La nuova legge sulla responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie

01 Marzo 2017

Il 28 febbraio 2017 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge recante "Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonchè in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie".
Abstract

Il 28 febbraio 2017 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge recante Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonchè in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie.

I disegni di legge di modifica della responsabilità medica. Il primo testo approvato dalla Camera dei deputati

Il 28 gennaio 2016 la Camera dei Deputati ha approvato un disegno di legge, risultante dalla unificazione di varie proposte, riguardante disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario.

Per quanto riguarda la responsabilità penale il nuovo art. 590-ter c.p., previsto dall'art. 6 del disegno di legge approvato dalla Camera, rimodulava alcune disposizioni dell'art. 3 della l. 189/2012 (c.d. legge Balduzzi) con la previsione:

  • che i limiti alla responsabilità penale dell'esercente la professione sanitaria riguardano solo i reati di omicidio e lesioni colpose e non altri reati colposi (per es. il caso di interruzione colposa di gravidanza; si veda PIRAS, il quale fa l'esempio di un'altra ipotesi di reato colposo riferibile ad un esercente la professione sanitaria (il radiologo): l'ipotesi contravvenzionale prevista dall'art. 14 d.lgs. 26 maggio 2000, n. 187. L'Autore auspica che il riferimento ai soli reati di omicidio e lesioni colpose venga eliminato anche per evitare una dichiarazione di incostituzionalità);
  • che la responsabilità rimane ferma nei casi di colpa grave;
  • che l'attenuazione è prevista solo in caso di imperizia (e quindi non anche nei casi di negligenza o imprudenza; si veda in senso critico CUPELLI);
  • che la colpa grave è esclusa quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, sono rispettate le buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee guida;
  • che si deve però trattare di buone pratiche clinico-assistenziali o di linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge (su questo punto l'art. 5 del disegno di legge prevede che le buone pratiche e le linee guida vengano elaborate da società scientifiche iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato dal Ministro della salute e prevede altresì idonee forme di pubblicità).

Nel testo approvato dalla Camera il disegno di legge era dunque orientato ad eliminare il dubbio formatosi, anche nella giurisprudenza di legittimità, sull'applicabilità dell'art. 3 della l. Balduzzi ai casi di negligenza e imprudenza. La soluzione andrebbe vista favorevolmente se non fosse che, in vari casi, la linea di confine tra negligenza e imperizia è molto labile; e ciò significa attribuire al giudice (in particolare a quello di merito) una discrezionalità che potrebbe rivelarsi eccessiva.

Il richiamo alla colpa grave – anziché a quella lieve cui fa riferimento la l. Balduzzi – era invece da valutare positivamente sia perché questa formulazione eliminava il dubbio sull'applicabilità della disciplina ai casi di colpa media (ammessa la sua ipotizzabilità) sia perché si uniformano, sotto questo profilo, i criteri di valutazione già previsti per la responsabilità civile dall'art. 2236 c.c. anche se si perde un'ulteriore occasione per uniformare questi criteri introducendo, anche per la responsabilità penale, un'attenuazione di responsabilità per i soli casi in cui la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà.

Che senso ha, infatti, prevedere un'attenuazione di responsabilità se il problema da affrontare era di facile soluzione?

Si pensi che la norma del codice civile è stata di recente invocata anche come parametro per ritenere o escludere la responsabilità per provvedimento illegittimo della P.A. (si veda CIMINI).

E veniamo agli aspetti civilistici. Con il disegno di legge approvato in prima lettura dalla Camera si era cercato di eliminare il ginepraio creato dalla l. Balduzzi ridisegnando la responsabilità civile di medici e strutture sanitarie secondo questi criteri indicati nell'art. 7:

  • veniva riconosciuta la natura contrattuale riguardante la responsabilità delle strutture sanitarie, pubbliche e private, per le condotte, dolose o colpose, dei loro dipendenti e di quelli scelti dal paziente anche se non dipendenti dalla struttura (comma 1);
  • veniva esteso questo tipo di responsabilità anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria nonché attraverso la telemedicina (comma 2);
  • nei casi previsti dai commi 1 e 2 si prevedeva (comma 4) che l'esercente la professione sanitaria rispondesse del proprio operato ai sensi dell'art. 2043 c.c.

Come si vede il disegno di legge approvato dalla Camera si ispirava ad una delle opzioni interpretative manifestatesi nella giurisprudenza di merito accogliendo, in definitiva, la giurisprudenza sulla responsabilità da contatto sociale della struttura ospedaliera.

Rimaneva un punto equivoco e intrinsecamente contradditorio: come si fa a ritenere extracontrattuale l'obbligazione del medico scelto dal paziente e neppure dipendente della struttura? Lo stesso medico finché opera fuori della struttura ha un rapporto contrattuale ma quando varca le soglie della clinica la sua responsabilità diviene extracontrattuale?

Un altro dubbio il disegno di legge ometteva di sciogliere. Si era posto il problema se il risarcimento del danno biologico, con le modalità previste dal comma 3 della l. Balduzzi, consentisse ancora la possibilità di un autonomo risarcimento del danno morale; ma anche su questo aspetto il disegno di legge approvato dalla Camera era silente.

Il testo approvato dal Senato. Linee guida e buone pratiche

Va premesso che il Senato, già nei lavori in commissione, aveva apportato varie modifiche al testo licenziato dalla Camera; testo che, anche se approvato senza modifiche, era comunque destinato a tornare all'altro ramo del Parlamento avendo previsto, il disegno di legge approvato dalla Camera, l'introduzione dell'art. 590-ter del codice penale che, nel frattempo, era stato introdotto, con la stessa numerazione, dalla l. 23 marzo 2016, n. 41 in tema di omicidio stradale (art. 590-ter: fuga del conducente in caso di lesioni personali stradali).

E veniamo alla sintesi dei lavori sul disegno di legge da parte della commissione igiene e sanità del Senato e poi approvato dall'Assemblea che ha confermato il testo della commissione. Qui è necessario un esame più analitico perché si tratta del testo che diverrà legge con l'approvazione definitiva, da parte della Camera dei Deputati, avvenuta il 28 febbraio 2017.

Ad un primo esame emerge che il testo approvato definitivamente dal Senato in assemblea, l'11 gennaio 2017, rivoluziona non solo il testo della c.d. legge Balduzzi ma anche il testo licenziato in prima lettura dalla Camera dei deputati.

La prima osservazione che viene spontanea, esaminando l'ambito di applicazione oggettivo della nuova disciplina, è che – a fronte di una disposizione generica da parte dell'art. 3 della l. 189/2012 che faceva riferimento all'esercente la professione sanitaria – il testo della nuova disciplina è molto più analitico perché si riferisce agli esercenti le professioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale.

Non è detto che si tratti di una scelta ragionevole. Il metodo di elencare analiticamente i casi ai quali si applica una disciplina normativa comporta sempre il rischio della mancata inclusione di ipotesi analoghe o che comunque non v'è ragione di escludere. So benissimo che possono farsi rientrare tra quelle con finalità terapeutiche ma perché omettere ogni riferimento alle attività chirurgiche visto che si tratta dell'attività sanitaria che più frequentemente pone problemi di responsabilità civile e penale dell'esercente la professione sanitaria? E l'attività ostetrica in quale delle attività indicate rientra?

Questo testo, che diverrà legge a seguito dell'approvazione definitiva da parte della Camera dei deputati, innanzitutto definisce i criteri per individuare le buone pratiche e le linee guida affidabili. Com'è noto l'art. 3 della l. Balduzzi si limitava a individuare un criterio del tutto evanescente perché richiamava, ai fini dell'individuazione dei casi di colpa lieve che esoneravano da responsabilità nel caso di colpa lieve, le buone pratiche e le linee guida accreditate dalla comunità scientifica senza indicare alcun criterio per valutare esistenza, validità, credibilità, affidabilità di questo accreditamento e neppure ponendosi il problema delle finalità perseguite dalle linee guida (in particolare se fossero finalizzate al solo contenimento dei costi o alla miglior cura del paziente).

Il testo del nuovo disegno di legge approvato dalla Camera in prima lettura costituiva un primo adeguamento alla necessità di individuare questi criteri. L'art. 6 prevedeva che la colpa grave fosse esclusa quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida e le buone pratiche clinico assistenziali. L'art. 3 del disegno di legge prevedeva poi l'istituzione di un osservatorio nazionale sulla sicurezza nella sanità con il compito, tra gli altri, della predisposizione, con l'ausilio delle società scientifiche, di linee di indirizzo per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario […]. Ma la vera novità era costituita dal fatto che l'art. 5 prevedeva finalmente che gli esercenti le professioni sanitarie osservassero non buone pratiche e linee guida genericamente accreditate dalla comunità scientifica bensì quelle elaborate dalle società scientifiche iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute da emanare entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge”.

Questo procedimento è stato ulteriormente modificato dal testo approvato dal Senato e divenuto legge con l'approvazione definitiva da parte della Camera.

Alcune modifiche sono certamente positive: l'art. 5 (comma 1) ha infatti previsto che gli esercenti le professioni sanitarie si attengano – salve le specificità del caso concreto – alle raccomandazioni previste; ha incrementato il numero dei soggetti abilitati alla elaborazione delle linee guida; ha previsto un sistema di pubblicità delle medesime; ha ridotto a 90 i giorni per l'emanazione del decreto del Ministro della salute per l'iscrizione degli enti ecc. in apposito elenco con la previsione di requisiti per l'iscrizione nell'elenco e ne ha previsto l'aggiornamento con cadenza biennale.

La nuova disciplina descrive poi in modo più analitico i presupposti per l'iscrizione delle società scientifiche nell'elenco indicato richiedendo opportunamente, tra gli altri requisiti, l'inesistenza del fine di lucro, la regolazione dei conflitti di interesse e sistemi di verifica e controllo della qualità della produzione tecnico scientifica per la verità enunciati in modo piuttosto generico.

Non lo si dice espressamente ma il riferimento alle società scientifiche, al controllo della qualità della produzione tecnico scientifica, ai sistemi di verifica e alla regolazione dei conflitti di interesse dovrebbe condurre ad escludere che possano essere prese in considerazione, ai fini della responsabilità civile e penale, linee guida che non abbiano altro fine che la tutela della salute del paziente.

Sotto quest'ultimo profilo è stato però segnalato, in uno dei primi commenti al testo approvato dal Senato, un aspetto che potrebbe avere conseguenze particolarmente negative nell'applicazione della legge (si vedano le considerazioni di POLI, il quale sottolinea come le caratteristiche delle società scientifiche previste dal decreto del Ministro della salute 31 maggio 2004, pubblicato sulla G.U. n. 153/2004, erano maggiormente idonee a garantire l'affidabilità delle linee guida). Mentre il testo approvato dalla Camera (art. 5) prevedeva che gli unici soggetti abilitati a emanare le linee guida di cui stiamo parlando fossero esclusivamente le società scientifiche iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute il testo approvato dal Senato, e poi definitivamente dalla Camera, fa riferimento alle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute.

Qual è il rischio che consegue a questo allargamento eccessivo dei soggetti abilitati all'elaborazione delle linee guida la cui osservanza – non dimentichiamolo – conduce a scriminare, sotto il profilo penale, la condotta dell'esercente la professione sanitaria cui sia oggettivamente riconducibile un danno alla persona? Il rischio è costituito dalla possibilità che l'estensione a enti e istituzioni privati consenta l'ingresso, tra gli abilitati all'elaborazione delle linee guida, anche di soggetti il cui interesse primario non sia solo quello della tutela della salute del paziente ma coinvolga anche interessi di natura diversa. Tanto per esemplificare: quelli delle case farmaceutiche o delle compagnie di assicurazione (negli Usa è avvenuto anche questo). Del resto questo rischio è presente anche nel caso di linee guida elaborate da enti e istituzioni pubblici quando vengano in considerazione i costi e la durata delle prestazioni farmaceutiche ed ospedaliere.

V'è un altro aspetto da considerare che riguarda invece la mancata considerazione, da parte del disegno di legge, delle linee guida elaborate da società e organi scientifici stranieri. Perché mai linee guida elaborate a livello internazionale, e riconosciute valide e affidabili dalla comunità scientifica operante nei paesi più progrediti, non dovrebbero essere prese in considerazione ai fini di scriminare penalmente la condotta dell'esercente la professione sanitaria? Certo in via interpretativa (con il criterio analogico in bonam partem o comunque pervenendo ad escludere l'elemento soggettivo nel caso concreto) si può pervenire all'assoluzione dell'imputato; ma non era meglio descrivere un assetto che riguardasse anche questo aspetto per disciplinare normativamente casi certamente non infrequenti?

Sono infine previste forme di pubblicità delle linee guida (comma 3 che prevede anche, con una formulazione oscura, che le linee guida e gli aggiornamenti sono integrati nel Sistema nazionale per le linee guida (S.N.L.G.).

Non si comprende invece l'assenza di ogni precisazione per quanto riguarda le buone pratiche. Il comma 1 dell'art. 5 si limita a dire che, in mancanza di raccomandazioni previste dalle linee guida gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali; per le buone pratiche è stato eliminato anche il riferimento all'accreditamento da parte della comunità scientifica previsto dall'art. 3 della l. Balduzzi. Anche se, occorre dire, non credo possa affermarsi che una pratica sia buona se non è convalidata da criteri scientifici rigorosi e condivisi.

La responsabilità penale nel testo della nuova legge

La nuova disciplina penale è contenuta nell'art. 6 della nuova legge che, oltre all'abrogazione espressa del comma 1 dell'art. 3 della l. Balduzzi (comma 2), introduce il nuovo art. 590-sexies del codice penale i cui punti essenziali sono i seguenti:

  • si conferma la punibilità, per i fatti commessi nell'esercizio della professione sanitaria, ai sensi degli artt. 589 e 590 c.p. (comma 1);
  • si esclude la punibilità quando siano rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto;
  • l'esclusione della punibilità è limitata ai soli casi di imperizia.

Ad un primo sommario esame si avverte che la prima significativa scelta è costituita dalla circostanza che il Senato, confermando l'orientamento della Camera, ha ristretto l'ambito di applicazione della nuova normativa, sotto il profilo penale, ai due reati indicati nel nuovo art. 590-quinquies del codice penale, cioè ai casi di omicidio colposo e lesioni colpose che effettivamente costituiscono i casi più frequenti di responsabilità dell'esercente la professione sanitaria. Ma esistono anche altre ipotesi di reato colposo che possono essere addebitate a chi svolge questa professione e difatti l'art. 3 della l. Balduzzi applicava genericamente la nuova normativa a tutti gli esercenti la professione sanitaria limitandosi a precisare i presupposti per l'applicazione della disciplina di favore.

La seconda rilevantissima modifica è che viene escluso ogni riferimento al grado della colpa; non si parla più di colpa lieve (come nella legge Balduzzi) né di colpa grave (come nel testo licenziato dalla Camera).

In astratto credo che si tratti di una scelta condivisibile: la linea di confine tra colpa lieve e colpa grave – tanto più se si esclude un forma di colpa per così dire media – è talmente labile che si sarebbe finito, percorrendo questa strada, per lasciare alla discrezionalità del giudice individuare di volta in volta che cosa costituisca reato e ciò che sia penalmente irrilevante con un pregiudizio inaccettabile del principio di determinatezza.

Più determinato e oggettivamente verificabile è il riferimento al rispetto delle linee guida e delle buone pratiche. Rispetto che, tra l'altro, vale a compensare il mancato richiamo al grado della colpa: non so se una valutazione di questo tipo sia stata fatta ma mi sembra che si possa affermare che il Legislatore abbia compiuto una valutazione presuntiva di esclusione della colpa quando il medico abbia osservato i parametri indicati, e non sia stato negligente o imprudente, anche se permarranno le difficoltà, alle quali si è già accennato, di selezionare tra imperizia e negligenza in casi limite in cui i due concetti si sovrappongono (per es. se il medico omette un controllo previsto dalle linee guida è stato negligente oppure imperito perché ignorava questa previsione?). Fermo restando che la norma richiede all'agente di prendere in considerazione le caratteristiche specifiche del caso che dovrebbero indurlo ad adottare una linea terapeutica diversa rispetto a quella indicata nelle linee guida.

Ciò premesso va rilevato che un primo quesito da risolvere si pone immediatamente: questa disciplina è da ritenere più o meno favorevole – rispetto alla disciplina della legge Balduzzi – alla persona cui sia addebitato il reato di omicidio o lesioni colpose? Non si tratta di un problema solo teorico perché questo quesito si porrà inevitabilmente per tutte le condotte poste in essere prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina (anche se, per l'omicidio colposo, la data di consumazione del reato viene individuata al momento della morte del paziente).

Ad un primo superficiale esame la nuova disciplina sembrerebbe più favorevole all'imputato o indagato che diviene non punibile, per i reati indicati, se abbia rispettato le linee guida o le buone pratiche qualunque sia il grado della colpa; e quindi anche in caso di colpa grave! Abbiamo però visto come sia arduo immaginare ipotesi di questo genere in chi abbia fedelmente seguito linee guida e buone prassi scientificamente accreditate.

Piuttosto succederà, nei casi concreti, che i giudici dovranno risolvere il problema soprattutto con riferimento alle ipotesi di colpa lieve riferita a negligenza o imprudenza che, dopo il recente mutamento nella giurisprudenza della quarta sezione penale della Corte di cassazione (che, innovando rispetto al precedente orientamento, ha ritenuto che l'art. 3 della l. Balduzzi fosse applicabile anche ai casi di imprudenza e negligenza) importerà una vera e propria ricriminalizzazione di queste ipotesi che, per ovvie ragioni, potrà applicarsi solo ai casi verificatisi successivamente all'entrata in vigore della modifica normativa.

Il secondo aspetto di rilievo è costituito dalla circostanza che è espressamente previsto che, per escludere la punibilità, l'osservanza delle raccomandazioni previste dalle linee guida devono risultare adeguate alla specificità del caso concreto. Forse si tratta di una precisazione inutile (se non sono adeguate al caso perché dovrebbe essere esclusa la punibilità?) ma è stato comunque opportuno ribadirlo.

Resta però una grave lacuna. Si è visto che la giurisprudenza si era orientata nel senso di ritenere applicabile il comma 1 dell'art. 3 della l. 189/2012 non solo nell'ipotesi di applicazione delle linee guida ma altresì al caso in cui il medico si fosse discostato dalle medesime e la sua condotta fosse riconducibile alla colpa lieve. Si trattava, in buona sostanza, di un'applicazione analogica in bonam partem della norma di favore; ma si potrà continuare ad applicare questo principio in una situazione normativa nella quale il Legislatore sembra voler continuare a non prendere in considerazione questa ipotesi? (CUPELLI, Alle porte …). E, analogamente, non potrebbe porsi un problema di legittimità costituzionale, in relazione agli altri reati di natura colposa che possono essere commessi dagli esercenti le professioni sanitarie (per es. l'interruzione colposa di gravidanza) che, invece, in base all'art. 3 della l. Balduzzi, venivano trattati non diversamente dai reati di omicidio e lesioni colpose?

Non mi sembrano invece fondate le critiche che si riferiscono ad un presunto contrasto con il principio di libertà terapeutica, con il diritto alla salute e con il diritto di autodeterminazione del paziente (POLI). L'Autore fa due esempi, quello del medico particolarmente aggiornato su metodi innovativi, più efficaci di quelli recepiti dalle linee guida, e quello (del quale peraltro non è facile individuare la differenza con il primo caso) del medico che è a conoscenza di una tecnica di cura non ancora inserita in linee guida ma meglio aderente alle condizioni del paziente che concorda su tale linea.

Perché le critiche, a parere dello scrivente, sono infondate? La nuova disciplina penale esclude la responsabilità per imperizia nel caso siano state osservate le linee guida; ma non prevede certo una presunzione di responsabilità sotto il profilo soggettivo. Nel senso che sarà, ovviamente, sempre necessario individuare gli elementi di colpa che, nei casi descritti, non esistono; anzi l'esercente la professione sanitaria ha dimostrato perizia e diligenza superiori rispetto a quanto a lui richiesto e da lui esigibile.

La responsabilità civile nella legge di riforma

Quanto agli aspetti civilistici le modifiche sono di minore rilievo ma significative. Sia pure con una riformulazione delle norme rimane fermo il principio che l'esclusione della responsabilità penale – ai sensi dell'art. 590-sexies c.p. di nuova introduzione per avere, l'agente, agito con imperizia ma rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida o le buone pratiche clinico-assistenziali – non comporta il venir meno della responsabilità civile.

Per quanto riguarda infatti la responsabilità della struttura sanitaria si prevede che la medesima (art. 7 comma 1 della legge) risponda delle condotte dolose o colpose degli esercenti la professione sanitaria di cui si avvalga. Per l'esercente la professione sanitaria il comma 3 del medesimo art. 7 prevede che il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tenga conto del rispetto delle linee guida e delle buone pratiche e dunque non esclude il risarcimento nei casi di non punibilità dell'agente sotto il profilo penale.

E veniamo alla natura della responsabilità civile di strutture e esercenti la professione sanitaria. Rimane fermo il comma 1 dell'art. 7 – che prevede la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria pubblica o privata per le condotte dolose o colpose degli esercenti la professione sanitaria della cui opera si avvalga – confermando, come si è già accennato, la giurisprudenza sulla responsabilità da contatto sociale della struttura ospedaliera e rimane sostanzialmente immutata (salvo l'estensione all'attività di sperimentazione e ricerca clinica) la previsione che la responsabilità contrattuale si riferisce anche alle prestazioni svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero in regime di convenzione con il S.S.N. nonché attraverso la telemedicina (comma 2).

Il comma 3 dell'art. 7 è verosimilmente quello che darà luogo ai problemi di maggior complessità. Va premesso che il testo definitivamente approvato dal Senato, e divenuto legge, elimina una palese incongruità, già segnalata, del testo approvato dalla Camera che affermava la natura extracontrattuale della prestazione dell'esercente la professione sanitaria svolta all'interno di una struttura anche se aveva agito nell'adempimento di un obbligo contrattuale assunto verso il paziente.

La norma ribadisce peraltro, al di fuori di questa ipotesi, la natura extracontrattuale della responsabilità degli esercenti la professione sanitaria le cui prestazioni siano ricomprese nelle ipotesi di cui ai primi due commi che però, per espressa previsione, hanno natura contrattuale. Non viene quindi eliminata la discrasia nel prevedere una diversa natura della responsabilità a seconda del soggetto nei cui confronti viene fatta valere con le prevedibili conseguenze – per i diversi oneri di natura probatoria gravanti sulle parti e per i diversi termini di prescrizione delle azioni contrattuale ed extracontrattuale - nel caso di azione congiunta nei confronti dei vari soggetti (struttura pubblica o privata ed esercente la professione sanitaria).

Può peraltro osservarsi che la giurisprudenza di legittimità ritiene astrattamente configurabile la coesistenza della responsabilità contrattuale e di quella extracontrattuale in relazione al medesimo fatto produttivo di danno per cui non è da escludere che possano crearsi situazioni di questo genere (Cass. pen., Sez. III, 22 ottobre 2014, n. 22344, nota di IZZO; Cass. pen., Sez. III, 19 febbraio 2013, n. 4018, nota di VERNIZZI).

Il testo approvato in via definitiva dalla Camera dei Deputati il 28 febbraio 2017 conferma inoltre (comma 4 dell'art. 7) la previsione, già contenuta nel comma 3 dell'art. 3 della l. Balduzzi (ignorata nel testo della Camera), che rinviava – per quanto riguarda i criteri di risarcimento del danno – agli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni private. Il testo di legge approvato definitivamente rimedia all'omissione della prima versione del disegno di legge perché l'art. 7 comma 4 richiama espressamente gli artt. 138 e 139 ricordati ed in particolare il comma 1 dell'art. 138 (che disciplina il risarcimento del danno biologico per lesioni di non lieve entità).

È poi da evidenziare che è stato introdotto il nuovo comma 5 dell'art. 7 che prevede espressamente che le disposizioni contenute nel medesimo articolo sono imperative ai sensi del codice civile. Con la conseguenza che sarà possibile introdurre alla nuova disciplina deroghe, eccezioni o limitazioni solo con legge dello Stato e non con atti di natura contrattuale o con atti amministrativi.

Guida all'approfondimento

Per un'analisi del contenuto del testo approvato dalla Camera si vedano:

PIRAS, La riforma della colpa medica nell'approvanda legge Gelli-Bianco, in Dir.Pen.Contemp. del 25 marzo 2016;

CUPELLI, La colpa lieve del medico tra imperizia, imprudenza e negligenza: il passo avanti della Cassazione (e i rischi della riforma alle porte), in id., 27 giugno 2016;

FITTANTE, L'innovazione del disegno di legge Gelli nell'introduzione dell'azione di responsabilità medica, in Arch.giur.circol.trasporti, 2016, 567.

Un ampio esame del disegno di legge, nel testo approvato dalla Camera dei deputati (comprese le parti estranee ai temi di questo lavoro), è contenuto in:

ALESSANDRINI, FIORAVANTI, FERRANTE e PAOLUCCI, Dal controverso “decreto Balduzzi” alla proposta di riforma della responsabilità medico-sanitaria: il contrasto alla medicina difensiva nel più vasto scenario della crisi del rapporto medico-paziente, in Riv.infort. e mal. prof.li, 2016, 129 (p. 159 ss.);

BUCCELLI, ABIGNENTE, NIOLA, PATERNOSTER, GRAZIANO e DI LORENZO, La rilevanza delle linee guida nella determinazione della responsabilità medica. Le novità introdotte dalla c.d. legge Balduzzi. Le problematiche connesse. I tentativi di risoluzione, in Riv.it.med.legale, 2016, 663.

Più in generale, sui temi della riforma che riguardano la responsabilità civile, si vedano i recenti contributi di:

FRANZONI, Colpa e linee guida, in Danno e responsabilità, 2016, 801;

PONZANELLI, La responsabilità medica: dal primato della giurisprudenza alla disciplina legislativa, ibid., 816.

I primi commenti al testo licenziato dal Senato sono quelli di:

CUPELLI, Alle porte la nuova responsabilità penale degli operatori sanitari. Buoni propositi, facili entusiasmi, prime perplessità, in Dir.Pen.Contemp. del 16 gennaio 2017;

POLI, Il d.d.l Gelli-Bianco: verso un'ennesima occasione persa di adeguamento della responsabilità penale del medico ai principi costituzionali ?, id. del 20 febbraio 2017;

MARTINI, Norme in arrivo per colpa medica e sicurezza nelle cure, in Guida al diritto, 2017, fasc. n. 6, 13.

***

CIMINI, La colpa è ancora un elemento essenziale della responsabilità da attività provvedimentale della P.A. ?, in Giur.it., 2011, 664 (v. p. 672 ss.).

IZZO, La “precauzione mancata” nella responsabilità civile: il gestore e lo scontro fra utenti delle aree sciabili, in in Danno e resp., 2015, 357 (nota a Cass. pen., Sez. III, 22 ottobre 2014, n. 22344;

PALADINI, Linee guida, buone pratiche e quantificazione del danno nella c.d. legge Balduzzi, in Danno e responsabilità, 2015, 881 (v. p. 887);

VERNIZZI, La (ir)responsabilità del gestore di aree sciabili attrezzate: un inopinato ritorno al passato, in Resp.civ.previd., 2013, 1930 (nota a Cass. pen., Sez. III, 19 febbraio 2013, n. 47018.

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