In discussione alla Camera dei deputati la riforma del procedimento di archiviazione: luci e ombre

06 Agosto 2015

I commi 4 e 5, dell'art. 10 del disegno di legge che il Governo ha presentato il 23 dicembre 2014 alla Camera dei deputati (C.2798), concernente “Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena”, apportano significative modifiche alla disciplina del procedimento di archiviazione.
Abstract

I commi 4 e 5, dell'art. 10 del disegno di legge che il Governo ha presentato il 23 dicembre 2014 alla Camera dei deputati (C.2798), concernente “Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena”, apportano significative modifiche alla disciplina del procedimento di archiviazione.

Le proposte di modifica

Più precisamente, si interviene sugli artt. 409 e 411 c.p.p. e, al contempo, s'introduce l'art. 410-bis c.p.p. in materia di nullità del provvedimento di archiviazione.

Al riguardo la proposta di legge de qua, per un verso, recepisce l'orientamento dominante in giurisprudenza, anche rispetto alla decorrenza del termine per proporre impugnazione e, per l'altro, innova circa l'organo giudiziario preposto alla decisione sul gravame, che deve essere individuato nella Corte di appello.

Ciò in considerazione del fatto che si ritiene il ricorso per cassazione un mezzo eccessivo per l'espletamento della funzione di controllo e censura dei vizi concernenti la mera violazione del contraddittorio camerale in tale ambito procedimentale.

Nell'intento, però, di non gravare oltremodo sul già ingente carico di lavoro delle Corti di appello, si prospetta di strutturare il relativo procedimento sulla falsariga del modello previsto per la Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 611 c.p.p., ovviamente inserendo degli opportuni adattamenti.

L'impugnazione dell'ordinanza di archiviazione

In dettaglio, il comma 4 dell'art. 10 del citato disegno di legge in commento modifica la disciplina dei provvedimenti adottati dal giudice per le indagini preliminari a fronte della richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero, mediante l'abrogazione del vigente comma 6 dell'art. 409 c.p.p., in base al quale l'ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti per i procedimenti in camera di consiglio dall'art. 127, comma 5, c.p.p..

Ci si riferisce cioè all'inosservanza delle disposizioni concernenti la violazione del principio del contraddittorio, di cui ai commi 1, 3 e 4 del predetto art. 127 c.p.p.

Le ipotesi di nullità afferiscono, infatti, all'omessa osservanza delle disposizioni sull'avviso alle parti, alle altre persone interessate ed ai difensori della data dell'udienza (comma 1), nonché al mancato rispetto del diritto ad essere sentiti, laddove comparsi, spettante al pubblico ministero, agli altri destinatari dell'avviso della data di fissazione dell'udienza camerale ed ai difensori (comma 3) e, ancora, al mancato rinvio dell'udienza per legittimo impedimento dell'imputato (rectius: indagato) (comma 4).

I casi di nullità del decreto e dell'ordinanza di archiviazione

La suddetta modifica deve essere necessariamente correlata alla nuova disciplina della nullità del provvedimento di archiviazione, prevista dall'introducendo art. 410-bis c.p.p., aggiunto dal comma 5 dell'art. 10 del disegno di legge de quo, in cui si distingue tra la nullità del decreto di archiviazione e la nullità dell'ordinanza di archiviazione.

Si rammenta in proposito che, alla stregua della normativa in vigore, il Gip può pronunciare decreto motivato di archiviazione quando accoglie la relativa richiesta del pubblico ministero o laddove l'opposizione proposta dalla persona offesa dal reato avverso detta richiesta risulti inammissibile.

Se non accoglie la richiesta di archiviazione della pubblica accusa o se ritiene che l'opposizione sia ammissibile, il Gip fissa dinanzi a sé un'udienza in camera di consiglio, all'esito della quale può pronunciare ordinanza di archiviazione, suscettibile di ricorso per cassazione esclusivamente nelle summenzionate ipotesi di nullità, previste dall'art. 127, comma 5, c.p.p., oppure può indicare con apposita ordinanza alla pubblica accusa ulteriori indagini da svolgere, fissando il termine indispensabile per il compimento delle stesse, o disporre, sempre con ordinanza, che il pubblico ministero formuli entro dieci giorni l'imputazione (art. 409 c.p.p.).

Ebbene, in base al nuovo art. 410-bis c.p.p. il decreto di archiviazionesarebbe nullo se è emesso in assenza dell'avviso alla persona offesa dal reato, che abbia dichiarato di volerne essere informata, della relativa richiesta di archiviazione (art. 408, comma 2, c.p.p.), oppure prima della scadenza del termine di dieci giorni, entro il quale la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare l'opposizione, con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari (art. 408, comma 3, c.p.p.) – venti giorni allorquando si versi nell'ipotesi di cui all'art. 408, comma 3-bis, c.p.p. – o prima della rituale e tempestiva presentazione dell'atto di opposizione alla richiesta di archiviazione o, ancora, se, essendo stata presentata l'opposizione, il giudice omette di pronunciarsi sull'ammissibilità della stessa.

Versando in tali ipotesi, si applica il procedimento previsto per la correzione degli errori materiali disciplinato dall'art. 130 c.p.p.

Alla stregua della richiamata disposizione normativa, la correzione delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti, inficiati da errori od omissioni che non comportano nullità, la cui eliminazione non determina una modificazione essenziale dell'atto, è disposta, anche di ufficio, dal giudice che ha emesso il provvedimento.

In caso di impugnazione, qualora detto gravame non sia dichiarato inammissibile, la correzione è disposta dal giudice competente a conoscere dell'impugnazione.

Il giudice provvede in camera di consiglio ai sensi e per gli effetti dell'art. 127 c.p.p. e dell'ordinanza che ha disposto la correzione è fatta annotazione sull'originale dell'atto.

Sempre in base all'art. 410-bis c.p.p. l'ordinanza di archiviazione, ossia l'ordinanza con cui il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone che, entro dieci giorni, il P.M. formuli l'imputazione, invece, è nulla unicamente nei casi previsti, con riguardo ai procedimenti in camera di consiglio, dall'art. 127, comma 5, c.p.p.. E, quindi, come sopra evidenziato, per la mancata osservanza delle disposizioni sull'avviso alle parti circa la data di fissazione dell'udienza in camera di consiglio o sul diritto ad essere sentiti del P.M., degli altri destinatari dell'avviso e dei difensori o, ancora, sul rinvio dell'udienza per legittimo impedimento dell'imputato (indagato).

Il procedimento di impugnazione davanti alla Corte d'appello

Ricorrendo tali ipotesi di nullità, l'interessato può proporre, entro quindici giorni dall'avvenuta conoscenza del provvedimento, impugnazione dell'ordinanza innanzi alla Corte di appello che decide, a sua volta, con ordinanza non suscettibile di gravame.

Ciò non risulterebbe, peraltro, in contrasto con la previsione di cui al penultimo comma dell'art. 111 Cost., stante la diversa natura del provvedimento.

E proprio detta impugnazione innanzi alla Corte di appello dell'ordinanza anziché – come a tutt'oggi – mediante proposizione del ricorso per cassazione, rappresenta l'innovazione di maggior rilievo del nuovo art. 410-bis c.p.p..

Non è previsto l'intervento delle parti. Trattasi di un procedimento cartolare, in relazione al quale gli interessati devono essere avvisati, almeno dieci giorni prima, dell'udienza camerale fissata per la decisione ed hanno la facoltà di presentare memorie non oltre il quinto giorno precedente la data di celebrazione dell'udienza.

La Corte di appello, se l'impugnazione è fondata, annulla il provvedimento oggetto di gravame, (ossia l'ordinanza di archiviazione) ed ordina la restituzione degli atti al giudice che lo ha emesso.

Altrimenti può confermarlo ovvero dichiarare inammissibile l'appello, condannando la parte privata proponente l'impugnazione a pagare le spese del relativo procedimento e, nel caso di dichiarata inammissibilità del gravame, anche a versare una somma, in favore della cassa delle ammende, da € 258,00 ad € 2.065,00.

Da ultimo, il comma 6 dell'art. 10, per ragioni di coordinamento sistematico, modifica l'art. 411 c.p.p. in cui si individuano gli altri casi di archiviazione, cioè quando difetta una condizione di procedibilità, oppure qualora sia intervenuta una causa estintiva del reato o laddove il fatto non sia previsto dalla legge come reato.

Ipotesi, queste, rispetto alle quali trovano, comunque, applicazione le disposizioni sulla richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato (art. 408 c.p.p.), sui provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione (art. 409 c.p.p.) e sull'opposizione alla richiesta di archiviazione (art. 410 c.p.p.).

Il nuovo art. 410-bis c.p.p.viene, quindi aggiunto, all'elenco delle sopra indicate previsioni che regolano anche questi ulteriori casi di archiviazione.

Luci e ombre

Nel complesso la rivisitazione della disciplina dell'opposizione alla richiesta di archiviazione deve accogliersi positivamente, in quanto finalizzata a risolvere talune irrazionalità delle previsioni vigenti in materia.

In primis appare condivisibile la scelta di attribuire al medesimo Gip, attraverso il ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale prevista dall'art. 130 c.p.p., la rimozione degli errori che discendono dall'omesso avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa dal reato che abbia fatto espressa richiesta di essere notiziata al riguardo, nonché dalla mancanza di un'espressa deliberazione sull'ammissibilità dell'opposizione.

Ciò in sostituzione dell'attuale ricorso per cassazione, che effettivamente, sotto un profilo sistematico, appare in tale sede inappropriato.

Rimane invariata l'impugnazione dell'ordinanza di archiviazione per i soli casi previsti dall'art. 127, comma 5, c.p.p. e, quindi, per la violazione del contraddittorio.

L'attribuire alla Corte d'appello, piuttosto che alla Corte di cassazione, mediante l'abrogazione del comma 6 dell'art. 409 c.p.p., la competenza a decidere sull'impugnazione rispetto all'ordinanza di archiviazione rinviene la propria giustificazione nell'irrazionalità del coinvolgimento del giudice di legittimità nella valutazione di un'irregolarità sostanzialmente formale.

Al riguardo sembrerebbe però più adeguato, in termini di razionalizzazione della mole di lavoro, sotto un profilo strettamente sistematico, l'individuazione nel tribunale – piuttosto che nella Corte d'appello – dell'organo preposto alla deliberazione su tale impugnazione.

Invero, le medesime ragioni poste a fondamento della ritenuta irrazionalità dell'intervento della Corte di cassazione in tale ambito, in considerazione dei tempi e della complessità degli adempimenti correlati a questo tipo di violazione, sono parimenti estensibili al prospettato intervento, quale giudice del gravame, della Corte d'appello.

Se appare, dunque, incontroversa la necessità d'investire per la decisione sull'impugnazione un giudice diverso dal Gip, la natura ed il contenuto della deliberazione renderebbero forse più idoneo ed efficace, anche in relazione al principio costituzionale di ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., l'individuazione del giudice competente nel tribunale, vieppiù se in composizione collegiale, per una più ampia garanzia di controllo e per una più oculata ripartizione del carico dei ruoli d'udienza.

Ciò tenuto conto della consistente quantità di lavoro che grava sulle Corti di appello, rispetto al quale la previsione del ricorso al procedimento disciplinato per la Corte di cassazione dall'art. 611 c.p.p., non sembra congruamente risolvere il problema.

Preme, inoltre, fin da ora stigmatizzare una lacuna nella previsione del nuovo testo dell'art. 410-bis c.p.p., che imporrebbe un sollecito intervento interpretativo ed integrativo.

La procedura di archiviazione, come ben noto, si caratterizza per la possibilità da parte del Gip investito della decisione di adottare due diversi provvedimenti conclusivi della stessa.

I possibili epiloghi sono, infatti, il decreto di archiviazione adottato de plano dal giudice inaudita altera parte e l'ordinanza di archiviazione, emessa all'esito dell'udienza camerale partecipata.

Quando la persona offesa dal reato propone rituale e tempestiva opposizione alla richiesta di archiviazione, il Gip è tenuto a valutarne l'ammissibilità.

Se ritiene che la stessa sia inammissibile, perché il suo contenuto è in violazione dell'art. 410, comma 1, c.p.p., difettando da parte della persona offesa dal reato l'indicazione, nella richiesta di prosecuzione delle indagini preliminari, dell'oggetto dell'investigazione suppletiva e delle corrispondenti emergenze probatorie, ovvero perché la predetta si limita a devolvere doglianze che si concretano nella mera confutazione della motivazione addotta a sostegno della richiesta di archiviazione, senza peraltro apparire convincenti, il Gip deve esplicitare le ragioni della giudicata inammissibilità e provvedere con il decreto motivato, emesso de plano, altresì restituendo gli atti al P.M.

Per converso, se ravvisa che l'opposizione è ammissibile alla stregua dei requisiti indicati dal citato art. 410, comma 1, c.p.p., ovvero si convince della fondatezza delle argomentazioni ivi addotte dalla persona offesa dal reato, fissa la data di celebrazione dell'udienza camerale partecipata, all'esito della quale potrà deliberare archiviando, ovvero adottando con ordinanza uno dei provvedimenti di impulso previsti dall'art. 409, commi 4 e 5, c.p.p, consistenti, rispettivamente, nell'indicare al P.M. indagini suppletive da svolgere, fissando il tempo necessario per il compimento delle stesse, o nel disporre che entro dieci giorni la pubblica accusa formuli l'imputazione.

Orbene, l'impugnazione dei due sopra enunciati provvedimenti conclusivi (decreto, ordinanza) risponde a ragioni ben distinte.

Nel caso del decreto, può essere contestato in sede di gravame l'omesso avviso alla persona offesa dal reato che, previamente, aveva espressamente richiesto di essere avvisata dell'eventuale richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero titolare delle indagini.

Nondimeno, può essere eccepito l'omesso avviso previsto dal comma 3-bis dell'art. 408 c.p.p., aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. g), del decreto legislativo 14 agosto 2013, n. 93, convertito nella legge 15 ottobre 2013, n. 119.

Comma in base al quale, avuto riguardo ai delitti integrati con violenza alla persona, l'avviso della richiesta di archiviazione è sempre e comunque notificato, a cura della pubblica accusa, alla persona offesa dal reato ed il termine di cui al comma 3 dell'art. 408 c.p.p., di dieci giorni, entro il quale la medesima può prendere visione degli atti e presentare opposizione, contenente richiesta motivata di prosecuzione delle indagini, viene esteso a venti giorni.

E, ancora, può devolversi come motivo di gravame il difetto di motivazione in ordine alla deliberazione circa l'inammissibilità dell'opposizione proposta.

In questo caso, attualmente, l'unico rimedio esperibile è proporre il ricorso per cassazione e, come già osservato, molto opportunamente la proposta di legge prevede, in sua vece, l'attivazione da parte del medesimo Gip della procedura di correzione degli errori materiali prevista dall'art. 130 c.p.p.

Di contro, quando l'udienza in camera di consiglio partecipata si è svolta, l'impugnazione è possibile solamente ove sussista la violazione del contraddittorio.

In proposito, a titolo esemplificativo, si consideri l'ipotesi dello svolgimento dell'udienza, nonostante un'irregolarità della notifica alla persona offesa del reato che abbia alla stessa impedito di parteciparvi.

In base all'attuale disciplina vigente, in entrambi i casi sopra rappresentati, il giudice chiamato a decidere su un'eventuale impugnazione è la Corte di cassazione.

Occorre chiedersi, però, cosa possa accadere nell'eventualità in cui il Gip abbia espressamente dichiarato inammissibile l'opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dalla persona offesa dal reato, argomentando erroneamente in ordine alle ragioni della giudicata assenza di specifica indicazione dell'oggetto dell'investigazione suppletiva e dei relativi elementi di prova, ai sensi dell'art. 410, comma 1, c.p.p..

In base alla vigente normativa, rilevato che l'erronea deliberazione di inammissibilità dell'opposizione comporta, conseguentemente, l'irrituale esclusione della persona offesa dal reato dalla partecipazione all'udienza in camera di consiglio, con preclusione per la stessa di poter discutere oralmente le proprie valutazioni, il vizio da eccepire nell'atto di gravame, mediante ricorso per cassazione, deve necessariamente ricondursi alla violazione del contraddittorio.

Ricorso il cui accoglimento comporta l'annullamento del decreto, anche per una nuova deliberazione del medesimo, ma con motivazione corretta.

Avuto riguardo, invece, al nuovo art. 410-bis c.p.p., in cui si scindono le rispettive competenze, prevedendo il medesimo Gip per il decreto di archiviazione, in relazione all'omessa notifica della richiesta di archiviazione alla persona offesa dal reato, ovvero alla mancata deliberazione sull'inammissibilità della opposizione, mentre la Corte d'appello per l'ordinanza di archiviazione, in relazione alle possibili violazioni del contraddittorio, di cui all'art. 127, comma 5, c.p.p., si pone un problema di non poco conto.

Ossia nel caso di erronea motivazione della giudicata inammissibilità dell'opposizione alla richiesta di archiviazione, che verte, in genere, sull'anticipazione dell'apprezzamento sugli elementi di prova specificamente indicati per la prosecuzione delle indagini preliminari, rimane incerto se l'impugnazione debba essere devoluta allo stesso Gip che si è erroneamente pronunciato, ovvero alla Corte d'appello (o, come si auspica al tribunale) o ancora se, in quanto non prevista, sia quindi ammissibile.

In conclusione

La regolamentazione dell'istituto è articolata e certamente i problemi hanno origine dall'impostazione dogmatica di una fattispecie complessa a formazione progressiva.

Sarà essenziale assicurare, in chiave di sistema, il punto di equilibrio tra ruolo e diritti di tutti i soggetti che partecipano al procedimento, in particolare indagato e persona offesa. Non ci rimane che attendere gli sviluppi dell'iter legislativo in commento, rispetto al quale sono stati già presentati molteplici emendamenti modificativi.

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