La sospensione condizionale della pena in fase esecutiva. La pronuncia delle Sezioni unite

Luigi Levita
03 Novembre 2015

Il giudice dell'esecuzione deve revocare la sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell'art. 164, comma 4, c.p. in presenza di cause ostative, salvo che tali cause risultassero documentalmente al giudice della cognizione. A tal fine il giudice della esecuzione acquisisce, per la doverosa verifica al riguardo, il fascicolo del giudizio.
Massima

Il giudice dell'esecuzione deve revocare la sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell'art. 164, comma 4, c.p. in presenza di cause ostative, salvo che tali cause risultassero documentalmente al giudice della cognizione. A tal fine il giudice della esecuzione acquisisce, per la doverosa verifica al riguardo, il fascicolo del giudizio.

Il caso

La prima Sezione penale, con ordinanza del giugno 2014, si era trovata ad affrontare il ricorso proposto dal procuratore della Repubblica di Firenze avverso l'ordinanza resa dal locale tribunale, in veste di giudice dell'esecuzione, il quale aveva rigettato l'istanza della parte pubblica tendente alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena concessa ad un condannato.

Il tribunale, in particolare, aveva motivato il rigetto assumendo in ogni caso che il giudice della sentenza, essendo a conoscenza della sussistenza di cause ostative alla concessione del beneficio, aveva reso una decisione evidentemente illegittima, eliminabile soltanto attraverso la sua impugnazione e non mediante l'attivazione della fase esecutiva.

La prima Sezione, rilevata sul punto l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale, ha inteso rimettere la decisione alle Sezioni unite; infatti, se alla luce di un primo orientamento esegetico, la revoca della sospensione condizionale della pena, illegittimamente concessa dal giudice di merito, possa essere disposta nei giudizio di cognizione per mezzo della impugnazione della sentenza viziata ma non anche in sede di esecuzione, ostando in tale ultimo caso l'intangibilità del giudicato, secondo un diverso indirizzo (emerso in alcune decisioni del 2012 e 2013) si è ritenuto che il beneficio della sospensione condizionale della pena illegittimamente concesso possa essere revocato nella fase esecutiva limitatamente al caso in cui l'elemento ostativo non sia stato conoscibile dal giudice nella fase della cognizione, dovendo, invece, la revoca essere fatta valere attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione, laddove il giudice abbia erroneamente concesso il beneficio pur potendo avvedersi della sua non concedibilità.

Sulla scorta di tale evidente contrasto e considerato che la soluzione del contrasto – anche sotto il profilo della connessa necessaria delimitazione delle ipotesi di conoscenza o conoscibilità degli elementi ostativi da parte del giudice della cognizione e dei correlati oneri probatori delle parti e poteri officiosi del giudice, quanto alla rilevabilità in sede esecutiva di dette ipotesi ovvero ex post degli stessi elementi ostativi - incide sui limiti di revocabilità in executivis del beneficio della sospensione condizionale della pena illegittimamente concesso e, in definitiva, sulla entità della pena espianda da parte del condannato, appare inevitabile il ricorso al pronunciamento del Supremo consesso.

La questione

Le Sezioni unite penali vengono quindi chiamate a decidere se la revoca della sospensione condizionale della pena, illegittimamente concessa dal giudice di merito, possa essere rilevata nella fase esecutiva e in quali limiti, con quali modalità, oneri probatori e poteri officiosi, siano individuabili ipotesi di conoscenza o di conoscibilità degli elementi ostativi da parte del giudice della cognizione o ipotesi di conoscibilità ex post degli stessi elementi ostativi da parte del giudice dell'esecuzione.

La sussistenza di una terza via? Nel ricostruire i termini del dibattito, dando preliminarmente conto dei due filoni interpretativi già segnalati dall'ordinanza di rimessione, le Sezioni unite opportunamente evidenziano l'ulteriore assunto del procuratore generale, il quale nella sua requisitoria scritta ha segnalato l'asserita presenza di un terzo indirizzo interpretativo, secondo il quale la revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena ad opera del giudice della esecuzione sarebbe sempre possibile [...] anche in ipotesi di conoscenza o conoscibilità di elementi ostativi alla sospensione da parte del giudice di cognizione, in quanto il provvedimento di revoca per la sua natura dichiarativa si limiterebbe a recepire effetti già prodotti ope legis, rilevabili in ogni momento (Cass. pen., Sez. I, 19 marzo 2014, n. 18360).

Il percorso argomentativo. In via preliminare, ricordano le Sezioni unite come anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 128 del 26 marzo 2001, che ha modificato il regime della revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena, l'intervento del giudice dell'esecuzione, ex art. 674, comma 1, c.p.p., era rigorosamente circoscritto nell'ambito delle ipotesi della "decadenza" del beneficio contemplate dall'art. 168, comma 1, c.p. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità aveva avuto occasione di chiarire che la procedura di revoca della sospensione condizionale della pena, si riferisce unicamente alle ipotesi tassativamente previste e non anche ai casi di violazione dell'art. 164, spiegando che le cause di revoca obbligatoria del provvedimento sono specificamente indicate dalla legge e che non è possibile, per la preclusione nascente dal principio dell'intangibilità del giudicato, togliere in sede esecutiva il beneficio concesso con sentenza divenuta irrevocabile a colui al quale non lo si sarebbe potuto accordare per averlo già ottenuto due volte, nemmeno nel caso in cui dal certificato penale acquisito nel procedimento di cognizione non risulti ancora la pregressa doppia applicazione del beneficio.

Onde porre rimedio alla distorsione pratica che vedeva concedere più volte il beneficio a soggetti non legittimati, la succitata riforma ha riscritto il terzo comma dell'art. 168 c.p. Tale previsione di revoca, lungi dall'assimilarsi ai casi di “decadenza dal beneficio” contemplati ai primi due commi dell'art. 168 c.p., attiene al ripristino di una pregressa inosservanza della legge penale, la quale inficia di per se sola la concessione del beneficio; si è quindi in presenza, secondo le Sezioni unite, di un'ipotesi di revoca “patologica”, tendente al ripristino della legalità violata e non assimilabile ai casi fisiologici di successiva insussistenza dei presupposti per l'accesso al beneficio.

Con correlata disposizione di carattere processuale, la legge del 2001 ha altresì integrato l'art. 674 c.p.p., consegnando al giudice dell'esecuzione un grimaldello riparatorio finalizzato all'eliminazione dal mondo giuridico di una statuizione contenuta nella sentenza di condanna.

Tanto premesso, argomenta il supremo Collegio che nella giurisprudenza di legittimità più recente è da ritenersi pacifica la conclusione che all'errore di diritto, risultante ex actis, in cui incorra il giudice nella applicazione della sospensione condizionale della esecuzione della pena deve porsi riparo (solo e) mediante l'impugnazione, senza possibilità di recupero in executivis. Assai fragile e non risolutivo si rivela l'argomento a silentio della mancata inserzione nel testo della legge di clausole, limitazioni o condizioni, in ordine all'intervento del giudice della esecuzione, riguardo la revoca della sospensione condizionale della pena.

La Corte pone quindi al vertice del proprio ragionamento il principio cardine della preclusione processuale e il correlato divieto del ne bis in idem, i quali permeano e informano il procedimento in ogni grado, stato e fase, compresa quella della esecuzione, peraltro caratterizzata da particolare disposizione in tal senso (art. 666, comma 2, c.p.p.).

E nell'osservanza di tale principio deve modularsi – secondo le Sezioni unite – l'ambito della cognizione del giudice della esecuzione ai sensi dell'art. 674, comma 1-bis, c.p.p., il che porta a ritenere il divieto della rinnovazione dello scrutinio delle questioni esaminate e decise nella fase del giudizio.

Deve, pertanto, darsi soluzione positiva alla questione se il rilievo di cause ostative, preesistenti alla formazione del giudicato ma non note al giudice della cognizione, abiliti quello della esecuzione alla revoca della sospensione condizionale dell'esecuzione della pena.

Le Sezioni unite passano quindi ad interrogarsi sui limiti d'intervento del giudice in fase esecutiva, sottoponendo ad analisi critica il requisito della “non conoscibilità” (che si sostanzia, allo stato attuale del funzionamento dei registri informatici del casellario giudiziale, in un mancato inserimento del precedente ostativo al suo interno, in relazione alla posizione del singolo condannato).

Orbene, la possibilità della conoscenza dei precedenti ostativi, non noti al giudice che concesse la sospensione condizionale della esecuzione della pena, non è ritenuta di ostacolo alla revoca del beneficio nella fase della esecuzione, dal momento che, secondo i supremi giudici, la statuizione di concessione della sospensione condizionale della esecuzione della pena, sebbene contenuta nella sentenza irrevocabile, non partecipa della natura intrinseca del giudicato sostanziale. Se ne deduce quindi che al giudice dell'esecuzione, investito della richiesta del pubblico ministero di revoca, ai sensi degli artt. 674, comma 1-bis c.p.p. e 168, comma 4, c.p., della sospensione condizionale della esecuzione della pena, compete, pertanto, preliminarmente accertare se i precedenti penali ostativi risultassero documentalmente al giudice della cognizione all'atto della concessione del beneficio, provvedendo all'acquisizione del fascicolo processuale in questione.

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni unite, componendo il contrasto giurisprudenziale, hanno quindi enunciato il seguente principio di diritto: Il giudice dell'esecuzione deve revocare la sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell'art. 164, quarto comma, cod. pen. in presenza di cause ostative, salvo che tali cause risultassero documentalmente al giudice della cognizione. A tal fine il giudice della esecuzione acquisisce, per la doverosa verifica al riguardo, il fascicolo del giudizio.

Osservazioni

L'arresto delle Sezioni unite, che ripercorre analiticamente lo scenario degli orientamenti in campo nell'ambito di una ricostruzione espositiva lineare e coerente, appare meritevole di condivisione ed apprezzamento, mirando a privilegiare una soluzione vicina ai canoni di legalità sostanziale, pur nel rispetto del consolidato perimetro del giudicato (per come lungamente scolpito dall'evoluzione pretoria di legittimità).

L'evidenziazione della natura “debole” della preclusione, posta dalle Sezioni unite a premessa maggiore del proprio sillogismo, non poteva comportare del resto una soluzione difforme.

Non può tuttavia sottacersi come l'attività di doverosa verifica del giudice dell'esecuzione comporterà una defatigante attività organizzativa per gli uffici di cancelleria, dovendosi provvedere al richiamo del fascicolo del giudizio (attività materiale spesso non agevole, tenuto conto del fenomeno migratorio dei fascicoli connaturato all'esperimento dei mezzi d'impugnazione, dei giudizi caratterizzati da una pluralità di imputati et similia).

Guida all'approfondimento

C. PECORELLA, La rideterminazione della pena in sede di esecuzione: le sezioni unite danno un altro colpo all'intangibilità del giudicato, in Diritto Penale e Processo, 2, 2015, 173, ss.;

A. SCARCELLA, Operativa "ex lege" la revoca della sospensione condizionale, in Urbanistica e Appalti, 11, 2012, 1219, ss.

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