Atteggiamenti denigratori della figura paterna: si applica l’art. 709-ter c.p.c.

Bruno De Filippis
23 Gennaio 2017

L'affidamento condiviso ha, tra le sue finalità, quella di porre rimedio alla conflittualità coniugale. Tale concetto, fortemente condiviso dalla dottrina, non è stato sempre recepito dalla giurisprudenza, anche di legittimità, che talora ha ritenuto di escluderlo nelle fattispecie nelle quali la conflittualità tra i genitori risultasse forte.
Massima

L'affidamento condiviso non è precluso da particolare conflittualità dei genitori. Il comportamento della madre, che non agevoli il miglioramento dei rapporti del figlio con il padre ed anzi denigri la figura paterna, è sanzionabile ex art. 709-ter c.p.c.. Il Tribunale può ordinare un trattamento psicoterapeutico per il minore, ai fini del predetto recupero.

In tema di rapporti economici tra genitori, il fatto che la madre, priva di redditi propri in costanza di matrimonio, abbia successivamente ricevuto una grossa eredità non determina a suo carico l'obbligo di corrispondere un assegno al marito, non costituendo, tale entrata, un incremento di situazioni previgenti.

Il caso

Nella situazione di una coppia, in possesso di ampie disponibilità economiche e largamente conflittuale, al momento del divorzio si verificano sostanziali cambiamenti, in peius per il marito e migliorativi per la moglie, che acquisisce un ingentissimo patrimonio ereditario. I dissidi relativi ai figli continuano, ma l'attenzione del Tribunale è doverosamente circoscritta all'unico dei tre ancora minorenne. Lo stesso ha un rapporto conflittuale con il padre. Il Tribunale sanziona la madre, ex art. 709-ter c.p.c., con la condanna a risarcire il danno in favore del padre stesso, equitativamente valutato in euro 30.000, nonché detta provvedimenti per i contatti e la frequentazione del genitore, in regime di affido condiviso e con collocazione residenziale presso la madre.

La questione

Le questioni trattate sono più di una: affidamento condiviso in situazioni di forte conflittualità coniugale; ostilità del figlio nei confronti della figura paterna, cause, possibili rimedi ed eventuali sanzioni; variazione delle condizioni economiche degli ex coniugi in costanza di divorzio, con particolare riferimento all'incremento dovuto ad eredità.

Le soluzioni giuridiche

Per quanto riguarda la pregiudiziale relativa al thema decidendum, dopo la sentenza parziale dichiarativa dello scioglimento del matrimonio, il Tribunale pronuncia sulla base di principi incontestati.

In ordine alla questione dell'opportunità di disporre l'affidamento condiviso anche in presenza di forte conflittualità tra i coniugi, la sentenza è conforme a Cass., 8 febbraio 2012, n. 1777.

Per quanto concerne la negatività del comportamento di un genitore, che non agevoli, ma anzi ostacoli i rapporti del figlio con l'altro, può essere, tra le altre, richiamata la sentenza della Cassazione n. 5847/2013, nella sua parte motiva.

Osservazioni

L'affidamento condiviso ha, tra le sue finalità, quella di porre rimedio alla conflittualità coniugale. Se si tiene conto di ciò, risulta illogico affermare che l'istituto non può trovare attuazione in caso di conflittualità. Tale concetto, fortemente condiviso dalla dottrina, non è stato sempre recepito dalla giurisprudenza, anche di legittimità, che talora ha ritenuto di escluderlo nelle fattispecie nelle quali la conflittualità tra i genitori risultasse forte.

Ad avviso di chi scrive, in tali situazioni, l'applicazione dell'affido condiviso non è affatto da escludere, quanto piuttosto richiede un maggior impegno da parte del giudicante, che eventualmente si estrinsechi anche in comparizioni e provvedimenti resi ex art. 709- ter c.p.c..

Tanto si verifica nel caso di specie, nel quale il Tribunale segue la linea dell'applicabilità dell'affido condiviso (linea, come detto, da condividere: in caso contrario basterebbe che una sola delle parti fomentasse, anche strumentalmente, la conflittualità, per vanificare la riforma) ed adotta i rimedi previsti dall'art. 709-ter c.p.c..

In ordine al predetto strumento, non è condivisibile l'abbinamento tra ammonimento e sanzione risarcitoria, poiché le due misure sono concettualmente distinte e la prima esclude l'immediata applicazione della seconda. Riguardo all'entità della sanzione applicata, si osserva che la cifra, molto alta in termini assoluti, deve rapportarsi alle condizioni economiche delle parti, poiché deve avere un valore dissuasivo effettivo.

L'art. 709-ter c.p.c., avente una funzione dissuasiva e promozionale, è nato allo scopo di prevenire, più che di punire, e la condanna non dovrebbe essere finalizzata a determinare una compensazione risarcitoria tra le parti, quanto, nell'interesse del minore, garantire la cessazione del comportamento negativo assunto da uno dei genitori.

Nel caso in esame, specie ove il minore si trovasse alle soglie della maggiore età, il contenuto della sanzione potrebbe risultare principalmente punitivo, piuttosto che preventivo ed essere, in tal modo, criticabile in relazione alla ratio della norma.

La motivazione stilata dal Tribunale, in ordine alla sanzione inflitta ex art. 709-ter c.p.c., è scarna. Lascia intendere che vi siano stati, da parte della madre, atteggiamenti denigratori della figura paterna e che gli stessi abbiano avuto effetto, inducendo il figlio a disattendere il calendario degli incontri con il padre. Tali comportamenti non vengono puntualmente descritti e non consentono un puntuale giudizio di approvazione o critica o un'individuazione della linea di demarcazione tra lecito ed illecito operata dal Tribunale.

In via generale, si può dire che la sanzione, quanto meno nelle sue forme minime, può scattare già in relazione ad un comportamento meramente passivo ed omissivo, laddove i provvedimenti in vigore prevedano un intervento attivo di uno dei genitori, volto a favorire il superamento dell'ostilità del figlio nei confronti dell'altro.

Le sanzioni più rilevanti devono ritenersi collegate ad un comportamento attivo, il quale, anziché favorire il rapporto genitore-figlio, lo ostacoli o, forma ancora più grave, lo impedisca completamente e deliberatamente.

In ordine ai rapporti economici tra i genitori, si osserva che, correttamente, il Tribunale giudica non meritevole di interpretazioni estensive il principio secondo cui il coniuge deve beneficiare di incrementi della situazione patrimoniale del partner, purché prevedibili ed in connessione con la situazione economica del tempo matrimoniale.

La decisione è tanto più condivisibile, se si ha riguardo alle tendenze emergenti in ambito europeo, laddove il principio italiano secondo cui l'ex coniuge economicamente più debole ha diritto di mantenere il tenore di vita adottato nel corso del matrimonio tende a restare isolato, essendo sostituito dall'idea della necessaria autosufficienza di entrambi i coniugi nel periodo successivo alla fine dell'unione.

In ordine al percorso psicoterapeutico disposto per il minore, teoricamente ammissibile in funzione dell'interesse dello stesso e delle funzioni che il Tribunale assume in termini di esercizio della responsabilità genitoriale, può essere utile aprire una discussione in ordine alla sua proponibilità come disposizione precettiva, piuttosto che come indicazione fortemente consigliata.

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