La tutela dei terzi creditori in sede esecutiva: un altro “balletto” sulla competenza funzionale

Enrico Campoli
03 Maggio 2017

La decisione di legittimità in esame apre uno spaccato complesso in tema di individuazione del giudice funzionalmente competente ad occuparsi, in sede di esecuzione, delle ragioni dei terzi creditori.
Massima

Le ragioni dei terzi creditori in merito ai beni sottoposti, dapprima, a sequestro preventivo (diretto o per equivalente) e, poi, a confisca ex art. 12-sexies d.l. 306/1992, trovano tutela dinanzi al giudice dell'esecuzione individuato ex art. 665 c.p.p. e non al tribunale delle misure di prevenzione.

Il caso

Il giudice per le indagini preliminari, investito quale giudice dell'esecuzione in seguito alla irrevocabilità della sentenza, dichiara inammissibile la domanda del terzo creditore ipotecario, la cui garanzia risulta iscritta su uno dei beni immobili sottoposti a sequestro preventivo e che, all'esito del giudizio, risulta confiscato ex art. 12-sexiesd.l. 306 del 1992.

La domanda formulata dal creditore ipotecario, ai sensi degli artt. 1, comma 199 delle legge 228/2012 e dell'art. 58 del d.lgs. 159/2011, viene respinta dal giudice dell'esecuzione sotto due profili: quello dell'intangibilità del giudicato, in forza dell'affermazione che « quanto alla responsabilità penale esiste un giudicato ormai intangibile […] non residuando spazi per interpretazioni integrative o estranee al thema decidendum » e quello specificatamente riguardante il soddisfacimento delle pretese creditorie, – atteso che « […] viene invocata l'applicazione di disposizioni destinate a disciplinare situazioni processualmente diverse da quelle in esame » .

Il ricorso per cassazione proposto dal terzo creditore ha, dapprima, ad oggetto la competenza del giudice dell'esecuzione – da non riconoscersi nel giudice per le indagini preliminari bensì, ex art. 665 c.p.p., nel giudice dell'appello avendo quest'ultimo dato luogo ad una riforma sostanziale della decisione di primo grado -, e, quindi, la violazione dell'art. 58 del d.lgs. 159/2011 che, nel richiamare l'art. 1, comma 199, della legge 228/2012, comporta, per la tutela dei terzi creditori nei casi di confisca ex art. 12-sexies d.l. 306/1992 cit., l'applicazione delle norme dettate in materia di prevenzione.

Ed è proprio in relazione a tale ultimo tema che il ricorrente, con i motivi nuovi, introduce, volutamente, il richiamo ad altra decisione della medesima sezione (Cass. pen., Sez. I, n. 1314/2016) con la quale, i giudici di legittimità, nel risolvere un conflitto di competenza, hanno sancito, in materia di tutela dei terzi creditori nei casi di confisca ex art. 12-sexies d.l. 306/1992, la competenza funzionale del tribunale - Sezione misure di prevenzione.

La questione

La decisione di legittimità in esame, pur nella sua scarna essenzialità, apre uno spaccato complesso (e consapevolmente contraddittorio) in tema di individuazione del giudice funzionalmente competente ad occuparsi, in sede di esecuzione, delle ragioni dei terzi creditori in merito ai beni confiscati ex art. 12-sexies del d.l. 306/1992.

Il piano preliminare della discussione attiene all'affermazione del principio secondo cui le ragioni del terzo creditore trovano tutela preminente proprio nella sede esecutiva, sempre che sia stata, ovviamente, disposta la confisca dei beni in sequestro.

L'ambito della tutela deve trovare necessariamente spazio anche in seguito alla definitività della sentenza, – e potremmo dire, soprattutto -, in quanto altrimenti non vi sarebbe garanzia giurisdizionale per i soggetti estranei al processo penale.

Per quanto riguarda, invece, l'individuazione del giudice dell'esecuzione funzionalmente competente in merito alla tutela dei terzi creditori viene in discussione, prim'ancora dell'eventuale applicazione del disposto di cui all'art. 665 c.p.p., l'ambito del perimetro d'intervento riguardante il Tribunale delle misure di prevenzione, e ciò alla luce del combinato disposto di cui agli artt. 1, comma 199 della legge 228 del 2012 e art. 58 del d.lgs. 159 del 2011 (codice anti-mafia).

Il collegio della I Sezione della Cassazione, difatti, nel sancire la competenza del giudice dell'esecuzione, da individuarsi, a suo avviso, secondo i parametri dettati dall'art. 665 c.p.p.dà atto di essere a conoscenza di altra decisione di questa stessa sezione (Cass. pen.,Sez. I, n. 1314/2016) che risolvendo un conflitto di competenza ha statuito diversamente che:

  • «il giudice dell'esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca di cui al comma 199 della l. 24 dicembre 2012 n. 228 è il Tribunale delle misure di prevenzione […] e non già il giudice dell'esecuzione di cui all'art. 665 c.p.p.»;
  • «competente a conoscere la domanda proposta ai sensi dell'art. 1, comma 198 e segg. legge 24 dicembre 2012 n. 228, dal terzo creditore in buona fede, titolare di garanzia reale sul bene confiscato […], è il Tribunale delle misure di prevenzione presso l'autorità giudiziaria che ha disposto la confisca stessa»
Le soluzioni giuridiche

I giudici di legittimità, con la sentenza in commento, hanno affermato, invece, in consapevole contrasto con Cass. pen. Sez. I, n. 1314/2016, i seguenti principi di diritto :

  • «le ragioni del terzo creditore in merito ai beni confiscati ex art. 12 sexies del D. l. 306/1992, – fino all'approvazione del rendiconto di gestione ed alla trasmissione, ex art. 43 del Decreto Legislativo n. 159/2011, dell'amministrazione giudiziaria all'Agenzia Nazionale dei beni confiscati –, trovano tutela in sede esecutiva»;
  • «l'art. 1, comma 190, della legge n. 228 del 2012 contiene la disposizione normativa che impone di estendere lo statuto normativo di tutela delle posizioni creditorie alle confische emesse in sede penale» mentre ai commi successivi – tra cui, il comma 199, l. 24 dicembre 2012 n. 228 – sono dettate norme transitorie « applicabili nella sola sede procedimentale delle misure di prevenzione, attesa la necessità di porre rimedio alla infelice formulazione dell'art. 117, comma 1, del d.lgs. 159 del 2011 […] che prevede l'applicazione di tutte le norme nuove […]. in esclusivo rapporto alle proposte applicative successive alla entrata in vigore della legge, senza operare distinzione alcuna ».
Osservazioni

Correttamente, e potremmo dire didatticamente, la Suprema Corte di cassazione, nella decisione in commento, attesa l'erroneità dell'affermazione, svolta nella decisione impugnata, secondo cui l'intangibilità del giudicato riguardante anche i beni sottoposti a confisca non consente « l'applicazione di disposizioni destinate a disciplinare situazioni diverse da quelle qui in esame » tiene a ribadire che proprio quella esecutiva è la fase in cui trovano tutela concreta le ragioni dei terzi creditori riguardo ai beni sottoposti a confisca ex art. 12-sexiesd.l. 306 del 1992.

Per nulla casualmente, difatti, vengono richiamate specifiche decisioni in cui si è avuto cura di evidenziare (v. Cass. pen., Sez. I, n. 26527/2014), che « nel caso di confisca definitiva […] il giudice dell'esecuzione penale, che sia investito dall'istanza del terzo creditore, diretta ad ottenere l'ammissione al pagamento del credito ipotecario, è tenuto ad eseguire […] la verifica di sussistenza dei presupposti previsti dall'art. 52 del d.lgs. 159 del 2011 (da ritenersi applicabile anche alla confisca penale) ed a trasmetterne gli esiti all'Agenzia Nazionale, alla quale spettano le successive determinazioni di carattere amministrativo » (conforme : Cass, Sez. I, n. 12362/2016).

Tale competenza funzionale ricorre, quindi, soprattutto quando è intervenuta, una sentenza irrevocabile e fino a quando non si sia già proceduto all'approvazione del rendiconto di gestione ed alla trasmissione dell'amministrazione giudiziaria (art. 43 del d.lgs. 159 del 2011) all'Agenzia nazionale dei beni confiscati per la presa in carico della stessa.

Una volta affermato tale principio funzionale in capo al giudice dell'esecuzione penale si apre l'interrogativo di come lo stesso vada individuato alla luce, da un lato, del disposto di cui all'art. 665 c.p.p. e, dall'altro, dell'art. 1, comma 199, della Legge n. 228 del 2012 il quale, nel richiamarsi all'art. 58 del d.lgs. 159/2011, fa espresso rimando all'intervento del giudice delle misure di prevenzione patrimoniali.

Su come le norme dettate nel codice antimafia in materia di misure prevenzione abbiano inciso nel corpo del processo penale, ed in particolare sulla gestione dei beni sottoposti a sequestro preventivo, si è discusso più volte in sede di merito e di legittimità fino a giungere all'infelice conclusione che durante tutto l'iter, e sino alla sentenza definitiva, debba occuparsene il giudice per le indagini preliminari che ha disposto il vincolo reale (Cass. pen., Sez. I, n. 45381/2015)

Nel caso di specie, dinanzi all'infelice, e generica, dizione adottata dal legislatore nell'art. 1, comma 199, della legge n. 228/2012, secondo cui, la procedura relativa all'ammissione del credito da parte del terzo, ai sensi dell'art. 58 del codice antimafia, si svolge “dinanzi al giudice dell'esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca”, – procedura che nel successivo comma 200 richiama espressamente le norme di cui all'art. 666, commi 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 9,c.p.p. –, l'opzione interpretativa offerta dalla sentenza n. 1314/2016, secondo cui l'affermata competenza del Tribunale di misure di prevenzione trova fondamento nel fatto che « l'intento perseguito » è quello di « pervenire per il terzo creditore, titolare di diritti sui beni confiscati (sequestrati) ad una disciplina unitaria non soltanto in relazione alla materia della prevenzione ma, altresì, a tutte quelle tipologie di provvedimenti ablatori ispirati alla medesima esigenza di contrasto alla criminalità organizzata» viene superata, in modo tranchant, dalla decisione in commento.

Quest'ultima sostiene, difatti, che il convincimento contrario è basato su un erroneo presupposto di ordine metodologico: a differenza di quanto si sostiene, e cioè di un intervento organico del legislatore teso a demandare l'intera materia relativa ai beni confiscati ex art. 12-sexies d.l. 306/1992 cit. al Tribunale delle misure di prevenzione, solo il comma 190 dell'art. 1 della legge 228 del 2012(che sostituisce il comma 4-bis dell'art. 12-sexies d.l. 306/1992) prevede un tale richiamo mentre tutti gli altri commi (191 e ss.) ne sono avulsi e sono destinati a regolamentare le problematiche attinenti le misure di prevenzione dinanzi al giudice competente funzionalmente per esse, e cioè il tribunale - Sezione delle misure di prevenzione.

Il circoscritto perimetro d'intervento del comma 190 dell'art. 1 della legge 228 del 2012 comporta la mera estensione del solo « statuto normativo di tutela delle posizioni creditorie alle confische emesse in sede penale » restando, però, quest'ultime regolate dalle norme generali sull'esecuzione di cui agli artt. 665 e ss. c.p.p.

Al di là dell'evidente apertura di uno spaccato interpretativo consapevolmente contraddittorio – che non si comprende per quale motivo non sia stato fatto oggetto, ex art. 618 c.p.p., di una apposita rimessione alle Sezioni unite -, non può non evidenziarsi che, alla luce dei principi affermati, dell'esecuzione penale in tema di tutela del terzo creditore dovrà occuparsi, a seconda degli esiti processuali, uno dei due giudici di merito, individuati a seconda degli esiti ex art. 665 c.p.p., ognuno, comunque, diverso da quello che durante tutto l'iter giudiziario ha effettivamente seguito la gestione dei beni in sequestro – e cioè il giudice per le indagini preliminari che ha emesso il provvedimento di sequestro preventivo – laddove assai più ragionevole sarebbe stato, ed alla luce di tale decisione ancor più, che quest'ultimo mutasse secondo il principio del giudice che procede (art. 279 c.p.p.)

Guida all'approfondimento

TORIELLO, Amministrazione dei beni in sequestro preventivo e tutela dei diritti dei terzi : quale spazio per il codice antimafia?;
CAMPOLI, La competenza in tema di amministrazione dei beni in sequestro : una “storia” destinata a finire.

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