Riconciliazione

04 Giugno 2015

Il nostro ordinamento riconosce ai coniugi la possibilità di far cessare gli effetti della separazione: - nel corso del giudizio di separazione, con una dichiarazione univoca resa dalle parti, sia nella fase presidenziale, anche attraverso l'esito positivo del tentativo svolto dal Presidente del Tribunale, che nel corso del giudizio con un'esplicita e concorde dichiarazione resa dalle parti o attraverso un comportamento concludente; - dopo la conclusione del percorso processuale, e dunque successivamente alla sentenza o all'omologa del verbale di separazione consensuale, attraverso una dichiarazione resa nelle forme previste dal Regolamento di Stato Civile (riconciliazione “espressa”) o mediante la ripresa della comunione di vita materiale e spirituale, e quindi attraverso comportamenti non equivoci, incompatibili con lo stato di separazione (c.d. riconciliazione di fatto o “tacita”).
Inquadramento

Il nostro ordinamento riconosce ai coniugi la possibilità di far cessare gli effetti della separazione:

- nel corso del giudizio di separazione, con una dichiarazione univoca resa dalle parti, sia nella fase presidenziale, anche attraverso l'esito positivo del tentativo svolto dal Presidente del Tribunale, che nel corso del giudizio con un'esplicita e concorde dichiarazione resa dalle parti o attraverso un comportamento concludente;

- dopo la conclusione del percorso processuale, e dunque successivamente alla sentenza o all'omologa del verbale di separazione consensuale, attraverso una dichiarazione resa nelle forme previste dal Regolamento di Stato Civile (riconciliazione “espressa”) o mediante la ripresa della comunione di vita materiale e spirituale, e quindi attraverso comportamenti non equivoci, incompatibili con lo stato di separazione (c.d. riconciliazione di fatto o “tacita”).

In evidenza

Il nostro ordinamento consente ai coniugi, anche dopo l'instaurazione o la conclusione del percorso processuale di separazione, di farne cessare gli effetti, attraverso la cosiddetta riconciliazione.

La riconciliazione durante il giudizio di separazione

La volontà di riconciliarsi, espressa dai coniugi in pendenza di giudizio di separazione, comporta, ai sensi dell'art. 154 c.c., l'abbandono della domanda di separazione personale già proposta, e può essere manifestata:

a) all'udienza presidenziale (fissata ai sensi dell'art. 708 c.p.c. o dell'art. 711 c.p.c.). In questo caso, la dichiarazione delle parti, resa all'esito del tentativo di “conciliazione” esperito dal Presidente del Tribunale, verrà verbalizzata in un apposito verbale di conciliazione, assumendo diretta valenza processuale;

b) nel corso del giudizio, e dunque nella fase istruttoria successiva, mediante espressa dichiarazione resa dai coniugi personalmente al Giudice Istruttore che dichiarerà l'estinzione del giudizio, oppure attraverso la ripresa della convivenza e della comunione di vita da parte dei coniugi; questa ultima situazione potrebbe anche non emergere a livello processuale determinando nel caso l'estinzione del giudizio per inattività delle parti. In tutti i casi in cui non siano revocati espressamente, i provvedimenti provvisori emessi nel corso del giudizio di separazione, cui poi sia seguita la riconciliazione, rimangono efficaci, ai sensi dell'art. 189 disp. att. c.p.c..

La riconciliazione successiva alla sentenza di separazione o al decreto di omologa

Secondo quanto previsto dall'art. 157 c.c., i coniugi possono, di comune accordo, far cessare anche gli effetti della separazione già pronunciata (con sentenza o verbale di separazione consensuale omologato), senza che sia necessario l'intervento del giudice:

a) con una espressa dichiarazione (c.d. riconciliazione “espressa”);

b) tenendo un comportamento non equivoco, incompatibile con lo stato di separazione (c.d. riconciliazione “tacita”).

In tal caso, la separazione potrà essere poi pronunciata nuovamente solo in relazione a fatti e comportamenti intervenuti successivamente a tale momento.

In evidenza

La separazione, per il nostro ordinamento, non è irrevocabile. Solo se si è protratta ininterrottamente, senza che sia intervenuta riconciliazione, i coniugi possono procedere con la richiesta di divorzio, nel rispetto dei termini previsti dalla legge (art. 3, comma 3 n. 2 lett. b) l. n. 898/1970, come modificato dall'art. 1 della l. n. 6 maggio 2015 n.55 entrata in vigore il 26 maggio 2015, che fissa il periodo minimo di separazione ininterrotta, in caso di procedimento giudiziale, in 12 mesi dalla comparizione delle parti innanzi al Presidente e, in caso di separazione consensuale, in 6 mesi).

a) Riconciliazione espressa

I coniugi separati, che si siano riconciliati, possono far cessare di comune accordo gli effetti della separazione, anche senza l'intervento del Giudice, rendendo la propria dichiarazione di riconciliazione (specificando la data in cui essa è avvenuta) davanti all'Ufficiale di Stato Civile del Comune ove è stato celebrato il matrimonio o del Comune di residenza, nel caso in cui il matrimonio sia stato trascritto anche in quel Comune.

La dichiarazione deve essere resa contestualmente e personalmente da entrambi i coniugi, muniti di documento di identità in corso di validità e della copia autentica della sentenza o del decreto di omologa della separazione, qualora la separazione non sia già stata annotata sull'atto di matrimonio.

Alcuni Comuni ritengono che la dichiarazione possa essere resa anche mediante trasmissione della dichiarazione che precede a mezzo posta o via fax.

L'Ufficio formulerà il relativo atto e la dichiarazione di riconciliazione verrà, a sua volta, annotata a margine dell'atto di matrimonio e iscritta nell'Archivio Informatico del Comune (art. 63 comma 1 d.P.R n. 396/2000), così mettendo a conoscenza dell'intervenuta riconciliazione anche i terzi, che hanno interesse a conoscere sia l'eventuale separazione, costituente causa di scioglimento della comunione legale, sia l'intervenuta riconciliazione.

In ogni caso, alla formale dichiarazione di riconciliazione, perché conseguano anche gli effetti sostanziali che vedremo, deve seguire anche l'effettiva e inequivoca ripresa della convivenza e della vita coniugale.

b) Riconciliazione tacita

I coniugi possono anche fare cessare lo stato di separazione senza rendere alcuna dichiarazione formale, ma tenendo un comportamento concludente, non equivoco, oggettivamente rilevante e incompatibile con lo stato di separazione, vale a dire mediante la ripresa della stabile, durevole e concreta convivenza e la ricostruzione del consorzio familiare, nell'insieme dei rapporti materiali e spirituali che lo caratterizzano, accompagnata da una chiara ed effettiva volontà di ripristinare la vita coniugale, anche di fronte ai terzi.

In sostanza, perché si abbia riconciliazione nel senso richiesto dal legislatore e, dunque, si producano gli effetti previsti dal nostro ordinamento, vi deve essere la compresenza:

- dell'elemento psicologico (animus), consistente nella piena e consapevole volontà riconciliativa, con perdono delle colpe precedenti e completo ripristino dei rapporti spirituali e della volontà di riservare al coniuge la posizione di esclusivo compagno di vita, con ripresa dei doveri coniugali;

- dell'elemento materiale e oggettivo dal quale desumere la seria e obiettiva ricostruzione del nucleo familiare e della comune organizzazione domestica, con ripresa dei doveri matrimoniali e dei rapporti sessuali. Tale ultimo elemento, da cui è possibile fondare la prova dell'effettiva ricostituzione del nucleo familiare, prevale sull'elemento psicologico (Cass. civ., Sez. I, 25 maggio 2005, n. 12314).

La giurisprudenza ha chiarito con orientamento costante che, perché si abbia riconciliazione, non sono sufficienti sporadici e isolati comportamenti, né la semplice ripresa dei rapporti sessuali, essendo invece necessario il pieno ed effettivo ripristino della comunione di vita e di intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale (Cass. civ. Sez. I, 17 settembre 2014, n. 19535).

In evidenza

La valutazione del Giudice di merito, chiamato a pronunciarsi sull'intervenuta riconciliazione, implica un'indagine di fatto in ordine alla concretezza degli atti, dei gesti e dei comportamenti posti in essere dai coniugi (piuttosto che con riferimento al mero elemento psicologico) e non è, dunque, censurabile in Cassazione, in assenza di vizi logici o giuridici (Cass. civ., Sez. I, 15 marzo 2001, n. 3744; Cass. civ. Sez. I, 13 maggio 1999, n. 4748).


Gli effetti della riconciliazione: sul regime di separazione, sulla comunione legale, sulla presunzione di paternità

a) Sul regime di separazione

La riconciliazione comporta il venir meno, ex nunc, dello stato di separazione vigente tra i coniugi a seguito della sentenza di separazione o del verbale di separazione consensuale omologato.

Con essa, si interrompe, dunque, il periodo di tempo di separazione continuativa previsto e richiesto dalla legge quale principale presupposto del divorzio, in base all'art. 3 n. 2 lett b) l.n. 898/1970, come modificato dalla recente riforma sul cd. “divorzio breve”.

Sarà onere della parte convenuta nel giudizio di divorzio eccepire (e conseguentemente provare) la riconciliazione eventualmente intervenuta, senza alcuna possibilità che l'eventuale interruzione della separazione possa essere rilevata, d'ufficio, dal Giudice o eccepita dal PM (Cass. 17 settembre 2014, n. 19535).

Inoltre, la riconciliazione comporta l'impossibilità per i coniugi – che hanno riconosciuto, in tal modo, di voler “condonare” le precedenti colpe e responsabilità, ritenendole irrilevanti rispetto alla ripresa e al mantenimento dell'unione familiare - di far valere, in un successivo ed eventuale giudizio di separazione, fatti e comportamenti intervenuti prima della riconciliazione stessa. In tal senso, infatti, l'art. 157 comma 2 c.c. prevede espressamente che “la separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione”.

b) Sul giudizio di divorzio

Come sopra rilevato la fondatezza dell'eccezione di intervenuta riconciliazione, determina il rigetto della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, per insussistenza di uno dei suoi presupposti fondamentali (la separazione protrattasi per il termine di 6 o 12 mesi dall'udienza presidenziale e/o dall'accordo concluso a seguito di negoziazione assistita).

La riconciliazione, assunta in via di eccezione, potrà essere accertata solo con la sentenza, anche non definitiva, sullo status emessa nel giudizio di divorzio e non anche dal Presidente in sede di udienza presidenziale il quale però potrà – e dovrà - comunque emettere i provvedimenti ex art. 4 l. n. 898/1970 nella misura ritenuta idonea; tale potere verrà però meno nell'ipotesi in cui la domanda sia ictu oculi infondata, ovverosia nelle ipotesi in cui all'emissione dell'ordinanza presidenziale in sede di separazione non sia seguita (per inattività della parti con conseguente estinzione di quel giudizio) l'emissione di sentenza parziale di separazione (Trib. Roma, Sez. I, 19 febbraio 2013).

Nella diversa ipotesi in cui si siano susseguiti un primo procedimento di separazione, abbandonato successivamente all'autorizzazione dei coniugi a vivere separati e un secondo, conclusosi con sentenza di separazione passata in giudicato (o con decreto di omologa), il termine triennale (oggi di 6/12 mesi) decorre dalla prima autorizzazione emessa nel giudizio poi abbandonato o estinto , «tenuto conto che tale comparizione personale comporta la formale constatazione della volontà dei coniugi di cessare la convivenza, e che gli effetti della stessa non restano travolti dall'estinzione del relativo processo» (Cass. civ., Sez. I, 18 luglio 2005, n. 15157; App. Firenze 6 novembre 1992; Trib. Milano 2 luglio 2014).

c) Sulla comunione legale

La riconciliazione fa cessare gli effetti personali e patrimoniali della separazione.

La questione della conseguente ricostituzione del regime di comunione, venuto meno per effetto della separazione legale, è stata oggetto di ampi dibattiti e pareri discordanti, portando la dottrina e la giurisprudenza prevalenti a concludere nel senso che tale regime riviva, per effetto della riconciliazione, ma con efficacia ex nunc e fatti salvi i diritti dei terzi in buona fede.

Ne consegue che, nel rispetto dei principi costituzionali di tutela della buona fede dei contraenti, è necessario distinguere tra effetti interni o esterni della riconciliazione.

In particolare:

- tra i coniugi la riconciliazione comporta automaticamente il ripristino del previgente regime di comunione;

- invece, in mancanza di pubblicità della riconciliazione (con annotazione a margine dell'atto di matrimonio), la ricostituzione della comunione legale da essa derivante non può essere opposta ai terzi in buona fede che abbiano acquistato, a titolo oneroso, un immobile dal coniuge che risultava unico ed esclusivo proprietario del bene.

d) Sulla presunzione di paternità

Da ultimo, l'intervenuta riconciliazione e il ripristino del consorzio familiare, annullando gli effetti della separazione, rendono nuovamente operante la presunzione di concepimento dei figli durante il matrimonio, venuta meno per effetto della separazione legale e prevista dall'art. 232 c.c..

Casistica

COMPORTAMENTI DEI CONIUGI CHE INTEGRANO RICONCILIAZIONE

Comportamenti non equivoci di definitiva ripresa della convivenza coniugale e dei rapporti sessuali, e dunque della comunione di vita materiale e spirituale

Cass. civ., Sez. I, 24 dicembre 2013, n. 28655; Cass. civ., Sez. I, 28 febbraio 2000, n. 2217; Cass. civ., Sez. I, 13 maggio 1999, n. 4748; Cass. civ., Sez. I, 29 novembre 1990, n. 11523; Cass. civ., Sez. I, 26 novembre 1996, n. 10465; App. Perugia 9 ottobre 2003; Trib. Milano 22 maggio 2013.

Ripresa della comune educazione e crescita, oltre che del mantenimento della prole

App. Napoli 19 luglio 2013, n. 2964

Ripresa della frequentazione di amici e conoscenti, nel consueto ambiente sociale e della comune volontà di presentarsi come coppia anche di fronte ai terzi

App. Napoli 19 luglio 2013, n. 2964; Trib. Napoli 19 marzo 1991

Incompatibilità del comportamento tenuto rispetto alla volontà di valersi dello status di coniuge separato

Trib. Monza 11 aprile 2006; Trib. Napoli 19 marzo 1991

Comportamenti stabili e tali da provare la volontà di riservare al coniuge la posizione di esclusivo compagno di vita e di adempiere ai doveri matrimoniali

Cass. civ. Sez. I, 26 novembre 1993, n. 11722; Cass. civ., Sez. I, 24 marzo 1983, n. 2058; App. Napoli 19 luglio 2013, n. 2964

Rapporti sessuali accompagnati da manifestazioni di amore

Cass. civ., Sez. I, 24 marzo 1983, n. 2058; Cass. civ., Sez. I, 6 marzo 1979, n. 1400. Tale principio è desumibile, a contrario, anche da Cass. civ., 17 novembre 1983, n. 6860

Scambio di regali in occasione di feste e ricorrenze

App. Napoli, Sez. Pers. Fam., 19 luglio 2013, n. 2964

COMPORTAMENTI DEI CONIUGI CHE NON INTEGRANO RICONCILIAZIONE

Sporadici incontri tra i coniugi, che mantengano residenze e comunque abitazioni separate

Cass. civ., Sez. I, 17 giugno 1998, n. 6031

Mera ripresa della coabitazione durante fine settimana o periodi di vacanza

Cass. civ., Sez. I, 17 giugno 1998, n. 6031; Cass. civ., Sez. I, 9 maggio 1997, n. 4056

Visite giornaliere dettate da ragioni di solidarietà in occasione di malattie dell'altro coniuge

Cass. civ., Sez. I, 25 novembre 1993, n. 11722; Cass. civ., Sez. I, 24 marzo 1983, n. 2058

Semplice condivisione di un appartamento, in camere da letto separate

Cass. civ., Sez. I, 21 marzo 2000, n. 3323

Tolleranza di relazione adulterina dell'altro coniuge

App. Napoli9 novembre 2012

Occasionali rapporti sessuali, anche se seguiti dalla nascita di un figlio

Cass. civ., 17 novembre 1983, n. 6860; Cass. civ., Sez. I, 24 marzo 1983, n. 2058; Cass. civ., 6 marzo 1979, n. 1400; Cass. Pen., Sez. VI, 26 giugno 1992, n. 7442

Corresponsione estemporanea di regali e doni o di somme di denaro

Cass. civ., Sez. I, 24 dicembre 2012, n. 28655; Cass. civ., Sez. I, 21 marzo 2000, n. 3323

Esecuzione di opere nella casa coniugale

Cass. Pen., Sez. VI, 26 giugno 1992, n. 7442

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