Valido in Italia il matrimonio celebrato telematicamente all'estero

Marina Pavone
25 Novembre 2016

Un matrimonio celebrato telematicamente alla presenza di uno solo dei nubendi, essendo l'altro collegato via Skype, è da considerarsi...
Massima

È da ritenersi valido per l'ordinamento italiano il matrimonio celebrato secondo le modalità e nelle forme previste da una legge straniera, non sussistendo contrarietà all'ordine pubblico, anche se celebrato in via telematica. L'ordine pubblico in sede di delibazione deve essere garantito con esclusivo riguardo “agli effetti” dell'atto straniero, pertanto, se il matrimonio è valido per quell'ordinamento «in quanto da esso considerato idoneo a rappresentare il consenso matrimoniale dei nubendi in modo consapevole, esso non può ritenersi contrastante con l'ordine pubblico solo perché celebrato in una forma non prevista dall'ordinamento italiano».

Il caso

L'autorità del Pakistan celebra nel 2012 le nozze tra un proprio cittadino ed una donna italiana in via telematica, ossia, alla presenza soltanto dello sposo, accompagnato da due testimoni, essendo la sposa collegata a mezzo Skype. L'ufficiale dello stato civile di San Giovanni in Persiceto (BO) rifiuta la trascrizione dell'atto di matrimonio in considerazione delle modalità di celebrazione, ritenute contrarie all'ordine pubblico, ritenendo principio fondamentale dell'ordinamento italiano, derogabile solo in casi eccezionali, la contestuale presenza dei nubendi dinanzi all'officiante anche al fine di assicurare la loro libertà nell'esprimere la volontà di sposarsi.

Con decreto del 13 gennaio 2014 il Tribunale di Bologna accoglie il ricorso presentato dalla sposa rilevando che il matrimonio valido per lo stato straniero, in quanto celebrato secondo le modalità e nelle forme previste dalla legge pakistana ed ivi registrato, è parimenti valido per l'ordinamento italiano, valutando l'assenza di un procuratore della sposa superata dalla sua partecipazione diretta in via telematica alla celebrazione. Pertanto, il diniego di trascrivere il matrimonio, è ritenuto illegittimo, non sussistendo alcuna violazione dell'ordine pubblico internazionale, «atteso che la contestuale presenza dei nubendi dinanzi all'autorità officiante, a norma dell'art. 107 c.c., non costituisce un principio irrinunciabile per la stessa legge italiana».

In data 20 giugno 2014 la Corte d'Appello di Bologna rigetta il reclamo proposto dal Ministero dell'interno confermando che, anche a distanza, si è perfezionata la fattispecie della libera, genuina e consapevole espressione del consenso alla formazione del vincolo matrimoniale, unico irrinunciabile principio per la stessa legge italiana, pertanto, il matrimonio è valido a tutti gli effetti.

Avverso questa decisione il Ministero dell'Interno ricorre per Cassazione ritenendo l'atto de quo contrario all'ordine pubblico - inteso come nucleo essenziale di regole inderogabili e immanenti al relativo istituto del matrimonio - e facendo rilevare la mancata garanzia di una libera e reciproca espressione del consenso per le modalità di svolgimento della celebrazione anche in relazione all'uso di lingue diverse.

La Corte rigetta quest'ultima tesi per due ordini di ragioni.

«La prima, perché pretende, in sostanza, di ravvisare una violazione dell'ordine pubblico tutte le volte che la legge straniera, in base alla quale sia stato emanato l'atto di cui si chiede il riconoscimento, contenga una disciplina di contenuto diverso da quella dettata in materia dalla legge italiana. (….) Il giudizio di compatibilità con l'ordine pubblico dev'essere riferito, invece, al nucleo essenziale dei valori del nostro ordinamento che non sarebbe consentito nemmeno al legislatore ordinario interno di modificare o alterare, ostandovi principi costituzionali inderogabili.(…) La seconda, perché il rispetto dell' ordine pubblico dev'essere garantito, in sede di delibazione, avendo esclusivo riguardo “agli effetti” dell'atto straniero (…) senza possibilità di sottoporlo ad un sindacato di tipo contenutistico o di merito né di correttezza della soluzione adottata alla luce dell'ordinamento straniero o di quello italiano. Ne consegue che se l'atto matrimoniale è valido per l'ordinamento straniero, in quanto da esso considerato idoneo a rappresentare il consenso matrimoniale dei nubendi in modo consapevole, esso non può ritenersi contrastante con l'ordine pubblico solo perché celebrato in una forma non prevista dall'ordinamento italiano».

Inoltre la Corte condivide l'orientamento dei giudici di merito che correttamente hanno affermato la non inderogabilità della forma matrimoniale descritta anche per il legislatore italiano «il quale ammette la celebrazione inter absentes (art. 111 c.c.)» in determinati casi purchè siano rispettati i requisiti minimi per la configurabilità del matrimonio, ossia, «la manifestazione di una volontà matrimoniale da parte di due persone (…), in presenza di un ufficiale celebrante».

La questione

La questione in esame è la seguente: un matrimonio celebrato telematicamente alla presenza di uno solo dei nubendi - essendo l'altro collegato via Skype - e regolarmente registrato nel paese straniero in cui si è svolto, è da considerarsi valido nel nostro ordinamento nonostante viga il principio della necessaria compresenza degli sposi dinanzi all'officiante, senza che ciò costituisca violazione dell'ordine pubblico?

Le soluzioni giuridiche

L'ordine pubblico, nella sua ricostruzione tutt'altro che dogmatica fornita dal diritto internazionale privato, costituisce un limite generale al riconoscimento delle sentenze e all'applicazione del diritto straniero da parte dei giudici nazionali nell'ordinamento giuridico interno. Tale concetto è stato individuato in quel «complesso di principi, ivi compresi quelli desumibili dalla Carta costituzionale, che formano il cardine della struttura economico-sociale della comunità nazionale in un determinato momento storico (...) nonché in quelle regole inderogabili e fondamentali immanenti ai più importanti istituti giuridici nazionali» (Cass., sez. I, n. 13928/1999). L' art. 16 l. n. 218/1995 delimita il funzionamento delle norme di diritto internazionale privato stabilendo che l'apertura a valori giuridici estranei all'ordinamento interno non può avvenire in contrasto con l'ordine pubblico quale insieme dei principi fondamentali fissati dal diritto internazionale e comunitario, dalla Costituzione e dalle leggi statali. In tema di matrimonio celebrato all'estero l'art. 28 della medesima legge ne riconosce la validità, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei nubendi al momento della celebrazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento.

Pertanto, per l'ordinamento italiano il matrimonio celebrato secondo le modalità e nelle forme previste da una legge straniera, è valido non sussistendo contrarietà all'ordine pubblico (anche se celebrato in via telematica). Al fine di rilevare un'eventuale contrarietà delle norme straniere in base alle quali è stato emanato l'atto di cui si chiede il riconoscimento, infatti, non ci si deve limitare a constatare la sussistenza di una disciplina di contenuto diverso da quella presente nell'ordinamento italiano. In sostanza, la verifica sulla violazione dell'ordine pubblico dev'essere orientata ad un giudizio di compatibilità con il nucleo essenziale dei valori di riferimento del nostro ordinamento altrimenti vi è il rischio di vanificare la ratio stessa delle norme di diritto internazionale privato, nate proprio al fine di recepire sistemi giuridici diversi. Inoltre, in tema di delibazione di sentenza straniere, il rispetto dell'ordine pubblico deve essere orientato agli “effetti” dell'atto straniero (Cass. civ., sez. I, 18 aprile 2013, n. 9483) e non ad un sindacato relativo al contenuto o al merito della normativa estera.

Attraverso tale ragionamento la Corte è giunta ad affermare che un matrimonio celebrato nelle forme non previste dal nostro ordinamento, se valido per l'ordinamento straniero, lo è anche per quello italiano nella misura in cui nel sistema normativo in cui si è perfezionato sia stato valutato idoneo a rappresentare il consenso matrimoniale dei nubendi in modo consapevole. Alla luce di ciò, anche la forma della celebrazione inter absentes risulta un requisito attenuato, quasi derogabile e, comunque, soccombente rispetto al consenso delle parti.

Del resto, tale soluzione è di per sè già ravvisabile nelle norme italiane atteso che la contestuale presenza dei nubendi dinanzi all'autorità celebrante (ex art. 107 c.c.) non è un principio irrinunciabile senza il quale il matrimonio possa dirsi invalidato, essendo previste eccezioni (art. 111 c.c.). Ciò che risulta irrinunciabile è, invece, il principio della libera, genuina e consapevole espressione del consenso alla formazione del vincolo. Fattispecie, questa, che si è realizzata anche in un caso analogo nel quale era stato riconosciuto il diritto al ricongiungimento familiare a due coniugi pakistani, il cui matrimonio era stato celebrato in forma telefonica alla presenza di testimoni (Cass. civ., sez. I, 22 settembre 2006, n. 20559).

Osservazioni

É stato portato all'attenzione della Corte un caso nuovo, figlio dello sviluppo tecnologico del nostro tempo che ha visto, altresì, un aumento esponenziale dei matrimoni misti e che apre la strada a nuovi scenari giuridici nei quali è necessario imparare ad orientarsi.

In tema di matrimonio, ai fini di una verifica della validità dell'atto in sé, fondamentale è che vi sia stato un consenso legitime manifestatus, ovvero, conforme all'ordinamento giuridico che lo riconosce e lo tutela. Non sussistendo nel nostro ordinamento norme, di principio e sostanziali, ostative a un matrimonio contratto per via telematica, soprattutto vigendo un diritto internazionale privato che prevede espressamente la liceità della forma del matrimonio secondo la legge di uno dei due coniugi, il matrimonio contratto via Skype, si è detto, non può che ritenersi valido. Viceversa si configurerebbe una violazione dello stesso diritto internazionale privato.

Tale approccio, si ricordi, nel caso in cui sorgano dubbi di validità dell'atto straniero in Italia, non può prescindere dal un corretto giudizio di compatibilità con l'ordine pubblico. Pertanto, in fattispecie analoghe, in primis, si richiederà di verificare la validità del matrimonio nel paese in cui è stato celebrato atteso che, solo in caso positivo, il nostro ordinamento ne riconosce gli effetti, sulla scorta di norme di diritto internazionale privato esaminate. A seguire,l'analisi del caso verterà sulla valutazione della compatibilità dell'atto straniero, appunto, con l'ordine pubblico che, lo si ricordi, non può e non deve essere ravvisato soltanto nelle norme interne presenti nel nostro ordinamento. Tale comparazione, pertanto, non potrà prescindere dal carattere della relatività, nello spazio e nel tempo, dell'ordine pubblico stesso, concetto che necessariamente si evolve e muta in relazione alle concezioni sociali dominanti e spesso assume i caratteri dell'indeterminatezza.

Una corretta interpretazione sulla validità degli atti stranieri, dunque, pur con lo sguardo teso verso un'evoluzione sociale di taluni concetti, non dovrà mai perdere di vista la norma vigente che, nella maggior parte dei casi, custodisce già in sé la soluzione al caso concreto. L'art. 111 c.c., introdotto addirittura in epoca pre-codicistica per esigenze di natura bellica e confermato nel codice civile vigente anche a seguito della riforma del diritto di famiglia, nel prevedere la celebrazione del matrimonio inter absentes, legittima ipso iure forme atipiche di celebrazione, una volta riconosciuta la non inderogabilità di quanto previsto ex art. 107 c.c. rispetto alle modalità di svolgimento della celebrazione del matrimonio. Il matrimonio per procura è, dunque, ammissibile con riguardo ai militari o alle persone che per ragioni di servizio si trovano al seguito delle forze armate in tempo di guerra, oppure, nel caso in cui uno degli sposi risieda all'estero e concorrano gravi motivi. Tuttavia, non sussistendo alcuna elencazione tassativa in relazione a tale ultima fattispecie (gravi motivi) sarà il Giudice a valutare, caso per caso, la sussistenza o meno dei presupposti per rilasciare la prescritta autorizzazione.

Di conseguenza, un ordinamento che prevede in capo ai propri consociati (in casi eccezionali, ma non espressamente descritti) la possibilità di contrarre matrimonio in assenza di un nubendo, non può ritenersi vulnerato nei propri principi da una norma straniera che ammetta la celebrazione per via telematica o telefonica. Piuttosto, la compresenza degli sposi è da intendersi come regola formale a presidio del vero sostanziale ed irrinunciabile valore del nostro ordinamento, ossia, la libera, genuina e consapevole espressione del consenso alla formazione del vincolo matrimoniale.

Guida all'approfondimento

- B. De Filippis, Unioni civili e contratti di convivenza, Milano, 2016

- F. Mosconi, Art. 16, in AA.VV. Commentario del nuovo diritto internazionale privato, Padova, 1996, 78 ss.

- O. Feraci, L'ordine pubblico nel diritto dell'Unione europea, Milano, 2012

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