Prescrizione, cause di estinzione del reato sopravvenute e di giustificazione coeve al fatto nel giudizio conseguente all'annullamento parziale con rinvio

Gianluca Bergamaschi
07 Luglio 2017

Il busillis verte sulla dichiarabilità dell'insussistenza o dell'estinzione del reato, ove emerga una originaria causa di giustificazione o ne sopravvenga una di estinzione, nelle more del giudizio di rinvio dopo l'annullamento parziale della Cassazione ...
Abstract

Il busillis verte sulla dichiarabilità dell'insussistenza o dell'estinzione del reato, ove emerga una originaria causa di giustificazione o ne sopravvenga una di estinzione, nelle more del giudizio di rinvio dopo l'annullamento parziale della Cassazione, laddove la questione da decidere sia essa stessa una causa di giustificazione o di estinzione, di talché il non deciso della sentenza possa ritenersi in connessione essenziale con il deciso, attinente all'affermazione che il fatto sussiste, costituisce reato e che l'imputato lo ha commesso, di per sé, dunque, immodificabile ma non passato in giudicato e quindi ancora ribaltabile.

La rideterminazione della pena, anche rispetto alle circostanze del reato

La questione dei poteri del giudice di rinvio dopo l'annullamento parziale in Cassazione, si è posto soprattutto circa la dichiarabilità dell'estinzione per prescrizione, allorché, nel giudizio di rinvio si debba decidere esclusivamente l'entità della pena o la ricorrenza di una circostanza.

Il dibattito fu spento dalla Cass. pen., Sez. unite, n. 4904/1997, chiamata a dirimere il contrasto tra, da un lato, la giurisprudenza, nettamente minoritaria (Cass. pen., Sez. I, n. 11206/1994), che respingeva la teoria del giudicato progressivo o parziale (sancito da Cass. pen., Sez. unite, n. 20/1996) e – in forza del principio dell'unitarietà del reato, ossia tra precetto e sanzione, che rende necessaria anche la determinazione della pena per l'effettivo passaggio in giudicato della sentenza – riteneva che le cause di non punibilità e di estinzione del reato continuassero ad operare finché la questione fosse decisa in tutte le sue parti, ossia che fosse applicabile al reato la prescrizione sopravvenuta all'annullamento, per la regola generale contenuta nell'art.129 c.p.p.; e, dall'altro, la contraria posizione maggioritaria, sposata dall'arresto a Sezioni unite, che escludeva ciò in quanto, a norma dell'art. 624, comma 1, c.p.p., la parte di sentenza relativa all'accertamento del reato e alla responsabilità dell'imputato acquista autorità di cosa giudicata prima del compimento del termine di prescrizione, bloccandone definitivamente il decorso e, proprio in forza di tale norma, la conclusione differisce da quanto il giudicato progressivo o parziale determina sull'operatività della cause di non punibilità e di estinzione, circa le parti non impugnate di una sentenza.

In sostanza, venne ribadita la tesi, elaborata in tema di impugnazioni, del giudicato progressivo o parziale, che nello specifico si rafforza per il disposto dell'art. 624, comma 1, c.p.p., il quale stabilisce che, se l'annullamento non è stato pronunciato per tutte le "disposizioni" della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale, vale a dire che non sono in necessaria interdipendenza logico-giuridica, con la parte annullata, cosicché: «[…] la possibilità di applicare l'art. 129 c.p.p. nel giudizio di rinvio, in particolare con riferimento a cause estintive sopravvenute all'annullamento, sussiste solo nei limiti della compatibilità con la decisione adottata in sede di legittimità e col conseguente spazio decisorio attribuito in via residuale al giudice di rinvio: formatosi il giudicato sull'accertamento del reato e della responsabilità dell'imputato, dette cause sono inapplicabili non avendo possibilità d'incidere sul decisum».

L'arresto respinge l'argomento a contrario dell'unitarietà del reato, perché considera che le cause di non punibilità si distinguono in scriminanti, che escludono l'illiceità penale, scusanti che escludono la colpevolezza ed esimenti, che escludono solo la pena, cosicché all'accertamento del reato non sempre segue la sanzione, che, dunque, non ne costituisce una componente essenziale, ma ha un ruolo autonomo, da cui la configurabilità generale del giudicato progressivo o parziale.

La sentenza sostiene, quindi, che ciò – in forza delle espressione usate, ossia disposizioni della sentenza e parti della sentenza – deve riferirsi ad ogni singola decisione avente autonomia giuridico concettuale (Cass. pen., Sez. unite, n. 4460/1994; Cass. pen., Sez. IV, n. 9114/1996; Cass. pen., Sez. III, n. 18502/15), ossia anche ai punti e non solo ai capi, e che: «Se, dunque, l'annullamento colpisce soltanto la parte di sentenza relativa al quantum (non all'an) della pena, che dovrà essere rideterminata ma non potrà essere eliminata, la parte concernente l'affermazione della responsabilità resta intangibile. Essa, infatti, lungi dal porsi in "connessione essenziale con la parte annullata", ha ormai acquistato "autorità di cosa giudicata" e, proprio su questo irretrattabile presupposto (qual è appunto la declaratoria di colpevolezza e punibilità), consente la riapertura del giudizio, in sede di rinvio, limitatamente alla parte annullata della sentenza (quoad poenam) e solo a quella (art. 625 c.p.p.).».

La giurisprudenza successiva (Cass. pen., Sez. unite, n. 1/2000; Cass. pen., Sez. III, n. 15472/2004; Cass. pen., Sez. III, n. 15101/2010; Cass. pen., Sez. II, n. 8039/2010; Cass. pen., Sez. VI, n. 45900/2013; Cass. pen., Sez. unite, n. 16208/2014; Cass. pen., Sez. II, n. 4109/2016; Cass. pen., Sez. I, n. 5753/2016) ha seguito, per lo più, questa via.

In essa si segnala la Cass. pen., Sez. unite, n. 16208/2014, che – chiamata a dirimere il contrasto circa la violazione o meno del divieto di reformatio in peius in caso di annullamento con rinvio per la rideterminazione della pena in continuazione, laddove si modifichi il calcolo interno e non la somma finale – precisa, però, che coperta dal giudicato è anche la qualificazione giuridica del fatto non impugnata, cosicché, se dopo il rinvio, lo ius superveniens dovesse riqualificare il medesimo fatto in una nuova fattispecie incriminatrice in continuità normativa con la precedente ma punita più mitemente (lex mitior), essa non sarebbe applicabile dal giudice del rinvio investito unicamente della quantificazione della pena, avendo il profilo della qualificazione giuridica assunto l'autorità del giudicato, ex art. 624, comma 1, c.p.p..; inoltre: «[…] deve ritenersi ontologicamente venuta meno la presunzione di non colpevolezza, essendo stata quest'ultima accertata con sentenza ormai divenuta definitiva sul punto, allo stesso modo non può che inferirsene – alla stregua del medesimo parametro costituzionale, in virtù del quale tertium non datur – che risulti eo ipso trasformata la posizione dell'imputato in quella di "condannato", anche se a pena ancora da determinare in via definitiva».

Così come la Cass. pen., Sez. I, n. 5753/2016, che ne fa specifica applicazione in caso di annullamento parziale di fattispecie criminosa contemplante più violazioni autonome tra loro, unificate ai soli fini sanzionatori e afferma che: «[…] l'annullamento della condanna solo per alcuni reati di bancarotta e l'eventuale modifica, all'esito del giudizio di rinvio, del trattamento sanzionatorio finale, non incidono sui fatti di bancarotta non interessati dalla sentenza parzialmente rescindente, con la conseguenza che l'eventuale nuovo assetto sanzionatorio disposto nel giudizio di rinvio non può determinare una sorta di riapertura dei termini di prescrizione dei reatidi bancarotta già irrevocabilmente accertati».

Quanto alle circostanze del reato, la Cass. pen., Sez. I, 11041/1995 – facendo aggio sulla giurisprudenza formatasi circa l'art. 545 c.p.p. previgente, di cui l'art. 624, comma 1, c.p.p. del codice in vigore, è la riproduzione (cfr. per tutte Cass. pen., Sez. unite, 23 novembre 1990, ric. Agnese ed altri e Cass. pen., Sez. unite, 11 maggio 1993, ric. Ligresti ed altri) –, anticipò, in materia di giudizio di comparazione delle circostanze (art. 69 c.p.) in sede di rinvio, gli stessi argomenti della giurisprudenza maggioritaria vista supra.

Altri arresti (Cass pen., Sez. V, 4307/1998; Cass. pen., Sez. I, n. 7548/2000) invece – sulla base, però, della disciplina dell'art. 157, comma 3, c.p. previgente, il quale introduceva nel calcolo della prescrizione anche il bilanciamento delle circostanze e le circostanze attenuanti, oggi espressamente esclusi dalla riforma ex Cirielli – sostennero che: «[…] quel che conta nel diritto penale, almeno ai fini della prescrizione, è il fatto-reato valutato globalmente (la c.d. fattispecie penale complessa) comprensivo sia della fattispecie tipica (qui la corruzione), sia delle circostanze»; cosicché la parte non annullata, circa l'affermazione di responsabilità dell'imputato, non può considerarsi una decisione esaurita perché ancora in connessione con la parte annullata.

Ne consegue che, laddove giudice di rinvio debba decidere circa il giudizio di bilanciamento tra le circostanze del reato o circa il riconoscimento o l'esclusione delle attenuanti o aggravanti, si determinerà l'ulteriore corso della prescrizione, che dovrà essere rilevata e dichiarata da parte dello stesso, in forza del combinato disposto dagli artt. 129 e 530 c.p.p., a ciò non ostando l'art. 624, comma 1, c.p.p., stante la connessione tra la parte decisa e quella da decidere, espressamente prevista come incidente sul calcolo della prescrizione dall'art. 157 c.p. previgente.

Anche in virtù delle modifiche operate all'art. 157 c.p.p. dalla legge ex Cirielli, oggi il contrasto può dirsi superato, giacché la giurisprudenza successiva è pressoché totalmente schierata con quella vista supra circa la commisurazione della pena, che appunto nega la rilevabilità nel giudizio di rinvio della prescrizione sopravvenuta al medesimo, ciò in quanto nega la connessione essenziale tra le parti decise e quelle non decise, laddove le seconde siano relative solo al quantum e non anche all'an della condanna (Cass. pen., Sez. II, n. 12967/2007; Cass. pen., Sez. I, n. 43710/2015).

Le cause di non punibilità, specie circa la particolare tenuità del fatto

In materia di cause di non punibilità e, recentemente, sotto lo specifico profilo della particolare tenuità del fatto, la giurisprudenza è compatta nell'escludere che possano essere rilevate nel giudizio di rinvio, così come nell'escludere l'operatività della prescrizione, sopravvenuta al rinvio, laddove nello stesso si controverta sulle stesse (Cass. pen., Sez. III, n. 15101/2010; Cass. pen., Sez. III, n. 50308/2014; Cass. pen., Sez. III, 38380/2015; Cass. pen., Sez. III, n. 50215/2015; Cass. pen., Sez. III, n. 30383/2016), sebbene ciò sia affermato chiaramente solo per le mere esimenti, mentre altrettanto non possa dirsi per le scriminanti e le scusanti.

Infatti, la Cass. pen., Sez. III, n. 15101/2010 ritiene che la ragione per cui le cause di non punibilità non possano, di regola, rilevare nel giudizio di rinvio, se non siano l'oggetto principale dello stesso, è che non possono sopravvenire al giudizio di annullamento parziale in Cassazione, perché, essendo necessariamente coeve al fatto, o vengono impugnate o passano in giudicato in corso di causa e comunque sono liquidate definitivamente con la sentenza di legittimità, che copre il dedotto ed il deducibile.

Tuttavia, la Cass. pen., Sez. III, n. 50308/2014 riafferma che, in virtù del giudicato progressivo, in sede di rinvio non rileva il verificarsi dell'estinzione del reato per perenzione del termine di prescrizione ma ciò in quanto la causa di non punibilità considerata (art. 13-bis del d.l. 70/2008, Scudo fiscale) era una mera esimente sopravvenuta al fatto, ossia tale da esentare esclusivamente dalla pena per scelta legislativa legata a ragioni di pura opportunità, cosicché contrariamente a quanto potrebbe dirsi per le scriminanti (cause di esclusione dell'illegittimità penale) e le scusanti (causa di esclusione della colpevolezza per la non rimproverabilità della condotta) non coesisteva con il fatto ma era sopravvenuta allo stesso in quanto presupponente un reato già consumato, di cui vengono successivamente eliminati gli effetti, per cui l'accertamento della responsabilità penale della ricorrente è del tutto sganciato rispetto all'operatività di tale causa di esclusione della punibilità, ossia non può ritenersi in connessione essenziale, indi si verifica una situazione analoga quella in cui l'annullamento con rinvio venga disposto per la sola determinazione della pena (su questa linea appare anche Cass. pen., Sez. III, n. 50215/2015).

La questione negli arresti incidentali

Indirettamente, si è occupata della vicenda anche la giurisprudenza relativa alla questione dell'ammissibilità del ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, ex art. 625-bis c.p.p., contro la parte non annullata della sentenza di Cassazione di annullamento parziale con rinvio per la sola rideterminazione della pena, giacché, da una parte, vi sono sentenze (Cass. pen., Sez. V, 40171/2009) le quali hanno sostenuto che, perché si possa dire passato in giudicato un capo della sentenza, occorre che sino tali anche tutti i punti che lo riguardano, con ciò concludendo per l'inammissibilità del ricorso straordinario richiesto, in quanto concedibile solo a favore del “condannato”, ossia a fronte di un giudicato di condanna; dall'altra si collocano sentenze (Cass. pen., Sez. VI, n. 25977/2010) che, riprendendo sostanzialmente le argomentazioni già viste supra circa il giudicato progressivo, ritengono che la parte decisa passi in giudicato parziale e, ove contenga l'affermazione di responsabilità, faccia sì che l'imputato diventi “condannato” in forza del chiaro tenore dell'art. 624, comma 1, c.p.p., cosicché il ricorso straordinario è perfettamente ammissibile ogni qualvolta oggetto del rinvio sia solo una decisione relativa al trattamento sanzionatorio.

Tale ultima posizione è stata fatta propria da Cass. pen., Sez. unite, n. 28717/2012, intervenuta proprio per dirimere la questione, e, in precedenza, dalla Corte cost. n. 367/1996, che ebbe a confermare incidentalmente la differenza che corre tra la formazione progressiva del giudicato in caso d'impugnazione parziale – in cui passano in giudicato i capi e non i punti e solo allorché tutti i secondi siano decisi definitivamente, cosicché non passa in giudicato la decisione sulla responsabilità penale relativa ad una specifico punto, sebbene non impugnata, ove risulti impugnata e da decidersi anche solo la quantificazione della pena relativa alla stessa –, con il caso di annullamento parziale con rinvio, ex art. 624, comma 1, c.p.p., per il cui specialissimo effetto sono suscettibili di passare in giudicato tutte le “parti” non annullate, ossia tanto i capi quanto i punti non in connessione essenziale con il residuo thema decidendum, di talché, ove residui solo la quantificazione della pena, passa in giudicato l'affermazione di responsabilità non annullata, pur se riferibile allo stesso capo d'imputazione.

Considerazioni

Occorre, intanto, premettere che la questione riguarda soprattutto il problema della prescrizione, giacché, in pratica, ben difficilmente potrà capitare che emerga, solo in sede di rinvio, una causa di giustificazione coeva al fatto ma, laddove accadesse, non si potrà dire, come fa Cass. pen., Sez. III, n. 15101/2010, che non possa essere rilevata in quanto, se non autonomamente impugnata, è già coperta dal dedotto e deducibile della parte non annullata della sentenza, giacché questo potrà dirsi solo se l'affermazione di responsabilità non sia in connessione essenziale con la parte annullata e da decidersi.

Infatti, si può convenire che – in forza della previsione dell'art. 624, comma 1, c.p.p. – non ricorra una connessione essenziale tra la decisione presa, e non annullata, circa la penale responsabilità dell'imputato e la decisione da prendersi circa la determinazione della pena o la ricorrenza delle circostanze del reato, giacché esse non sono in grado di mettere neppure in discussione l'esistenza della prima, che può quindi considerarsi passata in giudicato, con la trasformazione dell'imputato in condannato, a cui, dunque, non potranno giovare le cause di giustificazioni originarie, eventualmente emerse in sede di rinvio, ovvero le cause di non punibilità o di estinzione del reato sopravvenute, quale è appunto la prescrizione.

Questo, però, vale ove si tengano ben ferme e chiare le nozioni di parti non annullate della sentenza e di connessione essenziale (Cass. pen., Sez. unite, 19 gennaio 1994, imp. Celerini; Cass. pen., Sez. V, 4307/1998), ossia ove si intenda le prime come: «[…] quelle in ordine alle quelli si è ormai del tutto esaurita ogni possibilità di decisione del giudice di merito e, contestualmente, completato l'iter processuale e che hanno, così, acquistato, perché definitive, autorità di cosa giudicata»; e la seconda: «[…] come necessaria interdipendenza logico-giuridica tra le parti suddette, nel senso che l'annullamento di una di esse provochi inevitabilmente il riesame di altra parte della sentenza seppur non annullata».

In pratica, se la connessione essenziale attiene alla “essenza”, ossia alla dimensione ontica ed ontologica di una decisione, essa sussiste ogniqualvolta un'altra decisione possa mettere in discussione l'esito della prima e la sua permanente esistenza nel mondo del diritto, sebbene sia intrinsecamente immodificabile.

Si dovrà quindi concludere, proprio per le stesse ragioni viste supra, che vi è connessione essenziale tra l'oggetto principale del giudizio di rinvio vertente sulla ricorrenza o meno di una scriminante o di una scusante ovvero di una causa di estinzione del reato e l'eventuale affermazione di responsabilità (ossia che il fatto sussiste, costituisce reato e l'imputato lo ha commesso), di per sé non annullata e non oggetto del giudizio di rinvio, in quanto la decisione da prendere è idonea a mettere in discussione l'esistenza stessa della decisione già presa, per lo meno circa la questione se il fatto costituisca reato e/o esista giuridicamente come tale, punto che, quindi, non passa in giudicato perché lascia sub iudice anche l'an della responsabilità stessa e ben può essere spazzato via dall'esito positivo per l'imputato (che resta tale) del giudizio di rinvio sull'oggetto principale dello stesso.

In conclusione

In definitiva, la giurisprudenza che esclude l'operatività della prescrizione o di altre cause di estinzione del reato (ma lo stesso vale anche per le cause di giustificazione) è copiosa, chiara, pacifica e consolidata essenzialmente laddove il thema decidendum del giudizio di rinvio riguardi solo la determinazione della pena ovvero, al limite, la ricorrenza di una causa di non punibilità, intesa come una mera esimente, ossia una causa di esclusione della pena (ad es. la particolare tenuità del fatto), giacché, in tali casi, l'oggetto del giudizio di rinvio non attiene più all'an della condanna, ossia all'affermazione che il fatto sussiste, costituisce reato e che l'imputato lo ha commesso ma solo al quantum o alla mera ed effettiva irrogazione della sanzione, cosicché non è in grado di rimettere in discussione l'affermazione di responsabilità, con cui, dunque, non può ritenersi in connessione essenziale.

Diverso, però, è il caso in cui nel giudizio di rinvio si debba decidere della ricorrenza di una causa di giustificazione riconducibile ad una scriminante, ossia ad un fatto che può escludere l'antigiuridicità penale della condotta, ovvero ad una scusante, ossia ad un fatto che può escludere la colpevolezza, nonché laddove si debba decidere la ricorrenza di una causa di estinzione del reato, giacché, in tutti questi casi, la decisione sulla condanna – non annullata e, in sé e per sé, immodificabile – rimane ancora complessivamente sub iudice, potendo sempre essere travolta dalla decisione che il giudice di rinvio deve prendere, con cui è quindi in connessione essenziale, ex art. 624, comma 1, c.p.p., di talché non passa in giudicato (si parla in tali casi di mera preclusione) e fa sì che possano, anzi debbano, rilevarsi e dichiararsi tutte le cause di giustificazione coeve al fatto, ma eventualmente non emerse in precedenza, e di estinzione del reato, eventualmente sopravvenute, quale appunto è la prescrizione.

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