La prova e le sue articolazioni

Angelo Zampaglione
01 Ottobre 2015

Nel nostro ordinamento, il termine prova assume diversi significati: fonte di prova è il soggetto o l'oggetto che fornisce gli elementi necessari per ricostruire il fatto da accertare (es. testimone); elemento di prova è il risultato che produce la fonte di prova (es. dichiarazione); mezzo di prova è il veicolo per ottenere l'elemento di prova (es. ricognizione).
Abstract

Nel nostro ordinamento, il termine prova assume diversi significati: fonte di prova è il soggetto o l'oggetto che fornisce gli elementi necessari per ricostruire il fatto da accertare (es. testimone); elemento di prova è il risultato che produce la fonte di prova (es. dichiarazione); mezzo di prova è il veicolo per ottenere l'elemento di prova (es. ricognizione); mezzo di ricerca della prova è lo strumento che permette di rintracciare gli elementi di prova (es. intercettazioni telefoniche); risultato di prova è l'esito della valutazione che il giudice fa sulla credibilità e sulla attendibilità dell'elemento di prova.

I tipi di prova

Ciò posto, una prima importante differenza tra prove, avente peraltro un certo peso in termini di efficacia dimostrativa delle medesime, è quella tra prova diretta (o rappresentativa) e prova indiziaria (o critica). In particolare, il discrimen tra queste due categorie va ravvisato nella differente complessità dello schema inferenziale, ossia nel diverso rapporto tra elemento probatorio e relativo risultato (thema probandum). Nella prova rappresentativa, il primo raffigura in maniera diretta, per rappresentazione il risultato probatorio, in modo che l'inferenza dall'uno all'altro risulta “automatica”; invece, in quella critica ciò che viene profilato dall'elemento di prova non coincide con il risultato di prova da confutare con l'ipotesi accusatoria, in quanto si perviene ad esso solo attraverso una più consapevole e manifesta mediazione intellettuale operata sul dato istruttorio.

Come già accennato, la diversità dello schema inferenziale determina una ulteriore differenza tra questi due generi di prova. Mentre, la prova rappresentativa può da sola essere posta a fondamento della sentenza di condanna o di assoluzione, per quanto riguarda la prova indiziaria l'art. 192, comma 2, c.p.p. stabilisce che “l'esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti”. Sebbene il legislatore lasci il giudice libero di valutare le prove secondo il suo libero convincimento, onerandolo solo dell'obbligo di motivare le sue decisioni, in alcuni casi particolari ha ritenuto di doverlo guidare attraverso criteri normativamente fissati. Questi non costituiscono delle eccezioni al principio del libero convincimento perché non impongono un risultato, infatti, non sono costruite in un rapporto di causa-effetto: il giudice, nell'effettuare la sua valutazione, non può discostarsi da quei criteri, tuttavia, può trarne le conclusioni che più lo convincono (Iacoviello, I criteri di valutazione della prova, in La regola del caso, Padova, 1995). L'indizio costituisce una prova che deve essere verificata ed è idoneo ad accertare l'esistenza di un fatto solamente quando siano presenti altre prove indiziarie che escludono una diversa ricostruzione dell'accaduto.

Gli indizi devono essere: “gravi”, vale a dire consistenti e resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti; “precisi”, cioè non equivoci, non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto verosimile; “concordanti”, cioè non contrastanti tra loro e con gli altri dati o elementi certi.

Altrettanto rilevante è la distinzione tra i mezzi di prova e mezzi di ricerca della prova, ben evidenziata nella relazione al progetto preliminare. In tale documento è affermato che «l'esame dei testimoni e delle parti, i confronti, le ricognizioni, gli esperimenti giudiziali, la perizia e i documenti sono mezzi di prova che si caratterizzano per l'attitudine ad offrire al giudice risultanze probatorie direttamente utilizzabili in sede di decisione: sono mezzi destinati ad incidere in maniera risolutiva sull'esperienza del giudice». In altri termini, come si è detto, rappresentano al giudice il fatto da provare. Al contrario, i mezzi di ricerca della prova (ispezione, perquisizione, sequestro, intercettazione) «non sono di per sé fonte di convincimento, ma rendono possibile acquisire cose materiali, tracce o dichiarazioni dotate di attitudine probatoria. Sono le variabili di un procedimento probatorio che fa della sorpresa il modo essenziale di reperire cose o tracce del reato o per ottenere dichiarazioni». È evidente ad esempio che, in un processo per vendita di sostanze stupefacenti, la perquisizione domiciliare non potrà mai essere fatto rappresentativo del fatto da provare ma può soltanto portare all'acquisizione di un quid costituente fatto rappresentativo e, quindi, prova.

Particolare interesse suscita anche la differenza tra prova “illegittima” (o irrituale) e prova “illecita”, intendendosi con la prima quella acquisita in violazione di divieti probatori previsti da norme processuali e con la seconda quella ottenuta attraverso condotte vietate da norme penali sostanziali. Esiste, poi, anche la prova “incostituzionale”, quella cioè assunta con modalità lesive dei diritti fondamentali del cittadino garantiti dalla Costituzione.

Le prove, inoltre, possono essere “precostituite” o “costituende”. Le prime sono caratterizzata dal fatto che si formano prima del processo, nel senso che acquistano l'attitudine a rappresentare i fatti di causa prima che inizi il processo (es. la prova documentale); la parte che intenda immettere nel processo questo tipo di prova dovrà semplicemente esibirla. Le seconde, invece, si formano nel processo attraverso l'attività di assunzione del mezzo di prova (es. la testimonianza).

La prova scientifica

Infine, tra le varie specie di prova, non può di sicuro essere trascurata la “prova scientifica” specialmente se si tiene conto che nel processo penale è sempre più frequente che giudice e parti si affidino ai risultati della prova scientifica, conseguiti mediante operazioni complesse svolte da periti e consulenti tecnici, al fine di verificare la fondatezza della ipotesi accusatoria; questa tendenza si è sviluppata negli anni per soddisfare la necessità di impiegare nell'accertamento del fatto nozioni che trascendono il patrimonio di conoscenze dell'uomo medio. È innegabile, infatti, che gli apporti tecnico scientifici nella ricostruzione del fatto reato costituiscono una fonte di sapere irrinunciabile soprattutto in una società che paga inevitabilmente lo “scotto” della modernizzazione con forme di aggressione ai beni giuridici sempre più sofisticate che richiedono capacità tecnico scientifiche estranee al patrimonio cognitivo laico del giudice.In materia, si possono annoverare due specie di strumenti scientifici: da una parte, quelli di lunga e consolidata sperimentazione, su cui si sono cristallizzati sistemi e regole di impiego, oltre che criteri di attendibilità (prova scientifica “comune”) e dall'altra, quelli nuovi o controversi a cui giuristi o scienziati non attribuiscono sicura affidabilità (prova scientifica “nuova” o “controversa”). Uno strumento scientifico può essere "nuovo" in quanto costituisce un ritrovato scientifico che, sebbene messo a punto da ricerche condotte con buone competenze, non è stato ancora sottoposto a un significativo vaglio nella comunità degli esperti del settore di appartenenza. Ma la novità di uno strumento può riguardare anche il campo giudiziario; ciò si verifica quando esso, sottoposto al vaglio della comunità scientifica, non è – ovvero non è sufficientemente – conosciuto in ambito giudiziario, cosicché risulta difficile il controllo sulla sua idoneità alla ricostruzione del fatto.

Oltre che nuovo, lo strumento scientifico può essere "controverso". È tale quando sulla sua validità si siano formati giudizi di segno opposto o discordanti oppure quando, già accreditato dalle opinioni degli esperti, sia poi rimesso in discussione. Va, peraltro, tenuto presente che uno strumento, per essere considerato non controverso, non è necessario che si sia guadagnato l'accettazione generale della comunità degli studiosi di riferimento; basta che, pur nel succedersi di verifiche, conferme e smentite che caratterizzano l'andamento delle ricerche scientifiche e tecnologiche, abbia un accreditamento sufficientemente sperimentato, così da conferirgli un apprezzabile carattere di affidabilità. La natura controversa di uno strumento probatorio può essere propria anche della sola sfera giudiziaria: ciò avviene quando esso, consolidato in ambito scientifico, registra in quello giudiziario dispareri che, non marginali o sporadici, lo segnano in modo forte e significativo. Anche questa situazione rileva per la disciplina della prova scientifica (Dominioni, La prova penale scientifica. Gli strumenti scientifici tecnici nuovi o controversi di elevata specializzazione, Milano, 2005).

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