Sì alla stepchild adoption anche dal Tribunale per i minorenni di Bologna

Luca Dell'Osta
21 Luglio 2017

Anche il Tribunale per i Minorenni di Bologna dice sì alla “stepchild adoption”: i Giudici bolognesi, adeguandosi all'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (inaugurato dalla nota sentenza del Tribunale per i Minorenni di Roma n. 299 del 30 luglio 2014), riconoscono a un soggetto l'adozione del figlio biologico del proprio partner.

Con due “sentenze gemelle” il Tribunale per i minorenni di Bologna ha per la prima volta riconosciuto la cd. stepchild adoption. I casi trattati sono quelli di una coppia omoaffettiva maschile e di una coppia omoaffettiva femminile.

In entrambe le vicende, i Giudici bolognesi si soffermano in via preliminare sul rapporto che il minore ha stabilito con il genitore non biologico. In particolare, alla luce delle relazioni dei Servizi sociali e dei colloqui effettuati dal giudice onorario delegato nel corso dell'istruttoria, è emerso che in ciascuno dei casi il minore è sempre stato trattato come figlio dal genitore non biologico, avendo quest'ultimo provveduto al mantenimento del bambino, alla sua educazione e alle esigenze della vita quotidiana; ancora, si sottolinea che il minore è considerato figlio del genitore non biologico anche nell'ambito delle famiglie di origine di entrambi i partner.

Alla luce di tale situazione di fatto, si ritiene che lo strumento al fine di riconoscere l'adozione al genitore non biologico vada rinvenuta nell'art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983. Ritenendo recessiva l'interpretazione restrittiva della norma, il Tribunale afferma che l'articolo citato faccia riferimento a ogni ipotesi di impossibilità giuridica di adottare un minore con l'adozione piena, e quindi anche ai casi in cui non vi sia uno stato di abbandono e dove tuttavia l'adozione appaia comunque consigliabile per una migliore tutela dei diritti del minore. Ciò che conta, si ritiene, è il rapporto genitoriale di fatto che si è instaurato tra il genitore “sociale” e il minore di cui si chiede l'adozione; come ha anche chiarito la Cassazione, affinché operi l'art. 44 è irrilevante la circostanza che il ricorrente abbia lo stesso sesso del genitore biologico (Cass. civ., sez. I, sent. 22 giugno 2016, n. 12962, v. A. Fasano, Anche la cassazione riconosce la stepchild adoption, ilFamiliarista.it).

Il Tribunale per i minorenni di Bologna ritiene infine che questo consolidato orientamento giurisprudenziale sia stato ulteriormente corroborato dalla l. n. 76/2016 in materia di unioni civili. Dal momento che la legge ha eletto le coppie formate da persone dello stesso sesso al rango di famiglia, è stato offerto all'adozione in casi particolari di cui all'art. 44 l. n. 184/1983 un substrato relazionale solido, sicuro e giuridicamente tutelato. Quanto poi previsto dall'ultima parte dell'art. 1, comma 20, l. n. 76/2016 («Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti») deve essere interpretato nel senso che è fatto salvo anche quanto consentito dalla interpretazione giurisprudenziale così come si è sviluppata nel tempo. Per i giudici bolognesi è evidente che dalla l. n. 76/2016 non emerga una volontà del legislatore di delimitare più rigidamente i confini interpretativi dell'adozione in casi particolari ma, semmai, emerge la volontà contraria, tanto è vero che, successivamente all'emanazione della legge, vi sono state altre pronunce che, in casi analoghi a quelli in esame, hanno accolto la domanda di adozione ex art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983.

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