L'impugnazione della parte civile contro la sentenza di non luogo a procedere in ipotesi di falsa perizia

04 Dicembre 2015

In riferimento al delitto di falsa perizia, l'opinabilità dei temi tecnici in discussione, ove non sia posta adeguatamente in discussione sul piano logico, finisce per divenire incompatibile coi presupposti sia oggettivi che soggettivi del reato.
Massima

È inammissibile il ricorso per Cassazione proposto personalmente dal danneggiato costituitosi parte civile, avverso la sentenza di non luogo a procedere emessa dal Gup ai sensi dell'art. 425 c.p.p.

In riferimento al delitto di falsa perizia, l'opinabilità dei temi tecnici in discussione, ove non sia posta adeguatamente in discussione sul piano logico, finisce per divenire incompatibile coi presupposti sia oggettivi che soggettivi del reato.

Il caso

Il pubblico ministero chiede il rinvio a giudizio di un perito, incaricato di svolgere una consulenza tecnica in una causa civile relativa a danni asseritamente arrecati ad un immobile dalla costruzione di altro edificio su terreno confinante. Si addebita al perito di aver fondato la propria relazione su dati storici falsi e giudizi mendaci, contestando di conseguenza il reato di falsa perizia (art. 373 c.p.): la tesi accusatoria trova il proprio fondamento in una consulenza disposta in sede di indagini preliminari. Nel corso dell'udienza preliminare si costituisce parte civile la parte soccombente del giudizio civile.

All'esito dell'udienza, il Gup emette sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'art. 425 c.p.p. in quanto il fatto non sussiste.

In ossequio alla previsione dell'art. 428 c.p.p, avverso la decisione propongono ricorso per cassazione sia il P.M. che, personalmente, la parte civile costituita: entrambi i ricorsi lamentano che il Gup si sia discostato da alcuni dati storici che dovrebbero ritenersi certi sulla base della consulenza tecnica disposta dal P.M., ingiustamente valorizzando le risultanze della relazione del consulente di parte della difesa, acquisita nel corso dell'udienza preliminare.

Nelle more del giudizio di legittimità, la difesa dell'imputato deposita una memoria nella quale eccepisce l'inammissibilità del ricorso della parte civile in quanto proposto personalmente senza l'assistenza di un difensore abilitato e dovendosi comunque ritenere che difetti in capo alla parte civile la legittimazione ad interporre gravame di legittimità avverso le sentenze rese ai sensi dell'art. 425 c.p.p.

Prima di ogni altra questione, la Corte esamina tale ultimo profilo, concludendo per l'inammissibilità del ricorso proposto dalla parte civile.

Anche il ricorso del P.M., sia pure per differenti ragioni, viene poi dichiarato inammissibile.

La questione
La prima questione che la Corte viene chiamata a risolvere è se la parte civile possa proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 428 c.p.p. e se tale ricorso possa essere presentato personalmente: infatti, sia il ricorso introduttivo che una successiva memoria difensiva sono stati personalmente sottoscritti dalla parte civile, ovvero dal soggetto che tale si era costituito nel corso dell'udienza preliminare affermandosi danneggiato dalle conclusioni esposte nella falsa perizia in qualità di parte del giudizio civile.

In entrambi gli scritti, la parte civile sostiene di essere legittimata ad impugnare la sentenza e di avervi interesse.

In motivazione. Nel ricorso del G. si segnala l'interesse e la legittimazione ad impugnare della parte civile; si adduce violazione dell'art. 425 c.p.p., comma 3 confortata da una disamina approssimativa e comunque non completa delle emergenze offerte dal P.M. a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio, destinate al necessario approfondimento dibattimentale e deprivate immotivatamente di rilievo dal Gip (…) Con due memorie identiche, una a firma dell'imputato e l'altra sottoscritta dal difensore di fiducia si evidenzia l'inammissibilità del ricorso della parte civile, non legittimata e comunque priva della necessaria assistenza tecnica, non potendo provvedere ad interporre il gravame personalmente.

Relativamente al gravame interposto dal P.M., la sentenza in commento affronta un'ulteriore questione che merita di essere segnalata, ovvero la compatibilità del falso giudizio nell'ambito di valutazioni opinabili di tipo tecnico.

In motivazione. Nel ricorso della parte pubblica si segnala violazione di legge avuto riguardo all'art. 373 cod. pen. Il giudice non avrebbe considerato che dalla consulenza disposta in sede d'indagini emergeva la falsità di dati storici e naturalistici destinati a sfalsare i successivi giudizi di tipo valutativo e tecnico esposti nella falsa consulenza, in alcuni momenti peraltro fondati su parametri di giudizio palesemente errati sul piano della scienza ingegneristica (…) In questa cornice di riferimento, dunque, occorreva argomentare, con la dovuta specificità, sulla forza logica del dato sostenuto nell'elaborato tecnico di parte disposto a cura della parte pubblica, così da mettere in crisi il portato della valutazione spesa dal giudice del merito nell'escludere l'ipotesi della dolosa alterazione del vero scritta all'imputato.

Le soluzioni giuridiche

Come si è accennato sopra, sia il ricorso della parte civile che quello del P.M. vengono dichiarati inammissibili.

Secondo la Corte, infatti, entrambi i rilievi sollevati dalla difesa dell'imputato in ordine al ricorso presentato dalla parte civile sono fondati: per un primo profilo, non è consentito alla parte civile proporre ricorso senza il patrocinio di un difensore abilitato al patrocinio presso la Corte di Cassazione giusta quanto disposto dall'art. 613, comma primo, cod. proc. pen. Il difensore deve inoltre essere munito di procura speciale conferita ai sensi degli artt. 100 e 101 c.p.p.

Per quanto invece riguarda la legittimazione ad impugnare, la sentenza richiama implicitamente l'art. 428, comma 2, c.p.p. ed osserva che la parte civile costituita può proporre ricorso per cassazione solo quando essa sia anche persona offesa.

Nel caso di specie, pur non mettendosi in discussione la qualità di danneggiato di colui che abbia subito un pregiudizio a causa della perizia ritenuta falsa, la disposizione incriminatrice tutela essenzialmente l'interesse della collettività al corretto funzionamento della giustizia, con la conseguenza che l'interesse del privato viene protetto soltanto in via mediata e non consente l'attribuzione della qualità di persona offesa.

Rispetto, invece, al ricorso della parte pubblica, l'inammissibilità deriva, secondo la Corte, dalla genericità ed aspecificità delle considerazioni in esso contenute.

Considerata la presenza agli atti di una consulenza tecnica di parte redatta nell'interesse dell'imputato, contenente rilievi e conclusioni conformi rispetto alla perizia incriminata, la dolosa divergenza dalle regole scientifiche offerte dalla scienza ingegneristica non poteva essere denunciata col solo ed apodittico richiamo alle risultanze della consulenza di parte disposta dal P.M. Occorreva, al contrario, un'argomentazione specifica che chiarisse la preponderante forza logica dei dati esposti in quest'ultimo elaborato rispetto alle valutazioni spese dal giudice del merito, precisando, inoltre, quali dati storici descritti come falsi potessero assumere portata decisiva. In sintesi, proprio la struttura logica della decisione di merito, incentrata sull'irrilevanza penale di una falsa opinione spesa nell'ambito di valutazioni tecniche per loro natura opinabili, imponeva la specifica individuazione dei passaggi ipoteticamente in contrasto con leggi logiche e scientifiche, non essendo evidentemente sufficiente il mero riferimento a valutazioni diverse e contrapposte.

Osservazioni

La sentenza in commento richiama indicazioni giurisprudenziali consolidate e soprattutto offre un utile orientamento in ordine al potere d'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere riconosciuto alla parte civile.

Alcuni passaggi, peraltro, paiono eccessivamente sintetici come il richiamo all'art. 613 c.p.p. che, secondo la Corte, imporrebbe alla parte civile il patrocinio di un difensore abilitato a rappresentarla davanti alle giurisdizioni superiori che deve sottoscriverne il ricorso. Invero, la norma citata prevede che gli atti del processo di cassazione (ricorso, memorie, motivi aggiunti) debbano essere sottoscritti da difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione salvo che la parte non vi provveda personalmente è, invece, l'art. 571, comma 1, c.p.p. che individuando un'espressa deroga al principio generale della necessaria rappresentanza tecnica, limita in via eccezionale all'imputato la facoltà di proporre personalmente il mezzo d'impugnazione. Sul punto, a partire dalle decisioni delle Sez. un. 16 dicembre 1998, n. 24 e 21 giugno 2000, n. 19, la giurisprudenza si presenta assolutamente univoca (tra le più recenti: Cass. pen., Sez. IV, 4 marzo 2008, n. 17645; Cass.pen., Sez. V, 26 luglio 2006, n. 26216). L'enunciazione dell'art. 613 c.p.p. viene dunque intesa quale meramente ricognitiva dell'eccezionale facoltà di proporre impugnazione personale attribuita dall'art. 571 c.p.p. al solo imputato.

Quanto, invece, al divieto di proporre impugnazione per la parte civile che non sia anche persona offesa dal reato, la limitazione imposta dall'art 428 c.p.p. è diretto corollario della disposizione generale sulle impugnazioni che attribuisce il diritto d'impugnazione soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce (art. 568, comma 3, c.p.p.).

Va segnalato, per questo profilo, che nella giurisprudenza di legittimità immediatamente successiva alla riforma del 2006, che ha introdotto la limitazione in questione, era emerso anche un orientamento volto a superare il dato letterale della norma, riconoscendo la facoltà d'impugnazione in cassazione a tutti i soggetti legittimati ad esercitare l'azione civile nel processo penale (Cass.pen., Sez. IV 25 ottobre 2006, n.11960): detta posizione, però, è stata successivamente superata, al punto che la soluzione alla quale è pervenuta la sentenza annotata può dirsi ormai pacifica.

Ancora, pare utile osservare che dopo la decisione a Sez. un. 29 maggio 2008, n. 25695, al ricorso della parte civile viene pacificamente riconosciuta la natura di impugnazione agli effetti penali, con la conseguenza che l'eventuale annullamento della sentenza determina il rinvio al Tribunale nell'ambito del quale opera il Gup che ha emesso la decisione. In apparente contrasto logico con tale orientamento, la Cassazione ha però ritenuto che in ipotesi di inammissibilità del ricorso della parte civile, il principio generale della soccombenza imponga la condanna della parte civile alla refusione delle spese di giudizio a favore dell'imputato che ne abbia fatto richiesta (Cass. Sez. VI, 12 maggio 2010, n. 29274).

Nulla quaestio, infine, per quanto attiene l'oggetto del reato di falsa perizia e la conseguente qualificazione di semplice danneggiato (e non di persona offesa dal reato) per la parte soccombente nel giudizio civile: fatta eccezione per un'isolata decisione della Corte di Cassazione risalente agli anni '90, sia la dottrina che la giurisprudenza sono infatti concordi nell'individuare l'interesse tutelato nel corretto funzionamento della giustizia, con la conseguenza che l'unica persona offesa deve essere riconosciuta nello Stato.

Coerentemente, la giurisprudenza di legittimità ha escluso che il privato che assuma di essere stato danneggiato da una falsa perizia possa proporre opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dal P.M. (Cass. pen., Sez. VI, 10 aprile 2008, n. 17631).

Guida all'approfondimento

N. Ventura, Sull'impugnazione proposta dalla persona offesa costituita parte civile, a norma dell'art. 428, comma 2, c.p.p., in Giustizia Penale, 2008, 673

G. Andreazza, Il ricorso per Cassazione della persona offesa costituita parte civile avverso la sentenza di non luogo a procedere tra incoerenze sistematiche e dubbi di costituzionalità, in Cassazione Penale, 2009, 102

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