L'intollerabilità della convivenza anche se riguarda un solo coniuge legittima la separazione

Redazione Scientifica
04 Maggio 2015

Il Giudice può pronunziare la separazione giudiziale anche quando la condizione di disaffezione e di distacco spirituale si sia verificata in capo a uno solo dei coniugi, indipendentemente dalla volontà e dai sentimenti dell'altro, purché tale condizione abbia determinato l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, da valutarsi in senso oggettivo.L'abbandono della casa coniugale non costituisce motivo di addebito se collocata successivamente all'insorta intollerabilità della prosecuzione della convivenza, anche quando scatenata da motivi di carattere soggettivo

L'art. 151 c.c., nella formulazione post riforma del 1975, ha stabilito che la separazione possa essere richiesta tutte le volte che si verifichino, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Se, da un lato, l'intollerabilità della prosecuzione della vita coniugale deve essere oggettivamente apprezzabile, dall'altro la frattura può dipendere da una situazione soggettiva di uno solo dei coniugi e ciò anche qualora la crisi coniugale possa risultare determinata dal mutamento dell'orientamento sessuale di uno dei coniugi.

Il caso. Il Tribunale di Cagliari addebitava la separazione dei coniugi alla moglie che aveva lasciato la casa coniugale anzitempo e assegnava la casa coniugale al marito.

La Corte d'appello, accogliendo il gravame della donna ha : i) rigettato la domanda di addebito, ritenendo sussistente una situazione di oggettiva intollerabilità della prosecuzione della convivenza nel momento in cui la donna aveva abbandonato la casa coniugale, benché non fosse emerso a carico del marito alcun comportamento contrario ai doveri del matrimonio; ii) posto a carico del marito un assegno di mantenimento ex art. 156 c.c. fissandone la decorrenza dalla data della domanda.

La sentenza è stata impugnata in Cassazione dal marito con tre motivi di ricorso: a) violazione degli artt. 151 comma 2, 143, 147 e 148 c.c. e 115, 116 c.p.c. per non avere la Corte territoriale attentamente valutato l'abbandono della casa coniugale posto in essere senza che esso fosse giustificato da violazioni dei doveri matrimoniali del marito; b) violazione degli artt. 156 c.c., 115 e 116 c.p.c. per non avere la moglie fornito la prova del suo asserito stato di indigenza; c) violazione degli artt. 156 c.c., 112, 115, 116 c.p.c. e 2697 c.c. per avere la Corte disposto la decorrenza dell'assegno dalla data della domanda.

La Corte ha ritenuto il motivo b) inammissibile, il motivo c) infondato perché l'assegno decorre sempre dalla data della domanda e il motivo a) infondato per le ragioni che seguono.

La disaffezione matrimoniale può riguardare anche un solo coniuge.

La Corte di Cassazione, confermato che l'impostazione oggettivistica residua ormai solo «con riferimento al profilo del controllo giurisdizionale circa l'obiettiva intollerabilità della prosecuzione della convivenza» ha ribadito che la frattura può dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco spirituale anche di uno solo dei coniugi.

Sicché il giudice, in «una doverosa visione evolutiva del rapporto coniugale», essendo lo stesso «incoercibile e collegato al perdurante consenso di ciascun coniuge», deve verificare, per pronunciare la separazione, la sussistenza di «una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, pur a prescindere da elementi di addebitabilità da parte dell'altro, la convivenza».

Qualora si configuri tale condizione, anche rispetto ad un solo coniuge, risulta fondato il diritto di questi di chiedere la separazione, con la conseguenza che la domanda, in quanto esercizio di un diritto, non può costituire essa stessa ragione di addebito.

Da ciò consegue che non costituisce motivo di addebito neppure l'aver rilasciato l'abitazione coniugale dopo il verificarsi della situazione di disaffezione unilaterale che ha determinato l'impossibilità di proseguire nella coabitazione.

La Corte ha altresì specificato che, l'asserita, dal marito, sopravvenuta omosessualità della moglie non solo non legittimerebbe la domanda di addebito ma, anche ove verificata, giustificherebbe a fortiori la richiesta di separazione della moglie «attesa la ancor maggiore evidenza dell'intollerabilità della convivenza matrimoniale per una persona omosessuale» .

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