Sequestro preventivo del profitto d'omesso versamento di ritenute certificate e rateizzazione del debito

Corrado Sanvito
06 Settembre 2017

Il profitto del reato tributario, è passibile di sequestro preventivo ai fini di confisca obbligatoria anche in caso di accordi di rateizzazione del debito erariale. L'impegno assunto dal contribuente e il pagamento delle relative rate alla prevista scadenza non inibisce, dunque, l'adozione della misura cautelare che ...
Massima

Il profitto del reato tributario, è passibile di sequestro preventivo ai fini di confisca obbligatoria anche in caso di accordi di rateizzazione del debito erariale. L'impegno assunto dal contribuente e il pagamento delle relative rate alla prevista scadenza non inibisce, dunque, l'adozione della misura cautelare che, disposta ai sensi del comma 2 dell'articolo 321 c.p.p., non presuppone prognosi di pericolosità connessa alla libera disponibilità del bene; ciò neppure in caso di omesso versamento di ritenute certificate, per cui pur prevista l'operatività di causa di non punibilità, il relativo profitto permane soggetto a confisca obbligatoria.

Il caso

Un decreto di sequestro preventivo del profitto d'omesso versamento di ritenute certificate – art. 10-bis d.lgs. 74/2000 – emesso dal Gip di Macerata, è provvedimento oggetto d'attenzione del tribunale del riesame.

L'ordinanza, del tribunale del riesame di Macerata, di conferma del provvedimento, (che pur riduce l'importo all'imposta evasa, al netto pertanto di sanzioni e interessi, limitando, così, l'operatività del provvedimento, nel solco della più recente giurisprudenza, si veda Cass. pen.,Sez. III, 20 gennaio 2017, n. 28047, che così si espressa ad eccezione che per l'ipotesi di sottrazione fraudolenta al pagamento d'imposta, vedi nota di SANVITO, Confisca per equivalente del profitto del reato tributario e commisurazione all'importo delle sanzioni tributarie) è ragione di ricorso per Cassazione, di cui si segnala ed esamina il seguente motivo.

Lamenta il ricorrente «[…], in fatto, di aver concordato con l'amministrazione finanziaria il pagamento rateale del debito prima della emissione del sequestro e di aver già pagato, al 1° febbraio 2016, tre rate del complessivo importo di euro 47.408,80»

ed eccepisce «[…], in diritto, l'erronea applicazione degli artt. 321 e 322, cod. proc. pen., 1, comma 143, legge n. 244 del 2007, 10-bis, 13 e 13-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, nonché l'assenza dei presupposti di fatto e di diritto del provvedimento ablatorio, […] l'insussistenza dei presupposti dell'urgenza e del pericolo di protrazione del reato».

Assume così, che «l'introduzione e la modificazione, ad opera del d.lgs. n. 158 del 2015, degliartt. 12-bis, 13 e 13-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, ha fatto venir meno, l'automatismo della cautela reale che caratterizzava la confisca per equivalente ai sensi dell'abrogato art. 1, comma 143, legge n. 244 del 2007».

La novella, dunque, avrebbe comportato modifiche tali da indurre «una mutazione genetica della misura non più adottabile quando, come nel caso di specie, la concordata rateizzazione del debito ed il suo pagamento provano la volontà di adempiere l'obbligazione tributaria, volontà che sarebbe frustrata ed impedita nel suo concreto realizzarsi in caso di sequestro delle provviste necessarie a far fronte non solo al pagamento del debito ma anche al proseguimento dell'attività imprenditoriale da cui trarre le risorse economiche necessarie al pagamento stesso».

Per queste ragioni il ricorrente vorrebbe non più «possibile disporre il sequestro in assenza di un vero e proprio pericolo di inadempimento del debito».

La questione

Si vorrebbe un'ipotesi di confisca obbligatoria, quella del profitto del reato tributario, al più, facoltativa.

Si vorrebbe, in particolare, il risparmio d'imposta, bene il cui sequestro preventivo sia possibile solo in quanto la sua libera disponibilità induca giudizio di pericolosità di aggravamento, protrazione o reiterazione del reato, ai sensi dunque del comma 1 dell'articolo 321 c.p.p.; o al più, bene oggetto di confisca peraltro facoltativa, quindi pur sempre condizionato a una ragione giustificatrice dell'esercizio del potere, dunque discrezionale, di sottrarne la disponibilità.

Così, per lo meno, parrebbe corretto proporre il quesito; del resto di mutazione genetica della misura cautelare pare improprio scrivere: ciò che muterebbe, al più, sarebbe il presupposto dell'operare sequestro, ossia la soggezione del bene a confisca facoltativa (comma 2 dell'articolo 321 c.p.p.), o piuttosto, ancora, per pericolosità della sua libera disponibilità (comma 1 dell'articolo 321 c.p.p.), anziché obbligatoria.

Caso concreto sarebbe appunto – secondo il ricorrente – quello che inducono le due previsioni del d.lgs. 74/2000, l'una, della possibilità d'operare di condizione di non punibilità (art. 13) quanto all'ipotesi d'omesso versamento delle ritenute certificate (articolo 10-bis) e l'altra, di non operare della confisca sulla parte di debito che il contribuente s'impegna a versare all'erario (art. 12-bis, comma 2).

Dal bene soggetto a misura cautelare, dunque, il presupposto d'intervento nomofilattico prospettato dal ricorrente:

  1. in ragione della nuova causa di non punibilità di cui all'articolo 13 e alla previsione del comma 2 dell'articolo 12-bis, entrambe del d.lgs. 74/2000, la novazione del presupposto d'operatività del sequestro preventivo del profitto del reato tributario, non più connesso all'obbligatorietà della confisca bensì al pericolo della libera disponibilità; come dire l'operatività ai sensi del comma 1, anziché 2 dell'articolo 321 c.p.p.;
  2. la garanzia di operatività concreta della novella che, diversamente, troverebbe negazione a causa dell'impedimento d'adempimento del debito che la privazione di libera disponibilità del bene in sequestro comporta.
Le soluzioni giuridiche

Il profitto del reato tributario è oggetto, ai sensi dell'articolo 12-bis d.lgs. 74/2000, di confisca obbligatoria.

Così, del resto dispone l'articolo 12-bis d.lgs. 74/2000, che testualmente prevede: «Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto».

L'obbligatorietà della confisca del profitto del reato tributario comporta la possibilità di sottoporlo a misura cautelare (dunque reale) ai sensi del comma 2 dell'articolo 321 c.p.p. (pur limitatamente all'imposta evasa e non anche alle sanzioni e interessi); per inciso, anche nella misura per equivalente così come dettato dall'articolo 12-bis citato. L'esercizio della misura cautelare quanto avente a oggetto bene soggetto a confisca obbligatoria non necessita di motivazione alcuna: sufficiente essendo il requisito dell'oggettiva confiscabilità! Oggettività, che, in ragione della previsione della confisca per equivalente valore, neppure attiene la medesimezza del bene, potendo appunto avere a oggetto bene d'equivalente valore.

A nulla valga, per il resto, invocare la previsione di cause di non punibilità e le scansioni procedurali per il pagamento del debito tributario (articolo 13), per negare natura obbligatoria alla prevista confisca. Sia, a proposito, «dirimente […] la possibilità», prevista dal comma 2 dell'articolo 12-bis d.lgs. 74/2000, «per il contribuente che si sia impegnato nei confronti dell'erario al pagamento del debito, di pagare il dovuto anche in presenza del sequestro». Il pagamento del debito erariale varrà, certamente, a negare operatività alla confisca, che neppure sarà ordinata nei casi e alle condizioni di cui all'articolo 13; così come varrà a negare ragione, in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione con l'amministrazione finanziaria, al relativo sequestro preventivo.

Osservazioni

Si osserva, così, la natura obbligatoria della confisca del profitto del reato tributario che neppure cambia con riferimento all'ipotesi d'omesso versamento, per cui potrebbe operare la causa di non punibilità: e, così anche, la possibilità di disporre sempre e comunque il relativo sequestro preventivo, pur passibile di riduzione in misura pari ai ratei versati; natura obbligatoria e relativa soluzione cautelare che troverebbero negazione nel sol caso e momento di soluzione dell'intero debito erariale così come concordata con l'amministrazione finanziaria.

Di un “momento” della soluzione del debito si è scritto necessariamente per indicare il limite temporale che nega applicazione di misura cautelare e ordine di confisca; per cui l'adempimento dell'accordo con l'amministrazione finanziaria, che intervenga prima della condanna, negherà l'ordine di confisca e, dopo la misura, escluderà ragione di permanenza.

Della ragione d'adozione e permanenza della misura cautelare vi è evidenza nella persistenza del debito tributario; tanto che trattasi di ragione valida prima e dopo la condanna, il fondamento essendo cautelativo del provvedimento di confisca, dall'effettività della quale deriva l'efficacia del momento sanzionatorio.

La persistenza del debito tributario, quale profitto del reato, interessa anche la confisca che, dello stesso, debba essere ordinata ai sensi dell'articolo 12-bis del d.lgs. 74/2000; confisca che, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo non opererebbe nella misura in cui il profitto sia oggetto di accordo con l'amministrazione finanziaria e che verrebbe comunque disposta nel caso di mancato versamento, ai sensi del secondo periodo del comma 2 medesimo.

Quid juris qualora il momento di adempimento dovesse essere successivo alla sentenza di condanna?

Parrebbe che la confisca, previsione obbligatoria, debba essere comunque ordinata; confisca che peraltro non opererebbe in pendenza di accordo se non a giustificare il sequestro che disposto sia mantenuto e che comunque sarebbe disposta nel caso di mancato versamento.

Due azioni, proprie dell'agire giudiziario, l'ordinare e disporre, e una propria dell'agire effetti della stessa confisca, l'operare, che esprimono le condizioni di attuazione della previsione normativa.

Potremmo così assumere che la confisca sarà ordinata anche in pendenza di accordo solutivo del debito (del resto è “sempre ordinata”), non sarà peraltro operativa di effetti, anche nella sua proiezione cautelare, per la parte di debito che sarà pagato e sarà disposta, in ultimo, per la parte di debito rimasta inevasa; quasi a scandire una sequenza che dalla previsione di sua adozione obbligatoria, ne tempera l'operatività, anche in fase cautelare, fin tanto che rimanga inevaso anche una sola parte del debito, per cui sarà disposta.

Un provvedimento, dunque, parrebbe, cui l'esecuzione penale darebbe seguito salvo l'incidente (d'esecuzione) prova dell'avvenuto intero versamento (prova da attivarsi, appunto, con incidente d'esecuzione da parte del soggetto interessato).

A meno di voler assumere la possibilità di ordinarla quanto obbligatoria (diversamente non possibile se facoltativa, poiché sarebbe rimessa alla valutazione discrezionale del giudice al momento della pronuncia della sentenza, con la conseguenza che se non così disposta sarebbe esclusa la possibilità di adottarla in sede esecutiva, si veda Cass. pen., Sez. III, n. 12307/2007) e disporla in sede d'esecuzione, competente com'è il giudice dell'esecuzione ai sensi dell'articolo 676 c.p.p.

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