Residenza del figlio minore: in caso di disaccordo decide il giudice

23 Dicembre 2015

Il diritto di un genitore di trasferire la propria residenza insieme al figlio, pur trattandosi di diritto di rilievo costituzionale, deve essere bilanciato con il diritto del minore (di pari rango costituzionale) ad una sana crescita e ad uno sviluppo armonico della personalità, nonché a mantenere, pur in caso di disgregazione della famiglia, equilibrati ed adeguati contatti e rapporti con entrambi i genitori.
Massima

Il diritto di un genitore di trasferire la propria residenza insieme al figlio, pur trattandosi di diritto di rilievo costituzionale, deve essere bilanciato con il diritto del minore (di pari rango costituzionale) ad una sana crescita e ad uno sviluppo armonico della personalità, nonché a mantenere, pur in caso di disgregazione della famiglia, equilibrati ed adeguati contatti e rapporti con entrambi i genitori. Con la conseguenza che il diritto del genitore di trasferire la propria residenza insieme al figlio può trovare tutela giudiziale solo ove il trasferimento suddetto garantisca il soddisfacimento del diritto del minore come sopra evidenziato.

Il caso

Con ricorso ex art. 710 c.p.c. Tizia, legalmente separata dal marito Caio, chiedeva al Tribunale di Torino di essere autorizzata a trasferire la propria residenza a Livorno insieme alle figlie minori, e di stabilire in favore del padre un regime di visita compatibile con la nuova collocazione delle minori.

Caio si costituiva in giudizio, contestando integralmente la prospettazione dei fatti fornita dalla ricorrente e chiedendo il rigetto del ricorso.

Il Tribunale, acquisita la relazione dei Servizi Sociali sulla complessiva situazione familiare e interrogate liberamente le parti, autorizzava Tizia a trasferirsi con le figlie in Livorno; regolamentava il diritto di visita del padre, prevedendo che quest'ultimo potesse incontrare le figlie a fine settimana alternati, dal Venerdì sera alla Domenica sera, e che la madre, una volta al mese, accompagnasse e riprendesse le figlie presso la residenza del padre in Piemonte.

Il Tribunale stabiliva, inoltre, i periodi di permanenza delle figlie presso il padre durante le vacanze scolastiche estive, natalizie e pasquali, nel corso delle festività infrasettimanali, comprensive di eventuali “ponti”, e nel giorno del compleanno delle figlie.

Il Tribunale poneva a carico di Caio, con decorrenza dalla prima mensilità successiva al trasferimento di Tizia in Livorno, l'obbligo di contribuire al mantenimento delle figlie minori versando alla stessa, entro il giorno 5 di ogni mese, l'assegno periodico di € 300,00 mensili (€ 150,00 per ciascuna figlia), oltre al 50% delle spese mediche non coperte dal S.S.N., scolastiche (escluse quelle della mensa scolastica, già comprese nell'assegno di mantenimento), sportive e ricreative, spese necessarie o concordate e, in ogni caso, successivamente documentate.

Infine, il Tribunale revocava l'assegnazione della casa familiare in favore di Tizia, non più residente in Torino.

In motivazione

« La ridefinizione delle modalità di incontro padre/figlie ed il trasferimento della madre in Livorno, impongono altresì di ridefinire l'importo del contributo di mantenimento da porre a carico del padre per le minori, tenuto conto, da un lato, che entrambi i genitori sopporteranno spese per il trasferimento delle minori da Livorno in Piemonte per far sì che il padre frequenti le figlie e, dall'altro, che la madre sopporterà inevitabilmente maggiori oneri di mantenimento diretto delle figlie, con lei conviventi per periodi maggiori. Ella, inoltre, pur in prospettiva sgravandosi dell'importo mensile del mutuo, pari ad € 350,00 mensili per parte, dovrà sopportare le spese di locazione del nuovo immobile in Livorno, mentre Caio, una volta alienata la casa coniugale, otterrà unicamente lo sgravio del pagamento del mutuo, senza l'accollo di ulteriori spese per l'abitazione oltre a quelle già esistenti. Non risulta che i redditi delle parti siano sostanzialmente mutati rispetto a quanto valutato nella sentenza di separazione, avendo dichiarato la ricorrente di percepire € 1.650,00 mensili, mentre il convenuto ha riferito di disporre di una retribuzione mensile di circa € 1.800,00. Egli, peraltro, se da un lato, deve contribuire al mantenimento della figlia avuta dalla nuova relazione, può dividere tale onere, nonché quelli relativi all'ordinario ménage familiare, ivi comprese le spese di locazione, con la compagna che svolge anch'ella l'attività di infermiera, con retribuzione, dichiarata dal convenuto all'udienza in data 5 giugno 2015, pari ad € 1.600,00 mensili circa.

La questione

La questione in esame è la seguente: come si concilia la scelta della residenza da parte del genitore collocatario, che costituisce l'esercizio di un diritto di libertàgarantito dall'art. 16 Cost., con l'interesse della prole ad un equilibrato ed armonico sviluppo della personalità, che si sostanzia anche nel diritto a mantenere un rapporto significativo e continuativo con l'altro genitore, rapporto che potrebbe essere compromesso dal trasferimento dei figli in un luogo distante o, comunque, non facilmente raggiungibile dal genitore non collocatario?

Le soluzioni giuridiche

Nell'ambito della recente riforma del diritto di famiglia e, più in particolare, della disciplina della filiazione, introdotta dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219 e dal successivo decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, è stato esplicitamente previsto che la residenza abituale del fanciullo è scelta dai genitori di “comune accordo” (artt. 316 e 337 ter comma 3 c.c.) e in caso di disaccordo la scelta è rimessa al Giudice.

La residenza abituale del minore, intesa come luogo in cui questi ha stabilito la sede prevalente dei suoi interessi e affetti, costituisce, dunque, anche per espresso richiamo normativo, uno degli «affari essenziali» (ex art. 145, comma 2, c.c.) per la vita del fanciullo.

Il luogo di residenza, pertanto, deve essere deciso dai genitori «di comune accordo» (art. 316, comma 1 c.c.).

Trattandosi di una delle questioni di maggiore importanza per la vita del minore, anche in caso di disgregazione della unione familiare la scelta della residenza abituale deve essere assunta «di comune accordo» da padre e madre (art. 337 ter, comma 3, c.c.) e ciò pure là dove sia stato fissato un regime di affidamento monogenitoriale (art. 337 quater, comma 3, c.c.).

In caso di disaccordo, è dato ricorso al giudice: non è, cioè, ammissibile una decisione unilaterale del singolo genitore, salvo il caso eccezionale dell'affidamento monogenitoriale con concentrazione delle competenze genitoriali (cd. affido super-esclusivo o rafforzato: art. 337 quater, comma 3, c.c.: v., Trib. Milano, sez. IX civ., ord., 20 marzo 2014; Trib. Torino, sez. VII, decr., 8 ottobre 2014).

Il Giudice deciderà in applicazione del principio ispiratore della novella legislativa di cui alla legge n. 219/2012, costituito dalla prevalenza dell'interesse del figlio, specie se minore, su ogni altro interesse giuridicamente rilevante che vi si ponga in contrasto.

Pertanto, il diritto di un genitore di trasferire la propria residenza insieme al figlio, pur trattandosi di diritto di rilievo costituzionale, deve essere bilanciato con il diritto del minore (di pari rango costituzionale) ad una sana crescita e ad uno sviluppo armonico della personalità, nonché a mantenere, pur in caso di disgregazione della famiglia, equilibrati ed adeguati contatti e rapporti con entrambi i genitori.

Con la conseguenza che il diritto del genitore può trovare tutela giudiziale solo ove il trasferimento suddetto garantisca il soddisfacimento del diritto del minore come sopra evidenziato.

Osservazioni

Il provvedimento in rassegna si contraddistingue per una puntuale disamina degli elementi fattuali della vicenda in esame; puntuale disamina che pone il giudicante nelle condizioni di valutare al meglio l'interesse dei minori coinvolti.

Il Collegio evidenzia, infatti, come la decisione favorevole al trasferimento delle figlie con la madre sia la più rispondente all'interesse delle stesse anche perché nella nuova residenza andranno a vivere i nonni materni. Ciò consentirà il mantenimento, quanto meno in parte, dell'ambiente familiare conosciuto dalle bambine. Inoltre, i nonni potranno costituire un rilevante elemento di appoggio e di aiuto alla madre per la gestione delle problematiche concrete inerenti le minori.

D'altro canto, la situazione del nucleo familiare paterno, ad avviso del Collegio, sconsiglia l'adozione di soluzioni alternative. Il padre, infatti, svolge l'attività di infermiere caposala ed è, dunque, impegnato nei turni lavorativi; la compagna del padre è attualmente in congedo di maternità, avendo avuto una figlia da pochi mesi dal convenuto; quest'ultima si vedrebbe, dunque, improvvisamente gravata del peso e della responsabilità della gestione non solo della figlia appena nata, ma altresì delle figlie del compagno in una situazione di obiettiva difficoltà per il distacco dalla madre.

La valutazione in concreto dell'interesse del minore, così come è stata puntualmente effettuata dal Collegio, nella scelta del genitore collocatario è in linea con la giurisprudenza di legittimità che, anche di recente, (Cass. 23 settembre 2015, n. 18817) ha ribadito che il giudice deve tener conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione.

L'importanza del “best interest of child” é, poi, ripetutamente sottolineata dalla Corte di Strasburgo che, ad esempio, nel caso Scozzari and Giunta v. Italia (corte EDU n. 39221/98 e corte EDU n.41963/98), ha chiarito come l'interesse del minore, a seconda della sua natura e complessità, può avere la precedenza su quello del genitore.

Guida all'approfondimento

G. Ferrando, Genitori e figli nella giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, in Fam. Dir., 2009, 1049;

V. Carbone, Le riforme generazionali del diritto di famiglia: luci e ombre, in Fam. Dir., 2015, 972

A. Arceri, Diritto alla bigenitorialità e trasferimento di residenza: i criteri di decisione del conflitto in una sentenza del Tribunale di Milano, in Fam. Dir., 2015, 705

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