Scatta la soccombenza qualificata se la modifica è fondata su fatti già noti al momento della separazione

Laura Logli
27 Dicembre 2016

Premesso che le nuove circostanze costituiscono condizione necessaria per ottenere la modifica delle statuizioni economiche contenute in una sentenza di separazione, il tribunale...
Massima

Il ricorso per la modifica delle condizioni di separazione si ritiene introdotto con grave imprudenza, comportando quindi responsabilità processuale aggravata ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c., quando le circostanze che dovrebbero costituire la sopravvenienza di nuovi elementi siano già state espressamente considerate dal giudice della separazione. Risultano manifestamente fondate le difese della parte vittoriosa, comportando soccombenza qualificata della parte ricorrente, quando risulti particolarmente agevole dimostrare che non è stato provato in alcun modo l'insorgere di nuove circostanze e al contrario risulti evidente il tentativo del ricorrente di utilizzare una forma anomala di appello contro la decisione che, erroneamente, non ha sottoposto al giudice naturale di secondo grado.

Il caso

Tizio richiede la modifica delle condizioni di separazione ai sensi dell'art. 710 c.p.c. trascorsi soltanto sette mesi dalla sentenza del Tribunale di Milano 16 aprile 2014 che ha pronunciato la separazione personale dei coniugi regolamentando l'esercizio della responsabilità genitoriale e il contributo al mantenimento dovuto dal padre in favore del figlio, quantificato in € 1.500,00 mensili oltre al 50% delle spese extra. Tizio fonda la propria richiesta di riduzione dell'assegno posto a suo carico sulle due seguenti circostanze: con verbale di conciliazione, in data 24 febbraio 2014, il ricorrente sarebbe stato rimosso dalla sua qualifica dirigenziale e dal 4 marzo 2014 sarebbe stato reinquadrato con una retribuzione peggiorativa rispetto a quella pregressa; la moglie di Tizio avrebbe incrementato la propria situazione reddituale passando da un inquadramento lavorativo part time ad uno a tempo pieno. Il Tribunale, ritiene il ricorso manifestamente infondato poiché non viene provato in alcun modo nè l'insorgere di nuove circostanze che non potevano essere dedotte innanzi al giudice di merito e neppure il fatto che le suddette nuove circostanze abbiano alterato l'equilibrio economico complessivo tra le parti. La difesa del convenuto rileva infatti come il verbale di conciliazione attestante la risoluzione del rapporto dirigenziale di Tizio, adottato dal ricorrente come “nuova circostanza”, sia già stata valutata dal tribunale che già nella sentenza di separazione ne faceva espressa menzione; il tribunale rileva, inoltre, come le eventuali modifiche migliorative nel reddito della moglie non siano state provate dal ricorrente, né qualora documentate, avrebbero configurato quel miglioramento stabile e sensibile (appena 200 € mensili in più) tali da giustificare una modifica del contributo dovuto dal padre per il mantenimento del figlio. Il tribunale, nel respingere il ricorso proposto, condanna il ricorrente alle spese di lite incrementate di 1/3 ai sensi dell'art. 4, comma 8, d.m. n 55/2014 per soccombenza qualificata oltre che per responsabilità processuale aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c..

La questione

Premesso che le nuove circostanze costituiscono condizione necessaria per ottenere la modifica delle statuizioni economiche contenute in una sentenza di separazione, il tribunale, nel rigettare il ricorso ex art. 710 c.p.c. poiché manifestamente infondato, può altresì stimare la lite introdotta con grave imprudenza con condanna ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c. ed altresì liquidare il compenso a carico del soccombente, aumentato sino ad un terzo, nel caso in cui la difesa della parte vittoriosa sia risultata «manifestamente fondata».

Le soluzioni giuridiche

Oggetto della procedura camerale di modifica delle condizioni di separazione o divorzio è l'accertamento dei “giustificati motivi” che rappresentano fatti nuovi e sopravvenuti in grado di modificare la situazione in base alla quale la sentenza era stata emessa o gli accordi erano stati stipulati, circostanze quindi che hanno modificato l'assetto economico tra le parti. Per pacifica giurisprudenza esulano da tale fattispecie i fatti preesistenti alla separazione o al divorzio, che per qualunque ragione non sono stati presi in considerazione in quella sede (in tal senso si osservi: Cass. civ.,21 dicembre 2007, n. 27082; Cass. civ., 10 gennaio 2011, n. 366; Cass, civ., sez. VI- 1, ord. 30 ottobre 2013,n. 24515; Cass. civ., sez. I, 17 giugno 2009, n. 14093; Cass. civ., sez. I, 8 maggio 2008, n. 11488; Cass. civ., sez. I, 22 novembre 2007, n. 24321; Trib. Bari, sez. I, 26 gennaio 2008; Trib. Modena, sez. II, 16 marzo 2011). L'accertamento della novità delle circostanze dedotte dalla parte ricorrente in relazione ai fatti che hanno determinato la precedente pronuncia giudiziale, integra il proprium del giudizio di modifica delle condizioni di separazione e divorzio. Macroscopico, nella fattispecie in esame, è stato l'errore di parte ricorrente che al giudice della modifica ha richiesto, in buona sostanza, il riesame delle circostanze di fatto valutate dal tribunale di prime cure al fine di giungere ad una determinazione differente. La parte ricorrente nell' esercizio delle sue difese ha mostrato di confondere due tipologie di giudizi. Il primo ha ad oggetto il diritto dei coniugi di richiedere, in ogni tempo, la modificazione delle statuizioni economiche precedentemente assunte e necessita dell'allegazione della prova delle circostanze sopravvenute rispetto a quelle sulle quali si era fondata la pregressa valutazione giudiziale; il secondo si fonda invece sulla richiesta di una diversa valutazione delle medesime circostanze di fatto, allegate e dimostrate nel primo grado. Appare quindi pienamente condivisibilela decisione dei giudici di Milano di respingere il ricorso proposto e di condannare parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, incrementate sino ad 1/3 ai sensi dell' art. 4, comma 8,d.m. n. 55/2014 poiché le difese della parte vittoriosa sono risultate manifestamente fondate nonché di procedere anche con la condanna per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c..

Osservazioni

Sul tema della soccombenza appare significativa una novità che se applicata con stretto rigore può portare a scoraggiare sensibilmente l'utilizzo ostruzionistico o dilatorio della giustizia civile. Si tratta della soccombenza qualificata inserita all'art 4, comma 8, d.m. 10 marzo 2014 n. 55. L'istituto non può non essere valutato nel complessivo insieme di strumenti normativi introdotti dal legislatore per contrastare l'abuso del processo civile. L'Italia vive un momento di forte contrasto alla condotta processuale temeraria e dunque il legislatore ha messo in campo una serie di interventi che tendono a scoraggiare le iniziative in cui sia evidente l'insussistenza della posizione giuridica sottostante. In questo modo da un lato si intende tutelare un interesse pubblico a garanzia del sistema giustizia, dall'altro si vuole portare un beneficio economico alla parte vittoriosa che ha subito una condotta processuale temeraria. Lo scopo della soccombenza qualificata è senza dubbio ispirato all'esigenza di deflazionare il contenzioso con un atteggiamento punitivo nei confronti del soccombente attraverso il premio riconosciuto alla parte vittoriosa. Sentenza maggiormente illuminante in tema di soccombenza qualificata è quella del Tribunale di Verona, 23 maggio 2014, la prima che ha affrontato la problematica relativa alla condanna alle spese processuali nonché quella della lite temeraria quando la controversia sia di facile intelligibilità ovvero risulti di facile soluzione ed una delle parti abbia avuto un comportamento processuale gravemente colposo. Il Tribunale di Verona ha rilevato che l'art. 4 d.m. 55/2014 ha recepito il parere del Consiglio di Stato del 18 gennaio 2013 ed in particolare ciò che lo stesso Consiglio in quell'occasione aveva identificato come ipotesi di «soccombenza qualificata», individuata più per le sue finalità che nel suo contenuto e quindi caratterizzata dal duplice scopo «di scoraggiare pretestuose iniziative o resistenze processuali e di valorizzare, attraverso un premio, l'abilità tecnica dell'avvocato che sia riuscito a far emergere con le proprie difese che la prestazione del suo assistito era chiaramente e pienamente fondata nonostante le difese avversarie». Ma il Tribunale Veronese si spinge oltre nel dare un contenuto alla soccombenza qualificata, ravvisandola laddove «il difensore di una parte riesca a far emergere la fondatezza nel merito dei propri assunti e specularmente l'infondatezza degli assunti di controparte, senza dover ricorrere a prove costituende e quindi solo grazie al proprio apporto argomentativo». In questi casi il Giudice, ai sensi dell'art. 4, comma 8, d.m. n. 55/2014 può aumentare il compenso da liquidare giudizialmente a carico del soccombente fino a un terzo rispetto a quello altrimenti liquidabile a carico dello stesso. Secondo il parere di chi scrive la ratio dell'art. 4, comma 8, d.m. n. 55/2014, sulla scia dell'art. 96, comma 3, c.p.c. è quella di sanzionare le iniziative processuali manifestamente infondate più che quella di premiare l'abilità tecnica dell'avvocato vincitore. Il riferimento alla manifesta fondatezza delle difese della parte vittoriosa (non delle sue domande) contenuta nell'art. 4, comma 8, cit. induce a qualche perplessità introducendo un criterio suscettibile di valutazioni discrezionali e quindi di difficile motivazione. In buona sostanza sarebbe consentito al giudice nella condanna alle spese legali l'aumento fino ad un terzo delle spese sulla base di una valutazione che non può non avere carattere di discrezionalità se l'unica base di valutazione è quella relativa all'abilità difensiva dell'avvocato. Ad opinione di chi scrive appare di tutta evidenza che, così come nella fattispecie presa in esame dal Tribunale di Milano, possa configurare manifesta fondatezza delle difese anche la sola assoluta fondatezza delle domande e delle complessive argomentazioni, processuali e di merito, sostenute dalla parte vittoriosa. Il premio riconosciuto alla parte vittoriosa, così come previsto dal d.m. n. 55/2014, non rappresenta il precipuo obiettivo del legislatore, bensì la naturale conseguenza di quello che l'istituto della soccombenza qualificata intende tutelare: l'atteggiamento punitivo nei confronti del soccombente.

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