Redditi illeciti e determinazione dell'assegno di mantenimento

Bruno De Filippis
16 Marzo 2017

Le questioni affrontate dal Tribunale milanese riguardano i comportamenti che possono dar luogo ad addebito, la valutazione della loro rilevanza causale e, sotto il profilo economico, quali redditi, nell'eventualità di concorso di fonti lecite e non, debbano essere presi in considerazione ai fini della determinazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Massima

La violazione dell'obbligo di fedeltà non ha rilievo, ai fini dell'addebito, se inserito in un contesto di progressivo distacco e mancanza di dialogo tra i coniugi, che neghino ad esso particolare rilevanza causale nella fine della relazione.

Nel determinare l'assegno di mantenimento dovuto, il tribunale non può tener conto di fonti di reddito illecite di cui il nucleo familiare abbia in passato goduto, perché ciò equivarrebbe ad un improponibile autorizzazione o quanto meno implicita ratifica di analoghi comportamenti per il futuro.

Il caso

Per una coppia che ha in passato goduto di un tenore di vita molto elevato, oggetto di controversia in sede di separazione sono, principalmente, le questioni economiche oltre le reciproche richieste di addebito. In ordine ai figli, uno di essi maggiorenne non economicamente indipendente e convivente con la madre e l'altro diciassettenne, le richieste dei genitori non appaiono distanti e non determinano un particolare contenzioso.

Per l'addebito, le due relazioni, risalenti ad epoche diverse, contestate al marito e la relazione per converso imputata dalla controparte alla moglie non sono state adeguatamente provate e, in parte, risultano solo asserite. Il collegio, tuttavia, considera più importante e sostanzialmente avente efficacia causale esclusiva il progressivo allontanamento dei due e la mancanza di dialogo, tanto da ritenere le relazioni stesse non rilevanti ai fini della crisi coniugale e della conseguente rottura dell'unione.

La questione

Le questioni più rilevanti nella fattispecie riguardano i comportamenti che possono dar luogo ad addebito e la valutazione della loro rilevanza causale e, sotto il profilo economico, quali redditi, nell'eventualità di concorso di fonti lecite e non, debbano essere presi in considerazione ai fini della determinazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, nonché, sempre ai fini della quantificazione dell'assegno, quale debba essere l'incidenza della capacità lavorativa del coniuge beneficiario.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale, piuttosto che appiattirsi sulla ricerca di prove di infedeltà e trarre da esse, come avveniva in passato, definitivi argomenti per l'addebito, compie, sulla base degli elementi dedotti dalle parti, un'indagine a tutto campo in ordine alle cause della crisi coniugale, individuando differenti fattori di rilevanza causale.

Dopo aver compiuto, a mezzo consulenza tecnica, accurate indagini patrimoniali, il tribunale, dato atto che già il giudice istruttore aveva ritenuto di inviare copia della CTU alla Procura della Repubblica per le valutazioni di competenza, distingue tra fonti di reddito lecite e non (violazioni della normativa societaria, tributaria e fiscale), prendendo in considerazione, per l'assegno di mantenimento destinato ad operare per il futuro, solo le prime.

La capacità lavorativa del coniuge beneficiario del mantenimento, viene valorizzata pur in presenza di pochi elementi, tra cui le potenzialità derivanti dalle conoscenze, nel campo commerciale e finanziario, del marito obbligato al versamento.

Osservazioni

Rispetto alla giurisprudenza secondo cui la relazione extraconiugale non determina l'addebito, se intervenuta quando ormai il rapporto era già di fatto concluso per altra causa, la sentenza in oggetto rappresenta uno sviluppo ulteriore, poiché non valuta la rilevanza causale delle relazioni (nel caso di specie non compiutamente provate) dei due coniugi sulla base di un criterio di priorità, ma della loro intrinseca efficacia causale.

Vale a dire, la sentenza afferma che, anche se contemporanee e non anteriori rispetto al percorso di crisi della coppia, le relazioni possono essere irrilevanti se le vere cause della rottura del matrimonio devono rinvenirsi altrove.

Si tratta, pertanto, di una sentenza che arricchisce il percorso di progressivo distacco della giurisprudenza dall'idea della centralità nelle crisi matrimoniali, del tema dell'infedeltà e dall'idea che la stessa principalmente consista in comportamenti sentimentali o passionali.

In ordine alla ricostruzione del tenore di vita, non può che condividersi la tesi della non computabilità in esso, per il futuro, di fonti di redditi illecite, che il tribunale non può in alcun modo ratificare.

Non del tutto condivisibili sono le valutazioni in ordine alle potenzialità lavorative del coniuge beneficiario dell'assegno, vertendosi in tema di separazione e non di divorzio e, quindi, in un ambito nel quale gli obblighi di attivarsi per cercare un lavoro risultano, secondo la nostra legislazione, ancora affievoliti.

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