Niente reversibilità per chi ha percepito l’una tantum

17 Febbraio 2017

La questione esaminata riguarda il caso in cui il coniuge che in sede di divorzio abbia accettato l'assegno divorzile in un'unica soluzione, rinunciando espressamente a quello periodico già assegnato in sede di separazione, dopo il decesso dell'ex coniuge richiede l'erogazione della pensione di reversibilità.
Massima

In tema di divorzio congiunto, l'accordo volto a definire ogni questione di carattere patrimoniale fra gli ex coniugi, costitutivo di un diritto di abitazione ovvero di una somma di denaro una tantum, in sostituzione dell'assegno periodico, al quale il coniuge abbia espressamente rinunziato, che sia giudicato equo dal Tribunale che pronuncia lo scioglimento del matrimonio, a prescindere dal nomen iuris che le parti abbiano attribuito alla pattuizione convenuta, deve ritenersi adempitivo di ogni obbligo di sostentamento nei confronti della beneficiaria e, pertanto, inidoneo a configurare la titolarità del predetto assegno, in assenza del quale viene meno il presupposto del diritto alla pensione di reversibilità.

Il caso

F.C., divorziata da M.R., nel frattempo deceduto e titolare di pensione, propone domanda al Tribunale di Genova avente ad oggetto il riconoscimento in suo favore della pensione di reversibilità nei confronti dell'INPS sulla pensione già in godimento all'ex marito.

L'istituto previdenziale, condannato all'erogazione della pensione, spiega ricorso dinanzi alla Corte d'appello territoriale che con sentenza depositata il 7 maggio 2010 lo rigetta sul presupposto della ritenuta funzione alternativa all'assegno divorzile assunta dalla costituzione, convenuta dagli ex coniugi in sede di scioglimento del matrimonio, in favore di F.C., di un diritto di abitazione sull'appartamento di proprietà del de cuius e di comodato sui mobili esistenti, contestualmente alla rinunzia da parte della beneficiante all'assegno di mantenimento già previsto in sede di separazione, secondo la previsione dell'art. 9, comma 2, l. n. 898/1970, come modificato dall'art. 13 l. n. 74/1987, per il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità.

Avverso questa sentenza l'INPS propone ricorso per cassazione, censurando il provvedimento per violazione dell'art. 9 l. n. 898/1970, come modificato dall'art. 13 l.n. 74/1987, dell'art. 5 l. n. 898/1970 e dell'art. 5 l. 23 dicembre 2005, n. 263. F.C. resiste con controricorso.

In motivazione

«L'art. 9, comma 2, l. 1 dicembre 1970, n. 898, nel testo modificato dall'art. 13 l. n. 74/1987, (…) subordina a due fondamentali condizioni il sorgere del diritto dell'ex coniuge alla pensione di reversibilità; il mancato passaggio a nuove nozze e la titolarità dell'assegno di divorzio. Ulteriore condizione è che il rapporto (contributivo o di impiego) da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza di divorzio.

Sul presupposto costituito dall'assegno di divorzio, in passato si sono registrati due diversi orientamenti anche di questa Corte: secondo il primo (…), (Cass., 17 gennaio 2000, n. 457) (…). Si riteneva, in sostanza, che quand'anche l'assegno divorzile non fosse stato riconosciuto prima della morte del coniuge divorziato, era sempre possibile attraverso un giudizio ex post, (…) valutare la sussistenza dei presupposti per il suo riconoscimento (v. pure Cass., 25 marzo 2005, n. 6429).

Secondo l'altro orientamento, decisamente prevalente, era invece necessario un provvedimento formale di riconoscimento dell'assegno di divorzio, eventualmente adottato anche in sede di modifica delle condizioni di divorzio (Cass., S. U., 25 maggio 1991, n. 5939; Cass., 5 agosto 2005, n. 16560).

Il contrasto è stato risolto dal legislatore con la l. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 5 (…).

La giurisprudenza di questa Corte, successiva alla norma di interpretazione autentica, ha così definitivamente sancito che il diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità, o ad una quota di essa (…), presuppone (anche ai sensi dell'art.5 l. 28 dicembre 2005, n. 263, norma interpretativa, quindi retroattiva ed applicabile anche ai giudizi in corso) che il richiedente al momento della morte dell'ex coniuge sia titolare di assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto ai sensi dell'art. 5 della legge predetta, non essendo sufficiente che egli versi nelle condizioni per ottenerlo e neppure che in via di fatto o anche per effetto di private convenzioni intercorse tra le parti abbia ricevuto regolari erogazioni economiche dal de cuius quando questi era in vita (Cass., 18 novembre 2010, n. 23300; Cass., 29 settembre 2006, n. 21129; Cass., 13 marzo 2006, n. 5422). (…) sicché non può dubitarsi del fondamento razionale dell'esclusione del diritto alla pensione quando l'ex coniuge non sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5 l. 28 dicembre 2005, n. 263.

(…) É peraltro incontestato che nel giudizio di divorzio, C. ha espressamente rinunciato all'assegno di mantenimento già stabilito in sede di separazione consensuale, (…). Ne consegue che, in adesione a quanto già ritenuto dalla ricordata sentenza di questa Corte n. 3635/2012 (…), la Corte territoriale si è attenuta ad una diversa opzione ermeneutica, sicché la sentenza deve essere cassata e la causa (…) può essere decisa (…) nel senso del rigetto della domanda».

La questione

La questione esaminata afferisce alla fattispecie in cui il coniuge che in sede di divorzio abbia accettato l'assegno divorzile in un'unica soluzione, rinunciando espressamente a quello periodico già assegnato in sede di separazione, dopo il decesso dell'ex coniuge richiede l'erogazione della pensione di reversibilità.

Le soluzioni giuridiche

Con la pronuncia in commento la Sezione lavoro della Suprema Corte si è soffermata sui presupposti di legge che legittimano il riconoscimento del diritto dell'ex coniuge di accedere alla pensione di reversibilità sulla pensione già in godimento al defunto, nel caso in cui (in data anteriore al decesso) su accordo delle parti sia stata prescelta la corresponsione c.d. una tantum, ove ritenuta equa dal tribunale, ai sensi dell'art. 5, comma 8, l.div., nel testo novellato dalla l. n. 74/1987, in luogo della prevista somministrazione periodica dell'assegno (ai sensi dell'art. 5, comma 6, cit.).

In primo luogo, sul diritto della parte al beneficio della pensione di reversibilità, a norma dell'art. 9, comma 2, l. n. 898/1970, la Suprema Corte, affrontando più passaggi ermeneutici, scioglie l'irrisolto nodo dell'equivalenza tra la già vista erogazione in unica soluzione (sempre possibile su accordo delle parti in sede di divorzio) e la titolarità dell'assegno (periodico), avendo cura di evidenziare (alla luce dell'interpretazione autentica sancita all'art. 5 l. n. 263/2005) sia la posizione strumentale dell'assegno divorzile rispetto al trattamento pensionistico in oggetto, sia il necessario «riconoscimento…da parte del Tribunale» della predetta titolarità, pervenendo alla conclusione che, in linea con il più recente indirizzo giurisprudenziale di legittimità (Cass. civ.n.3635/2012 e n. 11088/2012), ove manchi un puntuale richiamo all'assegno periodico divorzile, quale presupposto della pensione di reversibilità, vengono a mancare i discendenti requisiti per l'applicazione dell'art. 9, comma 2, l. n. 898/1970 ai fini del riconoscimento del relativo diritto pensionistico.

La ratio del principio di diritto, riaffermato dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza in esame, muove da una prospettiva solidaristico-assistenziale analoga ad entrambi i benefici (assegno periodico di divorzio e pensione di reversibilità), che rende fattibile la "sostituzione" dell'assegno periodico divorzile con la pensione di reversibilità.

Altro interrogativo affrontato dalla sentenza e motivo di gravame, sul quale si sono intervallate contrarie posizioni, è se il possesso del titolo raffigurato dall'assegno divorzile debba necessariamente sussistere in data anteriore alla domanda di reversibilità ovvero possa essere riconosciuto anche attraverso un giudizio ex post.

Nella specie, la Corte ha osservando preliminarmente che sia il tribunale di merito sia la Corte territoriale sono incorsi nell'errore di tralasciare l'incipit ermeneutico (dell'art. 5, l. 28 dicembre 2005, n. 263) basandosi su alcuni precedenti accenti della Cassazione in casi similari (cfr., Cass., 17 gennaio 2000, n. 457; Cass.,25 marzo 2005, n. 6429) che avevano ammesso che l'assegno divorzile potesse sempre essere riconosciuto "in astratto" attraverso un giudizio a posteriori e che le attribuzioni di natura economica e patrimoniale convenute fossero da considerare alternative (anziché sostitutive) rispetto all'assegno divorzile; ed infatti «la Corte d'appello di Genova ha ritenuto che la costituzione in sede di scioglimento del matrimonio, in favore del coniuge, di un diritto di abitazione sull'appartamento di proprietà del de cuius e di comodato sui mobili esistenti, contestualmente alla rinunzia all'assegno di mantenimento già previsto in sede di separazione, aveva funzione alternativa all'assegno di divorzile e, pertanto, sussisteva il presupposto previsto dall'art. 9, comma 2, l. n. 898/1970, come modificato dall'art. 13 l. n. 74/1987, per il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità».

La diversa opzione ermeneutica adottata dalla Suprema Corte si allineava invece all'orientamento maggioritario (sia anteriore sia successivo all'entrata in vigore della predetta norma interpretativa –retroattiva-, introdotta con la l. n. 263/2005), secondo cui, sulla dibattuta questione, sollevatasi viepiù dopo la citata novella del 1987, successivamente superata dall'art. 5 cit., era prevalso l'orientamento di legittimità che riteneva indispensabile «il provvedimento formale di riconoscimento dell'assegno di divorzio, eventualmente adottato anche in sede di modifica delle condizioni di divorzio» (v. in particolare, Cass., n. 4041/1991; Cass., S. U., n. 5939/1991; Cass. n. 8335/1993; Cass. n. 412/1996; Cass. n. 75/1997; Cass. n. 1044/2000; Cass. n. 12389/2000; Cass., n. 16560/2005, nonché, più di recente, Cass., S. U., n. 12878/2007; Cass., 18 novembre 2010, n. 23300; Cass., 29 settembre 2006, n. 21129; Cass., 13 marzo 2006, n. 5422) quale accertamento propedeutico al riconoscimento della pensione all'avente diritto; motivo per cui secondo la Cassazione la sentenza della Corte territoriale è stata cassata con il rigettodella domanda di pensione di reversibilità di F.C..

Quanto alla superiore argomentazione sulla possibile equivalenza tra corresponsione una tantum ed assegno periodico di divorzio, la sentenza, discostandosi da precedenti indirizzi, ha escluso che l'usufrutto sulla casa coniugale così come l'erogazione di una somma in unica soluzione possiedano il carattere della periodicità e siano, pertanto, assimilabili all'assegno divorzile,talché nella nozione di assegno (legittimante la pensione di reversibilità) non possono ricomprendersi i conferimenti in un'unica soluzione, ai sensi dell'art. 5, comma 8, l. n. 898/1970, nel testo modificato dalla l. n. 74/1987, che una volta disciplinati giudizialmente impediscono la proposizione di «alcuna successiva domanda di contenuto economico», con la conseguente inidoneità di tali attribuzioni a configurare la titolarità dell'assegno di divorzio ed il venire meno del diritto alla pensione di reversibilità (in senso conforme v. le precedenti statuizioni Cass. civ., n. 10458/2002 e n. 8113/2000).

Osservazioni

L'impostazione ermeneutica della Corte, nell'affrontare i pregressi contrapposti indirizzi giurisprudenziali, risolve un contrasto negli orientamenti passati, volgendo alla conclusione che unicamente attraverso un precedente accertamento «da parte del tribunale» della titolarità dell'assegno divorzile può essere successivamente dichiarato il diritto alla pensione di reversibilità.

La soluzione adottata dalla Cassazione è da condividere poiché muove dalla premessa sostanziale che al fine del riconoscimento del diritto al beneficio della pensione di reversibilità, l'istante, all'atto del decesso dell'ex coniuge, deve essere già in possesso del titolo necessario, ovvero essere «titolare di assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto» secondo quanto sancito all'art. 5 l. 1 dicembre 1970, n. 898, a ciò non rilevando la sussistenza delle condizioni per ottenerlo in astratto e «neppure che in via di fatto o anche per effetto di private convenzioni intercorse tra le parti abbia ricevuto regolari erogazioni economiche dal de cuius quando questi era in vita (Cass., 18 novembre 2010, n. 23300; Cass., 29 settembre 2006, n. 21129; Cass., 13 marzo 2006, n. 5422)», discostandosi dal precedente orientamento della stessa Corte, secondo cui sarebbe sempre stato possibile ottenere la pensione di reversibilità, anche se il riconoscimento dell'assegno divorzile non sia avvenuto prima della morte del'ex coniuge, bensì in un secondo tempo, attraverso un giudizio ex post (Cass., 17 gennaio 2000, n. 457).

Giova evidenziare viepiù il richiamo operato alla Corte costituzionale che, con la sentenza n. 777/1988, ha sottolineato «il carattere essenziale del trattamento di reversibilità, quale garanzia di continuità del sostentamento del superstite», sì da «assicurare la prosecuzione del sostentamento assicurato dall'assegno divorzile» (cfr. Corte cost., n. 87/1995 e Corte cost.,n. 419/1999), con la conseguenza che il giudice chiamato a decidere sulla domanda di pensione di reversibilità, di cui all'art. 9,comma 2, l. n. 898/1970, potrà respingerla quando accerti che «l'ex coniuge non sia titolare di assegno» di divorzio giudizialmente riconosciuto, secondo il citato enunciato dell'art. 5 l. 28 dicembre 2005, anche a seguito dell'accordo delle parti di costituire un'erogazione una tantum, ai sensi dell'art. 5, comma 8, l. n. 898/1970.

In effetti, nell'affrontare il tema delle attribuzioni in unica soluzione, convenute in sede di scioglimento del matrimonio, che definiscono la totalità dei rapporti economici tra i coniugi, rileva che ai sensi del citato comma 8 art. 5 l. n. 898/1970, le parti possono concordare la corresponsione dell'assegno in un'unica soluzione purché «ritenuta più equa dal tribunale». In tale ipotesi, come già osservato, occorre specificare che è preclusa la proposizione di successive domande aventi contenuto economico, giacché l'erogazione di una somma una tantum, così come la costituzione di un diritto di abitazione, risponde all'intento di assolvere al sostentamento che sarebbe stato assicurato dalla titolarità di un assegno periodico divorzile, di fatto sostituendosi ad esso.

Sarebbe, in ogni caso, censurabile l'errata convinzione di ritenere l'attribuzione in oggetto equiparabile all'assegno periodico di divorzio, in mancanza del quale, come visto, non può sorgere il diritto alla pensione di reversibilità, proprio perché non riveste il carattere della periodicità.

Nondimeno, sull'assunto che le provvidenze economiche operate in sede o a seguito di scioglimento del vincolo coniugale siano riconducibili all'erogazione di un assegno di divorzio, poiché da esse «il beneficiario ritrae utilità espressive della natura solidaristico-assistenziale dell'istituto», una pronuncia della Corte (Cass. civ., 28 maggio 2010, n. 13108) aveva riconosciuto l'idoneità dell'accordo intervenuto tra i coniugi, limitatamente alla costituzione dell'usufrutto sulla casa coniugale a titolo di corresponsione dell'assegno di divorzio in unica soluzione, a configurare la titolarità dell'assegno periodico.

Alla superiore interpretazione, è senza dubbio da preferire l'impostazione tracciata dalla sentenza in esame che esclude l'equivalenza della costituzione del diritto di abitazione e di comodato sui beni mobili alla titolarità di un assegno, siccome disposto dall'art. 5 l.div. ai fini dell'accesso alla pensione dl reversibilità, ciò perché la contribuzione, anche di una somma di denaro, in unica soluzione soddisfa pienamente all'obbligo di sostentamento nei confronti del beneficiario (Cass. civ., 8 marzo 2012, n. 3635; Cass. Civ. 3 luglio 2012, n. 11088).

É quindi importante avere la consapevolezza che unicamente nell'ipotesi in cui il beneficiario sia titolare di un'erogazione economica posta a carico dell'ex coniuge può, al momento del decesso di costui, avanzare legittimamente la domanda di pensione di reversibilità, secondo la continuità della prospettiva solidaristico-assistenziale innanzi evidenziata.

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