Niente estradizione per la madre detenuta se il Paese richiedente non può garantire la tutela del minore

08 Luglio 2016

La domanda di estradizione di una persona, madre di prole di età inferiore ai tre anni, non può trovare accoglimento, senza che sia stato preventivamente accertato se, nel paese richiedente, sia prevista una normativa a tutela delle detenute madri. Tale accertamento è stabilito a tutela del primario interesse del minore, che rientra tra i diritti fondamentali il cui rispetto deve essere assicurato per accordare la cooperazione internazionale.
Massima

La domanda di estradizione di una persona, madre di prole di età inferiore ai tre anni, non può trovare accoglimento, senza che sia stato preventivamente accertato se, nel paese richiedente, sia prevista una normativa a tutela delle detenute madri. Tale accertamento è stabilito a tutela del primario interesse del minore, che rientra tra i diritti fondamentali il cui rispetto deve essere assicurato per accordare la cooperazione internazionale.

Il caso

La Corte di cassazione esaminava il ricorso presentato dalla ricorrente avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze che aveva dichiarato sussistenti le condizioni per l'estradizione della stessa alla Repubblica di Moldavia per essere sottoposta a procedimento penale per il reato di tratta degli essere umani. Segnatamente, il predetto provvedimento veniva impugnato sotto tre diversi profili:

  1. la prospettazione di un'astratta possibilità – presso le strutture carcerarie in Moldavia – di trattamenti non conformi agli standard europei stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo;
  2. il mancato esame, da parte della Corte d'appello, della documentazione difensiva volta a dimostrare la mancata possibilità, presso le strutture carcerarie moldave, di accoglimento della prole nel rispetto dei diritti fondamentali dei minori;
  3. le censure in ordine alla fondatezza accusatoria e l'eccezione di incompetenza territoriale sul rilievo che la condotta di reato si sarebbe consumata unicamente sul territorio italiano.

La Corte di cassazione, in parziale accoglimento del ricorso – dopo aver rigettato le censure di cui ai precedenti punti 1 e 3 – annullava la sentenza della Corte d'appello di Firenze con rinvio ad altra sezione della medesima Corte, ritenendo fondate le deduzioni relative al trattamento penitenziario riservato nello Stato richiedente alle madri con prole convivente di età inferiore ai tre anni, con correlativo obbligo della Corte territoriale di accertare la disciplina dello Stato richiedente in ordine al trattamento penitenziario riservato alle madri detenute con prole infante.

La questione

La questione in esame è la seguente: dedotta la circostanza di essere l'estradanda madre convivente con prole di età inferiore ai tre anni, era d'obbligo verificare, da parte della Corte d'appello investita della verifica in ordine alla sussistenza delle condizioni per l'estradizione, la disciplina dello Stato richiedente in ordine al trattamento penitenziario riservato alle madri detenute con prole di età inferiore ai tre anni?

Le soluzioni giuridiche

Con riferimento alla questione in esame, occorre premettere come sia principio generale che regola le procedure di estradizione, quello secondo cui sia necessario evitare che, alla cooperazione accordata allo Stato richiedente per la realizzazione della sua pretesa punitiva si accompagni, parallela e contestuale, una violazione dei diritti riconosciuti nel nostro Ordinamento

dalla Carta costituzionale o dalla normativa sovranazionale. Pertanto non può essere accordata la cooperazione laddove la giurisdizione, o la fase dell'esecuzione delle pene, nello Stato richiedente, siano esercitate in violazione dei diritti fondamentali dell'uomo.

Tale principio viene sancito, oltre che dalle singole convenzioni internazionali, nel codice di rito dalla norma di cui all'art. 698, comma 1, seconda parte che prevede, tra le ipotesi ostative all'estradizione, la circostanza che l'estradato possa essere sottoposto ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona, condizione che viene ribadita nel successivo art. 705, comma 2, lettere a) e c), c.p.p. che disciplina le condizioni per la decisione sull'ammissibilità dell'estradizione.

La Corte di cassazione, dunque, nella sentenza in commento, stabilisce come non possa trovare accoglimento una domanda di estradizione di una persona, madre di prole di età inferiore ai tre anni, senza che sia stato preventivamente accertato che nello Stato richiedente sia prevista una normativa a tutela delle detenute madri, rinviando alla Corte di appello territorialmente competente affinché svolga sul punto un accertamento specifico, chiedendo informazioni alle Autorità del paese istante. Tale soluzione era già stata stabilita in analoghe decisioni della suprema Corte, Sezione VI, con sentenze 10 marzo 2016 n. 20147 e 3 ottobre 2013 n. 41642, richiamate nella sentenza in commento. In tali sentenze, ugualmente, le decisioni delle Corti di appello territorialmente competenti erano state annullate con rinvio, difettando dei necessari accertamenti tesi ad acquisire elementi conoscitivi in ordine alla disciplina applicata negli Stati richiedenti (rispettivamente Ucraina e Polonia) sul trattamento penitenziario riservato alle madri detenute con prole infante.

In tali pronunce viene stabilito come sia parte del nostro ordinamento il principio generale diretto ad assicurare la tutela dell'interesse del bambino, tanto è vero che la l. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, lett. s), in tema di mandato di arresto europeo, prevede un caso di divieto di consegna della madre con prole convivente inferiore di anni tre.

Inoltre, nel caso in esame nella sentenza n. 41642, sopra cit., la Corte di cassazione sanzionava con l'annullamento della sentenza, l'omesso accertamento in ordine alla sussistenza nello Stato richiedente di una normativa a tutela delle madri detenute, con riferimento ad un caso di estradanda madre di un bambino di cinque anni di età, legando, dunque, tale necessità all'evidente bisogno di assistenza genitoriale del minore, senza che debba trattarsi tout court di un infante di età inferiore ai tre anni. Viene pertanto ribadito con detta pronunzia che in presenza di madre con prole di età che, se pur superiore ai tre anni, necessiti indiscutibilmente di una continua assistenza materiale ed affettiva, la deliberazione sulla consegna della stessa deve essere subordinata all'esistenza nell'ordinamento dello Stato richiedente di garanzie idonee ad assicurare che, durante il periodo di detenzione, la madre possa mantenere contatti con i figli in tenera età, sia pure con modalità non necessariamente corrispondenti a quelle previste nell'ordinamento penitenziario italiano, purché siano tali da salvaguardare l'integrità psicofisica del minore.

Osservazioni

Con la sentenza in esame si consolida, dunque, quell'orientamento della giurisprudenza di legittimità volto a riconoscere come, tra i diritti fondamentali la cui tutela deve essere assicurata per la deliberazione di estradizione, rientri quello inerente la protezione dell'interesse del minore. L'esigenza primaria di protezione dell'interesse del minore è, infatti, affermata in diversi testi internazionali, tra cui: la Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1969 ( resa esecutiva in Italia con l. 176 del 1991), che, tra i principi generali, all'art. 3 stabilisce che gli Stati, le istituzioni pubbliche e private, […] in tutte le decisioni che riguardano i bambini devono sempre scegliere quella che è meglio per tutelare il loro benessere; la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, adottata il 7 dicembre 2000 (resa vincolante nel dicembre 2009, con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona), che nell'art. 24 sui Diritti del bambino, sancisce come in tutti gli atti relativi ai bambini […], l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente; la Convezione di Lanzarote del 25 ottobre 2007 (resa esecutiva in Italia con la l. 172 del 2012), avente ad oggetto la protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali, ed al cui interno, per quanto qui di rilievo, viene ribadita l'affermazione della figura del minore come soggetto titolare di diritti fondamentali.

Trattasi, inoltre, di principio generale che è parte del nostro ordinamento,e trova varie applicazioni nella normativa interna, con l'art. 18 lett. s) della legge 69 del 2005 sul mandato di arresto europeo che, come sopra detto, prevede un caso di divieto di consegna della madre con prole convivente di età inferiore ai tre anni; -con la previsione degli artt. 146, comma 1, n. 2 e 147, comma 1, n.3 del codice penale, in materia di rinvio dell'esecuzione della pena, nel primo caso obbligatorio se trattasi di madre con prole di età inferiore ad anni uno e nel secondo caso facoltativo, se trattasi di madre con prole di età inferiore agli anni tre; con l'art. 275, comma 4, del codice di procedura penale, in materia di divieto di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di madre con prole convivente con età inferiore ai sei anni (salvo esigenze cautelari di eccezionale rilevanza); con l'art. 28, comma 3, del d.lgs. 286 del 1998 in materia di disciplina dell'immigrazione, che stabilisce come: in tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all'unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità, il superiore interesse del fanciullo.

Pertanto, la situazione familiare dell'estradando diventa ostativa ad una pronuncia favorevole all'accoglimento dell'istanza di estradizione in quelle peculiari situazioni nelle quali il vincolo familiare può pregiudicare lo sviluppo psicofisico del minore.

Certamente tale era la situazione di cui alla sentenza in commento, che imponeva, quantomeno, la verifica della disciplina dello Stato richiedente in ordine al trattamento penitenziario riservato alle madri detenute con prole infante.

D'altronde, come sopra indicato, laddove la consegna avesse riguardato una cittadina di uno Stato membro della Comunità europea, la condizione di madre con prole di età inferiore ai tre anni, sarebbe stata ostativa alla consegna stessa, alla luce della richiamata disposizione normativa in materia di arresto europeo. Inoltre, proprio in ragione della rilevanza del principio sotteso a tale divieto, lo stesso è stato ritenuto analogicamente estensibile, dalla suprema Corte, ai procedimenti di estradizione passiva promossi dall'Autorità giudiziaria di Stati appartenenti all'Ue ai quali non fossero applicabili, per meri motivi temporali, le disposizioni sul mandato di arresto europeo (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 4 dicembre 2007, n. 12498).

Pertanto, l'accertamento dell'effettiva tutela del primario diritto di protezione del minore, diviene di fondamentale importanza per il riconoscimento dell'estradizione di madri detenute.

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