Se il procedimento è concluso senza un'istruttoria approfondita non è applicabile il ne bis in idem

Redazione Scientifica
05 Luglio 2016

Applicare il principio del ne bis in idem ad una decisione di conclusione delle indagini adottata dall'autorità giudiziaria di uno Stato Schengen in assenza di qualsiasi approfondimento sul comportamento illecito addebitato all'accusato è manifestamente in contrasto con la finalità sottesa alla creazione, in ambito europeo, di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, e rischierebbe di rimettere in discussione la fiducia reciproca fra gli Stati membri.

La Grande Sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza del 29 giugno 2016 ha chiarito che il principio del ne bis in idem, sancito all'art. 54 della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, letto alla luce dell'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, deve essere interpretato nel senso che una decisione del pubblico ministero che pone fine all'azione penale e conclude definitivamente , salvo riapertura o annullamento, il procedimento di istruzione condotto nei confronti di una persona, senza che siano state irrogate sanzioni, non può essere considerata una decisione definitiva, ai sensi di tali articoli, qualora dalla motivazione di tale decisione risulti che il suddetto procedimento è stato chiuso senza che sia stata condotta un'istruzione approfondita, laddove la mancata audizione della vittima e di un eventuale testimone costituisce un indizio dell'assenza di un'istruzione siffatta.

Il principio è stato affermato a seguito della domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Regionale Superiore di Amburgo.

La procura di Amburgo contestava al sig. Kossowski di aver commesso alcuni fatti qualificati dal diritto penale tedesco come costitutivi del reato di estorsione aggravata ai fini di rapina e avviava un procedimento di istruzione.

Nelle more di tale procedimento, la Procura distrettuale di Kolobrzeg ( Polonia) avviava nei confronti dello stesso soggetto un procedimento di istruzione relativo ai medesimi fatti che veniva successivamente concluso per assenza di prove sufficienti. In particolare, la decisione della chiusura delle indagini era motivata dal fatto che l'imputato si era rifiutato di deporre e che la vittima e un testimone indiretto non erano stati sentiti, perché residenti in Germania.

A fronte di tale decisione la Procura di Amburgo si vedeva negata, in ragione del principio del ne bis in idem, la richiesta di mandato di arresto europeo.

I giudici europei ritengono però che tale interpretazione del ne bis in idem non sia corretta: una decisione del pubblico ministero, che ponga fine all'azione penale, può, invero, considerarsi una decisione definitiva solo se pronunciata a seguito di un esame condotto nel merito della causa.

La Corte di giustizia afferma, infatti, che applicare il principio del ne bis in idem ad una decisione di conclusione delle indagini adottata dall'autorità giudiziaria di uno Stato Schengen in assenza di qualsiasi approfondimento sul comportamento illecito addebitato all'accusato sarebbe manifestamente in contrasto con la finalità sottesa alla creazione, in ambito europeo, di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, e rischierebbe di rimettere in discussione la fiducia reciproca fra gli Stati membri.

Il principio del ne bis in idem, chiarisce la Grande Sezione, vuole garantire che una persona, condannata o assolta definitivamente in uno Stato Schengen, possa circolare liberamente senza dover temere un nuovo giudizio per i medesimi fatti, ma non persegue, in alcun modo, la finalità di proteggere un sospettato dalla possibile sottoposizione ad ulteriori accertamenti per i medesimi fatti.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.