Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario: una inedita norma penale “in bianco”?

Vittorio Nizza
17 Agosto 2017

La sentenza riguarda un caso di responsabilità colposa di un medico-psichiatra, dirigente di un centro di salute mentale, per l'omicidio colposo posto in essere da un paziente sottoposto alle sue cure ai danni di un altro paziente ricoverato presso la medesima clinica.
Massima

In tema di responsabilità professionale del medico, la normativa contenuta nell'articolo 590-sexies del c.p., introdotta dalla legge 8 marzo 2017, n. 24, si applica solo quando sia stata elevata o possa essere elevata un'imputazione di colpa per imperizia, con riferimento agli eventi che costituiscono espressione di condotte governate da linee guida “ufficiali” che risultino, peraltro, appropriate rispetto al caso concreto. Al contrario, quando le linee guida non sono appropriate e vanno disattese, l'articolo 590-sexies del c.p. non viene in rilievo e trova applicazione la disciplina generale prevista dagli articoli 43, 589 e 590 c.p., così come, analogamente, la nuova normativa non dispiega i suoi effetti in relazione alle condotte che, sebbene poste in essere nell'ambito di una relazione terapeutica governata da linee guida pertinenti ed appropriate, non risultino per nulla disciplinate in quel contesto valutativo.

Il caso

La sentenza riguarda un caso di responsabilità colposa di un medico-psichiatra, dirigente di un centro di salute mentale, per l'omicidio colposo posto in essere da un paziente sottoposto alle sue cure ai danni di un altro paziente ricoverato presso la medesima clinica.

Allo psichiatra venivano contestate condotte attive ed omissive, considerate condizioni necessarie perché il paziente potesse porre in essere il gesto omicidiario, relative alle scelte sia di ridurre il trattamento farmacologico sia alla soglia di controllo assistenziale da applicare.

Il Gip aveva emesso nei confronti del sanitario sentenza ex art. 425 c.p.p. perché il fatto non sussiste.

Avverso tale sentenza presentava ricorso per Cassazione la parte civile costituita.

La questione

La Corte nella sentenza in oggetto affronta, in via preliminare, la problematica della configurabilità concorso colposo nel delitto doloso.

La pronuncia si incentra, però, sulla verifica della condotta posta in essere dal sanitario: se la stessa sia stata rispettosa dei protocolli o delle linee guida e se quest'ultime siano risultate adeguate al caso concreto. In tale analisi, per la prima volta, la Suprema Corte si trova a dover interpretare la legge 24 del 2017, in particolare a valutare la reale portata applicativa della nuova esimente di cui all'art. 590-sexies c.p. dalla stessa introdotta, nonché il rapporto con le precedente legge Balduzzi abrogata.

Le soluzioni giuridiche

Con riferimento alla questione preliminare, la Corte si richiama alla giurisprudenza pacifica che riconosce la configurabilità del concorso colposo nel reato doloso. Occorre, perché sia configurabile il concorso colposo, che il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e che nella condotta siano effettivamente presenti tutti gli elementi che caratterizzano la colpa. Inoltre, occorre che la regola cautelare violata fosse diretta a prevenire anche l'atto doloso del terzo e che tale atto fosse prevedibile per l'agente che risponde a titolo di colpa.

Precisa, quindi, la Corte come sia pacifica la posizione di garanzia assunta dal medico psichiatra, nonché il conseguente obbligo di protezione e controllo rispetto alle condotte del paziente autolesive o lesive di terzi.

Fatta tale premessa i supremi giudici incentrano il loro ragionamento sulla problematica principale: sulla valutazione del comportamento tenuto dal sanitario rispetto ad eventuali protocolli o linee guida, adeguate al coso concreto. La pronuncia della Corte non può, naturalmente, esimersi dall'analizzare anche la nuova legge in materia di responsabilità medica entrata in vigore nelle more del giudizio.

La Corte, dopo un rapido excursus sull'evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di responsabilità medica, si sofferma quindi sul testo del nuovo art. 590-sexies c.p. Sottolineano i giudici, facendo proprie le prime critiche della dottrina all'indomani dell'entrata in vigore del nuovo testo in materia di responsabilità medica, come la norma susciti dei dubbi interpretativi: il testo, infatti, conterrebbe delle «incongruenze interne tanto radicali da mettere in forse la stessa praticabilità della riforma in ambito applicativo». Sebbene ad una prima lettura la riforma sembrerebbe apparentemente contraddittoria, la Corte cerca di darne un'interpretazione tale da renderla effettivamente applicabile e innovativa, tenendo conto dell'iter legislativo che ha portato alla sua approvazione.

I supremi giudici incentrano la loro analisi sul concetto di linee guide che costituiscono, secondo giurisprudenza ormai consolidata, il sapere scientifico e tecnologico codificato, un'utile guida per orientare agevolmente le decisioni del terapeuta. Tali regole, di solito, non danno luogo a norme propriamente cautelari e non configurano, quindi, ipotesi di colpa specifica. Le linee guida vanno tenute distinte da protocolli o check list, che hanno carattere maggiormente rigido e prescrittivo. Con le legge di riforma della responsabilità medica, sottolinea la Corte, si è voluto costruire un sistema istituzionale, pubblicistico, di regolazione dell'attività sanitaria, con l'approvazione e la codificazione delle linee guida accreditate, per superare le problematiche di incertezza sorte con la legge Balduzzi.

La nuova norma troverebbe applicazione, pertanto, solo ove vi siano delle linee guida codificate e appropriate al caso di specie ed il comportamento dei sanitario, che abbia determinato delle lesioni (o il decesso) al paziente, sia stato determinato da imperizia.

Secondo l'interpretazione data dalla Corte, quindi, la nuova disciplina non trova applicazione negli ambiti che per qualunque ragione non siano governati da linee guida e nei casi in cui, invece, le linee guida non siano appropriate alla specificità del caso e vadano disattese. Inoltre, la nuova esimente in materia di responsabilità medica non trova applicazione, per espressa previsione del testo normativo, nei casi di colpa dovuta a imperizia o negligenza. In tutte le suddette ipotesi si applica la disciplina generale prevista dagli artt. 43, 589 e 590 c.p. e non l'art. 590-sexies c.p.

Infine, la Corte analizza il problema di diritto intertemporale, dal momento che la l. 24/2017 espressamente abroga l'art. 3 d.l. 158/2012, che rappresentava in alcune ipotesi norma più favorevole in quanto limitava la responsabilità del sanitario per morte o lesioni colpose ai soli casi di colpa grave, trovando applicazione, per giurisprudenza maggioritaria, anche alle ipotesi di colpa dovuta a imprudenza o negligenza. Secondo la suprema Corte, quindi, per i fatti anteriori all'entrata in vigore della l. 24/2017 si applica l'esimente di cui alla legge Balduzzi ai sensi dell'art. 2 c.p. in quanto norma più favorevole.

Osservazioni

La sentenza in commento rappresenta la prima pronuncia con cui la Corte analizza la nuova esimente in materia di responsabilità medica introdotta con la legge 24 del 2017.

La norma aveva già posto non pochi problemi interpretativi tanto da far dubitare non tanto della sua effettiva portata innovativa, ma addirittura sulla sua concreta possibilità applicativa. La suprema Corte, pur in parte condividendo le valutazioni critiche mosse dalla dottrina, individua un possibile ambito applicativo dell'art. 590-sexies c.p. partendo proprio dalla volontà di riforma del Legislatore.

Nucleo centrale della riforma parrebbe essere l'intenzione di codificare, istituzionalizzare l'ambito dell'operato del sanitario, per superare le critiche che erano state mosse alla legge Balduzzi. Come noto, l'esimente introdotta nel 2012, infatti, ricollegava l'operato del medico al rispetto delle linee guida, accreditate dalla comunità scientifica, senza definirle né indicare alcun parametro di riferimento per individuarle, con ovvio problemi di certezza del diritto.

La riforma, invece, prevede la creazione di una sorta di banca dati delle linee guida accreditate dallo stesso Ministero della Salute. Al momento non è ancora stato realizzato tale catalogo delle linee guida, che la stessa Corte si auspica venga realizzato rapidamente.

Sostiene la suprema Corte nella sentenza in oggetto che perché trovi applicazione la nuova esimente occorre che il medico abbia agito non solo nel rispetto di linee guida accreditate ma anche che le stesse risultino adeguate alla specificità del caso concreto: in tali casi il sanitario potrà andare esente da responsabilità ove il suo errore sia dovuto ad imperizia. Non si applica il nuovo art. 590-sexies c.p. ma trova applicazione la disciplina generale prevista dagli artt. 43, 589 e 590 c.p. non solo per errori dovuti a imprudenza o negligenza – espressamente non richiamati dalla norma – ma anche tutte le volte in cui quello specifico caso non sia, per qualsiasi ragione, governato da linee guida accreditate oppure le linee guida accreditate non siano adeguate allo stesso e vadano per tanto disattese.

Emerge chiaramente, quindi, la centralità del ruolo delle linee guida nell'ambito dell'operato del sanitario. La stessa corte sottolinea come la finalità della l. 24/2017 fosse creare un vero e proprio statuto delle modalità di esercizio delle professioni sanitarie, creando «un sistema istituzionale, pubblicistico, di regolazione dell'attività sanitaria, che ne assicuri lo svolgimento in modo uniforme, appropriato, conforme ad evidenza scientifiche controllate. Tale istituzionalizzazione vuole senza dubbio superare le incertezze manifestatesi dopo l'introduzione della legge 189/2012 a proposito dei criteri per l'individuazione delle direttive scientificamente qualificate». La giurisprudenza consolidatasi in merito alla legge Balduzzi aveva evidenziato come la norma così come formulata necessitasse di eterointegrazione. Sulla base anche di tali critiche, è stato elaborato il testo della riforma nel quale diventa fondamentale il catalogo delle linee guida, approvate, che dovrà essere elaborato.

In tale ottica, però, ci si chiede come debba essere effettivamente interpretato il rimando alle linee guida, questa necessaria eterointegrazione del precetto penale. L'art. 590-sexies c.p., infatti, rinvia per la configurabilità dell'esimente al rispetto delle «linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge». Il richiamo è all'art. 5 della l. 24/2017 che infatti prevede l'elaborazione delle linee guida da parte di specifici soggetti accreditati e la loro pubblicazione presso il Ministero della Salute nel Sistema nazionale delle linee guida.

L'art. 590-sexies c.p. quindi non specifica direttamente il contenuto del precetto penale ma di fatto opera un rinvio ad un'altra fonte dell'ordinamento. Sembrerebbe, pertanto, che l'art. 590-sexies sia una norma penale in bianco.

È pur vero che, come sottolinea la stesa Corte di cassazione nella sentenza in commento, le linee guida non possono esaurire il parametro di valutazione ma la norma rinvia, seppur in via residuale, al rispetto delle buone pratiche clinico-assistenziali, che non vengono in alcun modo definite. Stante la ratio della norma di garantire una maggior certezza dei parametri valutativi, una volta che sia effettivamente elaborato il catalogo delle linee guida accreditate viene da chiedersi quale possa essere lo spazio residuale lasciato alle buone pratiche e quali saranno poi quelle ritenute valide dai giudici in assenza di alcun accreditamento ufficiale da parte della comunità scientifica, come per le linee guida. Forse, in tutti i casi in cui non ci siano linee guida codificate adatte al singolo caso, seppur in presenza di buone pratiche, più che far riferimento a queste ultime, si rientrerà in quelle ipotesi, individuate dalla stessa sentenza in commento, in cui l'art. 590-sexies c.p. non trova applicazione.

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