I requisiti della comunicazione sulle conseguenze della mancata presentazione in udienza della persona offesa

Gianluca Bergamaschi
06 Marzo 2017

La questione verte su quale tipo di comunicazione occorra fare alla persona offesa dell'avviso che non presentandosi alla successiva udienza, senza addure un impedimento, ciò potrà essere valutato dal giudice al fine di ritenere tacitamente rimessa la querela ex art. 152 c.p.; in altre parole se ...
Abstract

La questione verte su quale tipo di comunicazione occorra fare alla persona offesa dell'avviso che non presentandosi alla successiva udienza, senza addure un impedimento, ciò potrà essere valutato dal giudice al fine di ritenere tacitamente rimessa la querela ex art. 152 c.p.; in altre parole se debba ritenersi idonea a produrre la conoscenza dell'avviso in capo alla persona offesa, solo la notifica a mani proprie ovvero, caso per caso, possano essere valutate tutte circostanze e le modalità di una regolare notifica.

Lo stato della giurisprudenza

Per comprendere bene la posizione della giurisprudenza sul punto, conviene partire dalla fine, ossia dalla sentenza della Cass. pen., Sez. unite, n. 31668/2016, che, ribaltando le conclusioni della Cass. pen., Sez. unite, n. 46088/2008, ha sancito la possibilità della remissione tacita della querela ma che non ha preso posizione circa la natura della notifica idonea a concretizzare la condizione predisponente, ossia la conoscenza dell'avviso che l'assenza potrà essere considerata dal giudice quale implicita volontà di rimettere la querela; infatti, sia nella massima che nella motivazione, si è limitata a scrivere che: Integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l'eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela.

In effetti, il supremo Consesso della Cassazione, sembra tenersi nel solco, ad esempio, della risalente Cass. pen., Sez. IV, n. 20018/2008, la quale, pur già favorevole alla remissione tacita, non si occupò dello specifico problema considerato, limitandosi a stabilire che: […] ciò che sembra decisivo è che la volontà sia manifestata in modo che non lasci spazio a dubbi. A tal fine occorre solo che l'avvertimento espresso dal giudice nell'atto di citazione sia formulato con la massima chiarezza.

Non sembra, quindi, ribadito ed avvalorato l'orientamento più recente, che pare incline a ritenere necessaria la notifica a mani proprie della persona offesa, affinché l'effetto remissivo implicito possa dirsi realizzato.

Si veda, ad esempio, la Cass., V, n. 8638/2016, che, nell'individuare le condizioni affinché la remissione tacita possa dirsi operativa, afferma: Ritiene allora questo Collegio di dover ribadire quanto rilevato dalla giurisprudenza secondo la quale la mancata comparizione del querelante – previamente ed espressamente avvisato che l'eventuale successiva assenza sarà interpretata come remissione tacita della querela – integra gli estremi della remissione tacita, sempre che egli abbia personalmente ricevuto detto avviso, non sussistano manifestazioni di segno opposto e nulla induca a dubitare che si tratti di perdurante assenza dovuta a libera e consapevole scelta; ovvero ancora la Cass. pen., Sez. V, n. 12186/2016, che scrive: È indispensabile, comunque, che non possa sorgere alcun equivoco e, a tal fine, il giudice, per accertare se la mancata comparizione del querelante – previamente ed espressamente avvisato che l'eventuale successiva assenza sarà interpretata come abbandono dell'istanza di punizione – integri o meno gli estremi della remissione tacita, deve verificare con estremo rigore che la persona offesa-querelante abbia personalmente ricevuto detto avviso, che non sussistano manifestazioni di segno opposto e nulla induca a dubitare che si tratti di perdurante assenza dovuta a libera e consapevole scelta […]; concetti ulteriormente ribaditi da Cass. pen., Sez. V, n. 29209/2016, in cui si può leggere: Tenuto conto del principio generale del favor conciliationis, cui è improntato il sistema normativo che regola il procedimento penale dinanzi al Giudice di Pace, e che esso è collocabile nell'ambito del più ampio principio della ragionevole durata dei processi, la mancata comparizione del querelante – previamente e chiaramente avvisato del fatto che l'eventuale successiva assenza possa essere interpretata come volontà di non perseguire nell'istanza di punizione – integra gli estremi della remissione tacita, sempre che lo stesso querelante abbia personalmente ricevuto detto avviso, non sussistano manifestazioni di segno opposto e nulla induca a dubitare che si tratti di perdurante assenza dovuta a libera e consapevole scelta.

Se ne deve dedurre, quindi, che, per tale indirizzo giurisprudenziale, solo la notifica dell'avviso a mani proprie della persona offesa, può essere condizione predisponente affinché si realizzi la remissione tacita, giacché, sebbene ciò non venga detto a chiare lettere, non si vede cosa altro si debba intendere per ricezione personale, datosi che nella sostanza la conoscenza, di per sé, è sempre personale, per cui, con tale locuzione, non ci si può riferire ad altro che alle forme della notifica.

Le questioni similari

Prima di affrontare criticamente la specifica questione, però, è opportuno allargare l'orizzonte e vedere come la legge o la giurisprudenza trattano le questioni simili, ossia quelle in cui un effetto estintivo del procedimento ha come condizione la conoscenza del dato processuale da parte di un soggetto dello stesso.

Ad esempio nel Ricorso immediato al giudice (di pace), ex artt. 21 e ss. d.lgs 274/2000, l'art. 28, comma 3, afferma che: La mancata comparizione delle persone offese, alle quali il decreto sia stato regolarmente notificato ai sensi dell'art. 27, comma 4, equivale a rinuncia al diritto di querela ovvero alla remissione della querela qualora sia stata già presentata.; sicché, evidentemente, non si pretende tassativamente una notifica a mani proprie, ma ci si accontenta di una notifica regolare e quindi, apparentemente, non si esige neppure l'effettività della conoscenza dell'atto ovvero, implicitamente, se ne rimette la verifica all'ordinaria valutazione del giudice.

Sempre nell'ambito della normativa relativa alla competenza penale del giudice di pace, l'art. 34 d.lgs. 274/2000, commina la Improcedibilità dell'azione allorquando il fatto sia di particolare tenuità, precisando, al comma 3, che se l'azione penale è già stata esercitata, tale effetto si può produrre solo qualora l'imputato e la persona offesa non si oppongano, di talché la Cass. pen., Sez. unite., n. 43264/2015 ha sancito che: Nel procedimento davanti al giudice di pace, dopo l'esercizio dell'azione penale, la mancata comparizione in udienza della persona offesa, regolarmente citata o irreperibile, non è di per sé di ostacolo alla dichiarazione di improcedibilità dell'azione penale per la particolare tenuità del fatto in presenza dei presupposti di cui al d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 34, comma 1.; con il che è evidente come qualsiasi notifica, purché rituale, risulti idonea a concorrere all'effetto dell'improcedibilità, persino quella avvenuta per compiuta giacenza o mediante deposito dell'atto in cancelleria ex art. 154, comma 1, c.p.p.

Quanto, poi, alla nuova normativa sulla Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis c.p., risulta d'interesse anche il nuovo art. 469, comma 1-bis, c.p.p., il quale – al fine di giungere alla sentenza predibattimentale di N.L.P. per particolare tenuità del fatto – richiede che la persona offesa sia citata (pur potendo, poi, prescindere dall'acquisizione della sua volontà, in caso di mancata comparizione) senza particolari prescrizioni circa le modalità di notifica, ossia senza nessuna pretesa di ricezione a mani proprie.

Circa, infine, il dirimpettaio tema della Accettazione tacita della remissione di querela da parte dell'imputato che, informato di ciò, non si presenti al processo, la Cass. pen., Sez. unite, n. 27610/2011, nello sdoganare tale possibilità, ha dichiarato che: [] la omessa comparizione in udienza del querelato, posto a conoscenza dell'avvenuta remissione della querela o posto in grado di conoscerla, integra mancanza di ricusa idonea per la pronuncia di estinzione del reato per tale causa; il che è interessante perché – equiparando la conoscenza effettiva a quella potenziale, ossia riconducibile ad una notifica regolare –,la Corte avvalora l'idea che la ricorrenza della condizione di efficacia dell'accettazione tacita, sia interamente rimessa alla normale valutazione fattuale del giudice, ossia all'ordinaria e formale verifica della regolarità della notifica.

Considerazioni critiche

Quanto supra esposto non consente, a parere di chi scrive, di liquidare il già ricordato silenzio delle Sezioni unite della Cassazione, nel senso di una sicura ed implicita adesione all'indirizzo giurisprudenziale che, per riconoscere la sussistenza di una remissione tacita di querela, pretende che l'offeso sia informato con avviso ricevuto personalmente, ossia a mani proprie, con esclusione, quindi, di qualsiasi altra tipologia di regolare notifica.

Invero, il mancato esplicito pronunciamento della Corte ben può essere letto come espressione della volontà della stessa di investire direttamente il giudice di merito della valutazione del fatto se le circostanze concrete e specifiche possano fare ragionevolmente ritenere che la persona offesa abbia preso effettiva contezza dell'avviso regolarmente notificato ma non a mani proprie.

È, quindi, ben possibile ritenere che – ad esclusione della notifica per compiuta giacenza o mediante deposito dell'atto in cancelleria – la regolarità della notifica non a mani proprie, unitamente alle altre circostanze non confliggenti, possano indurre il Giudice a ritenere informata la persona offesa e, dunque, realizzata la condizione per la remissione tacita, il tutto con un giudizio in fatto che, se congruamente motivato, non potrà essere sindacato in sede di legittimità.

Poniamo, ad esempio, il caso in cui ad una prima notifica a mani proprie dell'atto di citazione per l'udienza di comparizione, seguita da un'assenza ingiustificata della persona offesa querelante, consegua la notifica del verbale dell'udienza contente l'avviso, perfezionata mediante il ritiro del plico dall'Ufficio postale da parte di un delegato del querelante medesimo.

Ora, se si consideri che è fatto notorio che, per ritirare una raccomandata per conto altrui, occorre esibire una fotocopia di un documento d'identità del delegate, verosimilmente da costui fornito, e che occorre essere muniti di delega scritta firmata di pugno dal predetto, è ragionevole pensare che la querelante – personalmente avvisata ed ingiustificatamente assente all'udienza di comparizione, nonché titolare del documento d'identità utilizzato per la fotocopia fornita alle Poste e appositrice, fino a prova del contrario, della firma autentica sulla delega per il ritiro del plico – sia venuta a conoscenza del fatto di essere destinatario del plico medesimo e che lo stesso le sia stato rimesso dal delegato dopo il ritiro, cosicché la stessa ben abbia avuto effettiva conoscenza dell'avviso in esso contenuto.

In un caso come questo, cosi come in tanti altri simili, sarebbe assurdo irrigidirsi nella pretesa di una notifica personale, ossia a mani proprie dell'avviso, impedendo così la definizione rapida di un procedimento che, evidentemente, non interessa più a nessuno.

In conclusione

Si può concludere con un auspicio rivolto non solo alla prassi giudiziaria ma pure indirizzato al Legislatore.

In effetti, l'economia dei mezzi giuridici e la ragionevole durata del processo, renderebbero auspicabile che l'avviso rivolto alla persona offesa potesse esserle dato già prima che il procedimento arrivi apud iudicem.

Perché, infatti, si dovrebbe aspettare di arrivare all'udienza di comparizione e, costatata l'assenza di costei, predisporre l'avviso a verbale e disporne la relativa notifica, quando lo stesso potrebbe essere già contenuto ed evidenziato nell'atto di citazione a giudizio, di talché tutto potrebbe risolversi con una notifica ed un'udienza, anziché due?

Ciò, a parere di chi scrive, potrebbe avvenire già solo a livello di prassi giudiziaria, perché nulla vieta al P.M. di inserire l'avviso nell'atto con cui cita le parti a giudizio, avvisando, tra l'altro, al contempo anche l'imputato che, in caso di remissione della querela, la sua assenza potrà valere come non ricusazione e, dunque, come accettazione tacita.

Naturalmente, però, sarebbe meglio che tutto ciò avvenisse attraverso un apposito intervento legislativo sulle principali norme interessate, ossia gli artt. 152 (Remissione della querela) e 154 (Accettazione della remissione) c.p., nonché gli artt. 90-bis (Informazioni alla persona offesa), 429 (Decreto che dispone il giudizio), 552 (Decreto di citazione a giudizio) c.p.p. – ciò anche al fine di includere espressamente l'applicabilità della remissione/accettazione tacita, anche nel caso in cui i reati procedibili a querela debbano essere trattati dal tribunale – e, infine, l'art. 20 (Citazione a giudizio) del d.lgs. 274/2000 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace).

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