Lo spoglio preliminare di inammissibilità dei ricorsi per cassazione non integra una "incompatibilità da prevenzione"

05 Ottobre 2016

È ricusabile, in quanto incompatibile ex art. 34 c.p.p., il componente del collegio della VII Sezione della Corte di cassazione il quale, come consigliere addetto all'"ufficio spoglio", ha già valutato, sia pure in via provvisoria, come inammissibile il medesimo ricorso oggetto del giudizio?
Massima

Non è incompatibile il consigliere di Cassazione che, dopo aver compiuto l'attività di “spoglio” diretta alla selezione dei ricorsi prima facie inammissibili, faccia parte successivamente del collegio della apposita Sezione prevista dall'art. 610 c.p.p. a cui quello stesso ricorso viene assegnato.

Il caso

Un consigliere delegato dal primo Presidente allo "spoglio" dei ricorsi per cassazione, dopo aver vagliato in via preliminare l'inammissibilità dell'atto di impugnazione proposto da Tizio, si è ritrovato a trattare il medesimo ricorso come componente del collegio giudicante della VII Sezione, deputata appositamente – come noto – a valutare l'effettiva inidoneità del ricorso a instaurare un valido rapporto di impugnazione (art. 610 c.p.p.).

L'imputato Tizio ha proposto, quindi, dichiarazione di ricusazione nei confronti di quel consigliere, ritenuto incompatibile con la funzione "giudicante" propria del collegio della VII Sezione, atteso che avrebbe già espresso la sua valutazione in merito all'inammissibilità del ricorso per cassazione.

La Corte di legittimità, tuttavia, ha respinto la dichiarazione di ricusazione, condannando la parte privata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende (art. 44 c.p.p.).

La questione

La questione giuridica in esame è la seguente: è ricusabile, in quanto incompatibile ex art. 34 c.p.p., il componente del collegio della VII Sezione della Corte di cassazione il quale, come consigliere addetto all'"ufficio spoglio", ha già valutato, sia pure in via provvisoria, come inammissibile il medesimo ricorso oggetto del giudizio?

Le soluzioni giuridiche

Con l'ordinanza in epigrafe la suprema Corte ha affermato che, nel caso di specie, non sussiste alcuna delle predefinite cause di ricusazione ricollegabili alle tassative situazioni di incompatibilità previste dall'art. 34 del codice di rito, sia pure nella versione arricchita dalle numerose pronunce di illegittimità costituzionale. Le argomentazioni addotte sono essenzialmente due. In primo luogo si osserva che, in ossequio ai principi elaborati in materia dalla Corte costituzionale (v., tra le tante, Cortecost. 131/1996 e 153/2012), l'incompatibilità "da prevenzione" non può derivare da valutazioni in eadem rem espresse dal giudice nell'ambito di una medesima fase processuale, altrimenti il procedimento risulterebbe eccessivamente frammentato.

In secondo luogo, nell'ordinanza in esame si afferma che nel giudizio di legittimità non possono verificarsi situazioni di incompatibilità "orizzontale", posto che gli atti "pregiudicanti" ai fini dell'incompatibilità di cui all'art. 34 c.p.p. sono quelli che hanno riflessi diretti sul merito dell'accusa (così Cass. pen., Sez. III, 20 aprile 2005, n. 24961; cfr. anche Cass. pen., Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 11494 e Cass. pen., Sez. III, 20 ottobre 2006, n. 35219).

Per sostenere l'incompatibilità da prevenzione nel caso in esame si dovrebbe sposare una lettura che valorizzasse la portata generale del principio costituzionale d'imparzialità del giudice, sancito ora esplicitamente nell'art. 111, comma 2, Cost. come canone imprescindibile del "giusto processo" (cfr. art. 6 §1Cedu): un sentiero interpretativo certamente impervio, che avrebbe peraltro come effetto quello di ampliare "a cascata" l'ambito operativo dell'istituto dell'incompatibilità, in aperto contrasto con l'orientamento ormai consolidato del giudice delle leggi.

Osservazioni

L'ordinanza in esame affronta per la prima volta un tema assai delicato, dato anche il peculiare rilievo che assume la pronuncia di inammissibilità del ricorso per cassazione nel quadro complessivo del sistema processuale.

Come noto, al fine di fronteggiare eventuali impugnazioni meramente dilatorie e di consentire un effettivo esercizio del controllo di legittimità ove più necessario, è stata istituita la settima Sezione della Corte di cassazione con decreto del primo Presidente del 2 aprile 2001, in attuazione dell'art. 6 della legge 26 marzo 2001 n.128, recante interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini. Tale Sezione è competente per la trattazione dei ricorsi per i quali il Presidente della Corte di Cassazione (rilevi) una causa d'inammissibilità (artt. 610 e 611 c.p.p.). Ad essa sono addetti per la durata di un biennio (art.169-bisdisp. att. c.p.p.) alcuni consiglieri, che continuano comunque ad esercitare le loro funzioni presso le sezioni di appartenenza.

La procedura dedicata al vaglio di inammissibilità del ricorso, come modificata dalla l. 26 marzo 2001 n. 128, è collocata nella fase degli atti preliminari al giudizio in cassazione. Tale procedura si articola in due momenti, anche se è strutturata in maniera unitaria. Il primo momento consiste nello "spoglio" preventivo, che avrebbe dovuto essere centralizzato presso la presidenza della Corte ma che nella prassi viene ancora effettuato dai consiglieri presso le singole sezioni su delega del Presidente. Il secondo momento è eventuale, perché si ha unicamente se l'atto di impugnazione appare prima facie inammissibile: in questo caso il ricorso è assegnato dal primo Presidente della Cassazione alla settima Sezione (per la rilevanza esclusivamente interna dell'assegnazione v. Cass. pen., Sez. VI, 2 ottobre 2002, n. 39139). La questione è trattata in camera di consiglio e il collegio mantiene integro ogni potere di valutazione nel senso che, qualora escluda il vizio, restituisce gli atti al Presidente per l'assegnazione alle sezioni ordinarie.

In base a questo meccanismo, dunque, l'atto di impugnazione può essere valutato in seno alla settima sezione da un collegio in cui è presente anche il consigliere che, in quanto addetto allo spoglio, ha - di fatto - innescato l'iter procedurale per la declaratoria di inammissibilità di quel determinato ricorso.

In casi del genere si pone, da un lato, il problema dell' "imparzialità-impregiudicatezza" del singolo giudice; dall'altro, il rischio che l'esito finale – dati anche i tempi serrati di trattazione – sia fortemente influenzato dal consigliere che ha già studiato la vicenda e che si è espresso in favore dell'inammissibilità del ricorso. Proprio per queste ragioni, sin dal momento dell'istituzione del nuovo meccanismo di "filtro", era stata avvertita l'esigenza di escludere i magistrati addetti allo spoglio dai collegi giudicanti della settima Sezione (BARGIS; Conti; in senso contrario, NAPPI).

Tuttavia, sotto il profilo tecnico-processuale, le argomentazioni svolte dall'ordinanza in commento risultano lineari e pienamente condivisibili.

Non è, infatti, invocabile alcuna causa di incompatibilità in senso stretto alla luce degli insegnamenti della Corte costituzionale, posto che la duplice valutazione effettuata sul medesimo oggetto avviene nel caso di specie nell'ambito di una procedura unitaria.

Ad ulteriore sostegno della tesi interpretativa accolta merita aggiungere che la valutazione determinante l'incompatibilità "per prevenzione" è sempre ricollegata all'esercizio di una funzione giurisdizionale e alla adozione di un provvedimento avente tale natura; nel caso de quo, viceversa, ci troviamo di fronte all'esercizio di una funzione amministrativa delegata, che all'esito di una verifica del tutto sommaria sfocia in una proposta di inammissibilità rivolta al primo Presidente: il carattere meramente preparatorio dell'attività compiuta dal magistrato addetto allo "spoglio" è tale che la proposta è contenuta in un modulo prestampato con alcune caselle barrate in corrispondenza degli specifici motivi di inammissibilità ravvisati in concreto.

Guida all'approfondimento

CONTI, Le nuove norme sul giudizio di cassazione, in Gaeta (a cura di), Processo penale: nuove norme sulla sicurezza dei cittadini (legge 26 marzo 2001, n. 128), Padova, 2001, p. 186 ss.;

MARAFIOTI, Selezione dei ricorsi penali e verifica d'inammissibilità, Torino, 2004;

NAPPI, La politica riscopre la corte di cassazione, in Cass. pen., 2002, p. 1920 ss.;

SCELLA, Il vaglio d'inammissibilità dei ricorsi per cassazione, Torino, 2006.

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