La nomina di consulenti tecnici d'ufficio e di periti nei giudizi di responsabilità sanitaria dopo la legge Gelli

08 Giugno 2017

Tra le novità introdotte dalla legge 24/2017 (c.d. legge Gelli) vi è anche una norma concernente la nomina da parte dell'autorità giudiziaria di consulenti tecnici e periti . ssa, superando le finalità di mero aggiornamento e miglioramento degli albi ...
Abstract

Tra le novità introdotte dalla legge 24/2017 (c.d. legge Gelli) recante Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie vi è anche una norma concernente la nomina da parte dell'autorità giudiziaria di consulenti tecnici e periti. Essa, superando le finalità di mero aggiornamento e miglioramento degli albi dei consulenti tecnici d'ufficio già incluso nella legge Balduzzi, provvede in ordine all'obbligatorietà del conferimento dell'incarico ad un collegio di consulenti (in ambito civile) o di periti (in ambito penale) composto da un medico legale e da almeno uno specialista della disciplina oggetto del procedimento, scelti tra gli iscritti agli albi dei consulenti e con comprovati requisiti di terzietà ed eventuale comprovata competenza in ambito conciliativo nel caso previsto dall'art. 8 della stessa legge Gelli. L'applicazione in concreto di tale norma presenta tuttavia aspetti di problematicità, che potrebbero attenuarne l'efficacia.

L'art. 15 della legge Gelli

L'epigrafe dell'art. 15 della legge 24/2017 (c.d. Legge Gelli) rivela che la sua finalità è quella di disciplinare il meccanismo di nomina dei consulenti d'ufficio e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria; si tratta dunque di disposizione destinata ad uniformare il procedimento di individuazione e scelta dei professionisti nell'ambito di tutti i giudizi – civili e/o penali – aventi ad oggetto questioni sulla responsabilità medica.

L'articolo consta di ben 4 commi.

Il primo comma stabilisce una regola speciale per i soli giudizi di responsabilità medica, prestabilendo criteri di scelta e di nomina dei C.T.U. e dei periti che l'autorità giudiziaria dovrà seguire in tali casi.

Il secondo ed il terzo comma entrano nel merito degli albi dei consulenti e dei periti, modificandone parzialmente il contenuto. Devono quindi ora essere indicate, e documentate, le specializzazioni degli iscritti esperti in medicina nonché l'esperienza professionale maturata.

L'aggiornamento degli albi dei consulenti e dei periti deve inoltre essere effettuato almeno ogni cinque anni.

Il quarto comma infine sancisce che non è più applicabile, nella determinazione del compenso globale per il collegio a cui è conferito l'incarico di cui al primo comma, l'aumento del 40 per cento per ciascuno degli componenti del collegio sinora previsto dall'articolo 53 del T.U. spese di giustizia.

Nomina del C.T.U. e del perito nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria

Come si è visto, la regola posta dal primo comma della novella fissa un regime d'eccezione, destinato ad operare soltanto per questa particolare tipologia di giudizi, sia in ambito civile che penale, uniformando il meccanismo della scelta del consulente/perito e del relativo incarico da parte del giudice.

Oggetto dell'intervento, mirato ai procedimenti di responsabilità medica, è dunque la possibilità per il giudice di ricorrere ad ausiliari tecnici per la valutazione di aspetti tecnici della controversia, che esulano dalle sue conoscenze e comunque dalle competenze di tipo giuridico.

Nel procedimento civile, la consulenza tecnica d'ufficio è regolata dall'art. 61 c.p.c., a norma del quale: «quando è necessario, il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica».

Per principio assodato in giurisprudenza la consulenza tecnica d'ufficio non costituisce una vera e propria prova ma solo un mezzo istruttorio e di ausilio per l'organo giudicante finalizzata all'acquisizione, da parte di quest'ultimo, di un parere tecnico su questioni tecniche particolarmente complesse, ovvero che richiedono specifiche competenze ed in tal senso la nomina del consulente rientra nel potere discrezionale del giudice, il quale può provvedervi a prescindere da una specifica richiesta delle parti (cfr. Cass. civ., Sez. lavoro, 26 agosto 2013, n. 19572).

Nel processo penale la perizia è regolamentata negli artt. da 220 a 233 c.p.p.

In particolare l'art. 221 c.p.p. prevede che il giudice nomini il perito scegliendolo tra gli iscritti negli appositi albi o tra persone fornite di particolare competenza nella specifica disciplina e che possa affidare l'espletamento della perizia a più persone quando le indagini e le valutazioni risultano di notevole complessità ovvero richiedono distinte conoscenze in differenti discipline.

Rispetto a tale quadro normativo, che continua a valere come regola generale, si affaccia quindi – ma limitatamente alla materia regolata dalla legge Gelli - un diverso percorso.

L'intervento del Legislatore del 2017 qui in commento, si appalesa come rivolto principalmente nei confronti del giudice, prescrivendo l'obbligo di affidare senza eccezioni l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia ad un collegio peritale composto da un medico specializzato in medicina legale e da uno o più specialisti.

E dunque l'autorità giudiziaria risulta così spodestata di quella discrezionalità, particolarmente sottolineata nella formulazione letterale dei già menzionati art. 61 c.p.c. e art. 221 c.p.p., non potendo più decidere in simili evenienze di affidare l'espletamento ad un unico professionista ma, sempre e solo, ad un collegio composto da almeno due specialisti, uno dei quali immancabilmente sarà un medico legale.

Tale previsione in realtà non fa che rendere obbligatorio ciò che si verifica già molto frequentemente, posto che proprio in relazione alle particolarità e difficoltà del caso ed alla necessità di accertamenti ad opera di professionisti esperti e specializzati, l'Autorità giudiziaria è solita affidare l'incarico ad un collegio peritale o almeno autorizza il consulente o il perito ad avvalersi dell'ausilio di altri specialisti, ove ritenuto necessario.

Nessuna rivoluzione copernicana quindi: il Legislatore ha inteso eliminare ogni margine di scelta del giudice, nel probabile intento di garantire, in una materia – come quella della responsabilità professionale medica – dominata dal tecnicismo, un approccio multidisciplinare (medico legale e specialistico) nella fasi della consulenza tecnica e della perizia, i cui esiti, come ben si comprende, finiscono per essere assolutamente decisivi ai fini del giudizio.

La legge tuttavia non si è limitata a tale aspetto ma si è spinta sino ad imporre al giudice criteri di selezione ulteriori, disponendo che la scelta debba avvenire tra gli iscritti negli albi dei consulenti e periti dei tribunali, oltretutto operando una ulteriore scrematura data l'obbligatorietà di controllo al fine di scartare quelli in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi.

Nell'opzione di una scelta chiusa all'interno degli albi, si coglie un'altra restrizione rispetto alla regola generale che consente all'autorità giudiziaria di individuare periti e consulenti anche al di fuori dell'ambito degli iscritti in tali albi: in effetti ciò è espressamente e saggiamente consentito sia dall'art. 61 c.p.c. («La scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice»), che dall'art. 221 c.p.p.(«Il giudice nomina il perito scegliendolo tra gli iscritti negli appositi albi o tra persone fornite di particolare competenza nella specifica disciplina»).

E davvero tale restrizione della legge Gelli è scarsamente comprensibile, posto che, se da un lato appare fortemente perseguito lo scopo della massima affidabilità tecnico scientifica della consulenza/perizia mediante l'imposizione di un collegio peritale, dall'altro lato, contraddittoriamente, viene sottratta all'autorità giudiziaria la possibilità di avvalersi di cattedratici e luminari di chiara fama che, per i più diversi e legittimi motivi, non abbiano ritenuto di chiedere l'iscrizione negli albi dei consulenti o dei periti.

Davvero a costoro non saranno più affidate consulenze o perizie?

Pare di doversene dubitare, se non altro perché la legge Gelli, a fronte di una siffatta serie di imposizioni sul meccanismo di instaurazione del collegio peritale, non stabilisce alcuna sanzione processuale per il caso in cui esso non sia pedissequamente osservato, sicché, come spesso accade, si è scritta una disciplina procedurale rigorosa ma priva di effettiva cogenza e che probabilmente assumerà in concreto il significato di stabilire una buona prassi processuale assurta al rango di norma giuridica.

Sotto un altro e diverso profilo l'art. 15 della legge Gelli appare tutt'altro che privo di riflessi sui costi del giudizio: nonostante la clausola di invariazione finanziaria inserita all'art. 18 della l. 24/2017, che impone la sua attuazione senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, non v'è chi non veda come l'applicazione indefettibile delle regole sulle nomine di collegi peritali, a numero variabile in relazione alle caratteristiche di difficoltà del caso concreto, possa essere suscettibile di determinare un aumento di costi di giustizia. Costi non sempre addebitabili alle parti private – come avviene di regola nel giudizio civile («Quanto al compenso dovuto al consulente tecnico esso grava solidalmente a carico di tutte le parti del giudizio in quanto l'attività posta in essere dal professionista è finalizzata alla realizzazione del superiore interesse della giustizia, che invece non rileva nei rapporti interni tra le parti, nei quali la ripartizione delle spese è regolata dal diverso principio della soccombenza». Cfr. Cass. civ., n. 28094/2009) ma fatto sempre salvo il caso dell'ammissione di talune di esse al patrocinio a spese dello Stato – ed invece spesso a totale carico dello Stato nei giudizi penali (come nel caso di proscioglimento/assoluzione ovvero anche di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p.).

Novità per gli albi dei consulenti ex art. 13 disp. att. c.p.c. e dei periti ex art. 67 disp. att. c.p.p.

Degli albi dei consulenti tecnici d'ufficio si era già occupata en passant la legge Balduzzi (l. 189/2012) al comma 5 dell'art. 13, al fine di stabilire per tali albi, previsti dall'articolo 13 del regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, recante disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, l'aggiornamento con cadenza «almeno quinquennale, al fine di garantire, oltre a quella medico legale, una idonea e qualificata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche dell'area sanitaria».

Il criterio temporale non era ritenuto sufficiente per lo scopo, sicché la legge del 2012 aveva in più previsto per tali nomine:«il coinvolgimento delle società scientifiche [] tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento».

L'articolo in questione, oltre all'infelice formulazione linguistica finale del periodo, dovuto agli interventi in sede di conversione del decreto, risultava ingiustificatamente limitato all'ambito processuale civile e di insufficiente portata pratica.

Esso ha dunque ispirato l'inserimento nella novella di una norma più strutturata, nella quale ben due commi (il 2 ed il 3) risultano interamente dedicati a disciplinare gli albi dei consulenti tecnici d'ufficio e dei periti.

Con ciò si è inteso migliorare la disponibilità delle informazioni contenute negli elenchi in questione, mediante l'indicazione e la documentazione delle specializzazioni degli iscritti esperti in medicina, da completarsi ulteriormente, in sede di revisione degli albi, con l'indicazione, relativamente a ciascuno degli esperti di cui al periodo precedente, dell'esperienza professionale maturata, con particolare riferimento al numero e alla tipologia degli incarichi conferiti e di quelli revocati.

Tali incombenti comporteranno inevitabilmente maggiori oneri per le commissioni incaricate della tenuta e dell'aggiornamento degli albi presso i singoli uffici giudiziari, le quali dovranno richiedere agli interessati di fornire ampia collaborazione per tutte le informazioni necessarie e che inoltre dovranno poter disporre di dati oggettivi, elaborati dagli stessi uffici giudiziari, a consuntivo del complessivo svolgimento degli incarichi nel periodo precedente alla revisione.

In conclusione

La legge Gelli, già alla vigilia della sua promulgazione, non ha mancato di suscitare perplessità nei commentatori circa l'effettiva portata innovativa e di risoluzione delle principali problematiche emerse nell'applicazione della legge Balduzzi. Perplessità che soprattutto si sono appuntate su tale “riforma della riforma”, che, nel tentativo di superare dubbi interpretativi, rischia di affermare una sopravvalutazione del ruolo delle linee guida e di creare una disciplina persino meno favorevole sul piano della valutazione della colpa medica.

Ma anche al di là degli aspetti più centrali di cui la legge Gelli si occupa, essa merita di essere analizzata anche nella sua sezione non minima, né secondaria, dedicata agli aspetti di cornice e procedurali, tra i quali appunto figura l'art. 15 della legge 24/2017, concernente la nomina di C.T.U. e periti.

Anche questa norma non manca di destare dubbi, sotto diversi profili, non ultimo quello di imporre all'autorità giudiziaria, senza alcun margine di discrezionalità ma anche senza previsione di sanzione processuale in caso di omissione, l'obbligo di nomina di un collegio di consulenti o periti, in parte predeterminato nella sua composizione, e comunque attingibile – teoricamente in via esclusiva – dagli albi già previsti dai codici di rito civile e penale, opportunamente formati da esperti e periodicamente aggiornati.

Si intenderebbe così promuovere un meccanismo virtuoso che porrebbe a disposizione dell'autorità giudiziaria un serbatoio di professionisti rappresentanti la migliore espressione della scienza medica ma limitando nel contempo la possibilità del magistrato di rivolgersi – nel caso di ritenuta inadeguatezza per le ragioni più varie degli albi menzionati – alla nomina di consulenti e periti di sua fiducia e di comprovata esperienza come ad esempio cattedratici e luminari, che non risultino affatto iscritti nelle liste dei tribunali.

Non pare assurdo allora immaginare che la norma in questione potrà trovare, come spesso accade, solo un'applicazione a macchia di leopardo, e che, con alterne fortune, essa possa essere destinata ad essere piegata dalle prassi, che necessità e, il più delle volte, buon senso, imporranno al destino delle cause civili e penali in materia di responsabilità sanitaria.

Guida all'approfondimento

BRUSCO, La nuova legge sulla responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, in ilPenalista del 1 marzo 2017;

CUPELLI, Lo statuto penale della colpa medica e le incerte novità della legge gelli-bianco, in dir. pen. cont. del 3 aprile 2017.

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