Decadenza dalla responsabilità genitoriale: ammissibile il ricorso per cassazione

28 Aprile 2017

Sono impugnabili con ricorso per cassazione i provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale?
Massima

Una volta che il Tribunale abbia dichiarato i genitori decaduti dalla responsabilità genitoriale, il provvedimento assume attitudine al giudicato rebus sic stantibus e non è revocabile o modificabile, salva la sopravvenienza di fatti nuovi; pertanto, dopo che la Corte d'appello lo abbia confermato, modificato o revocato, detto provvedimento è impugnabile con ricorso per cassazione.

Il caso

La Corte d'appello ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto dalla coppia genitoriale contro il decreto con il quale, nell'ambito del procedimento ex artt. 330 e 336 c.c., il Tribunale per i minorenni aveva confermato l'affidamento etero-familiare dei loro figli minori, collocati presso diverse famiglie e/o strutture, ed aveva espressamente affermato che restavano ferme le determinazioni già assunte in precedenza, in tal modo implicitamente rigettando la richiesta dei ricorrenti di riattribuzione della responsabilità genitoriale, da cui erano stati dichiarati decaduti.

La Corte territoriale ha rilevato che i provvedimenti temporanei e urgenti resi ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c., in tema di affidamento dei figli minori, possono formare oggetto di impugnazione mediante reclamo esclusivamente nei limiti in cui siano idonei a produrre uno stabile pregiudizio nei confronti del genitore interessato e non anche nel caso in cui abbiano natura meramente temporanea e siano destinati ad essere assorbiti nel decreto conclusivo del procedimento, esso sì incondizionatamente reclamabile ai sensi dell'art. 739 c.p.c.

Il provvedimento è stato impugnato dalla coppia genitoriale con ricorso affidato a tre motivi.

La questione

La questione che la Suprema Corte si trova a dover risolvere attiene all'impugnabilità o meno con ricorso per cassazione dei provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, nel fornire risposta affermativa al quesito di cui sopra, premette alcune opportune precisazioni.

La prima è che, nella fattispecie, il provvedimento impugnato è stato emesso dal Tribunale per i minorenni in composizione collegiale e non, come erroneamente ritenuto dalla Corte, dal giudice minorile delegato al procedimento; la seconda è che il decreto reclamato non aveva soltanto ad oggetto misure meramente esecutive, ma, poiché confermava “ogni precedente determinazione”, conteneva anche provvedimenti circa la responsabilità genitoriale, specie laddove rigettava la richiesta di riattribuzione formulata da uno dei ricorrenti.

Ciò premesso, i Giudici di legittimità intendono superare il tradizionale orientamento giurisprudenziale che esclude la ricorribilità per cassazione dei provvedimenti de potestate.

Invero, secondo tale impostazione, i provvedimenti de potestate sono emessi nell'ambito di un procedimento di volontaria giurisdizione, di natura non contenziosa, preordinati all'esigenza prioritaria della tutela dei figli e suscettibili di modificazione o di revoca in qualsiasi momento.

Tali provvedimenti si distinguono da quelli concernenti le statuizioni di carattere economico, in quanto, mentre questi ultimi regolano l' “esercizio” della responsabilità genitoriale, i primi riguardano la “titolarità” di detta responsabilità e vengono assunti nell'interesse del solo minore, a prescindere dalle richieste dei genitori; fatto, questo, che impedirebbe agli stessi di acquisire valenza di giudicato rebus sic stantibus.

Una siffatta impostazione non appare più condivisibile, tanto più ove si abbia riguardo alle sopravvenute novità legislative.

In primo luogo, i Giudici di legittimità evidenziano come i procedimenti de potestate, pur non avendo natura prettamente contenziosa, si svolgono alla presenza di parti processuali tra loro in conflitto; l'art. 316 c.c. (più volte novellato) stabilisce quali sono i soggetti legittimati a promuovere il ricorso, prevede che genitori e minori siano assistiti da un difensore, dispone che i genitori siano sentiti e che il minore (che abbia compiuto i dodici anni e anche di età inferiore, se capace di discernimento) sia ascoltato.

Inoltre, il provvedimento che conclude tali procedimenti è reclamabile, oltre che revocabile ad istanza del genitore interessato, e, nella misura in cui dispone la limitazione o la decadenza della responsabilità genitoriale, incide su diritti di natura personalissima, di primario rango costituzionale (si veda, in proposito, Cass. civ., sez. I, sent. 18 giugno 2015, n. 12650).

Ed ancora, l'argomento fondato sulla distinzione tra provvedimenti che attengono alla “titolarità” e provvedimenti che attengono, invece, all' “esercizio” della responsabilità genitoriale è destinato ad essere facilmente superato se solo si considera che tale distinzione, nell'ordinamento vigente, è in via di tendenziale superamento.

Infatti, la l. n. 219/2012, nel modificare l'art. 38 disp. att. c.c., ha attribuito alla competenza del giudice ordinario non solo i provvedimenti sull' “esercizio”, ma anche quelli sulla “titolarità” della responsabilità genitoriale, quando sia già pendente tra le stesse parti un procedimento di separazione personale, di divorzio o un giudizio ai sensi dell'art. 316 c.c.

Risulterebbe, allora, palesemente contraddittorio continuare ad operare una distinzione tra provvedimenti assunti in sentenza dal giudice ordinario ai sensi dell'artt. 337-bis ss. c.c. e quelli assunti dal medesimo giudice, con la medesima sentenza, ai sensi degli artt. 330 e 333, attribuendo solo ai primi e non anche ai secondi attitudine al giudicato rebus sic stantibus.

Deve, pertanto, ritenersi che, una volta che il Tribunale abbia dichiarato i genitori decaduti dalla responsabilità genitoriale (riservandosi unicamente di monitorare la situazione dei minori e di stabilire eventualmente nuove condizioni per l'affido e/o il collocamento), il provvedimento assume attitudine al giudicato rebus sic stantibus e non è revocabile o modificabile, salva la sopravvenienza di fatti nuovi; pertanto, dopo che la Corte d'appello lo abbia confermato, modificato o revocato, detto provvedimento è impugnabile con ricorso per cassazione.

Osservazioni

Il provvedimento in commento si colloca nel solco di un recente orientamento giurisprudenziale inaugurato da Cass. civ., sez. I, ord. 29 gennaio 2016, n. 1743 e da Cass. civ., sez. I, sent. 29 gennaio 2016, n. 1746 (entrambe in Fam. e dir., 2016, 12, 1135 ss., con nota di E. Ravot), che ha scardinato il rigoroso principio dell'inammissibilità del ricorso in cassazione avverso i provvedimenti de potestate.

Invero, in base alla giurisprudenza maggioritaria, nel solco del principio enunciato dalle Sezioni unite con la sent., 15 luglio 2003, n. 11026, i provvedimenti de potestate, in quanto privi dei caratteri della decisorietà e della definitività in senso sostanziale, non sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione di cui all'art. 111, comma 7, Cost., neppure se il ricorrente lamenti la lesione di situazioni aventi rilievo processuale.

È noto che, con riferimento ai provvedimenti non aventi forma di sentenza, il problema dell'ammissibilità del ricorso straordinario fu risolto da una pronuncia delle Sezioni unite degli anni Cinquanta (Cass. civ., S.U., 30 luglio 1953, n. 2593, in Foro it., 1953, I, 1248), per la quale il rimedio cassatorio doveva essere esteso ad «ogni provvedimento che sia idoneo ad incidere in via definitiva sulle situazioni giuridiche private alla stessa stregua di un provvedimento dato in forma di sentenza a norma dell'art. 279 c.p.c.».

Alla stregua di questo importante arresto giurisprudenziale, due sono, dunque, le condizioni per accedere al ricorso straordinario: a) la decisorietà, propria d'ogni provvedimento che abbia concluso una controversia coinvolgente diritti soggettivi o status e attribuisca a uno dei contendenti un "bene della vita"; b) la definitività, ossia l'idoneità del provvedimento a divenire cosa giudicata sostanziale, intesa come «attitudine del provvedimento a pregiudicare con l'efficacia propria del giudicato quei diritti o quegli status», in quanto non ulteriormente impugnabile. Pertanto, quando il legislatore abbia delineato per la tutela di un diritto soggettivo o di uno status (requisito della decisorietà) un modello procedimentale concludentesi con un provvedimento non altrimenti impugnabile (requisito della definitività), diviene ammissibile il rimedio del ricorso straordinario per cassazione indipendentemente dalla forma per tale provvedimento prevista, aprendosi così la strada dello strumento cassatorio anche avverso decreti ed ordinanze.

Come si è detto poc'anzi, con particolare riguardo ai provvedimenti de potestate considerati dall'annotata pronuncia, l'opinione tradizionale (tra le più recenti pronunce in questo senso si vedano Cass. civ., sez. I, 7 maggio 2015, n. 9203; Cass. civ. sez. I, 13 settembre 2012, n. 15341 (in Fam. e dir., 2013, 6, 586 con nota di G. Ressani); Cass. civ., sez. I, 17 giugno 2009, n. 14091; Cass. civ., sez. I, 1 agosto 2007, n. 16984; Cass. civ., sez. I, 8 ottobre 2002, n. 14380 li ritiene non impugnabili col ricorso straordinario poiché privi di decisorietà e definitività, non essendo destinati ad accertare ex art. 2909 c.c. posizioni giuridiche qualificabili come diritti soggettivi o status con attribuzione a una delle parti di un "bene della vita" ed essendo caratterizzati dalla precarietà del decisum che rimane modificabile o revocabile per qualsiasi motivo, preesistente o sopravvenuto.

In linea di forte discontinuità rispetto a questa ricostruzione si pone in modo del tutto condivisibile il nuovo filone giurisprudenziale di cui si sono sopra lumeggiati i tratti essenziali.

Tale orientamento, nell'ottica di una graduale e completa tutela dei diritti delle parti coinvolte e specialmente del minore, recepisce i suggerimenti elaborati dalla più attenta dottrina (G. Ressani, Ricorso straordinario per cassazione e provvedimento di decadenza dalla potesta' genitoriale ex art. 330 c.c., in Fam. e dir., 2013,6, 586) all'indomani dell'entrata in vigore della nuova legge sulla filiazione, allorchè già si evidenziavano le conseguenze “illogiche” ed “irrazionali” di un'interpretazione che consentisse o meno il ricorso per cassazione avverso i provvedimento de potestate a seconda che l'autore fosse il giudice ordinario o il giudice minorile.

Guida all'approfondimento

A. Cerino Canova, La garanzia costituzionale del giudicato civile (meditazioni sull'art. 111, comma 2), in Studi di diritto processuale civile, Padova, 1992, 11 ss.

M. G. Civinini, I procedimenti in camera di consiglio, I, Torino, 1994, 344 ss.

V. Denti, Norme sulla giurisdizione - La Magistratura, in Commentario della Costituzione, a cura di Branca, IV, Bologna-Roma, 1987, 1 ss.

P. Lai, Procedimenti de potestate e ricorso straordinario per cassazione: una esclusione giustificata?, in Fam. e dir., 2008, 5, 469 ss.

E. Lamarque, Prima i bambini. Il principio dei best interests of the child nella prospettiva costituzionale, Milano, 2016

L. Lanfranchi, Il ricorso straordinario inesistente e il processo dovuto ai diritti, in Giur. it., 1993, IV, 521 ss.

C. Mandrioli, L'assorbimento dell'azione civile di nullità e l'art. 111 della Costituzione , Milano, 1967, 35 ss.

A. Proto Pisani, Usi e abusi della procedura camerale ex art. 737 ss. c.p.c., in Saggio introduttivo a Civinini, Procedimenti in camera di consiglio, I, Torino, 1994, 41 ss.

N. Tommaseo, La nuova legge sulla filiazione: i profili processuali, in Fam. e dir., 2013, 251 ss.

N. Tommaseo, Riflessioni sulle impugnazioni e sui reclami nel diritto di famiglia e delle persone, in Fam e dir., 2008, 101

N. Tommaseo, Giudizi camerali de potestate e giusto processo, in Fam. e dir., 2002, 233

N. Tommaseo, Processo civile e tutela globale del minore, in Fam. e dir., 1999, 583.

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