Strasburgo: è legittimo il divieto dell’uso di embrioni per fini di ricerca

31 Agosto 2015

La Corte europea dei diritti dell'uomo è stata chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità della normativa italiana (art. 13 della l. n. 40/2004), che dispone il divieto di ricerca sugli embrioni, rispetto al diritto alla vita privata e al diritto di proprietà garantiti dalla CEDU.

Il procedimento esaminato dalla Corte è stato promosso da una ricorrente per superare le limitazioni contenute nella l. n. 40/2004 sulla fecondazione assistita. Nel 2002, la donna e il compagno avevano fatto ricorso alla fecondazione assistita, ricavando cinque embrioni in attesa di impianto. Successivamente, la morte dell'uomo e la decisione di donare gli embrioni per scopi scientifici.

Nella vicenda Affaire Parrillo c. Italie, ric. n. 46470/2011, la ricorrente, invocando l'art. 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione CEDU, si lamenta del fatto che la legge n. 40/2004 impedisca di donare i suoi embrioni per finalità di ricerca scientifica, obbligandola a mantenerli in stato di crioconservazione fino alla loro estinzione. A tale divieto consegue, pertanto, non solo la violazione del diritto al rispetto della sua vita privata, tutelato dall'art. 8 della Convenzione, ma anche la violazione del diritto alla libertà di espressione, di cui la libertà della ricerca scientifica costituirebbe un aspetto fondamentale. Come è noto, in Italia l'art. 13 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (“Norme in materia di fecondazione medicalmente assistita”) stabilisce il divieto di qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano. La ricerca clinica e sperimentale è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate, volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative.

La Grande Chambre, con la decisione del 27 agosto 2015, ha stabilito che l'art. 13 non viola il diritto al rispetto della vita privata della ricorrente, riconoscendo all'Italia un ampio margine di manovra su una questione molto delicata, su cui non esiste consenso a livello europeo. Tale divieto è legittimo, in quanto rientrante nella libertà normativa degli Stati, e l'embrione umano non può essere considerato oggetto di proprietà di cui disporre per scopi economici, secondo la definizione del concetto di proprietà offerta dall'art. 1, protocollo 1, della Convenzione europea dei diritti umani.

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