Il contraddittorio tecnico – metodologico nella CTU minorile
23 Giugno 2015
Il contraddittorio tecnico e la CTU minorile
La norma e la giurisprudenza definiscono in modo molto preciso la nozione di contraddittorio in sede giudiziaria e, di conseguenza, anche negli accertamenti peritali. Le procedure del contraddittorio peritale sono standardizzate e routinarie nei contesti medico legale e psichiatrico forense, nei quali i criteri del nesso causale ed i quesiti sono definiti e stringenti, ma divengono più complessi quando, nella CTU psicologica in tema di affidamento della prole, alle fattispecie di Legge si sostituiscono mere nozioni teoriche (come quella di “interesse del minore”), o quesiti quasi irrealizzabili (“identifichi il CTU le misure più opportune per garantire ai minori una crescita serena ed equilibrata”). Si deve, inoltre, ricordare che in questo tipo di CTU, di carattere psicologico piuttosto che psichiatrico, alla diagnostica multiassiale del DSM V, ed alla definizione prognostica secondo la Medicina Basata sull'Evidenza, si preferiscono i modelli descrittivi del sistema relazionale familiare, con approcci metodologici molto differenziati tra loro e, quindi, altrettanti spazi di possibile critica alla interpretazione resa. A differenza di quanto avviene nelle CTU medico legale e psichiatrica, in quella psicologica minorile lo spazio di soggettività applicativa è quindi molto più ampio. Ciò qualifica il tema del contraddittorio tecnico come ancor più importante che in qualsiasi altro tipo di accertamento ed investe il CTP di una ancora più diretta funzione di verifica metodologica, in un contesto nel quale, peraltro, il grado di “pressione” della parte sul consulente tecnico che la rappresenta è massimo, non solo in rapporto alla importanza dei temi trattati (l'essere genitori, il rapporto con i figli, la propria immagine dinanzi agli stessi, ecc.), ma anche alla conflittualità tra le parti, del tutto specifica di questo tipo di indagini. Non a caso, in questo ambito la “classica” funzione del CTP, diretta alla partecipazione alle indagini ed alla verifica dell'operato del CTU, spesso richiede una serrata e pluri–quotidiana opera di confronto e di sollecito indirizzo verso il CTU, non raramente espressa attraverso decine di comunicazioni per e-mail e molteplici riunioni di discussione dei dati acquisiti, di verifica degli stessi e di ulteriore definizione metodologica. La definizione normativa del “classico” contraddittorio tecnico della CTU in ambito civilistico, che riserva al CTP il diritto di replica alla versione preliminare dell'elaborato peritale, e prevede il diritto del CTP di contribuire in modo consultivo alla attività del CTU in corso d'opera, in questa tipologia di indagine viene quindi applicata in modo molto estensivo, ma nello stesso tempo viene limitata attraverso una altrettanto specifica e peculiare limitazione dei diritti e prerogative del CTP, legata alle esigenze di tutela del minore e di prevenzione di “inquinamenti” dei dati ad opera delle parti/genitori, a fronte della sempre più acerrima conflittualità, se non strumentalità, che interessa questo settore del lavoro peritale. Può quindi essere interessante, prima di osservare i diversi profili di applicazione del contraddittorio tecnico in questo tipo di accertamento, dedicare brevemente la nostra attenzione alla peculiarità culturale e metodologica in cui lo stesso contraddittorio si concretizza. Aspetti di atipicità della CTU minorile
La CTU psicologica in ambito minorile indossa molte vesti diverse e risponde ad obiettivi ancor più differenziati, quindi prevede profili di confronto tecnico infinitamente più complessi di qualunque altra. Se si pensa che, a seconda del quesito e del fine esplicito o implicito che il Giudice indica al CTU, si può parlare di CTU “fotografica”, “decisionista”, “para – terapeutica”, “mediatoria” o “sperimentale”, o che l'accertamento si intreccia spesso con le esigenze di procedimenti penali ex artt. 572, 609, o 612-bis c.p., facendo proprie ulteriori necessità metodologiche di esame del minore, è agevole capire che stiamo trattando di una tipologia di indagine del tutto peculiare. A differenza di quanto avviene in qualsiasi altro tipo di perizia, inoltre, CTU e CTP sono chiamati a confrontarsi con le urgenze derivanti dalla conflittualità sussistente, con richieste di intervento su temi come il ritardo di un genitore con il bambino, l'arrivo di sms insultanti da parte dell'ex coniuge o l'incontro del minore con nuovi partner dei genitori, e così via, aprendo complessi profili di gestione delle informazioni, di trasmissione delle stesse al CTU ed al CT di controparte, e di condivisione delle decisioni e dei pareri che, magari, il CTU si trova costretto ad assumere in giorni festivi, in base a “disperate” sollecitazioni telefoniche. In questo contesto, paradossalmente, la gestione del più complesso contraddittorio tecnico – procedurale che esista è quasi sempre assunta da professionisti che vengono da una formazione clinico - psicoterapica piuttosto che “forense”, dando luogo non raramente a divergenze anche forti su quali siano gli spazi e diritti consentiti dal CTU ai CTP. Inoltre, l'esame del minore e del sistema familiare richiede un numero di incontri, ed impone una complessità di accertamento, decisamente superiori a quelli di qualsiasi altro tipo di perizia, quindi aumenta in modo esponenziale il rischio di contrasti su scelte metodologiche o sull' acquisizione di dati sensibili attinenti ai terzi significativi per la prole o agli stessi genitori, nel difficile bilanciamento tra le indagini “opportune e necessarie” ed il profluvio di esami, anche invasivi, la cui richiesta deriva dall'insanabile conflitto dei periziandi verso chi avevano amato e scelto come co – genitore dei propri figli. Un altro delicato profilo di confronto tecnico deriva dal fatto che, in ambito minorile, il classico concetto psichiatrico – forense della priorità del colloquio clinico sul dato del test psicodiagnostico si capovolge, poiché spesso sono cercati, proprio attraverso i test, aspetti clinici e relazionali poco visibili nel colloquio, se non inconsci, facendo derivare da essi interpretazioni strutturali sulla persona e sulle relazioni familiari. In tal modo gran parte del “fulcro” della perizia si centra su elementi spesso interpretabili in modo differenziato, con aree di contrasto legate alla scelta della metodologia di applicazione del test, alle modalità di somministrazione dello stesso, e così via. La metodologia dei test da somministrare, e la stessa scelta dell'ausiliario, costituiscono un elettivo terreno di esercizio del contraddittorio tecnico, poiché è ovvio diritto del CTP esprimersi in merito a questi argomenti, anche in considerazione della non ripetibilità di buona parte dei test di uso più comune e, quindi, del fatto che test non fruibili “bruciano” l'accertamento psicodiagnostico, fornendo dati non solo inutilizzabili, ma fuorvianti. Certamente la scelta dell'ausiliario è del CTU, ma il CTP ha il diritto ed il dovere di contribuire alla scelta, esprimendo una contestazione formale in caso di certa previsione di un accertamento non idoneo. Nell'attuale realtà forense, ci si confronta anche sulla opportunità e necessità delle indagini, essendo spesso ridondante ed oneroso attuare complesse batterie di test, quando i dati clinici non pongono cogenti indicazioni in tal senso. Molti profili di contrasto sono evocati dal desiderio del CTU di svolgere determinati tipi di indagine in assenza dei CTP, oppure di non documentare gli stessi per non creare imbarazzo al minore o, ancora, di mantenere un “filo diretto” con il Giudice al di fuori del contraddittorio. Inoltre, mentre nelle altre forme di perizia il contrasto, anche serrato, delle posizioni tecniche rappresenta una prassi del tutto pacifica, in ambito minorile il pur giusto modello del superamento del contrasto e della tutela del minore spesso porta a qualificare l'espressione critica del CTP come espressione di conflittualità e di non collaboratività, dando vita a contrasti ancor maggiori. Un'altra area di sempre crescente contrasto tra periti è rappresentata dalla gestione dei dati attinenti al minore (video, risultati dei test, colloqui, ecc.). L'immagine dei genitori in contrasto, espressa dalla classe peritale, sta infatti diventando sempre più simile a quella di “utenti problematici” piuttosto che a quella, giuridicamente più corretta, di genitori co–affidatari che ricorrono al Tribunale per vedere risolte le proprie difficoltà. Per prevenire possibili interferenze dei genitori sui figli, se non ritorsioni anche drammatiche, si sta così diffondendo la prassi di riservare i dati sui minori al solo collegio peritale, senza dare informazioni sugli stessi ai genitori e perfino agli avvocati, nel francamente ingiusto timore di una scarsa riservatezza di questi ultimi. Ciò collide non solo con il diritto della parte ad accedere ai dati peritali, e con quello del genitore di capire cosa si stia facendo su suo figlio, ma anche con l'esigenza del CTP di verificare i dati con il cliente, certamente esperto sulla propria prole e sulle sue reazioni, nonché di discutere con il difensore le più opportune scelte da ciò derivanti. Massimo contrasto, infine, viene evocato dalla frequente tendenza dei CTU a ricercare, se non imporre, soluzioni mediatorie, sanzionando come conflittuale la parte, ed il CTP, che non aderiscano alle stesse, anche nei casi in cui in tal modo si penalizza la parte più adeguata e si favorisce quella più inadeguata. Ovviamente non esistono procedure standardizzate per far fronte a queste difficoltà, anche perché ogni CTU fa storia a sé, ma può essere utile riflettere su una serie di adempimenti concreti, che nell'esperienza peritale si sono spesso dimostrati opportuni . Profili applicativi
Concretamente, il miglior strumento di prevenzione dei contrasti in tema di contraddittorio si identifica nella attuazione di una riunione preliminare tra soli CTU e CTP in sede di inizio di operazioni peritali, per definire al meglio, se non con pedanteria, ogni aspetto del lavoro da svolgere. Spesso la conflittualità induce i genitori a pretendere di essere sentiti con frenetica urgenza, ma iniziare la CTU senza una chiara definizione del lavoro da fare, dei metodi opportuni, e di cosa si scelga di non fare, è una franca ingenuità professionale, quasi sempre foriera di successivi contrasti. Tale confronto è tra l'altro espressamente previsto dalle Linee Guida vigenti, quindi non vi è veramente motivo per non realizzarlo, esattamente come è essenziale che il CTU enunci le Linee Guida alle quali fa riferimento, così da definire automaticamente, con ciò, la massima parte delle scelte metodologiche ed operative che seguirà. Un secondo strumento pratico può essere identificato, da parte del CTU, nella stesura in corso d'opera, al PC, di un verbale delle operazioni peritali che contenga ogni elemento, venga integrato dalle comunicazioni e-mail dei CTP e possa direttamente essere inserito nell'elaborato conclusivo come resoconto delle operazioni svolte, così da rendere trasparente ogni fase del confronto tecnico – metodologico, prevenendo possibili contestazioni in fase di replica all'elaborato conclusivo. Tale procedura può essere integrata dalla graduale definizione delle aree circa le quali, dopo l'accordo sui metodi di indagine, si giunge ad un accordo anche in merito ai risultati degli accertamenti, e quindi ai punti corrispondenti della risposta al quesito peritale, che possono essere così definiti in modo consensuale. In tal modo, in sede di replica all'elaborato preliminare, i CTP potranno limitare le loro osservazioni ai soli punti di disaccordo, accelerando il lavoro sul caso e limitando ulteriori fonti di contrasto. Importante, poi, è che le operazioni peritali siano svolte dal CTU e dai CTP nominati, proscrivendo la prassi dei CTP che accettano incarichi in serie per poi delegare la diretta partecipazione ai lavori a pseudo–ausiliari e/o sostituti, oltretutto proceduralmente inammissibili, per poi magari tranquillamente rinnegare gli accordi metodologici assunti dal collaboratore. Ugualmente può essere fonte di successivo contrasto il fatto che, come sempre più spesso avviene con molti CTU, l'intera opera di sintesi dei colloqui con i periziandi sia svolta da tirocinanti, la cui capacità di analisi di scene e dinamiche è ovviamente inferiore a quella degli specialisti, ed il cui contributo, magari rivisto dopo mesi dal CTU in sede di stesura conclusiva, può essere fuorviante e quindi causare contestazioni, oltretutto derivando da appunti differenti da quelli assunti dai CTP ed aprendo pertanto complessi profili di verifica o violazione dei dati e del contraddittorio circa gli stessi. Sempre utile, infine, è la prassi, contraria a quella di molti CTU oberati di lavoro, di rispettare i tempi inizialmente stabiliti per l'accertamento, senza adire a proroghe il cui unico fine effettivo, al di là degli spesso ridondanti approfondimenti invocati, può essere quello di posticipare l'impegno di scrittura dell'elaborato peritale. Tenendo conto del carattere potenzialmente “esplosivo” di molte vicende peritali, e quindi delle urgenze e dei possibili contrasti metodologici da esse derivanti, è infatti sempre preferibile dare al giudice una risposta pragmatica nei tempi previsti, piuttosto che trastullarsi su vicende ad alto rischio, dalle quali in ogni istante possono derivare le situazioni folli e gravi che solamente le “separazioni estreme” sono in grado di produrre, mettendo di colpo CTU e CTP dinanzi a scelte frenetiche e sempre contestabili in punto di metodologia e rispetto del fisiologico contraddittorio. In conclusione
Come si vede, un argomento apparentemente complesso sembra infine stemperarsi in una sequenza di riflessioni e di soluzioni apparentemente semplici se non banali. Ovviamente non è così, perché il tema del mancato contraddittorio e dell'errore metodologico, perseguito nonostante le istanze del CTP, resta sempre una essenziale causa di rinnovo delle CTU ex art. 196 c.p.c.. Tuttavia, si deve riconoscere un dato oggettivo: la corretta gestione del contraddittorio, così come di ogni altra scelta metodologica e clinico–diagnostica o progettuale, rappresenta una procedura standard, gestita in modo pressoché automatico, per i CTU e CTP professionisti, mentre può raggiungere profili di criticità nella personale e carente rilettura di operatori non sufficientemente qualificati. Il fondamentale tema della pariteticità della circolazione delle informazioni e dei dati rappresenta infatti una prassi basilare e scontata per qualsiasi professionista qualificato, mentre è una immediata “cartina di tornasole” per il CTU meno preparato, connotato da ingenue ed unilaterali comunicazioni e riflessioni condivise con il difensore di una delle parti, o con il CTP della stessa. Peraltro, l'introduzione della nozione di “buona pratica” e di “stato dell'arte” anche nella pratica psichiatrica e psicologica impone che CTU e CTP operino in un modo del tutto corretto, rispetto sia alle Linee Guida e indicazioni di letteratura, sia alle indicazioni procedurali e giurisprudenziali, determinando per converso possibili profili di errore, se non di responsabilità, in caso di mancato adempimento delle stesse. Appare quindi evidente l'opportunità che il tema del confronto tra CTU e CTP, anche in rapporto al tema del contraddittorio, sia affrontato con sempre maggiore attenzione nelle sedi di qualificazione specialistica dei professionisti, nella consapevolezza del fatto che la CTU psicologica in materia di affidamento del minore rappresenta l'indagine più complessa, foriera di contestazioni di ogni tipo, ed esposta ad errore procedurale e diagnostico/valutativo, di qualunque altro tipo di accertamento medico-psicologico. |