Mantenimento “a singhiozzo”: non è automatica la condanna del genitore per violazione degli obblighi di assistenza familiare

Redazione Scientifica
18 Gennaio 2016

Non è configurabile il reato di cui all'art. 570, comma 2, c.p., se il padre obbligato non provveda per intero al mantenimento dei figli, ma versi delle somme periodiche per il pagamento delle spese scolastiche, mediche e per le ricariche telefoniche e conceda alla moglie e ai figli di abitare nella casa intestata ad entrambi i coniugi.

Non è configurabile il reato di cui all'art. 570, comma 2, c.p., se il padre obbligato non provveda per intero al mantenimento dei figli, ma versi delle somme periodiche per il pagamento delle spese scolastiche, mediche e per le ricariche telefoniche e conceda alla moglie e ai figli di abitare nella casa intestata ad entrambi i coniugi. Invero, nell'ipotesi di corresponsione parziale dell'assegno stabilito in sede civile per il mantenimento, il giudice penale deve tener conto di tutte le circostanze del caso concreto ivi compresa l'oggettiva rilevanza del mutamento della capacità economica del debitore e deve escludersi ogni automatica equiparazione dell'inadempimento dell'obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale.

La violazione degli obblighi di assistenza familiare. «La corresponsione una tantum di euro 400, l'erogazione di somme direttamente ai figli a titolo di liberalità ed il consenso prestato che la moglie e figli abitassero nella casa intestata ad entrambi non possono supplire alla corresponsione sistematica delle somme cui il genitore è tenuto». Queste le parole della Corte d'appello di Trieste che, in parziale riforma della sentenza di prime cure, ha condannato un padre di famiglia per il reato di cui all'art. 570, comma 2, c.p.. Nel dettaglio il Giudice territoriale, concesse le circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena inflitta all'uomo in quella di due mesi di reclusione ed euro 200 di multa.

Il mantenimento “a singhiozzo” può comunque soddisfare le esigenze primarie della prole? Il soccombente ha deciso allora di ricorrere alla Suprema Corte, censurando la sentenza di condanna per la violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 570, comma 2, c.p., «per aver la Corte omesso di considerare (…) come, nonostante la parziale mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento, non siano mai mancati ai figli i mezzi di sussistenza». Invero, come riconosciuto dalla stessa moglie, l'uomo aveva provveduto alle spese scolastiche, mediche e sportive dei figli e al pagamento delle ricariche telefoniche dei loro cellulari. Quest'ultimo a suo modo aveva, dunque, soddisfatto le esigenze primarie della prole.

Il ricorrente ha lamentato, inoltre, la mancata valutazione da parte dei giudici del fatto che l'uomo avesse corrisposto alcune rate dell'assegno e diverse somme per la copertura del mantenimento dei figli, nonostante il grave infortunio subito sul lavoro, che gli aveva impedito di lavorare.

La risposta della Suprema Corte. La Cassazione, innanzitutto, ricorda che il reato in esame prevede quali presupposti necessari:

1) lo stato di bisogno degli aventi diritto all'assegno alimentare;

2) la conoscenza da parte dell'obbligato dello stato in cui versino gli aventi diritto;

3) la capacità dell'obbligato a fornire i mezzi di sussistenza.

Inoltre, ius receptum in sede di legittimità è il principio per cui «ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 570 c.p., nell'ipotesi di corresponsione parziale dell'assegno stabilito in sede civile per il mantenimento, il giudice penale deve accertare se tale condotta abbia inciso apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato è tenuto a fornire ai beneficiari, tenendo inoltre conto di tutte le altre circostanze del caso concreto, ivi compresa l'oggettiva rilevanza del mutamento di capacità economica intervenuta, in relazione alla persona del debitore, mentre deve escludersi ogni automatica equiparazione dell'inadempimento dell'obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale» (Cass. Pen., sez. VI, sent., n. 15898/2014).

La Corte territoriale, dunque, non si è uniformata ai principi predetti, omettendo di esplicitare le ragioni obiettive per cui abbia ritenuto provato che l'imputato facesse mancare i mezzi di sussistenza ai figli.

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Trieste per un nuovo giudizio.

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