L’ADS impugna il matrimonio contratto dall’infermo di mente, il Tribunale lo annulla

Redazione Scientifica
14 Luglio 2016

Il Tribunale di Roma annulla il matrimonio dopo che uno dei due coniugi, approfittando della condizione di infermità mentale dell'altro, lo aveva indotto a contrarlo al solo fine di ottenere la cittadinanza italiana.

Il caso. Nel dicembre 2014, M.G., amministratore di sostegno di M.P., impugnava il matrimonio civile di quest'ultima, celebrato nel maggio del 2013 con il cittadino algerino D.S.. Si rilevava che il marito avesse approfittato della grave condizione di disabilità mentale che affliggeva M.P., inducendola a contrarre matrimonio al solo scopo di ottenere la cittadinanza italiana. Il convenuto contestava la legittimità dell'ADS di impugnare il matrimonio e si difendeva nel merito, sostenendo di aver convissuto con la giovane anche prima delle nozze, «naufragate unicamente a causa dei tradimenti della moglie». Il Tribunale decide di annullare il matrimonio.

La legittimità all'impugnazione dell'ADS. In via preliminare i giudici affermavano che, in questo caso, l'ADS fosse pienamente legittimato. E' pacifico che questa impugnazione rientri tra i cd. atti personalissimi, e quindi in linea di principio non demandabili a rappresentanti; e che, in tema di invalidità del matrimonio, il principio incontra una deroga solo in caso di interdizione (art. 119 c.c.). Tuttavia, il matrimonio contratto da persona formalmente non privata di capacità, «ma concretamente non in grado di determinarsi consapevolmente, potrebbe divenire inattaccabile». Si verrebbe quindi a creare una situazione di potenziale pericolo per il diritto alla persona di effettuare «la scelta di contrarre matrimonio in modo libero e consapevole, rimanendo inattuati i principi di dignità della persona (art. 2 Cost.) e di pienezza della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) che deve essere assicurata a tutti i cittadini (art. 3 Cost.)». Ebbene, nel caso in esame, il Giudice Tutelare ha espressamente autorizzato l'ADS con poteri di rappresentanza esclusiva a promuovere azione di impugnazione del matrimonio contratto da M.P., aderendo a una linea interpretativa evolutiva che ammette la possibilità per l'amministratore di sostegno di «coadiuvare o affiancare la persona bisognosa nella espressione della propria volontà».

Lo stato soggettivo dell'attrice determina l'invalidità del matrimonio. Nel merito viene riportata l'indagine svolta dal CTU che conferma l'evolversi sin dalla prima infanzia di un ritardo psicomotorio e successive importanti difficoltà cognitive da parte dell'attrice. L'esame diretto ha, altresì, accertato la marcata «povertà ideativa della perizianda, unitamente ad un'alterazione della struttura del pensiero caratterizzata da deragliamenti». E' pertanto evidente come sussista un'incidenza significativa tra la patologia e le capacità decisionali di M.P.. Può dirsi certo che al momento della celebrazione del matrimonio ella fosse incapace di intendere e volere. E', infatti, del tutto irrilevante che i due coniugi avessero trascorso un periodo di convivenza precedentemente al matrimonio fintantoché la condizione di infermità è persistita per tutto il tempo. Condizione che contagia del carattere di irrilevanza anche l'indagine sulla sincerità del sentimento, «giacché il solo stato soggettivo della parte attrice […] è sufficiente a determinare l'invalidità del matrimonio».

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