Contestazione dell'autenticità del testamento olografo senza querela di falso

Nelson Alberto Cimmino
22 Gennaio 2016

Per far valere il difetto di veridicità di un testamento olografo è sufficiente il disconoscimento o è necessaria la querela di falso? La Cassazione a Sezioni Unite si pronuncia sulla questione superando i due contrapposti orientamenti e optando per una terza via.
Massima

La parte che contesti l'autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e l'onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo, grava sulla parte stessa.

Il caso

Tizia pubblica il testamento olografo del proprio marito con cui ella viene nominata erede universale.

Il testamento viene impugnato in quanto il de cuius in epoca antecedente alla data riportata dal testamento era stato colpito da ictus ed era caduto in stato di incoscienza sino al decesso.

Il Tribunale rigetta la domanda, affermando che il testamento olografo poteva essere impugnato solo con querela di falso. La Corte di Appello conferma la sentenza di primo grado.

La vicenda approda in Cassazione, ove viene sollevata la questione su quale sia lo strumento processuale utilizzabile per contestare l'autenticità del testamento olografo.

Gli atti vengono così rimessi alle Sezioni Unite, ritenendosi opportuna la risoluzione del contrasto esistente nella giurisprudenza della Corte di legittimità in subiecta materia.

La questione

Il problema affrontato dalla Cassazione nella sentenza in commento è il seguente: per far valere il difetto di veridicità di un testamento olografo (del quale viene ribadita la natura di scrittura privata) è sufficiente il disconoscimento (art. 214 e ss. c.p.c.) o è necessaria la querela di falso (artt. 221 e ss. c.p.c.)?

L'adesione all'una o all'altra soluzione ha rilevanti risvolti processuali, segnatamente in tema di onere della prova.

Infatti, nel caso si ritenga sufficiente il disconoscimento della scrittura privata, colui contro il quale è prodotto il testamento deve limitarsi a dichiarare di non conoscere la scrittura o la sottoscrizione; conseguentemente, colui che quel testamento ha prodotto (e di cui quindi intende avvalersi) ha l'onere di dimostrare l'autenticità della scheda testamentaria (che pertanto fino a tale prova deve ritenersi falso).

Viceversa, nel caso si ritenga necessaria la querela di falso, è colui contro il quale il testamento viene prodotto che deve contestarne la genuinità (appunto attraverso lo strumento della querela di falso), per cui sarà a carico di questi l'onere di provare la falsità del documento (che pertanto fino a tale prova deve ritenersi vero).

I due mezzi, caratterizzati dalla medesima finalità, si distinguono dunque per la diversa posizione che le parti in essi assumono e per la conseguente inversione dell'onere della prova.

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza ha spesso affrontato il problema che ci occupa e sulla materia si sono formati due orientamenti contrapposti.

Primo orientamento. Il testamento olografo, benché la legge (art. 602 c.c.) richieda specifici requisiti di forma, è una scrittura privata il che comporta che il soggetto contro cui tale documento è stato prodotto ha soltanto l'onere del disconoscimento (rectius, non riconoscimento), a norma dell'art. 214, comma 2, c.p.c., mentre compete alla controparte, che alla efficacia di quella scheda abbia invece interesse (perché fonte della delazione ereditaria), di chiederne la verificazione con il conseguente onere di dimostrare l'autenticità della scheda testamentaria.

In altri termini, nell'ipotesi di conflitto tra erede legittimo che disconosca l'autenticità del testamento e chi vanti diritti in forza di questo, l'onere della proposizione dell'istanza di verificazione del documento contestato grava sempre su quest'ultimo, che deve servirsene per vedersi riconosciuta la qualità di erede, mentre nessun onere, oltre quello del disconoscimento, ha l'erede legittimo. Sull'incidenza dell'onere probatorio non ha alcuna influenza la posizione processuale assunta dalle parti, e cioè se l'azione sia esperita dall'erede legittimo (che adduca, in via principale, la falsità del documento), ovvero dall'erede testamentario che voglia far valere i propri diritti ereditari e si trovi di fronte alla contestazione dell'autenticità del documento da parte dell'erede legittimo (così Cass. 12 aprile 2005, n. 7475; Cass. 11 novembre 2008, n. 26943).

Tale tesi è riconducibile ad una risalente pronuncia (Cass. 16 ottobre 1975, n. 3371) nella quale si afferma che la querela di falso si rende indispensabile solo dopo che la scrittura privata abbia acquistato l'efficacia di piena prova ai sensi dell'art. 2702 c.c. in seguito a riconoscimento implicito o presunto, ovvero, alla conclusione positiva del procedimento di verificazione e, cioè, quando oggetto della contestazione non è più l'originaria autenticità della scrittura, ormai definitivamente accertata, ma la verità intrinseca del suo contenuto.

Secondo orientamento. La querela di falso, prevista e disciplinata dagli artt. 221 e ss. c.p.c., rappresenta l'unico strumento processuale con cui contestare l'autenticità del testamento olografo.

Tale tesi (affermata nelle sentenze Cass. 18 marzo 1966, n. 766; Cass. 3 agosto 1968, n. 2793; Cass. 28 maggio 1971, n. 1599; Cass. 30 ottobre 2003, n. 16362) si fonda sulla provenienza della scrittura: la procedura di disconoscimento e di verificazione di scrittura privata (artt. 214 e ss. c.p.c.) riguarda unicamente le scritture provenienti dai soggetti del processo e presuppone che sia negata la propria firma o la propria scrittura dal soggetto contro il quale il documento è prodotto; per le scritture provenienti da terzi (come nel caso del testamento olografo), invece, la contestazione non può essere sollevata secondo la disciplina dettata dalle predette norme, bensì nelle forme dell'art. 221 e ss. c.p.c., perché si risolve in un'eccezione di falso.

In altri termini, la querela di falso è necessaria in considerazione della terzietà del soggetto rispetto al testamento olografo contro di lui prodotto.

L'onere della prova della non autenticità del testamento è dunque a carico del soggetto che agisce con la querela di falso.

La Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza 23 giugno 2010, n. 15169, ha ribadito (seppure come obiter dictum, per cui la pronuncia non ha consentito il superamento del contrasto giurisprudenziale) il principio secondo cui va ravvisato nella querela di falso lo strumento processuale idoneo a privare di ogni effetto il testamento olografo, e ciò in considerazione anche del fatto che tale documento (a differenza delle altre scritture private provenienti da terzi che possono essere liberamente contestate atteso che le stesse costituiscono prove atipiche il cui valore probatorio è puramente indiziario) è connotato di una carica di incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata (principio ripreso da Cass. 24 maggio 2012, n. 8272).

La “terza via”. La Cassazione, nella pronuncia in commento, rileva che, considerando la natura di scrittura privata del testamento olografo, non potrebbe che privilegiarsi la soluzione del disconoscimento.

Tuttavia, deve riconoscersi che il testamento olografo è una scritta privata sui generis in quanto immediatamente esecutiva ed immediatamente costitutiva di situazioni giuridiche soggettive, attive e passive, in capo al chiamato alla successione.

Per tali ragioni la querela di falso rappresenterebbe lo strumento processuale idoneo alla contestazione della scheda testamentaria.

Le Sezioni Unite superano i due contrapposti orientamenti “in maniera non del tutto insoddisfacente” optando per una “terza via” (riconducibile alla remota ed isolata pronuncia Cass. 15 giugno 1951, n. 1545) secondo cui la parte che contesti l'autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo in ordine alla provenienza della scrittura.

Conseguentemente, l'onere della prova spetta all'attore che chieda di accertare la non genuinità del documento.

Tale soluzione, a parere delle Sezioni Unite, consente di evitare che il semplice disconoscimento di un atto peculiare come il testamento olografo, «innegabilmente caratterizzato da una sua intrinseca forza dimostrativa», renda troppo gravosa la posizione processuale di chi in base ad esso si professa erede, riversando su di lui l'intero onere probatorio.

In conclusione, è colui contro il quale il testamento viene prodotto che deve contestarne la genuinità, ma non attraverso lo strumento della querela di falso bensì con una (meno solenne) azione di accertamento negativo.

Osservazioni

La Cassazione nella pronuncia in esame, pur affermando che il testamento olografo deve mantenersi «definitivamente circoscritto nell'orbita delle scritture private», ne ribadisce il particolare valore intrinseco: l'olografo produce immediatamente e direttamente effetti nella sfera giuridica del terzo, e costituisce, una volta pubblicato, titolo immediato di acquisto per l'erede e per il legatario, trattandosi di scrittura la cui efficacia non necessita dell'accertamento dell'autenticità, e comunque distinta da tutte le altre scritture private, per loro natura inidonee a costituire titolo immediatamente costitutivo di diritti verso i beneficiati.

Per tale ragione, la Suprema Corte assume una posizione “garantista” nei confronti di colui che intende avvalersi di un testamento olografo, stabilendo che spetta sempre a colui che vuole contestarlo dimostrarne la non autenticità: non basta quindi un comportamento negativo (il non riconoscimento, che “scarica” l'onere della prova sulla controparte), ma è necessario un comportamento positivo, cioè l'effettiva dimostrazione della non genuinità della scrittura.

Nel contempo, la Cassazione si preoccupa anche di tutelare colui che impugna il testamento non richiedendo più obbligatoriamente la querela di falso, procedimento particolarmente solenne ed impegnativo, e ritenendo invece sufficiente una azione di accertamento negativo.

La “terza via” indicata dalle Sezioni Unite si colloca dunque in posizione intermedia fra i due contrapposti orientamenti giurisprudenziali.

A nostro sommesso avviso la pronuncia del Tribunale Supremo lascia una “zona d'ombra” relativamente al problema de quo.

Un punto fermo è rappresentato dalla inequivoca esclusione dell'azione di disconoscimento dal novero degli strumenti processuali idonei alla contestazione del testamento olografo.

Il dubbio è: l'azione di accertamento negativo rappresenta l'unico strumento processuale idoneo alla predetta finalità o è solo lo strumento minimo necessario e sufficiente?

In altri termini, il soggetto che vuole contestare l'autenticità della scheda testamentaria (fermo l'onere della prova a suo carico) può facoltativamente esperire, invece che l'azione di accertamento negativo, la querela di falso?

Riteniamo che la risposta non possa che essere affermativa e che essa sia fondata nel principio espresso da Cass. S.U, 4 giugno 1986, n. 3734, secondo cui, ove la parte nei cui confronti la scrittura viene fatta valere intende provocare sino dall'inizio l'accertamento della sua falsità erga omnes, e togliere quindi definitivamente dal mondo giuridico il documento, non può che esperire, sia pure accollandosi i relativi oneri, la querela di falso, il cui esito favorevole, proprio a causa della solennità e impegnatività di quel procedimento, determina quella particolare efficacia.

Trattasi, in definitiva, di un procedimento più ampio, più completo, più definitivo rispetto all'azione di accertamento negativo, ed assorbente di questa, sicché deve ritenersi esperibile ove la parte, che ha di fronte a sé la duplice alternativa dell'azione di accertamento negativo (mezzo meno oneroso ma dall'esito più limitato) e della querela (mezzo più complesso e gravoso, ma dall'esito, se favorevole, definitivamente stroncatorio erga omnes di qualsiasi ulteriore contestazione sulla genuinità del documento) ritenga, secondo una insindacabile valutazione del proprio interesse, più conveniente affrontare la via più lunga e difficile, ma più pagante rispetto a quella più agevole ma meno completa.

Il principio è stato ripreso da Cass., 22 aprile 1994, n. 3833, con specifico riferimento proprio alla contestazione del testamento olografo.

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