Sequestro e confisca per equivalente ed impegno del contribuente a versare l'imposta evasa

Gianluca Soana
02 Marzo 2016

Il d.lgs. 158/2015 n. 158 ha introdotto nel d.lgs. 74/2000 l'art. 12-bis con il quale è stata disciplinata la confisca, diretta e per equivalente, del profitto del reato con un testo che al secondo comma regola, per la prima volta, gli effetti sul sequestro e sulla futura confisca del versamento in favore dell'Erario delle imposte evase.
Abstract

Il decreto legislativo 24 settembre 2015 n. 158 ha introdotto nel d.lgs. 74/2000 – diretto a regolare i reati in materia di imposte sui redditi ed Iva – l'art. 12-bis con il quale è stata disciplinata la confisca, diretta e per equivalente, del profitto del reato con un testo che, al primo comma, è sostanzialmente riproduttivo di quello già vigente ex art. 1, comma 143, l. 244/2007 (contestualmente abrogato) e che, invece, al secondo comma regola, per la prima volta, gli effetti sul sequestro e sulla futura confisca del versamento in favore dell'Erario delle imposte evase la cui portata ha trovato un primo riscontro nella sentenza della Corte di cassazione, Sez. III, del 14 gennaio – 11 febbraio 2016, n. 5728.

Pagamento dell'imposta e sequestro finalizzato alla confisca prima del d.lgs. 158/2015

Fin dall'entrata in vigore, nel gennaio del 2008, della confisca obbligatoria, anche per equivalente, del profitto dei reati tributari, si è posta la questione sugli eventuali effetti che può avere, su questo istituto e sul prodromico sequestro preventivo (emesso ex art. 321, comma 2, c.p.p.), il versamento da parte del contribuente in favore dell'Erario di quelle imposte per la cui evasione (artt. 2, 3, 4 e 5 d.lgs. 74/2000) o per il cui omesso versamento (artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, d.lgs. 74/2000), si sta procedendo penalmente. Infatti, in assenza di una regolamentazione sul punto, si era paventata la possibilità di procedere, anche in queste ipotesi, alla confisca per equivalente di un profitto corrispondente a quello evaso, tenuto conto della natura sanzionatoria di questa forma di ablazione che, allora, potrebbe operare anche laddove si siano eliminati gli effetti negativi del reato. In senso diverso ed in modo corretto, la Corte di cassazione, con indirizzo costante, ha indicato che, qualora dopo la commissione del reato, sia intervenuta, da parte del reo o, comunque, da parte del contribuente, il versamento delle imposte per le quali si procede non sarà possibile procedere al sequestro, diretto o per equivalente, di quel profitto e laddove questo sia già stato emesso se ne dovrà disporre la revoca che sarà totale in caso di completa restituzione dell'utilità illecitamente conseguita e parziale, per un valore corrispondente al versato, negli altri casi. Sul punto, la suprema Corte ha osservato che tale conclusione trova origine nella funzione principale della confisca per equivalente che è quella di impedire al soggetto attivo di conseguire – nonostante la condanna – l'ingiustificato arricchimento derivante dalla commissione del reato, con riferimento, allora, ad uno scopo che viene meno a seguito della restituzione del profitto derivante dal reato in quanto con essa si elimina in radice lo stesso oggetto sul quale dovrebbe incidere la misura qui in esame; il tutto tenendo conto che una diversa interpretazione porterebbe ad un'inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio per il quale l'espropriazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al profitto derivante dal reato (Cass. pen., Sez. III, 15 ottobre 2013, n. 4446; Cass. pen., Sez. III, 1 dicembre 201011 marzo 2011, n. 10120; Cass. pen., Sez. II, 1 giugno 2015, n. 29512; Cass. pen., Sez. II, 16 novembre 2011, n. 45054).

Si è aggiunto che per far venire meno il sequestro è necessario che il soggetto attivo abbia, effettivamente, versato all'Erario il profitto illecitamente conseguito non essendo, invece, sufficiente che lo stesso si sia a ciò obbligato in quanto solo con l'effettiva corresponsione del dovuto al danneggiato il mantenimento del sequestro determina la duplicazione qui vietata. In particolare, la questione si è posta, più volte, con riferimento a quei casi nei quali il contribuente evasore attivi la procedura, prevista dagli artt. 3 e 3-bis d.lgs. 462/1997, che porta, in sede amministrativa, all'estinzione del debito tributario attraverso un pagamento rateale. Ha indicato la giurisprudenza che, in questi casi, per ottenere il dissequestro (o per impedirne l'emissione), non è sufficiente avere concordato con l'amministrazione finanziaria il pagamento rateale del debito tributario, non essendo un'ipotesi equiparata all'adempimento, ma è necessario aver versato, per intero, la somma così rateizzata a favore dell'Erario, permanendo fino a quel momento, il profitto che consente la futura confisca (Cass. pen., Sez. III, 19 febbraio 2014, n. 26464). Nel periodo intercorrente tra il versamento delle singole rate ed il definitivo pagamento del debito tributario, il sequestro preventivo già eseguito per l'intero valore dell'imposta evasa deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione (Cass. pen., Sez. III, 15 aprile 2015, n. 20887). Si è, in ultimo, precisato che non fa venire meno le ragioni del sequestro neanche la circostanza che, a seguito dell'accordo con l'Erario e prima del versamento delle rate dovute, sia stata prestata una polizza fideiussoria od una fideiussione bancaria a garanzia del futuro adempimento – come previsto dall'art. 3-bis d.lgs. 74/2000 laddove l'accordo abbia ad oggetto una somma superiore a 50.000,00 euro da versare in rate trimestrali – in quanto non è possibile sostituire, quale oggetto della futura confisca, un bene certo di pertinenza del condannato e di immediata escussione con una mera obbligazione di pagamento da parte di un terzo e, quindi, un bene non omologo ed equipollente rispetto a quello in sequestro. Inoltre, essendo lo scopo della confisca per equivalente quello di impedire che il reo usufruisca di quello che è stato il profitto del reato, tale obiettivo non può essere raggiunto con la fideiussione, in quanto tale garanzia lascia il patrimonio del colpevole invariato finendo sotto sequestro denaro del garante lasciando, quindi, l'autore del reato libero di disporre del profitto (Cass. pen., Sez. III, 17 gennaio 2014, n. 12245).

Il nuovo articolo 12-bis, comma 2, d.lgs. n. 74/2000

Su questi principi consolidati si è inserito l'art. 12-bis, comma 2, d.lgs.74 del 2000 introdotto – con decorrenza dal 22 ottobre 2015 – dal d.lgs.24 settembre 2015 n. 158. Con esso si stabilisce che la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta. Lo scopo di questa norma è quello di regolare i rapporti tra questa misura e la pretesa dell'Erario di ottenere l'adempimento dell'obbligazione tributaria di cui alla condotta di evasione, con l'obiettivo di favorire quest'ultimo adempimento incentivando il reo a versare al Fisco il dovuto al fine di evitare la confisca che, comunque, non avrebbe natura satisfattiva del debito tributario; il tutto attraverso l'applicazione di quei principi sulla inammissibilità della duplicazione sanzionatoria già affermati dalla giurisprudenza.

Tuttavia, in sede di primo commento, si è evidenziato che, a fronte di una regolamentazione dei rapporti tra confisca e debito tributario opportuna, la soluzione adottata appare poco chiara. Innanzitutto, appare generico il riferimento al significato della locuzione si impegna a versare in quanto nella norma non è indicato, in modo esplicito, se per essa sia sufficiente un impegno unilaterale da parte del contribuente o se, invece, è richiesto un accordo formale con l'Amministrazione finanziaria. Oscura è anche l'indicata non operatività della confisca anche in presenza di un sequestro in quanto l'uso della locuzione non opera non esplicita cosa debba fare il giudice in presenza di un tale impegno ed, in particolare, se debba immediatamente revocare il sequestro o se, invece, quest'ultimo provvedimento debba mantenere i suoi effetti fino al versamento definitivo dell'imposta.

Prima interpretazione da parte della Cassazione penale

Una prima risposta è stata fornita dalla Corte di cassazione, Sez. III, con la sentenza del 14 gennaio 2016 n. 5728 (depositata l'11 febbraio 2016).

In primo luogo, si è chiarito che l'impegno a versare non può essere dato da una mera esternazione unilaterale del proposito di adempiere in quanto una tale conclusione condurrebbe a far dipendere la operatività della sanzione […] in maniera tale da condurre ad una sostanziale neutralizzazione generalizzata dell'istituto, da propositi unilaterali e per di più sforniti di sanzione in caso di mancato rispetto dell'impegno assunto. Pertanto, l'impegno deve tradursi in un obbligo assunto in modo formale dal contribuente, come ad esempio, avviene nel caso di un accordo con l'Agenzia delle Entrate, nel quale viene indicata l'entità dell'obbligazione tributaria dovuta ed i tempi nei quali questa verrà adempiuta.

Inoltre, la Cassazione ha chiarito che la non operatività della confisca, pur in presenza di un sequestro, non significa che la stessa non possa essere adottata a fronte di un accordo rateale intervenuto con l'Agenzia delle Entrate ma che in queste ipotesi non divenga più semplicemente efficace con riguardo alla parte coperta da questo impegno salvo ad essere disposta […] allorquando l'impegno non venga rispettato e il versamento promesso non si verifichi, avendo il sequestro la funzione di garantire l'efficacia della confisca una volta constatato l'eventuale inadempimento di quanto in precedenza promesso.

Pertanto, ha concluso la suprema Corte, anche in presenza di piano rateale di versamento, la confisca continua ad essere consentita per gli importi che non siano stati ancora corrisposti così continuando ad essere consentito anche il sequestro a detta confisca finalizzato.

Osservazioni

La decisione appena richiamata non fa altro che recepire, in modo corretto, quelli che sono stati i primi commenti alla norma in esame, con una interpretazione che appare inevitabile sulla base del dato letterale della norma, pur se redatto con una tecnica legislativa oscura ed imprecisa.

Sul punto, innanzitutto, appare logico ancorare l'impegno a versare ad un accordo formale con l'Erario in quanto solo con esso il giudice viene messo nella condizione di valutare, in modo esatto, se l'impegno del contribuente abbia ad oggetto un valore corrispondente al profitto confiscabile o solo una parte di esso, dovendo in tale ultima ipotesi la confisca, comunque, operare, immediatamente, per quella parte di profitto non oggetto di accordo con l'Erario. Inoltre, la presenza di questo accordo formale soddisfa la finalità perseguita dal Legislatore con questa norma diretta, da un lato, ad evitare una duplicazione di prelievi ma dall'altra ad assicurare il versamento all'Erario delle imposte evase che solo un tale accordo con l'Agenzia dell'Entrate può garantire; il tutto tenendo, tra l'altro, conto dell'ulteriore difficoltà di raccordo tra la dichiarazione di impegno a versare le imposte e la posizione dell'indagato attinto dal sequestro preventivo in quei casi ove il contribuente sia persona diversa dall'indagato (ad esempio qualora il contribuente sia una persona giuridica mentre l'imputato è la persona fisica che ha agito in nome della stessa ), di talché il giudice penale deve valutare la sussistenza di una futura condotta da parte di un soggetto estraneo al processo.

In modo analogo, condivisibili sono anche le conclusioni a cui è giunta la suprema Corte allorché ha affermato la possibilità di emettere il sequestro, prima, e la confisca, poi, in caso di accordo rateale con una efficacia definitiva degli effetti di quest'ultima misura solo una volta accertato l'inadempimento. Infatti, l'uso della locuzione non opera, invece, di non è disposta fa ritenere che, in presenza di un tale impegno da parte del contribuente, il giudice debba, comunque, disporre, in sede di condanna, la confisca del profitto illecito conseguito e non ancora restituito, subordinando l'efficacia di questo provvedimento – con la definitiva acquisizione in favore dello Stato di un valore equivalente al profitto conseguito – ad un momento, successivo ed eventuale, di verifica del mancato adempimento all'impegno assunto. Trattasi, in vero, di una soluzione interpretativa che consente, da un lato, di evitare una duplicazione del prelievo nei casi di pagamento definitivo in favore dell'Erario intervenuto dopo la sentenza di condanna, in relazione ad un'ipotesi che può verificarsi nei casi, frequenti, di accordo con l'amministrazione finanziaria con previsione di pagamento rateale in diversi anni. Dall'altra evita che il solo impegno di versamento consenta una restituzione al reo dei beni sequestrati in vista della futura confisca, con la paradossale conseguenza che il successivo inadempimento verrebbe a determinare l'applicazione successiva di una confisca oramai non eseguibile in quanto, nel frattempo, il reo ha disperso i suoi beni. In questi casi, allora, il giudice deve disporre la confisca, subordinando l'esecutività all'eventuale mancato versamento dell'imposta determinata nell'accordo con l'Erario per, poi, lasciare alla fase dell'esecuzione (od al giudice di appello) l'accertamento sul definitivo versamento dell'imposta dovuta, con conseguente restituzione di quanto sequestrato al reo, od, invece, sul mancato rispetto da parte del contribuente del suo impegno, con definitiva acquisizione in favore dello Stato di quanto confiscato. Questa interpretazione ha quale conseguenza che il sequestro preventivo può intervenire ed essere mantenuto, trattandosi di profitto a quel momento confiscabile, anche in presenza di tale impegno fino a quando il contribuente non ha, effettivamente, versato all'Erario il dovuto

In conclusione

Con questa decisione appare, allora, evidente che l'introduzione del comma 2 dell'art. 12-bis d.lgs. 74/2000, non ha, di fatto, prodotto variazioni al quadro normativo, essendosi questa norma limitata a recepire quanto già sostenuto dalla suprema Corte, con un indirizzo giurisprudenziale consolidato per il quale non è possibile mantenere il sequestro in caso di successivo versamento delle imposte evase all'Erario mentre questo provvedimento può permanere nelle ipotesi di accordo con l'Erario di pagamento rateale per quelle somme non ancora versate in relazione a rate non scadute.

L'unico, effettivo, elemento innovativo di questo intervento legislativo è dato dall'esplicita indicazione da parte del legislatore della preferenza data al versamento del debito tributario in favore dell'Erario rispetto alla confisca del profitto in sede penale, tanto da consentire di bloccare l'efficacia della confisca anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna e fino a quando non sono scadute le rate previste dall'accordo tra il contribuente e l'Agenzia delle Entrate.

Guida all'approfondimento

FINOCCHIARO, L'impegno a pagare il debito tributario e i suoi effetti su confisca e sequestro, in Dir. pen. cont.

SANTORIELLO – PERINI, La riforma dei reati tributari (d.lgs. 24.9.2015, n. 158), Giuffrè, 2015, 54 e ss.

DELSIGNORE, Commento all'art. 12-bis, La riforma dei reati tributari. Le novità del d.lgs. n. 158/2015, a cura di Nocerino e Putinati, Torino, 2015.

Corte di Cassazione, Ufficio del Massimario,relazione del 28.10.2015 n. III/4/2015, Novità legislative: decreto legsilativo 24 settembre 2015, n. 158, revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014 n. 23;

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento, documento illustrativo delle novità conseguenti al d.lgs. n. 158 del 2015,

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