Il diritto della persona offesa a partecipare al procedimento cautelare

Costantino De Robbio
04 Maggio 2016

L'obbligo del difensore dell'imputato di notificare, a pena di inammissibilità, alla persona offesa l'istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare nei casi previsti dall'articolo 299, commi 2-bis e ter,c.p.p. sussiste incondizionatamente o solo nei casi in cui la persona offesa abbia manifestato il suo interesse a partecipare al procedimento, attraverso elezione di domicilio, nomina di un difensore o partecipazione alle udienze?
Massima

Il riconoscimento del diritto di partecipare al procedimento cautelare della persona offesa è condizionato alla manifestazione della volontà di esserne parte che si esprime attraverso la nomina di un difensore o l'elezione di domicilio, in mancanza della quale non spettano alla persona offesa gli avvisi previsti dall'articolo 299, commi 3 e 4-bis del codice di procedura penale.

Il caso

Nel corso dell'udienza preliminare il difensore dell'imputato, detenuto, chiedeva la revoca dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il giudice dell'udienza preliminare dichiarava l'istanza inammissibile poiché l'imputato non aveva provveduto a notificare l'istanza alla persona offesa.

Avverso tale ordinanza il difensore proponeva appello al tribunale per il riesame, rilevando che la persona offesa non aveva diritto a ricevere la notifica, non essendo presente in udienza preliminare e non avendo eletto domicilio o nominato un difensore. Il tribunale per il riesame rigettava l'appello. Contro questo provvedimento è stato presentato ricorso per Cassazione.

La Corte di cassazione annullava il provvedimento impugnato.

In motivazione

Il diritto della persona offesa di ricevere la notifica dell'istanza di revoca della misura cautelare previsto dall'articolo 299 del codice di procedura penale non è incondizionato.

Esso consegue ad una manifestazione di un interesse a partecipare al processo.

Nella fase delle indagini preliminari tale interesse si esprime attraverso l'elezione di un domicilio o la nomina di un difensore.

Dopo l'esercizio dell'azione penale, ricevuta la notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, la persona offesa ha l'onere di partecipare alle udienze.

In mancanza di tali manifestazioni di volontà partecipativa l'offeso decade dal diritto alla notifica dell'istanza di revoca, fermo il suo diritto a conoscere l'esito della eventuale revoca o sostituzione previsto dall'art. 299 comma 2 bis cod. proc. pen., ed ora, anche dall'art. 90 ter cod. proc. pen. introdotto dal d.lgs. 212 del 2015.

Nella specie la Corte, preso atto che la persona offesa non aveva preso parte all'udienza preliminare in cui è stata avanzata l'istanza di revoca della misura cautelare, ha censurato il provvedimento del giudice di primo grado che aveva ritenuto l'istanza inammissibile per mancanza della notificazione alla persona offesa, ritenendo che la mancanza di una manifestazione di interesse dell'offeso a partecipare escludesse quest'ultimo dal procedimento incidentale di revoca o sostituzione della misura cautelare.

La questione

La questione in esame è la seguente: l'obbligo del difensore dell'imputato di notificare, a pena di inammissibilità, alla persona offesa l'istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare nei casi previsti dall'articolo 299, commi 2-bis e ter,c.p.p. sussiste incondizionatamente o solo nei casi in cui la persona offesa abbia manifestato il suo interesse a partecipare al procedimento, attraverso elezione di domicilio, nomina di un difensore o partecipazione alle udienze?

Le soluzioni giuridiche

Come si è visto, la sentenza in esame ha statuito che il diritto della persona offesa a ricevere la notificazione dell'istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare presuppone un suo interesse ad essere parte del processo.

Tale soluzione non è chiaramente evincibile dalla lettera della legge.

L'articolo 299, comma 3, del codice di procedura penale prevede in capo al difensore dell'indagato l'obbligo di notificare la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare in primo luogo al difensore della persona offesa.

In mancanza di questo, la norma prevede che la notificazione debba essere fatta alla persona offesa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere il domicilio.

È stato dunque sostenuto che, nel caso in cui la persona offesa non ha nominato un difensore (prima opzione contemplata dalla norma) e non ha eletto domicilio (opzione prevista in via subordinata) la notificazione spetti comunque alla persona offesa.

In questo caso il difensore dell'imputato che intende presentare istanza dovrà attivarsi per reperire la persona offesa eseguendo la notificazione in uno dei luoghi indicati nell'articolo 157 del codice di procedura penale (residenza, luogo di lavoro, e così via), fino al raggiungimento del risultato voluto dal legislatore: mettere la persona offesa effettivamente in condizione di esercitare il proprio diritto di essere informato sul contenuto dell'istanza ed eventualmente presentare memorie o controdeduzioni.

La lettura della norma sembra dunque non lasciare spazio alcuno ad un onere di manifestazione dell'interesse a partecipare, contrariamente a quanto stabilito dalla sentenza in commento.

Questa ricostruzione alternativa è stata sostenuta in altre sentenze sia di merito che di legittimità: tra le altre, va segnalata una sentenza della Corte di Cassazione, precedente a quella oggi in esame, e proveniente dalla medesima Sezione (Cass. pen., Sez. II, 16 dicembre 2014, n. 52127), che ha specificato che la norma disciplina le modalità della notifica alla persona offesa chiarendo come la notifica debba essere effettuata quando la persona offesa non ha nominato un difensore.

Muovendo da queste premesse la Corte ha in quel caso dichiarato inammissibile l'istanza non preceduta da notificazione, ritenendo dunque che anche in caso di mancata elezione di domicilio l'istanza debba essere comunque notificata, a pena di inammissibilità, alla persona offesa.

Osservazioni

La norma che ha introdotto l'obbligo, a pena di inammissibilità, della notificazione dell'istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare alla persona offesa ha lo scopo, evidente e dichiarato, di consentire a quest'ultima di intervenire nel procedimento incidentale attivato dal difensore dell'indagato, presentando memorie al giudice della cautela.

Il procedimento di revoca o sostituzione della misura diviene dunque un procedimento a contraddittorio allargato: non solo il Pubblico Ministero ha la facoltà di esprimere un parere sull'istanza, a tutela delle ragioni pubbliche eventualmente sottese al mantenimento della misura che egli stesso ha a suo tempo richiesto ma anche la parte privata, che porterà all'attenzione del giudice il suo particolare interesse, ritenuto particolarmente meritevole di tutela nei delitti caratterizzati da violenza contro la vittima.

Accanto a questo interesse sussiste inalterato quello dell'imputato a ricevere una risposta, in tempi rapidi, all'istanza de libertate: anche questo interesse è ritenuto meritevole di tutela, come dimostrano i tempi strettissimi assegnati al Pubblico Ministero per il suo parere ed al giudice per l'ordinanza (rispettivamente, due e cinque giorni).

Anche alla stessa persona offesa è, per la stessa ragione, assegnato dalla nuova normativa un termine assai breve (due giorni) per la presentazione delle memorie.

Tale interesse ad ottenere una rapida risposta all'istanza de libertate incontra oggi un limite nella necessità di coinvolgere la persona offesa, portatrice di un interesse contrapposto.

Come si è detto, non vi sono problemi a comporre i due interessi nel caso in cui la persona offesa abbia nominato un difensore.

Va ricordato che, a norma dell'articolo 33 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, il domicilio della persona offesa del reato che abbia nominato un difensore si intende eletto presso quest'ultimo: è dunque logico che, laddove sia presente agli atti la nomina del difensore della persona offesa, l'obbligo stabilito dall'articolo 299, comma 3, c.p.p. sia assolto mediante notificazione dell'istanza de libertate a quest'ultimo.

Nel caso in cui la persona offesa non abbia nominato un difensore ma abbia eletto domicilio, il difensore dell'imputato/indagato istante dovrà invece eseguire la notificazione presso il domicilio eletto.

Entrambe queste ipotesi soddisfano in modo rapido l'interesse al coinvolgimento della persona offesa a partecipare al procedimento, senza andare a detrimento di quello di una rapida definizione del procedimento medesimo.

Ma che accade se la persona offesa non ha eletto domicilio né nominato un difensore?

Seguendo l'impostazione più rigida prospettata da Cass. pen. 52127/2014 il difensore dovrebbe attivare la procedura, complessa e farraginosa, prevista per le notificazioni ordinarie, ed in caso di irreperibilità del destinatario la notificazione potrebbe dirsi perfezionata solo con il deposito presso la casa comunale.

Nelle more, l'istante dovrebbe attendere in vinculis.

Non va trascurato il fatto che non tutte le istanze sono fondate sulla mera richiesta di rivisitazione degli elementi già valutati dal giudice della cautela: accanto ad istanze di questo tipo, che spesso cadono sotto la scude del giudicato cautelare e sono rigettate dai giudici senza nemmeno bisogno di esaminare il merito, ve ne sono non poche fondate sulla prospettazione di elementi nuovi e spesso decisivi, in grado di dimostrare con evidenza l'insussistenza degli indizi di colpevolezza o la cessazione delle esigenze cautelari.

In casi del genere, impedire la valutazione dell'istanza per il mancato coinvolgimento di una persona offesa che non ha mostrato, per tutto l'arco del procedimento penale, alcun interesse a partecipare alle sue vicende, potrebbe sembrare eccessivo.

Si pensi ancora alle istanze fondate su gravi motivi di salute: il permanere della custodia cautelare nelle more della scadenza del termine per il deposito alla casa comunale della notificazione potrebbe avere ripercussioni serie sul diritto dell'indagato a ricevere un giusto trattamento, sancito dall'articolo 277 del codice di procedura penale ma la cui ratio, come è evidente, poggia su principi costituzionali.

La sentenza oggi in commento (n. 12325 del 2016) sembra dunque in grado di contemperare gli interessi in gioco, poiché propone un'interpretazione logica e coerente con il sistema: il diritto della persona offesa a ricevere la notificazione presuppone una sua manifestazione di interesse a partecipare alle vicende del procedimento penale, che da un lato faciliti le operazioni di notificazione e dall'altro garantisca che il rallentamento dei termini entro cui il giudice emetterà la decisione sull'istanza è effettivamente conseguenza del soddisfacimento di un interesse contrapposto a quello dell'istante e non un vuoto formalismo.

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