Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza. Chiarito il rapporto tra art. 616 c.p. e art. 617 c.p.

06 Giugno 2017

La questione sottoposta all'esame della Corte di legittimità con il ricorso di cui alla sentenza in commento attiene, per la parte che qui interessa, alla possibile interferenza fra le fattispecie punite dagli artt. 616 e 617 c.p., atteso che ...
Massima

La condotta contestata all'imputato, consistita nell'avere preso cognizione del contenuto della corrispondenza telematica intercorsa tra due soggetti diversi dall'imputato stesso e conservata nell'archivio della casella di posta elettronica di uno di essi, integra il reato di cui all'art. 616, commi 1 e 4, c.p. e non quello, come ritenuto dai giudici di merito, di cui all'art. 617 c.p., anche tenendo conto dell'integrazione di quest'ultima norma ad opera dell'art. 623-bis c.p.

Il caso

La vicenda concreta sottoposta all'esame della Suprema Corte, che ha fornito l'occasione per l'enunciazione del principio sopra riportato, attiene all'invio a più persone di una mail dal contenuto lesivo della reputazione della persona offesa, all'epoca convivente dell'imputato, mail cui venivano allegati alcuni messaggi intercorsi fra la persona offesa stessa ed il soggetto fatto apparire falsamente come mittente della suddetta mail; di tali messaggi l'imputato era venuto in possesso per aver fraudolentemente preso cognizione, accedendovi abusivamente, del contenuto della cartella di posta elettronica della persona offesa.

Con il ricorso per cassazione l'imputato aveva, tra l'altro, eccepito l'erronea qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell'art. 617 c.p. in luogo dell'art. 616 c.p., evidenziando come il quarto comma di quest'ultima disposizione annovera espressamente nella nozione di corrispondenza anche quella informatica.

La questione

La questione sottoposta all'esame della Corte di legittimità con il ricorso di cui alla sentenza in commento attiene, per la parte che qui interessa, alla possibile interferenza fra le fattispecie punite dagli artt. 616 e 617 c.p., atteso che entrambe prevedono l'incriminazione della condotta di colui che prende cognizione della corrispondenza o delle comunicazioni altrui.

La Cassazione, pur rilevando un quadro di non nitida sistematica che caratterizza le incriminazioni poste a tutela dell'inviolabilità delle comunicazioni, giunge alla conclusione che la coincidenza fra le due fattispecie in esame é solo apparente.

Le soluzioni giuridiche

Le fattispecie previste dagli artt. 616 e 617 hanno ambiti diversi che ben emergono dalla configurazione, nelle due norme, dell'oggetto materiale della condotta e ciò prescindendo dalle specifiche connotazioni modali che caratterizzano la condotta prevista dall'art. 617 c.p. ed invece non sono previste nella descrizione della condotta punita dall'art. 616 c.p. In tale direzione la Cassazione ha chiarito che, costituendo la corrispondenza null'altro che una species del genus comunicazione, quest'ultimo termine, nell'ambito dell'art. 617 c.p., non può assumere un significato generalizzato ed omnicomprensivo; esso è invece riferito al profilo dinamico della comunicazione umana, individuata nella trasmissione in atto del pensiero. Tale soluzione, ad avviso dei giudici di legittimità, è, altresì, avvalorata dall'ulteriore termine utilizzato dal legislatore per definire l'oggetto materiale del reato di cui all'art. 617 c.p.conversazione- e dalle condotte alternative a quella di fraudolenta cognizione idonee ad integrare il fatto tipico, indicate come interrompere ed impedire.

Viceversa nell'ipotesi prevista dall'art. 616 c.p. il termine corrispondenza appare volto ad individuare la corrispondenza umana in una dimensione statica che attiene ad un pensiero già comunicato o da comunicare ma fissato su un supporto fisico o altrimenti rappresentato in forma materiale. Anche in relazione alla suddetta figura di reato la conferma della correttezza dell'opzione interpretativa prescelta dalla Corte di legittimità viene offerta dalla descrizione del contenuto delle altre condotte tipizzate alternativamente a quelle di illecita cognizione, indicate come sottrarre, distrarre, sopprimere e distruggere.

Osservazioni

Le conclusioni alle quali è pervenuta, nel caso di specie, la Corte di cassazione appaiono particolarmente significative perché contribuiscono a definire l'ambito concreto di applicazione delle due fattispecie di reato previste rispettivamente dall'art. 616 e dall'art. 617 c.p.

Guida all'approfondimento

La Cassazione, in precedenza, aveva ritenuto che l'art. 617 c.p. facesse riferimento all'aspetto dinamico della comunicazione, affermando che, ai fini della configurabilità del suddetto reato, la fraudolenza della condotta qualifica il mezzo usato per prendere cognizione della comunicazione, con la conseguenza che lo strumento utilizzato deve caratterizzarsi per la sua idoneità ad eludere la possibilità di percezione della captazione da parte dei soggetti tra i quali intercorre la comunicazione (Cass. V, n. 41192/2014).

Merita infine di essere evidenziato che in precedenza la Cassazione ha escluso l'integrazione del reato di cui all'art. 616 c.p. nella condotta del superiore gerarchico che prenda cognizione della posta elettronica contenuta nel computer del dipendente, assente dal lavoro, dopo avere a tal fine utilizzato la password in precedenza comunicatagli in conformità al protocollo aziendale (Cass. V, n. 47096/2007).

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