Non è consentita l'adozione del minore da parte del convivente more uxorio del genitore biologico

Redazione Scientifica
22 Novembre 2016

Secondo il Tribunale per i minorenni di Milano, l'adozione, in quanto istituto giuridico che supera il dato biologico, richiede un modello giuridico di riferimento identificabile con il matrimonio che integra il quadro normativo di maggiore tutela per il minore adottato.

Il caso. Il ricorrente ha chiesto al Tribunale per i minorenni di Milano di poter adottare ex art. 44 lett. d), l. n. 184/1983 il figlio minore della propria convivente. Contestualmente, il Pubblico Ministero ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, lett. b), l. n. 184/1983 nella parte in cui non prevede l'adozione da parte del convivente more uxorio del genitore (biologico o adottivo) del minore.

L'impossibilità di affidamento preadottivo è un'impossibilità solo di fatto. Osserva il Tribunale per i minorenni che il sistema normativo introdotto dalla l. n. 184/1983 individua nella famiglia «tradizionalmente intesa, formata da una coppia di sesso diverso unita in matrimonio il luogo degli affetti in cui può essere meglio assicurata la crescita dei minori». Oltre all'ipotesi di adozione “piena”, il legislatore indica nell'art. 44 l. n. 184/1983 alcune ipotesi di adozione “meno piena” a cui ricorrere in specifici casi nei quali non sia possibile applicare la prima tipologia di adozione.

A parere del Tribunale, è del tutto coerente con il disegno del legislatore la terminologia utilizzata dalla lett. d) del citato articolo che limita l'adozione del minore ai casi in cui vi sia la «constatata impossibilità di affidamento preadottivo». Il riferimento non è ad una impossibilità di diritto, ovvero «alla giuridica impossibilità di un affidamento preadottivo perché non sussiste alcuno stato di abbandono, e l'adozione risponde all'interesse del minore solo in termini di utilità» in quanto l'impianto legislativo richiede il verificarsi di una situazione di abbandono.

Riconoscere la possibilità di adozione per il compagno del genitore contrasta, quindi, con il disposto normativo che prevede quale requisito espresso per l'adozione il matrimonio dell'adottante con il genitore del minore. Affermando questa possibilità si giungerebbe all'abrogazione dell'art. 44, lett. b), l. n. 184/1983 la cui sussistenza non avrebbe più alcun senso.

Il vincolo matrimoniale stabile è la situazione di maggior tutela per il minore. Per quanto riguarda la questione di legittimità costituzionale sollevata dal PM, il Tribunale ritiene che l'adozione, in quanto istituto giuridico che supera il dato biologico, richiede un modello giuridico di riferimento affinché si possa definirne la disciplina e il matrimonio costituisce il quadro normativo di massima tutela per l'adottato. Il vincolo matrimoniale stabile, per un non irrilevante periodo di tempo, esprime, di regola, un concreto legame affettivo di comunione morale e materiale; la convivenza, al contrario, presenta difficoltà di definizione, accertamento e riconoscibilità dei legami familiari a meno che non sia stata previamente regolata proprio al fine di permettere la valutazione circa la sussistenza dei presupposti minimi di garanzia per l'adottando. È, quindi, assolutamente ragionevole la scelta del legislatore di valorizzare il vincolo matrimoniale allo scopo di garantire il realizzarsi dell'adozione nel contesto maggiormente tutelante per il minore.

Non vi è, in conclusione, alcun contrasto con l'art. 30 Cost. considerato che l'impossibilità di adozione da parte del convivente del genitore non risiede in elementi oggettivi o in disposizioni discriminatorie ma solamente nella volontà della coppia di non contrarre matrimonio.

Per questi motivi, il Tribunale per i minorenni di Milano rigetta il ricorso del richiedente l'adozione e, ritenendo manifestamente infondata la questione sollevata, anche la richiesta del Procuratore della Repubblica.

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