Riconosciuto all’adottato il diritto di accedere alle generalità della madre biologica deceduta

Redazione Scientifica
15 Novembre 2016

La Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto di una donna adottata ad accedere alle informazioni relative alle generalità della madre biologica, deceduta durante l'istruttoria.

Il caso. Il Tribunale per i minorenni di Torino ha rigettato la domanda presentata da una donna adottata finalizzata ad ottenere l'accesso ai dati inerenti le generalità della madre “naturale”, la quale aveva preferito mantenere l'anonimato al momento della nascita della figlia ed era deceduta nel corso dell'istruttoria. Avverso la sentenza delle Corte d'Appello di Torino, che confermava la pronuncia di primo grado, la donna ha presentato ricorso per Cassazione.

È necessario un bilanciamento tra i diritti dell'adottato e della madre biologica. La Suprema Corte, identificata la cornice normativa del diritto all'identità personale negli artt. 2 e 3 Cost. e 8 CEDU, richiama la sentenza del 25 settembre 2002 (Godelli contro Italia) con la quale la Corte EDU ha censurato i primi sei commi dell'art. 28 l. n. 184/1983 e affermato che la preferenza incondizionata accordata dal nostro ordinamento al diritto della madre a mantenere l'anonimato rende inadeguato il bilanciamento con il diritto dell'adottato a conoscere le proprie origini. Non avendo la Corte europea suggerito alcun intervento di adeguamento, la Corte costituzionale, con sentenza n. 278/2013, ha tracciato alcune linee operative ritenendo necessario procedere alla verifica della perdurante attualità della scelta della madre naturale di non voler essere nominata, cautelando contestualmente il suo diritto all'anonimato. A questo fine è stata realizzata, da parte dei giudici di merito, una procedura di interpello della madre biologica.

Il diritto all'identità personale può essere esercitato se non lede i diritti dei terzi. Poiché, nel caso di specie, non è possibile ricorrere allo strumento dell'interpello a causa del decesso della madre “naturale”, il criterio di bilanciamento tra l'interesse dell'adottato a conoscere le proprie origini e il diritto all'oblio della donna deve essere desunto dal sistema di protezione dei dati personali relativi all'identità di colei che ha esercitato il diritto all'anonimato.

Così come l'interpello deve avvenire in modo da cautelare in termini rigorosi tale diritto, l'accesso alle informazioni relative alla madre biologica deve essere circondato dalle stesse cautele e non deve eccedere la finalità per la quale il diritto stesso è stato riconosciuto. Non ogni profilo di tutela dell'anonimato, pertanto, si esaurisce alla morte della madre “naturale”: «il diritto all'identità personale del figlio non esclude la protezione dell'identità “sociale” costruita in vita dalla madre in relazione al nucleo familiare e/o relazionale eventualmente costituito ».

In conclusione, quindi, la Cassazione stabilisce che il diritto dell'adottato, nato da donna che non abbia voluto rendere note le proprie generalità al momento della nascita, ad accedere alle informazioni concernenti la propria origine può essere concretamente esercitato anche se la madre biologica sia morta e non sia possibile procedere alla verifica della perdurante attualità della sua scelta di conservare il segreto; ciò purché i dati personali della defunta siano trattati lecitamente e in modo da non cagionare un danno «all'immagine, alla reputazione, e ad altri beni di primario rilievo costituzionale, ad eventuali terzi interessati (discendenti e/o familiari)».

Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, autorizza la ricorrente ad accedere alle informazioni relative alla madre “naturale” deceduta.

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