“Impugnazione” del sequestro preventivo e applicazione disgiunta nei cinque anni dalla morte della persona pericolosa

03 Febbraio 2016

Il decreto di sequestro di prevenzione è opponibile dagli interessati innanzi al tribunale nelle forme previste dall'art. 666 c.p.p., con decisione ricorribile per Cassazione.
Massima

Il decreto di sequestro di prevenzione è opponibile dagli interessati innanzi al tribunale nelle forme previste dall'art. 666 c.p.p., con decisione ricorribile per Cassazione.

La proposta di applicazione della misura di prevenzione ai sensi dell'art. 18, comma 3, d.lgs. 159/2011 deve essere avanzata nei confronti dei successori – a titolo universale o particolare, accertati sulla base delle norme codicistiche – pur se alcuni beni potrebbero essere impropriamente a disposizione di terzi (intestatari), e deve essere depositata nel termine – perentorio – di cinque anni dalla morte del de cuius, con riferimento alla data di individazione del singolo bene per il quale è avanzata la proposta (la Corte ha ritenuto tardivo il sequestro adottato con riferimento a beni individuati successivamente all'originaria proposta per i quali, peraltro, era intervenuta una successiva proposta).

Il caso

Il tribunale misure di prevenzione emetteva, ai sensi dell'art. 18, comma 3, d.lgs. 159/2011, due decreti di sequestro di beni riferibili a persona deceduta il 28 marzo 2009:

a) decreto del 24 marzo 2014, avente ad oggetto (tra l'altro) quote sociali e beni aziendali nella titolarità di figli e nipoti del de cuius, indicati come eredi nella proposta depositata dal Direttore della Dia il 7 marzo 2014;

b) decreto del 26 giugno 2014 avente ad oggetto le quote di tre società (ritenute riconducibili, direttamente o indirettamente, al de cuius) nella titolarità di figli e nipoti del de cuius, segnalate dall'amministratore giudiziario all'esito dell'esecuzione del primo sequestro, emesso a seguito di una seconda proposta depositata il 17 giugno 2014 dal Procuratore della Repubblica.

Le istanze dei nipoti del de cuius, fondate (per quanto interessa) sul non ricoprire la qualità di eredi e sulla tardività della seconda proposta, venivano rigettate dal tribunale all'esito dell'udienza camerale celebrata nel contraddittorio. Secondo il tribunale: eredi dovevano considerarsi coloro che avrebbe potuto direttamente beneficiare anche del patrimonio fittiziamente intestato ma riconducibile al proposto deceduto (vuoi perché i beni potevano essere attribuiti iure ereditario vuoi perché potevano transitare dal proposto all'intestatario fittizio, comunque a seguito della morte del primo); la seconda proposta non era tardiva perché, al di là dell'iscrizione formalmente autonoma, il procedimento risultava oggettivamente e funzionalmente connesso a quello già iniziato, in esito alla stessa attività di immissione in possesso, trovando pertanto applicazione l'art. 22, comma 2, e 17, commi 1 e 2, d.lgs. n. 159/2011: tant'è che si era poi proceduto alla immediata riunione dei due procedimenti.

Proponevano ricorso per Cassazione (per quanto interessa) i nipoti del de cuius che eccepivano:

a) l'improcedibilità della proposta nei loro confronti, non ricoprendo la qualità civilistica di successori a titolo universale o particolare, contestando la tesi del tribunale che faceva riferimento alla nozione di successione di fatto;

b) la tardività della seconda proposta.

Il procuratore generale chiedeva qualificarsi il ricorso come opposizione ai sensi degli artt. 676 e 667, comma 4, c.p.p., con trasmissione degli atti al tribunale di Palermo.

In motivazione:

(…) il Tribunale (…) ha trattato nella pienezza del contraddittorio orale le questioni proposte in ciascuno di essi, dando ogni spazio alla trattazione delle ragioni di merito … siamo pertanto dinanzi ad una opposizione al giudice della prevenzione quale rimedio esperibile avverso i provvedimenti di sequestro (o di confisca) adottati nel medesimo procedimento di confisca (…). Opposizione che non trova spazi per provvedimenti de plano ed invece si caratterizza per l'immediata instaurazione del contraddittorio, nelle forme mutuate dal procedimento di esecuzione, volto al contrasto del provvedimento cautelare (o ablativo), con procedura che si conclude con ordinanza immediatamente impugnabile col ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 666, comma 6, cod. proc. pen. ».

(…) le nozioni di "erede" e di "successore a titolo universale o particolare", cui fa riferimento l'art. 18, commi 2 e 3, d.lgs. n. 159/11 sono solo quelle proprie del codice civile, senza alcuna possibilità di dar rilievo a nozioni di erede o successore 'di fatto'. L'allargamento dell'ambito temporale della possibile apprensione dei beni, di cui sia titolare, o abbia la disponibilità (anche attraverso interposta persona), colui che decede mentre è in corso la procedura di delibazione della proposta di misura di prevenzione patrimoniale ovvero colui che è deceduto nei cinque anni precedenti, con il coinvolgimento dei suoi eredi e successori a titolo generale o particolare, costituisce una scelta legislativa con i connotati della eccezione (…) deve escludersi alcuna interpretazione di tipo analogica, quale quella proposta dal Tribunale.

(…) il Tribunale pare sovrapporre due aspetti che debbono essere tenuti differenti: quello dell'individuazione dei soggetti nei confronti dei quali può essere proseguita o intrapresa la proposta procedura di misura di prevenzione patrimoniale; quello della possibilità che alcuni dei beni che potrebbero rientrare nel patrimonio dei primi siano in concreto impropriamente a disposizione di terzi. (…) Tenuto conto di come il primo decreto di sequestro è stato concretamente formulato, con l'indicazione specifica della qualità di erede anche per i due nipoti ricorrenti quale ragione legittimante l'azione di prevenzione patrimoniale, le considerazioni che precedono allo stato risultano sufficienti ad imporre il suo annullamento.

(…) È fondata anche la comune censura relativa alla tardività del secondo decreto di sequestro, adottato su proposta formalizzata dopo il decorso del quinquennio dal decesso di Vincenzo Rappa cl. 22. (…) il legislatore ha ampliato la possibilità di acquisizione dei beni del soggetto già pericoloso, individuando, prima, i soggetti specifici nei confronti dei quali, soli, l'azione/proposta può essere proseguita o iniziata, poi, il termine ultimo entro il quale, in ogni caso, l'azione/proposta può essere esercitata. In particolare, con l'indicazione di tale termine il legislatore ha operato una scelta di valore specifica: quale che sia la fonte di acquisto del singolo bene, il decorso di quel determinato periodo di tempo impedisce alcun intervento su quello stesso bene. Quindi, l'esigenza di certezza dei rapporti giuridici prevale, una volta consumato quel termine, sull'esigenza pubblicistica dell'impedire la circolazione di beni di provenienza non lecita. Ciò, innanzitutto, comporta che il termine non possa che essere inteso come perentorio, il suo rispetto costituendo condizione di legittimità della stessa azione di prevenzione; in secondo luogo, impone di apprezzare le implicazioni di tale perentorietà, che non può che essere legata al singolo bene e, quindi, ad un'espressa tempestiva richiesta/proposta che quel singolo bene riguardi.

La questione

La questione in esame riguarda diversi aspetti, procedurali e sostanziali.

Sotto il profilo procedimentale viene in rilievo l'individuazione del rimedio consentito alle parti interessate avverso il decreto di sequestro. È consentita l'istanza di revoca del sequestro allo stesso tribunale e, in caso positivo, qual è il procedimento da seguire: la decisione de plano, opponibile innanzi allo stesso tribunale nelle forme dell'incidente di esecuzione la cui decisione è ricorribile per cassazione; ovvero direttamente il procedimento ex art. 666 c.p.p.?

Sotto il profilo sostanziale si esamina l'ambito di operatività della proposta di applicazione disgiunta consentita dall'art. 18, comma 3, d.lgs. 159/2011, nei cinque anni dalla morte della persona che poteva essere proposta nei confronti dei successori a titolo universale o particolare. La Corte interviene su tre diverse questioni:

a) la nozione di erede, successore a titolo universale o particolare, corrisponde a quella prevista dal codice civile o può darsi rilievo alla successione di fatto?

b) vi possono essere terzi intestatari per conto del de cuius che proseguono tale qualità pur dopo la successione in capo all'erede;

c) il termine perentorio entro cui deve essere depositata la proposta si riferisce ai singoli beni presenti in tale atto (comunque, individuati nel quinquennio) ovvero la mera presentazione della proposta, con possibilità di intervenire successivamente su ulteriori beni?

Le soluzioni giuridiche

Per la sentenza in esame è consentita la richiesta di revoca del sequestro (comunque questa sia definita) avanzata allo stesso tribunale, da decidersi previa fissazione di udienza camerale nella forma dell'incidenti di esecuzione. Occorre, dunque, l'immediata instaurazione del contraddittorio, nelle forme mutuate dal procedimento di esecuzione, volto al contrasto del provvedimento cautelare (o ablativo), con procedura che si conclude con ordinanza immediatamente impugnabile col ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 666, comma 6, cod. proc. pen.

Per la Corte i destinatari della proposta, “per conto” del de cuius, sono i soli eredi, successori a titolo universale o particolare, come individuati sulla base delle norme del codice civile, con esclusione di interpretazioni estensive o analogiche.

Assumono diverso rilievo i soggetti chiamati in giudizio “al posto” della persona che poteva essere proposta, vale a dire i successori a titolo universale o particolare che fanno le veci di questi e i terzi intestatari. I primi, con riferimento ai beni in cui sono subentrati al de cuius, esercitano i medesimi diritti e facoltà di costui.

Infine, per la Corte il termine quinquennale entro cui avanzare la proposta va accertato con riferimento alla data di individuazione del singolo bene pur nel caso di proposta avanzata tempestivamente (relativa ad altri beni). Una diversa soluzione si risolverebbe in autonoma violazione della norma. Essa infatti condurrebbe in concreto ad un prolungamento, di tale termine, dalla durata incerta e dall'individuazione discrezionale, non potendosi predeterminare con profili di necessaria certezza anche solo la durata della procedura originata dalla tempestiva proposta, al cui interno ed in relazione a innominati operazioni/accadimenti potrebbero, in ipotesi, individuarsi sempre nuovi beni … si perverrebbe a situazione del tutto incompatibile con quella palesemente scelta dal legislatore nella propria responsabilità funzionale, certo non esposta, nella fattispecie, a censure di palese irrazionalità.

Osservazioni

La giurisprudenza ha costantemente ritenuto non consentita l'autonoma e immediata impugnazione del decreto di sequestro, né da parte del proposto, né da parte dei terzi, in considerazione del principio generale della tassatività delle impugnazioni e della natura strumentale e sommaria del provvedimento; le eventuali censure sono proponibili, successivamente, con la confisca (Cass. pen. nn. 42707/2008, 41153/2010, 3624/2011, 4400/2015). Superata un'iniziale tesi che precludeva ogni rimedio (Cass. pen. nn. 30871/2003, 42707/2008), si ammette la richiesta di revoca del sequestro avanzata allo stesso tribunale, pur con alcune incertezze sul procedimento da seguire: nel contraddittorio (ex art. 666 c.p.p., salvo il caso della manifesta inammissibilità di cui al comma 2) con conseguente ricorribilità per Cassazione, ovvero con decreto adottato de plano (artt. 676, comma 1, e 667, comma 4, c.p.p.) opponibile innanzi allo stesso tribunale nelle forme dell'incidente di esecuzione la cui decisione è ricorribile per Cassazione.

Appare condivisibile la tesi della Corte, secondo cui va seguito il procedimento ex art. 666 c.p.p., che consente di “superare” un poco utile provvedimento de plano opponibile innanzi allo stesso tribunale.

La tesi, accolta dalla più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. pen. n.43796/2015), trova riscontro nel d.lgs. 159/2011. L'art. 23, comma 1., d.lgs. 159/2011 prevede che nel procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale (dunque, ivi compresi i procedimenti incidentali come quello in esame) si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dettate dal Titolo I, Capo II, Sezione I, ivi compreso l'art. 8, comma 1, che fa espresso rinvio alle disposizioni contenute nell'articolo 666 c.p.p. nel caso in cui manchino espresse previsioni nel d.lgs. cit.

L'applicazione disgiunta prevista dall'art. 18, comma 3, d.lgs. 159/2011, fin dalla sua introduzione (ad opera del d.l. 92/2008, conv. dalla l. 125/2008) ha posto problemi d'inquadramento giuridico e applicativi.

Trattasi di disposizione compatibile con le norme costituzionali (Corte cost. nn. 21/2012 e 216/2012 cit.) che non integra una actio in rem perché la confisca è sempre correlata alla pericolosità soggettiva del de cuius da accertare incidentalmente e all'atto dell'acquisto del bene (Cass. pen., Sez. unite n. 4880/2015). Si tratta, dunque, di disposizione eccezionale (insuscettibile di applicazione analogica in malam partem) versandosi in una condizione di conflitto tra il consolidamento di una condizione patrimoniale di vantaggio per gli eredi e la riconosciuta pericolosità del loro dante causa e della derivazione del compendio patrimoniale dalla medesima ; (Cass. pen. n. 27881/2015).

Questa particolare forma di applicazione disgiunta della misura patrimoniale non fa venire meno la natura preventiva della confisca consentendo la sottrazione dal circuito economico di un bene acquisito illecitamente. L'illiceità genetica non viene meno con la morte del proposto che ha acquistato il bene, pur se eventi successivi possono impedire il provvedimento ablatorio qualora si “recida” radicalmente il rapporto tra il bene e la sua illecita provenienza (come nel caso di vendita da parte degli eredi a terzi in buona fede); rapporto che, però, persiste qualora vi sia un soggetto (erede o successore) che rappresenti, con continuità ‘diretta', il de cuius e, dunque, consenta il ‘permanere' del carattere dell'illecita provenienza (Cass. pen. n. 10153/2013). L'estensione della confisca a eredi e successori non è né arbitraria né illegittima perché il bene, siccome frutto di illecita acquisizione, reca in sé una connotazione negativa, che ne impone la coattiva apprensione, anche oltre la vita del soggetto pericoloso (…) siffatta connotazione di pericolosità resta impressa alla res, indipendentemente da qualsiasi vicenda giuridica della sua titolarità (successione universale o particolare), sino alla perenzione della stessa cosa oppure all'opponibilità giuridica del suo trasferimento (…) ovvero alla sua definitiva acquisizione al patrimonio dello Stato per effetto di confisca, questa sì capace di stravolgerne, definitivamente, la natura ed il regime giuridico, equiparando la res i beni demaniali. Regole queste notoriamente ispirate al principio della certezza e stabilità dei rapporti giuridici, rispetto alle quali si pone in sintonia la prescrizione della confiscabilità del bene, appartenuto a soggetto pericoloso, in capo agli eredi soltanto nel termine di anni cinque dalla morte del de cuius ;(Cass. pen., Sez. unite n. 4880/2015, cit.).

Sulla base di tali principi devono trovare soluzione i diversi quesiti operativi che possono porsi, a partire dalla tassatività di coloro che assumono la qualità di successori,da individuarsi in base alle norme del codice civile.

Si può aggiungere che successore a titolo universale è certamente l'erede che subentra nella totalità del patrimonio del de cuius o in una quota di questo. Non sembra possano avere rilievo successioni a titolo universale tra vivi, nei limitatissimi casi previsti, tra cui la fusione (e la trasformazione) tra società prevista dall'art. 2504-bis c.c. Successore a titolo particolare è colui che subentra in uno o più diritti, specificatamente individuati dal testatore, quindi i legatari. Vi è, dunque, sostanziale coincidenza con l'avente diritto (del de cuius) indicato al comma 2 dell'art. 18 d.lgs. cit.

Occorre, poi, distinguere (anche ai fini del riparto dell'onere di allegazione) tra soggetti chiamati in giudizio “al posto” della persona che poteva essere proposta (quando era in vita), vale a dire i successori a titolo universale o particolare che fanno le veci di questi, e i terzi intestatari del de cuiusche rimangono tali anche dopo l'intervenuta successione.

I successori, nei cui confronti va avanzata tempestivamente la proposta, esercitano i medesimi diritti e facoltà del proposto con riferimento ai beni in cui sono subentrati al de cuius. Trovano applicazione tutte le disposizioni relative al proposto essendo ai successori riconosciuti, come ha rilevato la giurisprudenza costituzionale, i mezzi probatori e i rimedi impugnatori previsti per il de cuius(Corte cost., nn. 21/2012 e 216/2012): diritto di nominare il difensore di fiducia e, in mancanza, necessità della nomina di un difensore d'ufficio; facoltà di partecipare al procedimento camerale, di presentare istanze, di impugnare il provvedimento pregiudizievole, ecc. Deve, perciò, ritenersi ammissibile il ricorso proposto dal difensore degli eredi della persona nei confronti della quale poteva essere disposta la confisca, anche se non munito di procura speciale, richiesta invece per i difensori dei terzi (in tal senso, in modo argomentato, Cass. pen. n. 136/2016; contra Cass. pen. n. 5085/2014).

I terzi intestatari (del de cuius) possono coincidere o meno con i successori.

Può, infatti, avvenire che l'erede (dell'intero patrimonio) sia stato terzo intestatario del proposto con riferimento ad alcuni beni, sicchè con la morte di quest'ultimo, assume nel procedimento (con riferimento a tali beni) una duplice qualità:

a) quale erede (subentrato e citato al posto del de cuius) esercita i diritti del proposto;

b) quale formale titolare del bene esercita i propri diritti di terzo intestatario.

Sotto il profilo formale e sostanziale non vi è alcuna incompatibilità, anzi la qualità di terzo intestatario consente all'erede di esercitare in misura ampia il diritto di difesa, con particolare riferimento ai risvolti patrimoniali. L'eventuale possibile contrasto sulla linea difensiva da assumere sull'effettiva disponibilità del bene non può, evidentemente, comportare né incompatibilità (sostanziali), né lesioni del diritto di difesa. Il terzo deve valutare se neutralizzare la tesi accusatoria sui presupposti della confisca con allegazioni relative alla sua effettiva titolarità ovvero se sostenere la disponibilità indiretta in capo al de cuius con conseguente onere di allegazione anche sulla legittima provenienza del bene.

Il terzo intestatario (del de cuius) può essere persona diversa dal successore (nei cui confronti è avanzata la proposta “per conto” del de cuius) e sarà citato in tale qualità. Ciascuno eserciterà i relativi diritti (Corte cost. nn. 21/2012 e 216/2012, cit.), fermo restando che i successori sono coloro che nel giudizio sono “portatori” della disponibilità indiretta per conto del de cuius.

In ordine al dies ad quem del termine quinquennale, pur condividendosi la premessa della Corte sull'impossibilità di ricorrere a interpretazioni estensive e sulle finalità della disposizione di dare certezza alle situazioni giuridiche, il principio di diritto affermato (decadenza che si verifica con riferimento al momento di individuazione dei singoli beni proposti) non sembra conciliarsi con il dato testuale della disciplina applicabile.

L'art. 18, comma 3, d.lgs. 159/2011 consente la confisca del bene anche dopo la morte della persona, prevalendo le esigenze di ablazione del bene sulla terzietà dei successori. Al fine di evitare che costoro si trovino esposti sine die all'espropriazione dei beni acquisiti è previsto opportunamente un lasso di tempo dal decesso del soggetto, potenzialmente destinatario della misura ablativa, entro il quale l'iniziativa di prevenzione patrimoniale deve essere esercitata: da un lato (dies a quo) la norma fa espresso riferimento, per la decorrenza del termine alla morte della persona, dall'altro (dies ad quem) individua quale termine finale la data di presentazione della proposta (in tal caso la richiesta di applicazione della misura di prevenzione può essere proposta nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare entro il termine di cinque anni dal decesso ;).

Le esigenze di certezza giuridica, sono salvaguardate con l'individuazione di una data univoca rappresentata dal deposito della proposta nei confronti dei successori (per conto del de cuius). Rispettato tale termine operano gli ordinari principi del procedimento di prevenzione e trovano applicazione le norme previste, ivi compresa quella di cui all'art. 20, comma 1, d.lgs. 159/2011 secondo cui il tribunale anche d'ufficio, ordina con decreto motivato il sequestro dei beni dei quali la persona nei cui confronti è iniziato il procedimento risulta poter disporre, direttamente o indirettamente …. Pertanto, depositata tempestivamente la proposta di misura patrimoniale nei confronti dei successori nei loro confronti potrà procedersi sia con riferimento a beni indicati nella proposta stessa, sia beni individuati successivamente nell'ambito di quel procedimento sempre che siano a loro riferibili per conto del de cuius. Ad esempio, qualora sia stata depositata tempestivamente la proposta nei confronti degli eredi con riferimento a determinati beni, il successivo rinvenimento di altri beni pervenuti a successori a titolo particolare richiederà altra e autonoma proposta che sarà tempestiva solo se avanzata nel quinquennio dalla morte del de cuius.

Va osservato, infine, che la Corte ha formulato il ricordato principio di diritto sul decorso del termine all'esito di una “particolare” evoluzione dei procedimenti svolti innanzi al Tribunale. Segnalati dall'amministratore giudiziario, dopo l'esecuzione del primo decreto di sequestro, ulteriori beni pervenuti agli eredi dal de cuius e di provenienza illecita (ai sensi dell'art. 35, comma 6, d.lgs. 159/2011), il Tribunale avrebbero dovuto valutare d'ufficio (ex art. 20, comma 1, d.lgs. cit.) o su richiesta dell'amministratore l'emissione di un ulteriore sequestro, senza necessità di una nuova e autonoma proposta che, pur se riunita al primo procedimento, conservava una propria autonomia.

Guida all'approfondimento

In dottrina sul tema:

Casella-Forte, Prove di “dialogo col morto”: il sequestro di prevenzione nei confronti degli eredi del soggetto pericoloso tra elaborazione giurisprudenziale e perplessità della dottrina, in Cass. Pen., 2014, 428 ss.; Menditto, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali. La confisca ex art. 12-sexies l. n. 356/92, Milano, 2012, pag. 563 ss;

Id., Le confische di prevenzione e penali. La tutela dei terzi, Milano, 2015, pag. 105 ss.;

Mazzamuto, La tutela dei terzi di buona fede nella confisca antimafia: le ultime novità legislative e giurisprudenziali, in juscivile.it;

Petrini, La prevenzione patrimoniale: la tutela dei diritti dei terzi, in La giustizia patrimoniale penale, Torino, 2011, 521 ss.

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