore dell'obbligo di mantenimento della figlia, nonostante la mancanza di un reddito di lavoro. Il padre, infatti, dispone di un proprio patrimonio immobiliare e di potenzialità reddituali accertate, anche se in via presuntiva, avendo 35 anni, non svolgendo un'attività lavorativa per via della frequenza ad un corso universitario ed appartenendo ad una famiglia agiata. E' con quest'ultima asserzione che la Corte, aderendo alle conclusioni della Corte d'Appello, introduce, pur senza approfondire il concetto, un interessante elemento di novità: da una prima lettura della sentenza, la valutazione potenziale della capacità reddituale dei genitori andrebbe rapportata non solo al patrimonio personale dell'obbligato principale, ma anche a quello degli obbligati in via sussidiaria: gli ascendenti. Com'è noto, infatti, ai sensi dell'art. 148 c.c., ed oggi ai sensi dell'art. 316 bis c.c., in capo a questi ultimi sussiste l'obbligo di fornire ai genitori i mezzi necessari perché gli stessi possano adempiere ai loro doveri verso i figli. Nel caso in esame il genitore ricorrente appartiene ad una famiglia agiata, che quindi dispone della capacità necessaria a supplire all'eventuale carenza di risorse del padre. Tale circostanza, a detta della Corte, è stata correttamente valutata dai Giudici come elemento presuntivo, ma accertato, della capacità economica potenziale del genitore. In tale considerazione risiede la vera peculiarità della pronuncia, che, quanto al resto, invece, s'inserisce nel seno degli orientamenti esistenti sulle varie questioni, processuali e sostanziali, affrontate. E' interessante, quindi, che la Corte di legittimità nel considerare la capacità reddituale dell'obbligato, faccia riferimento alla disponibilità patrimoniale di chi obbligato non è, almeno al momento in cui la valutazione è effettuata.

Il ragionamento, che, prima facie, potrebbe apparire coerente con quanto dalla Giurisprudenza enunciato in punto di capacità reddituale presuntiva, in conclusione, invece, non convince. Da un lato, infatti, la Corte dà rilievo ad un cespite che non appartiene, neppure in via potenziale, alla sfera patrimoniale del genitore obbligato, per quanto latamente intesa, ma a soggetti terzi. Dall'altro, i Giudici di legittimità sembrerebbero non tenere conto della Giurisprudenza precedente, formatasi e consolidatasi in punto di obblighi al mantenimento degli ascendenti.

La solidarietà familiare su cui si fonda la norma che prevede l'obbligo contributivo in esame non implica in alcun caso una responsabilità patrimoniale di carattere generale per i debiti dei propri discendenti. L'obbligo degli ascendenti, infatti, sorge soltanto ed esclusivamente in via sussidiaria, nel caso in cui un genitore sia del tutto inadempiente ai suoi doveri e l'altro sia sprovvisto dei mezzi sufficienti ad adempiere all'obbligazione di mantenimento, concentratasi automaticamente e per l'intero su di lui (Ex pluribus, Trib. Pescara, 13 aprile 2015; Trib. Trani, 13 aprile 2010; Trib. Vicenza, 4 settembre 2009; Trib. Roma, 7 aprile 2004; Trib. Milano, 30 giugno 2000; Cass. civ. sez. I, 23 marzo 1995, n. 3402).

In mancanza di dati fattuali più dettagliati, la Corte di legittimità, invece, nella pronuncia in esame sembra non tenere in considerazione tale principio nel momento in cui ritiene che l'insufficienza dei beni del padre possa essere colmata dalla disponibilità materiale dei suoi familiari.

In primo luogo, infatti, si ricorda che ad adempiere tale obbligo sarebbero contemporaneamente chiamati, a parità di grado, non solo gli ascendenti paterni, ma anche quelli materni (Cass.civ. sez. I, 30 settembre 2010, n. 20509).

In secondo luogo, l'assenza di redditi dell'obbligato non genera di per sé alcun dovere di mantenimento in capo agli ascendenti, dal momento che l'obbligazione di mantenimento si concentrerebbe in automatico e per l'intero in capo all'altro genitore: in questo caso la madre, esonerando così da qualsivoglia dovere i nonni. Questi ultimi, quindi, sarebbero chiamati a contribuire al mantenimento della nipote non quando uno dei due genitori non versi il contributo al mantenimento previsto dal Giudice, ma solo nel caso in cui anche l'altro genitore non disponga di sufficiente capacità economica per provvedervi. La Corte, invece, nel ritenere che la capacità economica di un genitore possa essere valutata sulla base del patrimonio della sua famiglia, tenuta al pagamento in vece dell'obbligato, sembrerebbe non considerare tale orientamento consolidato.

La soluzione prospettata è, quindi, contradditoria, nella parte in cui elemento presuntivo per la sussistenza di un'adeguata capacità patrimoniale del genitore è l'esistenza di una disponibilità economica della di lui famiglia, rispetto alla quale, tuttavia, per consolidato orientamento giurisprudenziale, l'obbligo di mantenimento della prole dei discendenti nasce proprio ed esclusivamente in caso d'incapacità di mezzi dei genitori onerati.

In conclusione sebbene il tenore letterale della decisione si presti all'interpretazione sin qui esposta del dictum della suprema Corte, la brevità e sinteticità della motivazione lasciano seri dubbi in merito alla portata realmente e scientemente innovativa del provvedimento esaminato. Gli elementi a disposizione, infatti, non sono sufficienti per ritenere che la Cassazione, con tale pronuncia, abbia inteso creare un nuovo orientamento che si discosti dal precedente, come potrebbe inizialmente evincersi. Un revirement interpretativo di tale portata, infatti, avrebbe richiesto ben più di un inciso tra parentesi.

Guida all'approfondimento

M. Trimarchi, P. Corder, Formulario Commentato del diritto di famiglia, Milano, 2010, 294 295

G. Alpa, V. Mariconda, Codice Civile Commentato, Milano, 2009, 663

G. Cian, A. Trabucchi, Commentario Breve al Codice Civile, Padova, 2013, 186

A. Zaccaria, Commentario Breve al diritto della famiglia, Padova, 2011, 426

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