La figlia maggiorenne va via di casa e il Comune chiede il rilascio dell'immobile

Redazione Scientifica
22 Aprile 2016

Se la figlia, divenuta maggiorenne, decide di andare a vivere altrove è legittima la richiesta del Comune di ottenere il rilascio dell'immobile concesso in abitazione al coniuge affidatario, in quanto è venuta meno la ragione giustificatrice.

Il caso. M.L. proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto che aveva rigettato la sua domanda diretta ad accertare la natura del rapporto locatizio intercorrente con il Comune e l'illegittimità dell'ordinanza che le imponeva il rilascio dell'abitazione. La donna, in sede di scioglimento del vincolo matrimoniale, affidataria della figlia minorenne, aveva ottenuto la concessione di abitare l'immobile in quanto casa coniugale. Secondo il Giudice di prime cure, la madre, però, occupava sine titolo l'immobile, in quanto la figlia, nel frattempo divenuta maggiorenne, era andata a vivere altrove. Trattandosi di assegnazione della casa coniugale, una volta revocata l'assegnazione da parte del Tribunale non sussistevano atti a consentire a M. L. di continuare a godere dell'immobile originariamente assegnato all'ex coniuge.

La Corte di appello di Firenze rigettava, quindi, l'impugnazione proposta dall'appellante e contro la Corte di merito la donna propone ricorso in Cassazione.

Le ragioni della ricorrente. La ricorrente lamenta l'errata interpretazione della Corte di merito, dell'art. 6 l. n. 392/1978 e dell'art. 18 l. r. Toscana 96/1996, che avrebbe stravolto il significato e la portata precettiva delle leggi, sostenendo che il rapporto tra l'Ente locatore e il coniuge assegnatario della casa non sorge autonomamente «a seguito del provvedimento giudiziale che ne rappresenta la ragione giustificatrice».

M.L. sostiene che il suo subentro nel diritto di abitare la casa familiare non è «altro che l'effetto della successione ex lege in un rapporto già costituito», pertanto «non modificherebbe la natura del rapporto e la natura del diritto in base al quale il conduttore detiene la cosa locata, ma solo consentirebbe a soggetto diverso dall'originario conduttore di sostituirsi nella titolarità del contratto».

L'affidamento come ragione giustificatrice dell'assegnazione della casa. La Suprema Corte con la pronuncia n. 7621/2016 afferma che in materia di alloggio di edilizia residenziale pubblica, e «ai contratti di locazione ad essi relativi, si applica la relativa normativa vigente statale e regionale». Nel caso di specie il rapporto tra M. e il Comune è sorto ai sensi della l. n. 96/1996, con «l'obbligo di uniformarsi alla decisione del Giudice» di assegnazione o, come in questo caso, di revoca. Essendo venuta meno l'assegnazione giudiziale «quale ragione legittimante il contratto, la M. è divenuta occupante sine titolo», inoltre, la donna non rientra nemmeno nella categoria degli aventi diritto ex art. 13 l. r. Toscana 96/1996, «non avendo partecipato a nessuna graduatoria».

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