Guida in stato di ebbrezza: gli effetti dell'esito positivo del lavoro di pubblica utilità quando il veicolo appartiene a terzi

05 Novembre 2015

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede, per il caso di svolgimento con esito positivo del lavoro di pubblica utilità, che la riduzione alla metà della sanzione accessoria della sospensione della patente, già irrogata con la sentenza di condanna in misura doppia per essere risultato appartenente a terzi estranei al reato (e dunque non suscettibile di confisca) il veicolo condotto in stato di ebbrezza, possa essere operata senza tener conto dell'indicato raddoppio.
Massima

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede, per il caso di svolgimento con esito positivo del lavoro di pubblica utilità, che la riduzione alla metà della sanzione accessoria della sospensione della patente, già irrogata con la sentenza di condanna in misura doppia per essere risultato appartenente a terzi estranei al reato (e dunque non suscettibile di confisca) il veicolo condotto in stato di ebbrezza, possa essere operata senza tener conto dell'indicato raddoppio.

Il caso

Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Rovereto, in qualità di giudice dell'esecuzione, procede nei confronti di una persona a cui erano state applicate su richiesta, in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, le pene dell'arresto e dell'ammenda, contestualmente sostituite con quella del lavoro di pubblica utilità, a norma del comma 9-bis dell'art. 186 del d.lgs. n. 285 del 1992. Inoltre, poiché il veicolo condotto dall'interessato apparteneva a terzi estranei al reato, e non poteva quindi essere confiscato, la sospensione della patente di guida era stata applicata nella misura doppia del minimo (cioè per due anni), secondo quanto disposto alla lettera c) del comma 2 del citato art. 186.

Ricevuta comunicazione dell'esito positivo del lavoro di pubblica utilità da parte del condannato, il giudice ha fissato udienza camerale al fine di valutare l'eventuale assunzione dei provvedimenti previsti per tale evenienza, che comprendono, tra l'altro, la riduzione alla metà della durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente.

Osserva il giudice che il raddoppio della durata della sospensione della patente in caso di veicolo appartenente a terzi si giustifica con la necessità di compensare l'impossibilità di confiscare il veicolo utilizzato per la commissione del reato. In sostanza, non potendo la minaccia di confisca avere efficacia pratica, perché la persona in stato di ebbrezza si è posta alla guida di un mezzo appartenente ad un terzo, estraneo al reato, il legislatore incrementa la portata dell'unica sanzione amministrativa residua, ovvero la sospensione del titolo abilitativo alla conduzione di veicoli.

Tuttavia, questa giustificazione verrebbe meno, ad avviso del giudice di Rovereto, quando il condannato svolge con esito positivo il lavoro di pubblica utilità, perché in tale evenienza è previsto che la confisca del veicolo, se disposta, venga revocata, cosicché la riduzione alla metà della sospensione della patente sconterebbe il raddoppio iniziale nonostante tale previsione non serva più a riequilibrare la mancanza di un provvedimento ablatorio.

In sostanza i soggetti, condannati per essersi posti alla guida in stato di ebbrezza e ammessi al lavoro di pubblica utilità conclusosi con esito positivo, sarebbero irragionevolmente trattati in modo difforme, a seconda che il veicolo utilizzato fosse o meno di loro proprietà: tale veicolo, in entrambi i casi, non sarebbe oggetto di confisca ma il guidatore non proprietario si ritroverebbe con una sospensione della patente di durata doppia rispetto al soggetto proprietario, mentre quest'ultimo godrebbe di un trattamento sanzionatorio più favorevole, senza che tale differenza trovi alcuna giustificazione ragionevole.

In definitiva, secondo il tribunale di Rovereto, una volta maturate le condizioni di cui al comma 9-bis dell'art. 186, d.lgs. 285/1992, la posizione dei due soggetti in comparazione dovrebbe necessariamente essere uniformata. Di conseguenza, per essere compatibile con il principio di uguaglianza, la disposizione di legge in esame dovrebbe consentire al giudice dell'esecuzione di dimezzare la durata della sospensione della patente senza tenere conto del raddoppio in sentenza per la constatata appartenenza a terzi del mezzo utilizzato dal soggetto agente.

Non essendo possibile correggere in via interpretativa il suddetto squilibrio sanzionatorio, a ciò ostando il tenore letterale della legge, il giudice denuncia la violazione del principio di uguaglianza.

La Corte costituzionale, nel rigettare la questione, osserva che il complessivo trattamento sanzionatorio del reato di guida in stato di ebbrezza è il frutto di apprezzamenti tipicamente politici che si collocano, pertanto, su un terreno caratterizzato da ampia discrezionalità legislativa il cui esercizio, nel caso di specie, non è censurabile, sul piano della legittimità costituzionale, in quanto non trasmoda in manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio.

Ciò per tre ragioni.

In primo luogo, occorre considerare che, dopo l'esito positivo del lavoro di pubblica utilità, gli effetti premiali devono essere riferiti alle sanzioni di partenza, che sono diverse per ragioni obiettivamente rilevanti, come ammesso dallo stesso rimettente.

In secondo luogo, una corretta comparazione delle posizioni “finali” avrebbe richiesto di considerare anche gli effetti della confisca comunque disposta, in esito alla fase cognitiva, a carico del conducente proprietario, spesso accompagnata medio tempore dall'indisponibilità del mezzo per effetto di sequestro.

Infine, pretendere che soggetti sanzionati in misura differenziata nella fase cognitiva del processo, risultino poi puniti allo stesso modo all'esito della fase esecutiva, significa attribuire una diversa incidenza ad un identico fattore di premialità, cioè al buon comportamento tenuto nello svolgimento del lavoro di pubblica utilità, e ciò introdurrebbe un'ingiustificabile (e perciò irragionevole) differenziazione degli effetti della medesima condotta tenuta in fase esecutiva.

La questione

La questione in esame è la seguente: accertato il positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità da parte del soggetto condannato per il reato di guida in stato di ebbrezza, la riduzione alla metà della durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, irrogata con la sentenza di condanna in misura doppia (es. 2 anni) perché il veicolo condotto apparteneva a terzi estranei al reato (e quindi non era confiscabile), deve essere operata tenendo conto di tale raddoppio (es. 1 anno) oppure prescindendo da esso (es. 6 mesi)?

Le soluzioni giuridiche

L'art. 186, comma 9-bis,d.lgs. 285/1992 dispone che, al di fuori dei casi previsti dal comma 2-bis del medesimo articolo, relativo all'ipotesi in cui il conducente in stato di ebbrezza provochi un incidente stradale, la pena detentiva e pecuniaria irrogata al soggetto condannato per guida in stato di ebbrezza può essere sostituita con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all'art. 54, d.lgs. 274/2000, secondo le modalità ivi previste.

L'attività non retribuita a favore della collettività può essere effettuata, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell'educazione stradale presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni ovvero presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze.

La sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità può essere operata dal giudice sia in sentenza, sia già con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell'imputato.

Con il decreto penale di condanna o con la sentenza, il giudice incarica il locale ufficio di esecuzione penale esterna ovvero gli organi di cui all'articolo 59, d.lgs. n. 274/2000 di verificare che il lavoro di pubblica utilità sia effettivamente e correttamente svolto dal condannato.

In deroga a quanto previsto dall'art. 54, d.lgs. n. 274/2000, la durata del lavoro di pubblica utilità in parola corrisponde a quella della sanzione irrogata.

Un giorno di arresto corrisponde ad un giorno di lavoro di pubblica utilità, mentre per la pena pecuniaria si utilizza un autonomo tasso di conversione in base al quale un giorno di lavoro di pubblica utilità equivale ad euro 250,00 di ammenda.

Quanto alla sanzione detentiva, non si pone nessun problema applicativo, essendo l'entità di detta pena espressa in giorni, mentre quanto alla pena pecuniaria è necessario convertire la pena comminata ragguagliando la somma di 250,00 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilità.

Ricevuta comunicazione del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità da parte del condannato, il giudice fissa udienza ed in detta occasione dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato.

La decisione è ricorribile in Cassazione ed il ricorso non sospende l'esecuzione, salvo diversa disposizione del giudice che ha emesso la decisione.

Ove il condannato violi gli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, a richiesta del pubblico ministero ovvero di ufficio, il giudice che procede o il giudice dell'esecuzione dispone la revoca della pena sostitutiva con ripristino di quella sostituita e della sanzione amministrativa della sospensione della patente e della misura di sicurezza della confisca.

Il procedimento si svolge secondo le formalità di cui all'art. 666 c.p.p.; ai fini della decisione, il giudice tiene conto dei motivi, dell'entità e delle circostanze della violazione.

Il lavoro di pubblica utilità può essere disposto in sostituzione della pena per non più di una volta.

Analoghe previsioni sono contenute nell'art. 187, comma 8-bis,d.lgs. 285/1992, in tema di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti.

L'istituto in esame ha creato non pochi problemi interpretativi sin dalla sua introduzione e posto numerose questioni pratiche, che hanno determinato numerosi e significativi interventi della Corte di cassazione e della Corte costituzionale.

Tuttavia, la questione affrontata dalla pronuncia in esame risulta del tutto inedita, in quanto finora la giurisprudenza non aveva dubitato che la riduzione alla metà della durata della sospensione della patente di guida dovesse operare sulla durata stabilità in sentenza dal giudice della cognizione, comprensiva quindi anche del raddoppio dovuto al fatto che il veicolo apparteneva a terzi estranei al reato.

In sostanza, nei casi di veicoli non confiscabili perché appartenenti ad estranei al reato, il positivo svolgimento dei lavori di pubblica utilità consente di “neutralizzare” il raddoppio della durata della sospensione della patente.

Osservazioni

La previsione del raddoppio della durata della misura sospensiva della patente è stata introdotta nel codice della strada dall'art. 3, comma 45, l. 15 luglio 2009, n. 94, contente Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, e mantenuta inalterata dall'art. 33, l. 29 luglio 2010, n. 120, contente Disposizioni in materia di sicurezza stradale, che ha riscritto la lettera c) del comma 2 dell'art. 186, d.lgs. 285/1992.

La previsione della confisca del veicolo fu invece introdotta precedentemente con l'art. 4, comma 1, lett. b), d.l. 23 maggio 2008, n. 92, recante Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, come convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, l. 24 luglio 2008, n. 125.

Nelle intenzioni del legislatore le sanzioni penali e quelle amministrative previste per il reato di guida in stato di ebbrezza concorrono ad assicurare l'efficacia dissuasiva dell'incriminazione.

Le prime, teoricamente più gravi, sono suscettibili di sostituzione e di sospensione condizionale. Evenienze, queste, non previste per le misure amministrative, che d'altronde comportano un'ablazione patrimoniale spesso rilevante (la confisca del veicolo) ed un serio ostacolo alla mobilità personale (la sospensione della patente).

Riducendosi la deterrenza connessa ad una delle conseguenze sfavorevoli minacciate, il legislatore si propone di compensarla, attraverso l'aumento della portata delle misure concorrenti, al fine di mantenere inalterata l'efficacia dissuasiva della previsione. Per tale motivo è previsto il raddoppio della durata della sospensione della patente quando la minaccia di confisca del veicolo utilizzato per la commissione del reato non abbia efficacia pratica, perché la persona in stato di ebbrezza si pone alla guida di un mezzo appartenente ad un terzo, estraneo al reato.

Dal punto di vista testuale, va detto che l'art. 186, comma 2, lett. c), d.lgs. 285/1992 non correla direttamente il raddoppio di durata della misura sospensiva con l'impossibilità di confisca del veicolo, ma è significativo che la disposizione utilizzi la stessa espressione (veicolo appartenente a persona estranea al reato) per indicare, da un lato, la ragione del raddoppio della sospensione della patente e dall'altro, una condizione preclusiva del provvedimento di confisca.

Oltre all'effetto “compensatorio” visto sopra, la previsione del raddoppio tende anche a prevenire e reprimere la prassi (diffusasi dopo l'introduzione della previsione della confisca obbligatoria del veicolo) del ricorso a mezzi intestati ad altri per spostarsi pur dopo l'abuso di alcool, ovvero di abusare di alcool con minori remore perché alla guida di veicoli intestati a terzi.

Tali essendo le giustificazioni della previsione normativa in esame, appare evidente la ragionevolezza del diverso trattamento sanzionatorio riservato al conducente ebbro di veicolo proprio (lunga durata della sospensione della patente senza confisca) rispetto al conducente di veicolo altrui (durata dimezzata con confisca).

Si tratta di un differenziale punitivo che non può essere annullato all'esito del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, perché altrimenti si introdurrebbe una ingiustificata sperequazione fra i due conducenti, in quanto, a seguito del medesimo comportamento premiale (lavoro di pubblica utilità svolto positivamente), il conducente non proprietario otterrebbe un ingiustificato trattamento deteriore rispetto a quello previsto per il conducente proprietario: il primo, infatti, si ritroverebbe comunque con una sospensione di durata raddoppiata, per quanto successivamente dimezzata, rispetto al secondo, il quale peraltro si vedrebbe liberato dalla sanzione della confisca.

Per concludere, è interessante osservare che per il reato previsto dall'art. 186, comma 8, d.lgs. 285/1992 (rifiuto di sottoporsi agli accertamenti tecnici volti a misurare il tasso di alcool nel sangue) non è previsto che la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida subisca un raddoppio della durata qualora il veicolo condotto appartenga a persona estranea al reato. Tale irrazionalità della disciplina, che finisce per incentivare il rifiuto, non sembra, però, in alcun modo superabile in via interpretativa; infatti, il trattamento sanzionatorio della fattispecie del rifiuto risulta costruito mediante un rinvio a quello contemplato nella lettera c) del capoverso dell'art. 186, d.lgs. 285/1992 ma limitatamente alla pena principale, mentre la misura della sanzione accessoria è determinata in modo del tutto autonomo. L'irrazionalità di tale sistema appare ancora più stridente ove si osservi che il comma 6 dell'art. 186-bis, d.lgs. 285/1992, che disciplina il rifiuto degli accertamenti da parte di peculiari categorie di conducenti (infraventunenni, neopatentati, autotrasportatori, ecc.), pur costruendo il trattamento sanzionatorio con la tecnica del rinvio alla lettera c) dell'art. 186, d.lgs. 285/1992, prevede espressamente il raddoppio del termine di sospensione della patente per il caso in cui il veicolo appartenga a terzi.

Guida all'approfondimento

L. Degl'Innocenti, Il lavoro di pubblica utilità, 2013, Giuffrè, 2013

F. Cozzi - A. Trinci, La sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità per i reati di guida in stato di ebbrezza o di intossicazione da sostanze stupefacenti, in Dir. pen. cont., 24 febbraio 2012

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